Lettera di Foscarini

A work banned in 1616 for its support of the Copernican system.

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            <title>Paolo Antonio Foscarini's Lettera (1615): A Basic TEI Edition</title>
            <author>Galileo’s Library Digitization Project</author>
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            <note>Based on the copy digitized by Google Books in partnership with the Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Starts on page 3</note>
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               <title>Lettera del R.P.M. Paolo Antonio Foscarini Carmelitano. Sopra l'opinione de' Pittagorici, e del Copernico. Della Mobilità della terra, e stabilità del sole, E del nuovo Pittagorico Sistema del Mondo. Al Reverendiss. P.M. Sebastiano Fantone Generale dell'Ordine Carmelitano. In Napoli, Per Lazaro Scoriggio, 1615.</title>
               <author>Foscarini, Paolo Antonio</author>
               <pubPlace>Naples</pubPlace>
               <publisher>Scoriggio, Lazaro</publisher>
               <date>1615</date>. 
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            <p>This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).</p>
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            <p>This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.</p>
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               <p>The letters u and v, often interchangeable in early Italian books, are reproduced as found or as interpreted by the OCR algorithm. Punctuation has been maintained. The goal is an unedited late Renaissance text for study.</p>
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<lb/>Si quis indiget Sapientia postulet à Deo. Iacob. 1.
<lb/>Optavi, &amp; datus est mihi Sensus. Sap. 7. 
<pb n= "3"/> 
<lb/>Al Reverendiss. P.M. Sebastiano Fantone. Generale dell'Ordine Carmelitano.
<p>A Richiesta del Signor D. FRA VINCENZO CARRAFA Caualier Napolitano, dell'ordine Hierosolimitano (Signore di tanto rare qualità, ch'io non saprei breuemente descriuerlo, se non con dire, ch' in lui contendono del primo luogo la Nobiltà, la Cortesia, l'Vniuersale cognitione di molte Dottrine, il Valore, la Religione, la Bontà, &amp; ogni Virtù) m'ero proposto di Scriuere in defensione della nuoua opinione, ò più tosto rinouata, e dalle tenebre dell’Obliuione oue era Sepolta, <pb n= "4"/> tirata hora frescamente in luce, Della Mobilità della Terra, e Stabilità del Sole, tenuta anticamente da Pittagora, e poi posta in prattica dal Copernico, e del Sistema, e constitutione del Mondo e Sito delle sue parti, che da quella Hipotesi deriua, del che ne scrissi anco à V.P. Reuerendiss. li giorni à dietro, com'ella sà; Ma perche hora mi ritrouo in viaggio per venire di suo commandamento à predicare costì in Roma, e questa speculatione si douerebbe riporre al suo luogo nel Trattato Della Cosmografia, il quale stò tuttauia ponendo in ordine per fare, ch'esca in luce con il mio Compendio dell'Arti Liberali, ch'hormai è finito, hò voluto trà tanto mandare à V.P. Reuerendiss. (à cui deuo tutte l'attioni mie, e me stesso) questo breue raguaglio di tutto il mio intento, e descriuergli i fondamenti, de quali quest’opinione si può, e deue seruire, accioche (essendo ella per altro e ragioneuole, e verisimile) non si mostri tanto repugnante, e quasi contraria quanto pare, non solo alle ragioni Fisiche, &amp; à i principij approuati comunemente da tutti (il che sarebbe men male) ma quello che più importa à molte autorità della Sacra scrittura : che senza dubbio ad ogn'uno che la sente nominare, e proporre rassembra vno de i più strani, &amp; più mostruosi Paradossi, che si siano ancora <pb n= "5"/> intesi. Il che nasce tutto dalla vecchia consuetudine, confermata da tanti Secoli, per la quale gli huomini, ch'han fatto habito, e callo nell’opinioni già trite, e plausibili, e perciò di comune consenso di tutti, non solo dotti, ma anco indotti abbracciate, non possono più rimouersi da quelle : essendo tanta la forza dell'vso, che si dice essere vn'altra natura, e fà, che le cose, ancorche cattiue, da chi gli è assuefatto siano più amate, e desiderate, che le buone inusitate à lui: anzi che quelle più di queste gli siano gioueuoli, e più accomode alla sua natura, &amp; inclinatione. Onde l'istesso auuiene nell’opinioni, che non tantosto hanno vna volta fisse profondamente le radici nell’animo, che qualsiuoglia altra à quelle vsitate dissimile, gli pare à punto come dissonanza all’orecchio, tenebre alla vista, fetore all'odorato, amarezz'al gusto, e ruuidezz'al tatto; Percioche ordinariamente non si misurano, ne si giudicano le cose secondo quello, ch'elle sono, ma secondo le descriue l'autorità di chi ne parla. La quale autorità nondimeno quando non è più che humana, non deu' esser mai tenuta di tanto momento, che per essa s'habbia à sprezzare, rinunzare, o posporre quello, che euidentemente in contrario accade, che ci mostri per auentura alcuna miglior ragione non auertita per il <pb n= "6"/> passato, e talvolta il senso istesso. Ne deue chiudersi la strada à i posteri, di modo che non possano, ne ardiscano ritrouare alcuna cosa di più, ò pur migliore di quelle, che ci han lasciate gl'Antichi : gl'ingegni de quali come nell'inuentioni non furono molto superiori à quelli de nostri tempi, così pare, che nelle perfettioni de Trouati siano più tosto stati auanzati, e di gran lunga lasciati à dietro da Moderni, che equiparati: raffinandosi sempre tuttauia il sapere, e l'Arti non solo Liberali, ma anco le Meccaniche : del che potrei addurne molti essempij, se non fusse, che in vna cosa tanto chiara, il voler accumulare testimonianze, e proue, non solo sarebbe tedioso, ma minuirebbe la chiarezza della già publicamente conosciuta verità. Ma per non passar il tutto in silentio, almeno, che diremo dell’isperienze de' Moderni, che in ogni modo han chiuse in alcune particolarità, le Venerabili bocche de gli Antichi, e fatto restar vani, e bugiardi i loro solennissimi, e grauissimi Decreti? Erano Paradossi non meno strani, che sia questo della Mobilità della Terra, L'affermare appresso molti antichi di graue, e riguardeuole auttorità, che vi fussero gli Antipodi. e che nella Zona Torrida vi si potesse habitare, e come quello da molti, così questo da tutti di commun consenso fù <pb n= "7"/> tenuto impossibile, e negato affatto, e nondimeno la picciola auttorità, ma molta diligenza, e Valore de' Moderni, hà dimostrato (con gran felicità loro, e gloria perpetua) l’uno, e l'altro essere verissimo. e la maestosa, e canuta barba de gli antichi hauer fallato, e troppo facilmente hauer credute, e solennizate le loro false imaginationi. Lascierò quì per breuità i molti sogni ed' Aristotele, e di altri Filosofi antichi, che si sono modernamente scoperti per quello che sono, e dirò solamente, che se essi hauessero visto, &amp; osseruato quello, che han visto, &amp; osseruato i Moderni; &amp; hauessero le loro ragioni intese, senza dubbio haurebbono anco essi mutato parere, e creduto alla euidentissima verità di questi, onde non bisogna attribuire tanto à gli antichi, che tutto quello, ch'essi affermarono, si habbia come per pregiudicato, à credere, e tenere per certissimo, quasi fusse riuelato, e disceso dal Cielo. Quello che importa dunque in questa materia, è, che doue alcuna cosa si conosce ripugnare all'autorità diuina, &amp; alle sacre lettere dettate dallo Spirito santo, e per sua inspiratione interpretate da Sacri Dottori di S. Chiesa, all'hora non solo si deue abbandonare ogni ragione humana ; ma l'istesso senso : il quale quando con tutte le migliori conditioni, e circonstanze, che potessero <pb n= "8"/> essere, rappresentasse il contrario dell’autorità Diuina (la quale sia talmente espressa, che non si possa tergiuersare) si deue ributtare, e giudicare senz'altro, ch'egli c'inganni, e che non sia vero quello, che ci rappresenta, poiche è più certa la cognitione, che si hà per Fede, di qualsiuogli’altra cognitione, per qualsiuoglia lume, e mezzo, che si habbia. Come ben confermò San Pietro, il quale quantunque col proprio senso hauesse visto, e sentiro, nella Transfiguratione del Signore, la gloria di quello, &amp; intese le parole, che lo magnificauano; nondimeno facendo comparatione di tutto ciò co'l lume del la Fede, soggiunse: &amp; habemus firmiorem Prophæticum sermonem. Apparue dunque l'opinione Pitagorica, e del Copernico in Scena al Mondo, con vna talmente strana veste, che dimostrò subbito nel primo aspetto di ripugnare (oltre all’altre cose) à diuerse autorità della Sacra Scrittura, onde venne (e meritamente stante questo presupposito) in tal concetto, che si giudicò da tutti (per dirlo in vna parola) per vna meta pazzia ; Ma perche il commune Sistema del Mondo dichiarato da Tolomeo, non hà dato mai à pieno sodisfattione à i dotti, si è sempre sospettato anco da gl'istessi, che lo seguirono, che qualche altro fusse il più vero : percioche <pb n= "9"/> con questo comune, quantunqne si saluino tutti i Fenomeni, e le apparenze, che risultano da corpi Celesti, nondimeno si saluano con innumerabili difficoltà, e rappezzamenti di Orbi (e questi di varie forme, e figure) di Epicicli, di Equanti, di Deferenti, di Eccentrici, e di mille altre imaginationi, e Chimere, che hanno più tosto del Ens rationis, che realtà alcuna, tra le quali imaginationi vi è quella del moto ratto, della quale non sò se si può ritrouare cosa meno fondata, e più controuertibile, e facile ad oppugnarsi, &amp; à confutarsi, e così quella di varij Cieli senza stelle, che muouano gl'inferiori . Et il tutto è stato introdotto per accomodare la varietà de moti de corpi Celesti, che con altra ragione parea, che non si potessero saluare, ne ridurre à regola alcuna certa, e determinata : di modo tale, che gl'istessi seguaci dell'opinione comune han confessato nel descriuere il Sistema del mondo essi non potere indovinare, ne insegnare il vero Sistema : ma solo andare inuestigando quello, che sia più verisimile, e che con buone ragioni salui più comodamente le apparenze Celesti. Successe poi il trouato dell’Occhiale di Prospettiua, e scoperse con ferma sensatione varie belle cose nel Cielo tutte curiose, &amp; incognite insino à questi secoli : Come, la Luna essere Montuosa, e Ve <pb n= "10"/> nere, e Saturno Tricorporei, e Gioue Quadricorporeo, e nella via Lattea, e nelle Pleiadi, e nelle Nebulose essere vna moltitudine di grandissime Stelle trà loro vicine, e così per conseguenza ci apportò, e donò nuoue Stelle fisse, e nuoui Pianeti, e nuoui Mondi, e con lo stesso Istromento si è confermato essere molto verisimile, che il corso di Venere, e di Mercurio non siano propriamente intorno alla Terra, ma più tosto intorno al Sole, e quello Solamente della Luna essere intorno alla Terra. Che cosa dunque se ne doueua inferire appresso, se non che il Sole stasse fermo nel Centro, e che la Terra con gl’altri Orbi Celesti gli si riuolgessero intorno? Da questa dunque, e da molt’altre ragioni si venne in cognitione, che non era da i fondamenti Astronomici, e Cosmografici aborrente l’opinione Pittagorica, e Copernicana, ma includeua non piccola probabilità, e versimilitudine. Tanto più, che tra tante opinioni, che dettettauano il comune Sistema, e cercauano di farne altri, come s’andarono imaginando Platone, Calippo, Eudosso, e poi Auerroe, il Cardano, il Fracastorio, &amp; altri Antichi, e moderni, niuna si è vista più facile, &amp; accomodata à tutti i Fenomeni, ne, che più facilmente calcolasse i moti de i corpi Celesti con determinate regole, e senza tanti Epicicli, ne Eccentrici, <pb n= "11"/>ne Deferenti, ne Moti ratti, come questa, la quale è stata non solamente da Pittagora auanti, e poi dal Copernico per vera sostenuta, ma anco da molti altri huomini segnalati, e di valore, come furono Heraclide, &amp; Ecfanto Pittagorici, e tutta la scola Pittagorica, Niceta Siracusano, Martiano Capella, molt'altri. E se bene coloro che andarono (come habbiamo detto di sopra) cercando nuoui Sistemi, non si possono annouerare tutti in questa opinione, (percioche esclusero ancco questo de Pittagorici) nondimeno anco essi, per la parte loro la renderono probabile, e la vennero almeno indirettamente à confermare, mentre giudicarono la comune essere mancheuole, e non del tutto senza difficultà, e senza contradittioni, e trà questi si può comprendere il P. Clauio Glesuita, huomo dottissimo, il quale vedendo il poco fondamento dell’opinione comune, quantunque egli per altro confuti la Pittagorica, nondimeno confessa, che gl’Astrologi, per leuare molte difficoltà, che non pienamente sono tolte dal comune Sistema, sono sforzati à cercare di prouedersene d’alcun'altro, si com'egli, di buon cuore l’esorta à fare. Ma quale altro si potea ritrouare migliore del Coperincano? Perciò molti moderni si sono indotti, e persuasi finalmente à seguirlo, ma con alquanto <pb n= "12"/> di timore, e di rimorso : percioche parue à loro, che alla Scrittura sacra fusse talmente contrario, che non si potessero con esso conciliare le auttorità, che gli ripugnauano. Onde se n’è restata tuttauia questa Opinione, alquanto ritirata indietro, e con non poco rossore per vn pezzo andò co'l viso coperto, tanto più che parea auisar tutti quel versificator morale, </p>
<lb/>Iudicium populi nunquam contempseris vnus, 
<lb/>Ne nullis placeas dun vis contennere multos.
<p>Io per me considerate tutte queste cose (per il desiderio che tengo, che le dottrine riceuano quanto è possibile aumento, lume, e perfettione, e se ne sgombrino tutti gli errori, con rilucerui dentro la pura verità) sono andato fra me stesso speculando in questo modo. O questa opinione de'Pittagorici è vera, ò nò ; se non è vera non è degna, che se ne parli, ne che si metta in campo : Se è vera, poco importa, che contradica à tutti i Filosofi, e gli Astrologi del mondo, e che per seguirla, e pratticarla s'habbia da fare vna nuoua Filosofia, &amp; Astrologia dependente da i nuoui principij, &amp; hipothesi, che questa pone. Quello che appartiene alle scritture sacre, ne anco gli nuocerà, percioche vna verità non è contraria all'altra ; Se dunque è vera l'opinione Pittagorica, senza dubbio Iddio haurà talmente dettate le <pb n= "13"/> parole della Scrittura Sacra, che possano riceuere senso accommodo à quell'opinione, e conciliamento con esse. Questo è il motiuo, che m'indusse à considerare, &amp; à cercare, (stante la probabilità euidente della già detta opinione) il modo, e la strada di accordare molti luoghi della Srittura sacra con essa, &amp; interpretarli (non senza fondamenti Theologici, e Fisici) in modo tale, che non gli contradicano affatto ; acciò quando ella si vedrà (per caso) e determinerà espressamente, e con certezza esser vera, (sicome hora per probabile è riceuuta) non se gli ritroui in toppo alcuno, che l'impedisca, e che gli dia fastidio, priuando indegnamente il mondo del Venerabile, e Sacrosanto commercio della tanto da tutti i buoni desiderata verità. Nella quale impresa, sicome (per quanto posso imaginarmi) hà piacciuto al Signore Iddio, che io fussi stato senza dubbio il primo ad entrare, così questa fatica mia, credo, che non poco sarà grata à gli studiosi di queste Dottrine, &amp; in particolare alli Dottissimi Signor GALILEO GALILEI, e Signor GIOVANNI KEPPLERO, questo Mathematico della Sacra &amp; Inuitta Maestà dell’Imperatore, e quello del Serenissimo Gran Duca di Toscana, &amp; à tutta la Illustre, e virtuosissima Academia de Signori LINCEI, che vniuersalmente <pb n= "14"/> (se non m'inganno) seguono questa opinione. Se bene non dubito, che &amp; ad essi, &amp; ad altri huomini dotti, erano facili à ritrouare simili conciliationi de'luoghi Scritturali; Ma io, in quella professione, che apparteneva à me, hò voluto (per segno, e dimostratione dell'animo mio affettionatissimo alla verità, e tale quale disse quel Poeta,</p>
<lb/>Nullius addictus iurare in verba magistri) 
<p>Offerire in seruigio loro, e di tutti i letterati, e virtuosi (non hauendo cosa maggiore) questo mio pensiero, qual egli si sia, sicuro, che sarà riceuuto con quella candidezza d’animo, che gli si dona.</p>
<p>Venendo dunque al fatto, dico, che tutte l'Auttorità della Diuina Scrittura, che paiono à questa opinione contrarie, si riducono (per mio giudicio) à sei Classi.</p>
<p>La Prima Classe è di quelle, che affermano la Terra essere stabile, e non muouersi, come è quella del Salmo: Etenim firmauit orbem Terræ, qui non commouebitur. Et altroue: Qui fundasti terram super stabilitatem suam, non inclinabitur in sæculum sæculi. E quella dell'Eccleliaste : Terra autem in at ernum stat, e simili.</p>
<p>La Seconda è di quelle, che dicono il Sole muouersi, e girar la Terra, come è quella del Salmo : In Sole posuit tabernaculum suum, &amp; ipse tanquam sponsus procedens de <pb n= "15"/> thalmo suo, Exultauit vt gigas ad currendam viam, à summo Cœlo egressio eius, &amp; occursus eius vsq; ad summum eius, nec est qui se abscondat à calore eius. E quella dell'Ecclesiaste, Oritur Sol, &amp; occidit, &amp; ad locum suum reuertitur, ibique renascens gyrat per Meridiem, &amp; flectitur ad Aquilonem. Onde è posto per miracolo appresso Isaia, il regresso del Sole, &amp; Reuersus est Sol decem lineis. E nell'Ecclesiaste : In diebus ipsius retro redijt Sol &amp; addidit Regi vitam. E così nel libro di Giosuè, è posto per miracolo che Giosuè habbia fatto fermat il Sole, dicendoli : Sol contra Gabaon ne mouearis. Che se il Sole stasse fermo, e la Terra fusse quella, che se gli mouesse intorno, non sarebbe stato miracolo ; e per fermar la luce del giorno, non haurebbe detto egli, Sol ne mouearis, ma più tosto Terra ne mouearis. </p>
<p>La Terza Classe è di quelle, che dicono il Cielo essere in alto, e la Terra à basso, come è l’auttorità di Ioele addotta da S. Pietro, ne gli Atti Apostolici : Dabo Prodigia in Cœlo sursum. &amp; signa in Terra deorsum, e simili altre; Onde si dice CHRISTO esser Disceso dal Cielo per l'Incarnatione, &amp; Asceso nel Cielo dopò la Resurrettitione. Che se la Terra fosse intorno al Sole, sarebbe nel Cielo, e per conseguenza, più tosto sarebbe sopra, che sotto. Il che si conferma,</p>
<pb n= "16"/> percioche questa Opinione, che pone il Sole nel Centro, pone anco Mercurio sopra il Sole, Venere sopra Mercurio, e la Terra sopra Venere insieme con la Luna, dalla quale è circondata essa Terra, e così la Terra viene ad essere nel terzo Cielo, insieme con la Luna ; Se dunque ne’ Corpi Sferici (come è il Mondo) Il Sotto non è altro, che la parte più prossima al Centro, &amp; Il Sopra è quella ch'è più verso la Circonferenza, ne segue, che per verificare le propositioni Theologiche dell’Ascendere, e Descendere di CHRISTO, si ponga la Terra nel Centro, &amp; il Sole con gli altri Cieli nella Circonferenza, e non del modo, che metto il Copernico contrario à questo, per il quale non pare, che si salui il vero Ascenso, ne il vero Descenso.
<p>La Quarta, è di quelle, che mostrano l’Inferno essere nel Centro del Mondo, come è la commune opinione de' Theologi ; e si conferma da quella ragione, che douendo essere l'Inferno la parte più infima del Mondo, secondo l’istessa sua denominatione, e nella Sfera non essendo parte più infima del Centro, bisogna che l'Inferno stia nel Centro del Mondo, il quale essendo Sferico di figura, ò bisognarebbe dire, che l'Inferno fusse nel Sole (perche il Sole sarebbe nel Centro del Mondo) ò stando come si deue <pb n= "17"/> per verità tenere, l'Inferno nel centro della Terra; se la Terra si mouesse attorno il Sole, bisognarebbe seguirne, che l'Inferno insieme con la Terra fussero nel Cielo, e girasse l'Inferno ancor esso con la Terra intorno il Sole nel terzo Cielo : del che non può esser cosa più mostruosa, &amp; absorda.</p>
<p>La Quinta è di quelle, che contrapongono sempre il Cielo alla Terra, e vicendeuolmente la Terra al Cielo, quasi hauessero vna tal relatione, quale hà il centro alla Circonferenza, e la Circonferenza al centro. Che se la Terra fosse nel terzo Cielo, starebbe da vn lato, e come in mezzo, e per conseguenza, non vi sarebbe questa relatione, con la quale all'incontro quasi sempre li veggono corrispondere insieme, &amp; andar accoppiati, con vna continua contrapositione il Cielo, e la Terra, non solo nelle Scritture Sacre, ma anco ne’communi ragionamenti. Onde nel Genesi : In Principio creauit Deus Cœlum, &amp; Terram, e ne’ Salmi, &amp; in altri luoghi mille volte : Qui fecit Cœlum &amp; Terram. Et il Signore ci insegna à pregare, Fiat voluntas tua sicut in Cœlo, &amp; in Terra, San Paolo, Primus homo de Terra Terrenus; Secundus homo de Cœlo Cœlestis, &amp; altroue, In ipso condita sunt Vniuersa in Cœlis, &amp; in Terra; Et di piu, Pacificans per sanguinem Crucis eius, siue qua in Terris, sive <pb n= "18"/> qua in Cœlis sunt. Et appresso, Que sursum sunt sa uite, non qua super Terram. Et innumerabili luoghi simili. Bisogna dunq; ch'essendo posti sempre all'incontro questi due Corpi, &amp; appartenendo il Cielo senza alcun dubbio alla Circonferenza, la Terra in ogni modo appartenga al centro del Mondo .</p>
<p>La Sesta, &amp; Vltima Classe è di quelle, (più tosto di Padri, e di Teologi, che della Diuina Scrittura) che dicono il Sole dopò il Giudicio douer fermarsi in Oriente, e la Luna in Occidente, il quale fermare, se fusse vera l'opinione Pittagorica, bisognarebbe dirsi della Terra, e non del Sole ; Percioche la Terra haurebbe allhora da fermarsi, se hora si mouesse attorno il Sole: E se la Terra s’hauesse da fermare non sarebbe maggior ragione, perche s'hauesse da fermare d'vn sito, che d’vn'altro, ouero perche douesse più tosto volgere vna parte della sua superficie al Sole, che vn’altra ; poiche ciascuna, che fusse priua dell'aspetto del Sole, sarebbe horrida ; malinconica, &amp; in ogni modo di peggior conditione dell'altra ; oltre molt'altri inconuenienti, che ne nascerebbono.</p>
<p> Queste sono le Classi contrarie, che contengono, &amp; apporta no tutte le machine, o le legioni, che più grauemente oppugnar possono, e trauagliare la predetta opinione : la quale nondimeno si può da loro difendere <pb n= "19"/> facilmente (à miò auiso) con sei Fondamenti, che à guisa di fermissimi Bastioni, &amp; inespugnabili macerie, saranno da me hora fabricati, per esser contraposti alle sei Classi predette : I quali auanti, che io rappresenti mi protesto prima con ogni debita modestia, à Christiano, &amp; à Religioso conueniente, che quanto sono per dire, il tutto da hora per sempre, riuerentemente sottopongo al giudido di S. Chiese, offerendolo à i piedi del Sommo Pastor di quella : già che il motiuo, che mi fà scriuere, non è temerità, ne ambitione, ne vanagloria; ma charità, e desiderio di giouar il perssimo, con la inuestigatione, e discussione della verità; Ne io hò alcuna inclinatione particolare in questa materia, più ad vna opinione, che ad vn'altra, se non à quella, che da i proprij Professori di simili Dottrine, mi sarà con più euidenti ragioni mostrata essere più probabile, e verisimile, standomene trà tanto indifferente, e neutrale, &amp; aspettando (da coloro à chi appartiene) la risolutione di questa Controuersia. </p>
<p>Il Primo Fondamento, e più principale è questo : Quando dalla Scritttura Sacra viene attribuita à Dio, ò ad alcuna Creatura, alcuna cosa, che (per altro) si vede essergli disconueniente, &amp; improportionata, allhora s'interpreta, e si esplica con vna, ò più delle seguenti quattro glosse. La prima <pb n= "20"/> dicendo competerli, Metaforicamente, e proportionalmente, ò per similitudine. La Seconda la dirò meglio in lingua Latina, Secundum nostrum modum considerandi, apprehendendi, concipiendi, intelligendi, cognoscendi, &amp; c. La Terza secundum opinionem vulgi, &amp; communem loquendi modum : al qual modo volgate, e commune s'accommoda molte volte à sommo studio lo Spirito Santo. La quarta, Respectu nostri, &amp; quia habet se per modum talis. Dò 1’essempio di tutte queste esplicationi. Iddio non camina, perche è Infinito, &amp; Immobile, non hà membra corporali, perche è puro Atto, e perciò ne anco hà passione alcuna dell'animo : Trouasi nondimeno nella Scrittura Sacra nel Genesi, che Ambulabat ad auram post merdiem, &amp; in Iob, che Circa Cardines cœli perambulat, &amp; altroue in mille luoghi gli si attribuiscono il venire, il dipartirsi, l'aspettare l’affrettare: e membra corporali, occhi, orecchie, labbra, faccia, voce, volto, mani, piedi, ventre, vestimenta, arme, &amp; insieme molte passioni; come l'adirarsi, il dolersi, il pentirsi, e simili. Che si douerà dunque dire? Senza dubbio, che simili attributi gli conuengono (per dirlo alla scholastica) Metaphorice, proportionaliter, &amp; per similitudinem. Et in quanto alle passioni potrà anco interpretarsi, che Habet se per modum <pb n= "21"/> talis, &amp; respectu nostri : Come Iratus est Dominus, idest habuit se per modum irati; tactus dolore cordis, idest habuit se per modum dolentis : pœnituit eum, quod hominem fecisset, idest habuit se per modum pœnitentis, &amp; c. &amp; il tutto Comparatiu è adnos, &amp; respectu nostri. Così si dice Iddio essere ne’ Cieli, muouersi in tempo, mostrarsi, celarsi, osseruare, &amp; annouerar i passi nostri, cercarci, star alla porta, e batter l'vscio, non che egli habbia luogo corporale, ne moto, ne tempo, ne i modi di trattare, e di procedere humani, ma secondo il nostro modo d'apprenderlo, il quale anco distingue in lui gli attributi, che nondimeno sono vna istessa cosa con lui, e fra di loro, e diuide l’attioni sue in più tempi, le quali sono taluolta in vno istesso instante indiuisibile insieme, e finalmente rappresenta le cose, che in Dio sono perfettissime sempre con alquanto d’imperfettione. Così secondo l'opinione del volgo s'accommoda la Scrittura à dar alla Terra i Confini, e le Fondamenta, ch’ella non hà; al mare, l’abisso senza fondo; &amp; alla morte, ch'è priuatione (e per conseguenza non è) attribuire attioni, e mouimenti, e passioni, &amp; altri accidenti, che ella non hà, &amp; Epitheti, &amp; Aggiunti, che realmente non gli quadrano. Siccine separat amara mors : veniat mors super illos : parauit vasa mortis ; Exaltas me <pb n= "22"/> de portis mortis : in medio umbra mortis: mors depascet eos : Fortis est vt mors dilectio : primogenita mors : perditio, &amp; mors dixerunt, &amp; c. E chi non sà, che l'Historia del Ricco Epulone è piena di queste frasi volgari? Così nell’Ecclesiaste si fà questa comparatione : Homo Sanctus in sapientia manet sicut Sol, nam stultus sicut Luna mutatur: E pur la Luna sempre è d'vn modo, secondo la verità, come dimostrano gli Astrologi, percioche sempre d'essa vna metà è chiara, e l'altra è oscura, e non varia mai in lei simile dispositione, se non à rispetto nostro, e secondo l’opinione volgare : Onde è manifesto, che quì la Scrittura sacra parla, secondo il modo commune del ragionar popolare, e de semplici, e secondo l’apparenza, e non secondo l’esistenza. Nel Genesi parimente descriuendosi la creatione di tutte le cose, si dice esser stata fatta prima d’ogni cosa la Luce, e poi soggiunge il resto. Et factum est Vespere, &amp; mane Dies vnus. Et appresso si distinguono, e compartiscono diuersi atti di creatione, applicandosi à diuersi giorni, e dicendosi, Et factum est Vespere, &amp; mane dies secundus, e così poi, dies tertius, dia quartus, &amp; c. Quì sono molti dubbi, e tutti proporrò secondo il commune Sistema, acciò si conosca, che anco stanti quelle suppositioni bisogna <pb n= "23"/> taluolta per vscire di molte difficoltà intendere la Scrittura Sacra secondo il senso, e parlar volgare, &amp; à rispetto nostro solamente, e non della natura delle cose : qual distintione pare, che anco accennasse Aristot. quando disse, che Alia sunt nottora nobis, alia nottora natura, vel secundum se. Primieramente se la Luce fù fatta auanti il Cielo, dunque da se stessa, e senza il Cielo girò prima con apportar la Distintione del giorno, e della notte, il che è contra coloro, che dicono, che nessun corpo celeste si muoue, se non per accidens, e per il moto del Cielo : Et sicut nodus in tabula ad motum tabula. Appresso se fù fatta co'l Cielo, e con esso si mosse, vi è vn'altro dubbio, che anco è commune al caso precedente, percioche, ò si dice hauer fatto giorno, e notte, e mattina, e sera, à rispetto dell’Vniuerso, ò solo à rispetto della Terra, e di noi altri habitatori di quella; Non può essere à rispetto dell'Vniuerso, perche il Sole girando (stante il supposito della commune opinione) non fà notte, e giorno, se non à quei corpi Opachi, che non hauendo altro lume, che quello del Sole, mentre sono illustrati da quello nella lor metà, e non più (ch'è il loro Hemispero) cioè in quella metà del globo loro, ch'è riguardata da esso Sole, (perciò che non può mai illuminare egli più della <pb n= "24"/> metà, ò pure ne'corpi minori poco più) l'altra metà resta oscura, e tenebrosa, per l’ombra, che si cagiona quel corpo da se stesso. Dunque il farsi varij giorni distinti dalla luce del Cielo, come si descriuono nella Scrittura Sacra, non si deue intendere assolutamente, e secundum se, &amp; naturam ipsam : ma solo à rispetto della Terra, e di noi altri habitatori di quella, e così secundum nos. Non è dunque cosa nuoua, ò insolita nella Scrittura Sacra il parlar delle cose Secundum nos, &amp; respectu nostri tantum, &amp; secundum apparentiam, &amp; non secundum se, &amp; rei naturam, ouero absolut è, &amp; simpliciter.</p>
<p>Et se alcuno volesse interpretar quei giorni della Scrittura, non solo secundum nos, ma ancora secundum naturam, dicendo, che quelli non erano altro, che tante circolationi della luce del Cielo, che ritornaua sempre all'istesso punto di donde prima si partì : Onde non occorre hauer rispetto à nessuna ombra, ò notte, la quale sola cosa ci constringe ad interpretare la Scrittura secundum nos; Io contro di questa Interpretatione così argomenterei; se la Scrittura s’hauesse da intendere assolutamente per tante circolationi della Luce, e non à rispetto di noi, non haurebbe posto ella quelle parole, Vespere, &amp; Mane, che per loro natura connotano <pb n= "25"/> Il rispetto del Sole à noi, &amp; alla terra, poiche Mane, è quel tempo, nel quale il Sole incomincia prima ad apparire, e scoprirsi nell’Oriente sopra il nostro Orizonte, &amp; hemisferio; e Vespere, e quel tempo nel quale l'istesso Sole incomincia à mostrarsi verso l'Occidente, accostandosi alla Illuminatione dell'altro Orizonte, &amp; Hemisfero, che segue à questo nostro, e la Voce Dies, è correlatiua della Voce Nox, dunque ponendosi queste tre voci, Vespere, &amp; Mane, &amp; Dies, senza dubbio si vede, che non si possono intendere le circolationi della luce Secundum se &amp; absolutè, ma Secundum nos, &amp; respectu nostri, nel qual modo cagionano la mattina, e la sera, e la notte, &amp; il giorno. Così nell'istesso Genesi si dice, che Fecit Deus duo luminaria magna; luminare maius, vt præesset diei, &amp; luminare minus, vt præesset notti, &amp; Stellas : Doue tanto nella propositione, quanto nella sua specificatione si dicono cose disconuenienti all’essere reale di quei Corpi celesti, bisogna dunque, che s'interpretino iui le parole della Scrittura, secondo le Glosse predette, e particolarmente secondo la quarta, che si dica intendersi, Secundum sensum Vulgi, &amp; communem loquendi modum, il che è l’istesso, come se si dicesse, Secundum apparentiam, &amp; secundum nos; vel respectu nostri. Percioche <pb n= "26"/> primieramente nella propositione, si dice Fecitq; Deus duo luminaria magna, intendendo questi per il Sole, e per la luna, e nondimeno non sono questi i due luminari più grandi, secondo la verità del fatto; poiche se bene in quanto al Sole, egli è vno de' più grandi, nondimeno non è cosi la Luna vn’altro de più grandi, se non à rispetto nostro; perciòche vno de più gradi assolutamente, e poco meno del Sole, e quasi eguale ad esso, e maggiore di gran lunga della Luna, è più tosto Saturno, ò pure alcuna delle stelle fisse più lucenti della prima grandezza, come Canopo, detto altrimente Arcanar nel fine del Fiume, ò la Canicola nella bocca del Cane maggiore, ò il piede d’Orione detto Rigel, ò la sua spalla destra, ò altra simile. Dunq; Duo luminaria magna, s'intende à rispetto nostro, e secondo l’opinione volgare, non secondo il vero essere, e reale, che hanno quei corpi. Appresso nella specificatione si dice Luminare maius vt præesset diei, intendendo ciò per il Sole, &amp; in quanto à questo stà bene il senso della Scrittura, anco secondo la realtà del fatto, perche il Sole e il più gran luminare, &amp; il più gran globo di tutti : Ma quello, che poi segue, Et luminare minus, vt præesset nocti, intendendo della Luna non si può intendere secondo il vero, e reale esser suo; Imperoche non è la Luna realmente il minor luminare, ma questo è <pb n= "27"/> Mercurio, ch'è molto più piccolo della Luna, e di qualsiuoglia stella; E chi volesse andar glossando, che in quel luogo non si parla di Stelle, ma di luminari, perche dipoi li specifica separatamente, Et Stellas ; e che ciò che noi diciamo è il vero nella comparatione delle Stelle frà loro, ma non de’ Luminari, che sono il Sole, e la Luna ; Costui certamente, che così volesse dire, mostrerebbe, non hauer gustato, ne anco con la sommità delle labbra, le Scienze Matematiche, e perciò hauere vna falsissima imaginatione de'corpi dell’Vniuerso. Imperòche la Luna, &amp; il Sole, considerati in quanto à loro, e come potrebbono apparire, più lontani assai di quello, che sono, non sono altro, che tante Stelle, e solo à rispetto nostro appaiono Luminari maggiori. Si come le Stelle in se stesse non sono altro, che tanti Soli, ò tante Lune, ma più distanti, &amp; in tale interuallo, che ragioneuolmente mostrano, quella lor tanta piccolezza, e poco splendore, onde la lontananza maggiore, ò minore è quella, che fà (cateris paribus) le differenze ne' Corpi celesti, di più grande, ò più piccola apparenza, tanto del lume, quanto della mole del corpo. E perciò anco (stante questo) si deue interpretare quella parola del Genesi, che segue, Et Stellas (quasi distinguendo le stelle dal Sole, e dalla Luna) non <pb n= "28"/> con altro senso, che con il già detto, che S’intenda, Secundum vulgi sensum, &amp; communem loquendi modum : Poiche secondo la realtà del fatto : tutti i Globi de'Corpi celesti, che rilucono, sono grandissimi, e se noi gli fussimo così vicini, come siamo alla Luna, apparirebbono tante Lune, &amp; anco maggiori, e se dalla Luna, e dal Sole fussimo più discosti, questi parerebbono Stelle, benche senza dubbio lo splendor del Sole sarebbe maggiore intensiuamente, di qualsiuoglia altro splendor di Stella, e la ragione di questo è, perche quantunque si concedesse, che alcune Stelle (come le fisse, che scintillano) lucessero da se stesse, e di propria natura (il che è controuerso, e non certo) e risplendessero affatto senza riceuer il lume dal Sole, come fà esso, che da altri non lo riceue, nondimeno stante, che niuno splendor di Stella si può agguagliar à quello del Sole, il quale da Dio è stato creato primo, e sommo nel genere di Luce, ne seguirebbe in ogni modo, che, sicome quando alcuna di queste simili Stelle fusse tanto vicina à noi, quanto il Sole, e dell’istessa ampiezza di mole apparendo, non potrebbe tuttauia apportarci tanto splendore, quanto ce ne apporta il Sole ; così per contrario, quando il Sole fusse tanto da lungi, quanto è vna Stella di queste, e paresse così piccolo, come essa, <pb n= "29"/> non perciò apportarebbe tanto poco splendore com'essa : ma molto maggiore nell'intensione. Così anco la Terra finalmente non è altro, che vna Luna, &amp; vna Stella, che tale si mostrerebbe à punto, se da conueniente distanza fusse vista da lungi, e vi si potrebbono mirare (nella varietà dello splendore, e delle tenebre, che vi fà il Sole, apportandole la notte, &amp; il giorno) l’istesse varietà di aspetti, che ci rappresenta la Luna, sicome questi istessi sono stati osseruati nel Corpo triforme di Venere, e forsi non è fuor di ragione, che siano anco ne gli altri Pianeti, che da se non lucono, ma riceuono il lume dal Sole. Tutto quello dunque, che altrimente di quanto habbiamo detto d'essere per la realtà del fatto, si troua scritto nelle Sacre lettere, ò si ragiona communemente da gli huomini, si deue in ogni modo intendere, Secundum vulgi sententiam, &amp; communem loquendi, &amp; conciprendi stylum. E così venendo al principal proposito nostro, con l'istessa ragione, quando per altro l’opinione Pittagorica sia vera, facilmente si possono conciliare con essa, l'auttorità della Scrittura sacra, che gli paiono contrarie, e particolarmente quelle della prima, e della seconda Classe, con questo fondamento, dicendo, che iui la Scrittura ragiona, secondo il modo nostro di conoscere, e secondo l’apparenza, <pb n= "30"/> &amp; à rispetto nostro, quia ita se habent hae corpora in comparatione ad nos, prout de scribuntur à communi philosophandi ratione, ita vt Terra habeat se per modum stantis, &amp; immobilis, &amp; Sol per modum circumambientis eam. E cosi la Scrittura si serue del parlare nel modo volgare, e commune, percioche pare à rispetto della nostra vista, che più tosto la Terra stia nel centro ferma, &amp; il Sole gli si muoua intorno, che altrimente : sicome auuiene à quelli, che sono portati in vna barchetta per mare vicino al lito, à quali pare più tosto, che il lito si muoua, e gli abbandoni, e corra indietro, che non quello, ch'è vero, ch’essi caminino innanzi. La ragione della qual fallacia nella vista nostra, e nel senso in questo caso l’assegnano i professori dell’Optica, ch e perciò non occorre quì diffondermi fuori del mio intento in quella. Perciò appresso Virgilio è introdotto Enea à dire	</p>
<lb/>Prouehimur Portu, terraqum vrbesqum recedunt. 
<p>Ma per qual ragione poi la Scrittura sacra vada molte volte accomodandosi alle Opinioni communi, e del volgo, e non instruisca gli huomini nella verità de i segreti della natura, è cosa degnissima di consideratione, e non è bene il trapassarla quì con silentio, poiche è anco parte di questo nostro primo Fondamento. Dico dunque breuemente, <pb n= "31"/> che non solo auuiene questo, per la soaue dispositione della Sapienza Diuina, la quale con tutte le cose s’accommoda secondo la capacità, e natura loro, onde con le cause naturali, e necessarie, opra naturale, e necessariamente, e con le libere liberamente, e con gli huomini nobili tratta altamente, e con la Plebe humilmente, e con i dotti dottamente, e con i semplici volgarmente, &amp; in somma con ogn'vno s'adatta al modo suo; ma anco imperoche non è il suo intento d'insegnarci in questa vita, le curiosità, che ci tengono l'animo dubbio, e sospeso, poiche hà già permesso, e statuito, che stia occupato il Mondo nelle disputationi, nelle liti, nelle controuersie, e soggetto alla incertitudine d'ogni cosa (secondo il detto dell'Ecclesiaste) e non si proferirà la sentenza insino al fine : Quando illuminabit abscondita tenebrarum. Onde solo è l'intento suo hora d’insegnarci la vera strada della vita eterna, la quale ottenuta che sarà, allhora quando Videbimus eum facie ad faciem, e che Similes ei erimus, quia videbimus eum sicuti est, ci scuoprirà poi à priori, e facilmente, e perfettamente la verità di tutti i Quesiti Curiosi, e Dottrinali, che non si hanno potuto sapere, se non à posteriori, &amp; imperfettamente, con gran studio, e fatica in questa vita, nella quale Videmus nunc per <pb n= "32"/> speculum in anygmate. E questa è la causa, per la quale la Sapienza di Dio riuelata à noi nella Scrittura sacra, viene ad essere chiamara nell'Ecclesiastico Sapienza salutare, non Sapienza assolutamente. Quell’aggiunto di Salutare, gli si dona perciò ch’ella non batte ad altro, che à farci acquistar la Salute. E perciò San Paolo essendo andato à predicare à Corinthi si riputò non saper cosa alcuna, se non CHRISTO Crocifisso; quantunque egli per altro fusse dottissimo, imperòch’egli non pretendeua insegnar altro, che la via del Cielo. Quindi è, che per Esaia ci dice Iddio, Ego Deus docens te vtilia, doue la Glossa aggiunge non subtilia: Percioche non ne hà insegnato Iddio, se la materia prima è l’istessa de i Cieli, e de gli Elementi, se il continuo è composto d'indiuisibili, ò pure è diuisibile in infinito, se gli Elementi sono formalmente nel misto, ne quante siano le Sfere Celesti, e gli Orbi loro, e se vi siano Epicicli, &amp; Eccentrici, ne le virtù delle Piante, ò delle Pietre, ne la natura de gli Animali, ne i corsi, e gli influssi de' Pianeti, ne gl'ordini dell'vniuerso, ne le marauiglie de’ Minerali, e di tutta la Natura; ma solo Vtilia, cioè la sua santa legge atta à farci dipoi arriuare alla perfetta congnitione, e visione di tutto l’Ordine, &amp; harmonia mirabile, e della Simpathia, &amp; Antipathia <pb n= "33"/> dell'Vniuerso, e delle sue parti, nel Verbo; doue distintissimamente, e lucidissimamente si vedranno tutte queste curiosità, le quali in questo stato hà lasciate all'industria dell'humana perquisitione, &amp; inuestigatione (per quanto vi può arriuare) senza impacciarsi, ne direttamente, ne indirettamente à sententiate la risolutione della verità loro : la quale come poco, ò niuno vtile, anzi forsi, in alcune cose, alcun danno apportarebbe à sapersi, così hora, poco, o niuno danno, anzi forsi, in alcune cose, alcun'vtile apporta, à non sapersi. E perciò con merauigliosa sapienza hà fatto, ch'essendo tutte l’altre cose del mondo dubbie, incerte, vacillanti, ambigue, &amp; ancipiti, sola la sua santa Fede fusse certissima. E quantunque nella Chiesa vi fussero varie opinioni sopra le cose Filosofiche, e Dottrinali, nondimeno, che vna sola fusse la verità della Fede, e della Salute : Di quella Fede (dico) che come è necessarijssima alla Salute, così fece, che non vi fusse dubbio alcuno in essa ; ma che inconcussa, certa, &amp; immutabile fusse, e saputa da tutti, dandocene anco vna Regola infallibile, ch’è la Chiesa Santa lauata co’l sangue suo, la quale con il Capo suo visibile, ch’è il Sommo Pontefice (hauendo l'Assistenza dello Spinto Santo, il cui principale intento è la Santificatione nostra) <pb n= "34"/> solo in queste cose della Fede, e della salute nostra gli è tolto di poter errare ; potendo nondimeno per altro errare, ne’giudicij prattici, e nelle speculationi Filosofiche, e d'altre dottrine, che non importano, ne appartengono ad essa salute. Questa è dunque la cagione, per la quale Iddio non hà determinato nelle Sacre lettere, le Questio ni speculatiue, e curiose che non sono di edificatione, e di vtilità per saluarci ; onde si è conformato molte volte lo Spirito Santo con l'opinioni communi, e volgari, senza insegnarci altro di nuouo, e di singolare, e nascosto : e cosi per conseguenza si vede in che modo, e per qual causa dalle auttorità già dette non si può cauar certezza alcuna di risolutioni in simili materie ; e come con questo Fondamento si riparano facilmente, e schiuano i colpi delle auttorità della Prima, e della Seconda Classe, e di qualsiuoglia altra allegatione cauata dalla Scrittura Sacra, contro l'opinione Pittagorica, e Copernicana, quando pure per altro sia conosciuta per vera. </p>
<p>Ma in particolare le auttorità della Seconda Classe si possono sfuggire, &amp; interpretare in vn'altro modo con l’istesso Fondamento già dichiarato, del parlar commune, e modo ordinario nostro di apprender le cose, secondo quello, che appaiono à noi: dicendo <pb n= "35"/> che molte volte si suol dire communemente, è benissimo muouersi vno Agente, il quale stia fermo, non perche si muoua esso, ma per denominatione estrinseca, perche al moto del soggetto, che riceue l'influsso suo, e la sua attione, si muoue anco la forma, e la qualità, che in quel soggetto s'induce dall'Agente. Sia per essempio l'Agente fermo, il fuoco acceso nel fuocolare, all'incontro del quale si ponga à riscaldare vn'huomo tutto raffreddato, il quale, riscaldato che sia da vna parte, riuolti l'altra succedente all’aspetto del fuoco, per riscaldare ancor quella, e così seguendo in giro, faccia andar il caldo per tutto il corpo; chiara cosa è, che se bene il fuoco non si muoue, nondimeno al moto del soggetto, cioè dell'huomo, che riceue, &amp; il calore, e l'attione del fuoco, si muoue la forma, e la qualità di esso calore di parte in parte intorno il corpo humano, e sempre acquista nuouo luogo, e così senza muouersi il fuoco, si dice esser egli andato per mezzo del suo effetto per tutte le parti di quel corpo, e riscaldatolo, non per il moto, che fece esso fuoco, quale si suppone esser stato fermo, ma per il moto, che fece il Corpo à riceuer il calor del fuoco, di parte in parte. L’istesso si potrebbe esplicare nella illuminatione fatta successiuamente nelle parti di vn pomo, quale si mouesse <pb n= "36"/> in gito nell'aspetto d’vn lume di candela accesa, che stasse ferma. Nell'istesso modo si può dire il Sole sorgere, e tramontare, e muouersi sopra la terra, senza moto, ne mutatione alcuna di lui ; mentre il suo lume, ch’è effetto, forma, e qualità introdotta da lui come agente, nella Terra come soggetto, al moto di essa Terra và serpendo, &amp; acquistando sempre nuouo luogo sopra la superficie di lei, perilche si dice veramente, (secondo il commun parlare) muouersi sopra la Terra, e girar quella, non che il Sole si muoua (poiche la Terra propriamente è quella, che si suppone muouersi à riceuerlo, hor in vna parte, hor in vn'altra di lei) ma perche al moto di essa Terra si muoue all’incontro la qualità diffusa, e mandata dal Sole in lei, ch’è il lume del giorno, il quale in vna parte di lei sorge, &amp; in vn’altra tramonta, secondo che apporta la conditione del suo moto, e perciò denomina conseguentemente sorgere, e tramontare l’istesse Sole (che non si muoue mai per il supposto) non con altra denominatione, che con l’estrinseca. Et in questo modo si potrebbe interpretare quell’Imperio di Giosuè: Sol ne mouearis, e quel miracolo di non essersi mosso il Sole, dicendo ciò esser fatto con il fermare propriamente, non il Corpo Solare, ma lo splendore del Sole sopra la Terra, cagionato <pb n= "37"/> però, non dal fermar di esso Sole, il quale stà sempre fermo, ma dal fermar della Terra, che quello splendore riceuea, il cui moto sicome per il sito solito, &amp; ordinario girare, ch’ella fà verso l'Oriente, haurebbe fatto muouersi lo splendor del Sole, &amp; andare verso l'Occidente, così la fermezza lo fece fermare; Et dell'istesso modo proportionalmente s’esplica l'auttorità del miracolo del ritornamento in dietro del Sole per dieci linee nell'horologio di Achab. Così girando la mano intorno al lume della candela accesa, che stia ferma, si muoue il lume nella mano senza muouersi la candela, illuminando di parte in parte essa mano, onde si può dire sorgere, e tramontare quel lume alla mano, venire à quella, e da quella dipartirsi, per denominatione estrinseca, senza, che punto si muoua la candela, col moto solamente della mano. E questo sia detto per esplicatione del primo Fondamento, per lo stabilimento del quale, è stato bisogno di esser alquanto prolisso, per la difficoltà, &amp; importanza di ciò, che contiene.</p>
<p>Il Secondo Fondamento è questo. Tutte le cose tanto Spirituali, quanto Corporali, tanto perpetue, quanto corruttibili, tanto immobili come mobili, hanno hauuto da Dio vna legge Perpetua, Immutabile, Inuiolabile, dell'essere, e della natura loro, <pb n= "38"/> secondo il detto del Salmo : Statuti ea in æternum, &amp; in sæculum sæculi, præceptum posuit, &amp; non præteribit. Per la qual legge, osseruando elle sempre vn perpetuo tenore nell'essere, &amp; operationi loro, vengono ad acquistarsi nome di determinate, e stabilissime nella loro condtione. Così si dice la Fortuna (della quale non è cosa più instabile, ne variabile al Mondo) ch'ella è constante, &amp; inuariabile in quella sua continua volubilità, inconstanza, vicissitudine, e variatione, onde è quel verso.</p>
<lb/>Et constans semper in leuitate sua est. 
<p>Così i Cieli, il moto de' quali è fatto per non cessar mai per Legge ordinaria, si dice essere immobile, &amp; immutabile ; onde si muouono i Cieli immobilmente, e le cose terrene immutabilmente si mutano, percioche non variano mai quelli dal moto, ne queste dalla mutatione. Con questo Fondamento s'interpretano tutte l’auttorità della Scrittura Sacra, che appartengono alla Prima Classe, le quali di cono la Terra esser stabile, &amp; immobile, intendendo ciò quanto alla sua natura, la quale quantunque includa in se il moto locale, e quello triplicato, secendo l'opinione del Copernico (cioè Diurno, co'l quale si riuolge in se stessa; Annuo co’l quale si riuolge i per i XII. segni del Zodiaco; e d'Inclinatione, per il quale il suo Asse, sempre risguarda <pb n= "39"/> vn'istessa parte del Mondo, e cagiona l’inequalità de i giorni, e delle notti) &amp; includa anco diuerse altre specie di mutatione, come di Generatione, Corruttione, Aumento, Diminutione, &amp; Alteratione di varie sorti, nondimeno in tutte queste, ella è sempre stabile, ne varia mai dall’incominciato stile datole da Dio, mouendosi tuttauia stabilmente, &amp; immutabilmente, di tutte le sei specie di moto sopradette.</p>
<p>Il terzo Fondamento è questo. Quando vna cosa si muoue secondo alcuna delle sue parti, e non secondo il tutto, non si può dire semplicemente, &amp; assolutamente muouersi, ma solo per accidens, percioche semplicemente più tosto gli conuiene la stabilità. Come per essempio, Se dal Mare si prenda vn bicchier d’acqua, ò altra portatile misura e si trasporti da vn luogo ad vn’altro, non perciò si può dire assolutamente, che il Mare sia trasferibile simpliciter da vn luogo ad vn’altro, ma solo per accidens, &amp; secundum quid, cioè secondo alcuna delle sue parti, percioche più tosto (semplicemente parlando) egli è intransferibile dal luogo suo : Si come anco l’aere semplicemente è intransferibile, &amp; immobile dal luogo suo, se bene secondo alcune sue parti si muoue, e si và trasferendo. Questo Fondamento è chiato da per se, e con esso si sciogliono anco, &amp; <pb n= "40"/> esplicano le auttorità, che pare, che concludano la Immobilità della Terra, percioche si possono esporre, ch'ella per se, &amp; assolutamente, cioè secondo il suo tutto non sia mutabile, stante, che non si genera, ne corrompe, ne aumenta, ne diminuisce, ne altera mai, secondo il tutto, ma solamente secondo le sue parti. E che questo sia il vero senso, il testo dell'Ecclesiaste da se stesso lo manifesta, percioche dice, Generatio præterit, &amp; generatio aduenit, Terra autem in aternum stat. quasi volesse dire, che quantunque la Terra, secondo le sue parti si generi, e si corrompa, e sopra di se riceua le vicissitudini della generatione, e corrottione delle cose, nondimeno ella mai secondo il suo tutto si genera, ne si corrompe, ma stà immutabile in perpetuo ; come appunto suol essere taluolta vna Naue, alla quale hor leuasi vna tauola, &amp; in suo luogo gli se ne aggiunge vn’altra nuoua, hora se gli muta vna antenna, hor vn pezzo di timone, hora se gli rinuoua vna parte, &amp; hora vn’altra, nondimeno è sempre l’istessea Naue. E così non parla quiui l’auttorità, di moto locale, ma di altre sorti di mutationi, come nella Sostanza, Quantità, ò Qualità della Terra. E quando ben si volesse dire che ragionasse del moto Locale, allhora s’haurebbe da interpretare co’l seguente Fondamento, cioè <pb n= "41"/> à rispetto del luogo naturale, ch’ella tiene nell’Vniuerso, come hora dirò.</p>
<p>Il Quarto Fondamento dunque è, che ogni cosa Corporale, ò Mobile, è Immobile, dal principio della sua Creatione, hà hauuto il suo proprio naturale, e proportionato luogo, dal quale vscendo, si muoue violentemente, &amp; al quale andando si muoue naturalmente; e niuna secondo il suo tutto, si può rimuouere da questo suo luogo naturale, perche se ne cagionerebbe vn grandissimo disturbo, e disordine horribile nell’Vniuerso : Onde ne tutta la Terra, ne tutta l’Acqua, ne tutto l’Aere si possono suellere, e leuarsi totalmente dal loro determinato luogo, e sito, ouero Sistema, e constitutione, che hanno nell'Vniuerso, à rispetto de gli altri Corpi del Mondo, &amp; ordine, e dispositione loro. Così niuna stella può vscire dal suo luogo, ancor che sia errante, e niun'Orbe, ò Sfera dal suo, ancor che d’altri moti sia mobile. Dunque tutte le cose, quantunque si muouano, nondimeno sempre si dicono esser immobili, e ferme nel loro proprio luogo, secondo il senso predetto: il che s’intende secondo il tutto, percioche non è inconueniente secondo le parti, sentire alcun mouimento, il quale allhora è violento, e non naturale. La Terra dunque, ancor che fusse mobile, si può dire <pb n= "42"/> d'esser ferma, &amp; immobile, secondo il modo predetto, perche non si muoue di moto retto, fuori dell’ambito datogli dalla sua Creatione, per il quale s’habbia sempre à muouere circolarmente; ma ritrouandosi situata nell'Orbe detto Magno, ch'è sopra Venere, e sotto Marte, mezza frà loro in quel Cielo, oue la commune opinione ordinariamente pone il Sole, in questo luogo si muoue intorno al Sole, &amp; intorno gli altri due Pianeti mezzani, cioè Venere, e Mercurio, hauendo d'intorno di se la Luna, ch’è vn'altra Terra, ma Etherea, come disse Macrobio per opinione di Filosofi antichi : e così non cambia mai stile, ne mai varia tenore. Onde per questa sua vniformità di posseder sempre l’istesso ambito assignatole, e non vscir mai da quello, si dice stabile, &amp; immobile, nel qual modo anco il Cielo, &amp; ogni Elemento, si può dire immobile nel suo genere.</p>
<p>Il Quinto Fondamento poco dissimile al precedente è questo. Alcune cose sono create da Dio, di modo, che hanno le lor parti dissipabili, e disunibili frà di loro, e dal tutte ; altre, che non l’hanno dissipabili, almeno collettiuamente : le prime sono caduche, le seconde perpetue. La Terra dunque douendo essere creatura perpetua, hebbe le parti sue non dissipabili, ne disunibili <pb n= "43"/> collettiuamente da se stesse, e dal centro di lei (per il quale ella hà il suo vero luogo) e dal tutto : Imperoche sempre secondo il suo tutto se ne stà in se stella conglobata vnita, e coherente, ne si disgiungono, ò disgregano le parti sue dal centro, ne trà di loro, se non alcune accidentalmente, e per violenza, ritornando elle poi subbito al luogo loro naturalmente. In questo modo dunque la Terra si dice Immobile, &amp; immutabile ; nel qual modo non solo essa, ma anco il Mare, l’Aere, il Cielo, &amp; ogni cosa (per mobile, ch’ella sia) purche le sue parti non siano dissipabili almeno collettiuamente, si può chiamar immobile. Questo Fondamento non differisce in altro dal precedente, se non, che sicome quello risguardaua le parti in ordine al luogo, questo risguarda le parti in ordine al tutto. E da queste speculatone si caua vn'altro segreto, perciò che scuopresi per essa, in che consista la propria formalità della grauità, e leggierezza delle cose; la quale (secondo la commene Filosofia Aristotelica) non così facilmente si spedisce, ne si esplica senza gran controuersie. Non è dunque altro la grauità propriamente, secondo i principij di questa nuoua Opinione, se non che vna certa naturale appetenza, &amp; inchinatione delle parti di riunirsi co’l suo tutto ; la quale dalla <pb n= "44"/> Diuina Prouidenza è stata non solo data alla Terra, &amp; à suoi Corpi, ma anco à Corpi Celesti (sicome è credibile) &amp; al Sole, &amp; alla Luna, &amp; alle Stelle; per la qual inclinatione le parti di questi Corpi, tutte si ammassano, e si congiungono talmente insieme, che ciascuno non pensa di poter ritrouare altra quiete altroue mai, che nel centro del Corpo, di cui è parte, e perciò da ogni lato vnendosi esse parti, &amp; contendendo tutte verso il centro, con questa lor compressione cagionano la figura Sferica, e rotonda de'Corpi Celesti, &amp; in quella sempre perseuerano, e cercano di conseruarsi. La leggierezza poi è vna esclusione del corpo più tenue, e raro, dal commercio del più grosso, e sodo (ch'è da lui eterogeneo) fatta per vigore del caldo. Onde sicome il moto delle cose graui è compressiuo, così quello delle leggiere è estensiuo : perciòche è proprietà del caldo estendere, e rendere rara qualsiuoglia cosa, alla quale egli s'applichi, e congiunga, e si communichi. E così non solo à rispetto di questo nostro globo Terrestre, e suoi adiacenti, si ritroua grauità, e leggerezza, ma anco à rispetto de corpi, che si dicono essere nel Cielo; ne quali, le parti, che hanno procliuità di andar al centro son graui; quelle, che aspirano verso la circonferenza sono leggiere. E così nel Sole, nella <pb n= "45"/> Luna, e nelle Stelle, saranno parti graui, e leggiere, e per conseguenza non sarà il Cielo quel corpo tanto nobile, e di Quinta Essenza, o di diuersa materia dalla Elementare costituito, immutabile di qualsiuoglia specie di mutatione nella Sostanza, Quantità, e Qualità sua, e di tali merauigliose, e peregrine conditioni, quale ce lo dipinge, &amp; intrude Aristotele; ne sodo, &amp; impermeabile, e di quella densità impenetrabile, e così pertinace dotato, qual’è tenuto quasi communemente da tutti; anzi in lui si potranno generare le Comete (come vuole questa Opinione) &amp; il Sole essalando (come si sospetta) ò pur attrahendo diuersi vapori sopra la superficie del suo corpo, cagionerà forsi quelle macchie, che si sono osseruate così varie, &amp; anomale nel suo Disco, delle quali hà trattato benissimo il Signor GALILEI, che non occorre, che in queste cose lo faccia il fatto. Et se alcuna auttorità pure si ritrouasse nelle Sacre lettere in contrario, si esclude con i Fondamenti posti di sopra, proportionalmente applicati, &amp; anco si può intendere della sodezza di non ammettere il vacuo, ò tale scissura, e penetratione, alla quale segua alcun vacuo : il che come è impossibile in tutte le creature corporali, così in particolare ripugna al Cielo, corpo per sua natura rarissimo più di tutti gli altri, e <pb n= "46"/> tenue fuor d’ogni humana imaginatione, e forsi costituito di tale proportione di rarità, e di sottigliezza à rispetto dell'Aere, quale hà l'Aere à rispetto dell’Acqua e più. Risulta anco da gli stessi principij, il conoscere quanto sia falso quel Discorso Aristotelico, che Vnius corporis simplicis vnus est motus simplex, &amp; huius due species, Rectus, &amp; Circularis : Rectus duplex, A medio, &amp; Ad medium; primus leuium, vt Aeris, &amp; Ignis; Secundus grauium, vt Aqua, &amp; Terra : Circularis, qui est circa medium, competit Cœlo, quod neque est graue, neque leue. Tutta questa Filosofia si sbandisce, e và in rouina ; mentre in questa nuoua opinione si stabilisce, che quantunque sia vero, che vn corpo semplice, non hà piu che vn moto semplice, nondimeno questo è solo il Circolare, e non altro, perche solamente secondo il moto Circolare, ogni corpo semplice stà nel suo luogo naturale, e nell'Vnità sua, &amp; hà propriamente il moto in loco, il quale fà, che la cosa, che così si muoue, stia tuttauia in se stessa vnita, e quantunque si muoua, resti nondimeno come si riposasse in continua Quiete. Il Retto, il quale è propriamente ad locum, è solo di quelle cose, che sono fuori del suo luogo naturale, e si ritrouano luntane dalla Vnione, &amp; Vnità del suo Tutto, e separate, e diuise da quello: la qual cosa ripugnando <pb n= "47"/> all'ordine della natura, &amp; alla forma dell'Vniuerso, ne segue, che il moto retto, conuiene solo à quelle cose, che non, hanno in se la perfettione, &amp; il complemento loro, il quale secondo la natura propria gli conuerrebbe, onde per mezzo di questo moto retto, vanno cercando di redintegrarsi co'l suo tutto, e ricongiungersi con la sua vnità. e restituirsi al naturale suo luogo, doue solamente, e non altroue sentono riposo, e quiete, e possono finalmente fermarsi. Dunque ne i moti retti non si ritroua vera vniformità, e semplicità : percioche li fà variare, ò la irregolarità della leggerezza, ò quella della ponderosità, e grauità de' corpi loro; e così non egualmente perseuerano nell'istessa velocità e tardanza dal principio insino al fine. Onde quelle cose, che per il peso scendono à basso, da principio hanno il moto alquanto lento, ma dipoi, scendendo elle tuttauia, gli si aumenta la velocità, quanto più s’accostano al centro, tanto più di velocità gli si accresce. E per contrario, quelle cose, che per la leggerezza ascendono, come suol fare questo nostro fuoco terrestre (che non è altro, che fumo ardente) non tantosto incominciano à sormontar alquanto, che subbito suaniscono, e si dileguano, e perdono di vista, per la subbita estensione, e rarefattione, che acquistano <pb n= "48"/> nel moto in sù sciolte, che sono dalla violenza, e forza, che le manteneua nel luogo basso contra la natura loro. Per le quali ragioni appare manifestamente, che niuno moto retto si può chiamar semplice; il che si conclude, sì per le ragioni già dette, cioè, che non è eguale, &amp; vniforme, sì anco percioche è misto sempre co’l Circolare, che stà nascosto nel retto, per il consenso occulto, che nasce dalla Identità della natura, che hanno sempre le parti co'l suo tutto : Onde mouendosi il tutto circolarmente, bisogna, che anco le parti, quantunque si muouano per accidens, di moto retto, per ritrouar il suo tutto, habbiano nondimeno anco esse il Moto Circolare (se bene non così euidente, e palese) conforme à quello del tutto. E così resta stabilito, che solo il moto Circolare, e Semplice, &amp; Vniforme, solo è eguale, e solo d'vno istesso tenore: percioche hà la sua causa, che non gli viene mai meno. Doue che il moto retto, ch'è delle cose graui, e leggiere, hà la sua cagione deficiente, e mancheuole, anzi non ad altro tendente, &amp; aspirante, che al fine, &amp; alla terminatione sua, poiche le cose graui, e le leggiere, tosto, che hanno acquistato il lor proprio, e naturale luogo, subbito cessa il lor moto, che da queste qualità di grauità, e leggierezza, se gli cagionaua. Essendo <pb n= "49"/> dunque il moto Circolare del tutto, il Retto della parte, non saranno, queste differenze opposte nel moto, di maniera, che altro si dica retto, &amp; altro circolare, e l’vno non possa stare con l’altro; percioche l'vno, e l’altro possono stare insieme, &amp; essere ambidue naturali ad vn corpo, sicome è naturale all’huomo, l'essere sen sitiuo, non meno, che l'essere rationale, e non sono differenze opposte fra di loro. E così al moto s'opponerà solo la quiete, e la immobilità, non vna specie di moto all'altra. Quelle differenze poi di moti, dal mezzo, al mezzo, e circa il mezzo, si distingueranno, non realmente, ma solo formalmente, come il Punto, la Linea, e la Superficie, delle quali cose l'vna non può stare senza l'altra, e niuna senza il Corpo. E così si vede, che tanto è lontana questa Filosofia, dall’Aristotelica, quanto è lontano il Sistema Cosmografico nuouo, dal commune insino ad hora tenuto : il che sia detto con l'occasione della dichiaratione del Quinto Fondamento; percioche della verità, ò falsità di queste Positioni, non è mio intento il determinarne niente per hora, quantunque io per probabilissime le tenga.</p>
<p>Il Sesto Fondamento, &amp; Vltimo è questo. Ogni cosa si denomina tale semplicemente, quale è al rispetto, e comparatione di <pb n= "50"/> tutte, ò almeno di molte cose, e di maggior numero del l’istesso genere, e non solo di alcune poche, che facciano la minor parte. Come vn vaso non si può chiamare assolutamente grande, perche egli sia grande à rispetto di due, ò di trè, ò di altri pochi vasi: ma assolutamente grande sarà, se auanzerà di grandezza, ò tutti gli'Indiuidui, ò la maggior parte di quelli. Ne sarà grande vn huomo assolutamente, perche sia maggiore de’ Pigmei, ne piccolo assolutamente, perche sia minore de’ Giganti ; ma grande, e piccolo assolutamente si denominarà à rispetto dell'ordinaria statura della maggior parte de gli huomini. Così non si deue denominar la Terra semplicemente alta, ò bassa, perche sia tale, à rispetto di alcuna parte minima dell’Vniuerso : e per conseguenza non si deue dire, ch'ella sia alta assolutamente, perche è tale solo à Comparatione del Centro del Mondo, ò di alcune poche parti dell’ Vniuerso, che stanno più vicine al detto Centro, come è il Sola, Mercurio, e Venere : ma tale si denominarà affatto, quale ella è, à comparatione delle Sfere, e Corpi, che in maggior numero sono nell’Vniuerso. La Terra dunque, à comparatione di tutto il circuito dell’ottaua Sfera, che include tutte le creature corporali, &amp; à comparatione di Marte, Gioue, <pb n= "51"/> e Saturno, anzi anco della Luna, e molto più à comparatione di altri corpi (se si danno) sopra l'ottaua Sfera, &amp; in particolare del Cielo Empireo, si dice essere veramente nel luogo più basso del mondo, e quasi nel suo mezzo, e centro, ne si può dire essere di sopra ad altri, se non al Sole, Mercurio, e Venere ; onde assolutamente, e semplicemente gli conuiene il nome di corpo insimo, non di supremo, ò di mezzano. E così il venire à lei dal Cielo, e massime intendendosi per il nome di Cielo, L'Empireo (si come si prende nel recesso di CHRISTO dal Cielo per la sacrosanta Incarnatione) e l'andare da lei al Cielo (sicome si prende nell'accesso di CHRISTO in Cielo, per la sua gloriosa Ascensione) sono propriamente vn vero scendere dalla Circonferenza al centro, &amp; vn vero salire dalle parti prossime al centro del Mondo, alla circonferenza vltima di quello : Si possono dunque benissimo verificare le propositioni Theologiche in questo modo. E questo Fondamento maggiormente si conferma, imperò che (sicome io hò osseruato) tutte quasi l'auttorità della Scrittura Sacra, che contrapongono il Cielo in numero singolare alla Terra, s'intendono molto conuenientemente, e con appropriatissima interpretatione, in particolare <pb n= "52"/> del Cielo Empireo (il quale è il Supremo di tutti, e spirituale, in quanto al fine) e non de i Cieli inferiori, &amp; intermedij, che sono Corporali, e per le corporali creature, fabricati ; sicome quando si nomano i Cieli in numero plurale s’intendono tutti confusamente, cioè tanto l’Empireo, quanto gli altri inferiori insieme, la quale esplicatione, ogn'uno per se stesso potrà (osseruando) ritrouare essere verissima. E così il terzo Cielo, al quale fù ratto San Paolo, s’esplicherà con questo Fondemento per l’Empireo. Intendendo per il primo Cielo tutto l’immenso spacio de'corpi erranti, e mobili, illuminati dal Sole, oue sono situati i Pianeti insieme con la Terra mobile, e con il Sole immobile nel centro di tutte le Sfere, il qual Sole à guisa di Rè, con riguardeuole Maestà stando nel suo Seggio, perpetuamente costante, e saldo, regge, e gouerna tutti i Corpi Celesti, che gli stanno, ò girano d’intorno, niente bisogneuole di quelli, &amp; egli à tutti bisogneuole; e quasi immortale, e sempiterna Lampade, accesa nel mezzo del Theatro del Mondo corporeo, illumina con indicibile Dignità, e decoro tutte le parti di quello : Per il Secondo, il Cielo Stellato, che chiamasi communemente Ottaua Sfera, ouero Fermamente, oue sono tutte le Stelle Fisse, il quale <pb n= "53"/> (secondo questa opinione) è priuo anco egli affatto, come il Sole, di qualsiuoglia moto, e totalmente immobile, come il centro, corrispondendosi nella immobilità il centro, e la sua vltima Circonferenza : Il Terzo, l’Empireo, Stanza de’Beati. E così si esplica, e si verifica insieme quel merauiglioso Segreto, e profondo Misterio riuelato Enigmaticamente da Platone à Dionisio Siracusano : Circa omnium Regem sunt omnia, &amp; Secunda circa Secundum, &amp; Tertia circa Tertium ; Percioche essendo delle cose Spirituali il centro Iddio, delle Corporali il Sole, delle Miste C H RI S T O, senza dubbio d'intorno qualsiuoglia di questi centri stanno le cose à loro corrispondenti, e sempre il Centro, &amp; il mezzo è il più nobil luogo : onde tanto ne gli Animali il cuore, come nelle Piante quell’Acino, nel quale consiste il seme, che conserua la perpetuità loro, e virtualmente contiene tutta la Pianta, sono nel mezzo, e nel centro : il che basta ad hauer accennato, non potendo quì più diffondermi nell'esplicatione di queste cose. E con questo Fondamento peculiarmente, si sciogliono le auttorità, e ragioni, della Terza, Quarta, e Quinta Classe.</p>
<p>Aggiungasi, che anco il Sole, e Mercurio, e Venere (à rispetto della Terra) si <pb n= "54"/> deono dir esser Sopra, e non Sotto di essa Terra, quantunque Sotto siano, à rispetto di tutto il Sistema dell’Vniuerso, &amp; assolutamente : La ragione è, perche à rispetto della Terra sempre appaiono circa la sua superficie, quale ancor che essi non circondino, nondimeno sempre co’l moto, che fà essa Terra, hor ne risguardano vna parte, hor vn’altra della sua Circonferenza : Poiche dunque le cose, che in vn corpo Sferico più s’accostano verso la Circonferenza, e più si dilungano dal centro, si dicono essere nell’Alto di lui ; e quelle, che sono più verso il centro, sono nel Basso di lui; ne segue chiaramente, che mentre il Sole, Mercurio, e Venere, non solo sono verso la Superficie, e Circonferenza della Terra, ma fuori di quella per molto spacio, e da ogni parte successiuamente la riguardano, e lontanissimi sono dal centro della Terra, siano anco nell'Alto à rispetto suo, e così la Terra sia Bassa à rispetto loro, de quali ella per contrario poi, à rispetto di tutto l'Vniverso, si dice essere più Alta. E così si viene à saluare l'Auttorrità dell'Ecclesiaste, che molte volte le cose, che si fanno nella Terra, ò in quella sono, chiama egli, Qua fiunt, vel sunt, sub Sole. E nel medesimo, modo si verificano quelle Frasi, che dicono, che noi siamo Sub Cœlo, e Sub Luna, e simili; Onde <pb n= "55"/> le cose Terrene, &amp; Elementari si denominano Sublunari.</p>
<p>La Sesta Classe poi contiene vna difficoltà cemmune, tanto à questa Opinione Copernicana, quanto all'Ordinaria, e perciò poco m’importa scioglierla, e doue oppugna in particolare la Copernicana, la solutione è in pronto dal primo Fondamento. Quello, che poi si aggiunge nella Quarta Classe, che l'Inferno girarebbe (stando dentro la Terra) intorno al Sole, e sarebbe nel Cielo : mi pare, ò ignoranza, ò calunnia, &amp; vn voler far forza sopra la gelosia del cattiuo suono de'vocaboli, più tosto, che addurre ragioni fondate sopra la natura delle cose : Poiche per il Cielo non s'intende quì il Paradiso, ne come lo prende l’opinione commune ; ma non è altro (secondo l’opinione Copernicana) che Aere sottilissimo, e purissimo (come di sopra s'è accennato) e di gran lunga più tenue, e raro di questo nostro, che perciò per esso passano (riuolgendosi per i corsi loro) i corpi sodi delle Stelle, e della Luna, e della Terra (percioche nega, e toglie via questa opinione la Sfera del fuoco) e così come non è inconueniente nell'opinione commune, che l'Inferno stando nel centro della Terra; e del Mondo, habbia di sopra, e di sotto, e da i lati il Cielo, &amp; il Paradiso, e stia nel <pb n= "56"/> mezzo di tutti i Corpi Celesti, quasi nel più nobil luogo : così non si inconueniente in questa, porre vn’altro Sistema poco differente dal sopradeto, &amp; al quale risultino l'istessi, ò simili conseguenti. E sicome nell'opinione commune, l’Inferno è la feccia de gli Elementi, e nel centro della Terra, riposto, per carcere, e carnificina de’ Dannati, così appunto, e non altrimente viene ad essere anco nell’opinione Copernicana. Onde non bisogna con fuggire al suono odioso delle Frasi, per mancamento di ragioni efficaci poiche il senso è senza scrupolo, e ciò che risulta in vna di queste opinioni, da chi hà l'Intelletto rettificato, e ben instrutto nelle Liberali Discipline, e massime nelle Mathematiche, si vede chiaramente, che senza molta differenza, risulta anco nell’altra. </p>
<p>Da questi Fondamenti, e dalle dichiarationi loro, si manifesta l'opinione Pittagorica, e Copernicana esser tanto probabile: che forsi non è altretanto la commune di Tolomeo; Poiche da quella se ne deduce vn’ordinatissimo Sistema, &amp; vna misteriosa, Costitutione del Mondo molto più fondata in ragione, &amp; in isperienza, che non si caua dalla commune : e si vede chiaramente, che si può saluare. di modo tale, che non occorre hormai più dubitare, che repugni <pb n= "57"/> all'auttorità della Sacra Scrittura, ne alla verificatione delle Propositioni Theologiche, anzi essa con ogni facilità non solo salua i Fenomeni, e le apparenze di tutti i Corpi Celesti, ma scuopre anco molte ragioni naturali, che per altra strada difficilmente si possono intendere, &amp; in somma rende più facile l'Astrologia, e la Filosofia insieme, leuandone tutte le cose superflue, &amp; imaginarie, ritrouate solo per non sapere oue ricorrere, per ridurre à qualche ragione, e regola la tanta varietà de’moti Celesti . E chi sà se in quella merauigliosa Fabrica del Candeliero, che douea riporsi nel Tabernacolo di Dio, habbia esso di noi amantissimo Iddio, voluto segretamente rappresentarci il Sistema dell’Vniuerso, &amp; in particolare de Pianeti? Facies Candelabrum duttile (dice il testo) de auro mandissimo, Hastile eius, &amp; Calamos, Scyphos, &amp; Sphærulas, ac Lilia ex ipso procedentia. Quì si descriuono Cinque cose ; L’Hasta del Candeliero in mezzo; i Calami, ouer Fusti da i lati ; i Scifi ; le Sferule ; e i Gigli. Et essendo, che l'Hasta si presuppone non poter essere più d’vna, si descriuono immediatamente i Calami, in questo modo; Sex Calami egredientur de lateribus, tres ex vno latere, &amp; tres ex altero : Questi Calami, può essere, che ci dinotino i sei Cieli, <pb n= "58"/> che girano intorno al Sole in questo modo : Saturno, ch'è il più tardo, e più rimoto fà il suo corso intorno al Sole per tutti li XII. segni del Zodiaco in anni XXX. Gioue, ch'è più prossimo in XII. Marte (ch'anco più s'auuicina) in due. La Terra (che maggiormente se gli accosta) si muoue per l’istesso camino insieme con l'Orbe della Luna in vn’anno, cioè in mesi XII. Venere, (che più anco se gli approssima) in mesi IX. Mercurio poi (che e più vicino di tutti al Sole) in meno di mesi due, cioè in giorni LXXX. ne'quali fà tutto il suo corso intorno à quello. Dopò hauer descritti i Sei Calami, segue il Sacro Testo ad esporre i Scifi, le Sferule, e i Gigli, dicendo: Tres Scyphi quasi in nucis modum per Calamos singulos, Sphærulque simul, &amp; Lilium ; &amp; tres similiter Scyphi instar nucis in Calamo altero, Sphærulaque simul, &amp; Lilium : hoc erit opus sex calamorum, qui producendi sunt de Hastili : In ipso autem Candelabro erunt quatuor Scyphi in nucis modum, Sphærulaque, per singulos, &amp; Lilia : Spharule sub duobus calamis per tria loca, qua simul sex fiunt, procedentes de hastili Vno. Non può la debolezza dell’intelletto mio penetrar il tutto, che stà nascosto in questa Sapientissima dispositione di cose, ma attonito, e stupefatto ammirandola dico, chi sà, se quei trè Scifi <pb n= "59"/> à guisa di noci, da porsi per qualsiuoglia Fusto del Candeliero volessero significare alcuni Globi più tosto atti (come è questa nostra Terra) à riceucre, che à dare influssi? e chi sà se appunto significano quei Globi scoperti con l’Occhiale di Prospettiua, che partecipano con Saturno, con Gioue, con Venere, e forsi con altri Pianeti? chi sà se anco gl'istessi Globi hanno alcuna astrusa proportione con quelle Sferule, e con quei misteriosi Gigli, che ci insinua la Sacra Scrittura? E bene quì por modo all'audacia humana, e con Harpocratico silentio aspettar ciò, che il Tempo scuopritore, e Padre della verità, sarà per dimostrarci. Salomone fà dieci Candelieri dell'istesso modello, come ordinò Mosè, e li colloca nel Tempio da lui fabricato al Sommo Iddio, cinque per parte ; il che tutto hà profondi, e reconditissimi significati. Non è anco senza Misterio quel Pomo della Scienza del bene, e del male, che fù vietato à' primi nostri Padri, quale alcuni dicono esser stato il Fico Indiano, nel qual frutto si vede vna moltitudine di granelli del suo seme, che ciascuno hà il suo centro per se, ch'essendo sodo, e duro in se stesso, nondimeno poi intorno la Circonferenza, è di più rara, e tenue materia, non altrimente, che la Terra, ch’ essendo nel Centro suo, ò nelle parti vicine à <pb n= "60"/> quello, Sassosa, Metallica, e soda, quanto più s’accosta poi alla circonferenza, tanto più pare, che habbia le parti sue tenui, e rare; onde sopra di se hà anco vn’altro corpo più raro, ch’è l’Acqua; e sopra questa l’Aere più di tutti gli altri inferiori corpi, raro, e sottile : L’istesso sembiante del Fico Indiano, ci rappresenta il Pomo Granato, con quei suoi tanti granelli di diuersi centri, de' quali ciascuno nelle parti più rimote del suo centro, sormontando alla circonferenza, viene ad hauere vna materia tanto sottile, che vn poco, che si stringa, e prema, diuenta quasi tutta liquore, e succo molto tenue. E pur di questo volle far mentione la Diuina Sapienza con farlo ricamate nella Veste Sacerdotale di Aaron : Deorsum vero (dice Iddio) ad pedes eiusdem tunica per circuitum, quasi Mala Punita facies, ex hyacintho, &amp; purpura, &amp; cocco bis tincto, mixtis in medio tintinnabulis, ita vt tin tinnabulum sit aureum, &amp; Malum Punicu: rur sunque, tintinnabulum aliud, &amp; Malum Punicum. E che ciò significhi la rappresentatione, &amp; il Ritratto del Mondo, lo confessa Salomone, dicendo : In veste enim Poderis quam habebat, totus erat Orbis Terrarum, &amp; parentum Magnalia in quatuor or dinibus lapidum erant sculpta, &amp; magnificentia tua in Diademate capitis illius sculpta erat. L’istesso ci significa l'vua : E così tutti gli altri frutti, ma in particolare il Fico, <pb n= "61"/> l’Vna, &amp; il Pomo granato, de quali habbiamo già detto; Onde quasi sempre si veggono andare accompagnate nelle Scritture Sacre queste trè cose. Così ne’ Numeri si lamenta il popolo d’Israele contro Moise, &amp; Aaron : Quare nos fecistis ascendere de Aegypto, &amp; adduxistis in locum istum pessimum, qui seri non potest, qui nec Ficum gignit, nec Vineas, nec Malogranata? Quasi significando, che in queste sorti di frutti hauriano hauuto il tutto. Et in Ioele : Vinea confusa est, &amp; Ficus elanguit, Malogranatum, &amp; Palma, &amp; Malum, &amp; omnia ligna agri aruerunt, quia confusum est gaudium à filijs hominum. Et in Aggeo, Nunquid iam semen in germine est: &amp; adhuc Vinea, &amp; Ficus, &amp; Malogranatum, &amp; lignum Oliue non floruit ? E così nel Deuterenomio, si loda la terra di promissione, Terram frumenti hordei, ac Vinearum, in qua Ficus, &amp; Malogranata, &amp; Oliueta nascuntar . E nella Fabrica del Tempio fatta per Diuina inspiratione da Salomone, si pongono per ornamento della sommità delle Colonne molti ordini di Pomi granati, del che non in vn luogo, ma in molti fà mentione la Scrittura Sacra. E nell’istessa finalmente non mancano in varie occasioni altri passi notabili, e degni di lunga, e di matura consideratione à questo proposito dell'ordine de' Cieli, e Sistema, e <pb n= "62"/> dispositione delle Creature corporali, e spirituali insieme, i quali tutti hà proposti lo Spirito Santo enigmaticamente, con Emblemi, Parabole, e Figure, per non farci abbagliare affatto, dallo smisurato splendore di tanto eccellente oggetto. Onde io giudico, che noi nell’istesso modo potiamo andar Filosofando (in queste cose Dottrinali, che sono ambigue) per mezzo delle Scritture Sacre, come appunto facciamo per intendere le Profetie, che per altro sono oscurissime : le quali allhora s'intendono pienamente, e si sanno ben’applicare, quando sono già adempiute, e non innanzi. Così saputo, che sarà, e certificato, come si conuiene, il vero Sistema dell'Vniuerse, allhora si conosceranno le significationi di queste Figure, e di questi Enimmi. Sicome prima, che si manifestasse, con la venuta del Figliuol di DIO, il Misterio della Santiss. TRINITA, non si conosceua, ne si poteua indouinare ciò che significassero quelle parole : In principio creauit Elohim Cœlum, &amp; Terram ; poiche la parola Elohim, essendo plurale, (come se dicesse Dij) non si vedeua come potesse accordarsi co'l singolare del verbo creauit: Ma scopertosi il Misterio dell'Vnità, dell’Essenza, e Trinità delle Persone in Dio, subbito si conobbe, che li singolare creauit si douea riferire all’Vnità dell'Essenza <pb n= "63"/> (poiche Opera Trinitatis ad extra sunt indiuisa) &amp; il plurale Elohim, si douea riferire alle Persone; Chi haurebbe mai potuto indouinar per auanti questo segreto? Così quel replicar trè volte il nome di DIO, che fa Dauid, Benedicat nos Deus, Deui noster, benedieat nos Deus, &amp; c. Parea vn Pleonasmo, &amp; vna superfluità di repetitione ridondante, di prima: Ma poi si vidde, ch'esplicaua le benedittioni di diuersi Suppositi, cioè, del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo, &amp; innumerabili Essempi simili à questi si troueranno nelle Scritture Sacre. Dirò dunque per conclusione con Dauid. Quam magnificata sunt opera tua Domine, nimis profunde facta sunt cogitationes tua : vir insipiens non cognoscet &amp; stultus, non intelliget hœc.</p>
<p>Questo è quanto m’occorre per hora, dire Theologicamente sopra l’opinione non improbabile della Mobilità della Terra, e Stabilità del Sole. Del che hò voluto render conto à V.P. Reuerendiss. non dubitando, che il tutto gli habbia ad esser gratissimo, per la grande inclinatone, ch'ella hà verso le virtù, e le buone Dottrine. Nel resto (per dargli raguaglio anco de gli altri miei studi) spero mandar quanto prima fuori il primo, e secondo Tomo dell’INSTITVTIONI NI TVTTE LE DOTTRINE, oue si conteneranno l’Arti Liberali, come <pb n= "64"/> gli ne accennai nella SINTASSI, e Modello, che ne mandai già in luce sotto il Nome suo. Gli altri cinque Tomi, che deono seguire, e già sono promessi da me (che conteneranno la Filosofia, e la Teologia) si tratteneranno alquanto, percioche si stanno tuttauia preparando. Et in questo mezzo anco spero, che vscirà fuori il Libro DE ORACVLIS, ch'è già finito, giuntamente con il Trattato DE DIVINATIONE Artificiosa. Sicome hora le mando per caparra il colligato Trattato DELLA DIVINATIONE NATVRALE COSMOLOGICA, ouero de'Pronostici, e Presagij Naturali delle Mutationi de' Tempi, e di altre cose, alle quali si può stendere la Natura. E per fine le priego dal Signore ogni vero Bene, baciandole humilmente le sacratissime mani. Dal Carmine di Napoli li 6. di Gennaro 1615.</p>
<lb/>Di V.P. Reverendiss.
<lb/>Humiliss. Servitore
<lb/>F. Paolo Antonio Foscarini.
<lb/>Imprimatur. P. Ant. Ghibert. Vic. Gen.
<lb/>Ioannes Longus Can. &amp; Cur. Archiep.
<lb/>Neap. Theol. vidit. 
</body>
</text>
</TEI>
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Based on the copy digitized by Google Books in partnership with the Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Starts on page 3 Lettera del R.P.M. Paolo Antonio Foscarini Carmelitano. Sopra l'opinione de' Pittagorici, e del Copernico. Della Mobilità della terra, e stabilità del sole, E del nuovo Pittagorico Sistema del Mondo. Al Reverendiss. P.M. Sebastiano Fantone Generale dell'Ordine Carmelitano. In Napoli, Per Lazaro Scoriggio, 1615. Foscarini, Paolo Antonio Naples Scoriggio, Lazaro 1615.

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Lettera del R.P.M. PAOLO ANTONIO FOSCARINI CARMELITANO. Sopra l'opinione de' Pittagorici, e del Copernico. DELLA MOBILITA' DELLA TERRA, E STABILITA' DEL SOLE, E del nuovo Pittagorico Sistema del Mondo. Al Reverendiss. P.M. SEBASTIANO FANTONE Generale dell'Ordine Carmelitano. IN NAPOLI, Per Lazaro Scoriggio, 1615. Si quis indiget Sapientia postulet à Deo. Iacob. 1. Optavi, & datus est mihi Sensus. Sap. 7. Al Reverendiss. P.M. Sebastiano Fantone. Generale dell'Ordine Carmelitano.

A Richiesta del Signor D. FRA VINCENZO CARRAFA Caualier Napolitano, dell'ordine Hierosolimitano (Signore di tanto rare qualità, ch'io non saprei breuemente descriuerlo, se non con dire, ch' in lui contendono del primo luogo la Nobiltà, la Cortesia, l'Vniuersale cognitione di molte Dottrine, il Valore, la Religione, la Bontà, & ogni Virtù) m'ero proposto di Scriuere in defensione della nuoua opinione, ò più tosto rinouata, e dalle tenebre dell’Obliuione oue era Sepolta, tirata hora frescamente in luce, Della Mobilità della Terra, e Stabilità del Sole, tenuta anticamente da Pittagora, e poi posta in prattica dal Copernico, e del Sistema, e constitutione del Mondo e Sito delle sue parti, che da quella Hipotesi deriua, del che ne scrissi anco à V.P. Reuerendiss. li giorni à dietro, com'ella sà; Ma perche hora mi ritrouo in viaggio per venire di suo commandamento à predicare costì in Roma, e questa speculatione si douerebbe riporre al suo luogo nel Trattato Della Cosmografia, il quale stò tuttauia ponendo in ordine per fare, ch'esca in luce con il mio Compendio dell'Arti Liberali, ch'hormai è finito, hò voluto trà tanto mandare à V.P. Reuerendiss. (à cui deuo tutte l'attioni mie, e me stesso) questo breue raguaglio di tutto il mio intento, e descriuergli i fondamenti, de quali quest’opinione si può, e deue seruire, accioche (essendo ella per altro e ragioneuole, e verisimile) non si mostri tanto repugnante, e quasi contraria quanto pare, non solo alle ragioni Fisiche, & à i principij approuati comunemente da tutti (il che sarebbe men male) ma quello che più importa à molte autorità della Sacra scrittura : che senza dubbio ad ogn'uno che la sente nominare, e proporre rassembra vno de i più strani, & più mostruosi Paradossi, che si siano ancora intesi. Il che nasce tutto dalla vecchia consuetudine, confermata da tanti Secoli, per la quale gli huomini, ch'han fatto habito, e callo nell’opinioni già trite, e plausibili, e perciò di comune consenso di tutti, non solo dotti, ma anco indotti abbracciate, non possono più rimouersi da quelle : essendo tanta la forza dell'vso, che si dice essere vn'altra natura, e fà, che le cose, ancorche cattiue, da chi gli è assuefatto siano più amate, e desiderate, che le buone inusitate à lui: anzi che quelle più di queste gli siano gioueuoli, e più accomode alla sua natura, & inclinatione. Onde l'istesso auuiene nell’opinioni, che non tantosto hanno vna volta fisse profondamente le radici nell’animo, che qualsiuoglia altra à quelle vsitate dissimile, gli pare à punto come dissonanza all’orecchio, tenebre alla vista, fetore all'odorato, amarezz'al gusto, e ruuidezz'al tatto; Percioche ordinariamente non si misurano, ne si giudicano le cose secondo quello, ch'elle sono, ma secondo le descriue l'autorità di chi ne parla. La quale autorità nondimeno quando non è più che humana, non deu' esser mai tenuta di tanto momento, che per essa s'habbia à sprezzare, rinunzare, o posporre quello, che euidentemente in contrario accade, che ci mostri per auentura alcuna miglior ragione non auertita per il passato, e talvolta il senso istesso. Ne deue chiudersi la strada à i posteri, di modo che non possano, ne ardiscano ritrouare alcuna cosa di più, ò pur migliore di quelle, che ci han lasciate gl'Antichi : gl'ingegni de quali come nell'inuentioni non furono molto superiori à quelli de nostri tempi, così pare, che nelle perfettioni de Trouati siano più tosto stati auanzati, e di gran lunga lasciati à dietro da Moderni, che equiparati: raffinandosi sempre tuttauia il sapere, e l'Arti non solo Liberali, ma anco le Meccaniche : del che potrei addurne molti essempij, se non fusse, che in vna cosa tanto chiara, il voler accumulare testimonianze, e proue, non solo sarebbe tedioso, ma minuirebbe la chiarezza della già publicamente conosciuta verità. Ma per non passar il tutto in silentio, almeno, che diremo dell’isperienze de' Moderni, che in ogni modo han chiuse in alcune particolarità, le Venerabili bocche de gli Antichi, e fatto restar vani, e bugiardi i loro solennissimi, e grauissimi Decreti? Erano Paradossi non meno strani, che sia questo della Mobilità della Terra, L'affermare appresso molti antichi di graue, e riguardeuole auttorità, che vi fussero gli Antipodi. e che nella Zona Torrida vi si potesse habitare, e come quello da molti, così questo da tutti di commun consenso fù tenuto impossibile, e negato affatto, e nondimeno la picciola auttorità, ma molta diligenza, e Valore de' Moderni, hà dimostrato (con gran felicità loro, e gloria perpetua) l’uno, e l'altro essere verissimo. e la maestosa, e canuta barba de gli antichi hauer fallato, e troppo facilmente hauer credute, e solennizate le loro false imaginationi. Lascierò quì per breuità i molti sogni ed' Aristotele, e di altri Filosofi antichi, che si sono modernamente scoperti per quello che sono, e dirò solamente, che se essi hauessero visto, & osseruato quello, che han visto, & osseruato i Moderni; & hauessero le loro ragioni intese, senza dubbio haurebbono anco essi mutato parere, e creduto alla euidentissima verità di questi, onde non bisogna attribuire tanto à gli antichi, che tutto quello, ch'essi affermarono, si habbia come per pregiudicato, à credere, e tenere per certissimo, quasi fusse riuelato, e disceso dal Cielo. Quello che importa dunque in questa materia, è, che doue alcuna cosa si conosce ripugnare all'autorità diuina, & alle sacre lettere dettate dallo Spirito santo, e per sua inspiratione interpretate da Sacri Dottori di S. Chiesa, all'hora non solo si deue abbandonare ogni ragione humana ; ma l'istesso senso : il quale quando con tutte le migliori conditioni, e circonstanze, che potessero essere, rappresentasse il contrario dell’autorità Diuina (la quale sia talmente espressa, che non si possa tergiuersare) si deue ributtare, e giudicare senz'altro, ch'egli c'inganni, e che non sia vero quello, che ci rappresenta, poiche è più certa la cognitione, che si hà per Fede, di qualsiuogli’altra cognitione, per qualsiuoglia lume, e mezzo, che si habbia. Come ben confermò San Pietro, il quale quantunque col proprio senso hauesse visto, e sentiro, nella Transfiguratione del Signore, la gloria di quello, & intese le parole, che lo magnificauano; nondimeno facendo comparatione di tutto ciò co'l lume del la Fede, soggiunse: & habemus firmiorem Prophæticum sermonem. Apparue dunque l'opinione Pitagorica, e del Copernico in Scena al Mondo, con vna talmente strana veste, che dimostrò subbito nel primo aspetto di ripugnare (oltre all’altre cose) à diuerse autorità della Sacra Scrittura, onde venne (e meritamente stante questo presupposito) in tal concetto, che si giudicò da tutti (per dirlo in vna parola) per vna meta pazzia ; Ma perche il commune Sistema del Mondo dichiarato da Tolomeo, non hà dato mai à pieno sodisfattione à i dotti, si è sempre sospettato anco da gl'istessi, che lo seguirono, che qualche altro fusse il più vero : percioche con questo comune, quantunqne si saluino tutti i Fenomeni, e le apparenze, che risultano da corpi Celesti, nondimeno si saluano con innumerabili difficoltà, e rappezzamenti di Orbi (e questi di varie forme, e figure) di Epicicli, di Equanti, di Deferenti, di Eccentrici, e di mille altre imaginationi, e Chimere, che hanno più tosto del Ens rationis, che realtà alcuna, tra le quali imaginationi vi è quella del moto ratto, della quale non sò se si può ritrouare cosa meno fondata, e più controuertibile, e facile ad oppugnarsi, & à confutarsi, e così quella di varij Cieli senza stelle, che muouano gl'inferiori . Et il tutto è stato introdotto per accomodare la varietà de moti de corpi Celesti, che con altra ragione parea, che non si potessero saluare, ne ridurre à regola alcuna certa, e determinata : di modo tale, che gl'istessi seguaci dell'opinione comune han confessato nel descriuere il Sistema del mondo essi non potere indovinare, ne insegnare il vero Sistema : ma solo andare inuestigando quello, che sia più verisimile, e che con buone ragioni salui più comodamente le apparenze Celesti. Successe poi il trouato dell’Occhiale di Prospettiua, e scoperse con ferma sensatione varie belle cose nel Cielo tutte curiose, & incognite insino à questi secoli : Come, la Luna essere Montuosa, e Ve nere, e Saturno Tricorporei, e Gioue Quadricorporeo, e nella via Lattea, e nelle Pleiadi, e nelle Nebulose essere vna moltitudine di grandissime Stelle trà loro vicine, e così per conseguenza ci apportò, e donò nuoue Stelle fisse, e nuoui Pianeti, e nuoui Mondi, e con lo stesso Istromento si è confermato essere molto verisimile, che il corso di Venere, e di Mercurio non siano propriamente intorno alla Terra, ma più tosto intorno al Sole, e quello Solamente della Luna essere intorno alla Terra. Che cosa dunque se ne doueua inferire appresso, se non che il Sole stasse fermo nel Centro, e che la Terra con gl’altri Orbi Celesti gli si riuolgessero intorno? Da questa dunque, e da molt’altre ragioni si venne in cognitione, che non era da i fondamenti Astronomici, e Cosmografici aborrente l’opinione Pittagorica, e Copernicana, ma includeua non piccola probabilità, e versimilitudine. Tanto più, che tra tante opinioni, che dettettauano il comune Sistema, e cercauano di farne altri, come s’andarono imaginando Platone, Calippo, Eudosso, e poi Auerroe, il Cardano, il Fracastorio, & altri Antichi, e moderni, niuna si è vista più facile, & accomodata à tutti i Fenomeni, ne, che più facilmente calcolasse i moti de i corpi Celesti con determinate regole, e senza tanti Epicicli, ne Eccentrici, ne Deferenti, ne Moti ratti, come questa, la quale è stata non solamente da Pittagora auanti, e poi dal Copernico per vera sostenuta, ma anco da molti altri huomini segnalati, e di valore, come furono Heraclide, & Ecfanto Pittagorici, e tutta la scola Pittagorica, Niceta Siracusano, Martiano Capella, molt'altri. E se bene coloro che andarono (come habbiamo detto di sopra) cercando nuoui Sistemi, non si possono annouerare tutti in questa opinione, (percioche esclusero ancco questo de Pittagorici) nondimeno anco essi, per la parte loro la renderono probabile, e la vennero almeno indirettamente à confermare, mentre giudicarono la comune essere mancheuole, e non del tutto senza difficultà, e senza contradittioni, e trà questi si può comprendere il P. Clauio Glesuita, huomo dottissimo, il quale vedendo il poco fondamento dell’opinione comune, quantunque egli per altro confuti la Pittagorica, nondimeno confessa, che gl’Astrologi, per leuare molte difficoltà, che non pienamente sono tolte dal comune Sistema, sono sforzati à cercare di prouedersene d’alcun'altro, si com'egli, di buon cuore l’esorta à fare. Ma quale altro si potea ritrouare migliore del Coperincano? Perciò molti moderni si sono indotti, e persuasi finalmente à seguirlo, ma con alquanto di timore, e di rimorso : percioche parue à loro, che alla Scrittura sacra fusse talmente contrario, che non si potessero con esso conciliare le auttorità, che gli ripugnauano. Onde se n’è restata tuttauia questa Opinione, alquanto ritirata indietro, e con non poco rossore per vn pezzo andò co'l viso coperto, tanto più che parea auisar tutti quel versificator morale,

Iudicium populi nunquam contempseris vnus, Ne nullis placeas dun vis contennere multos.

Io per me considerate tutte queste cose (per il desiderio che tengo, che le dottrine riceuano quanto è possibile aumento, lume, e perfettione, e se ne sgombrino tutti gli errori, con rilucerui dentro la pura verità) sono andato fra me stesso speculando in questo modo. O questa opinione de'Pittagorici è vera, ò nò ; se non è vera non è degna, che se ne parli, ne che si metta in campo : Se è vera, poco importa, che contradica à tutti i Filosofi, e gli Astrologi del mondo, e che per seguirla, e pratticarla s'habbia da fare vna nuoua Filosofia, & Astrologia dependente da i nuoui principij, & hipothesi, che questa pone. Quello che appartiene alle scritture sacre, ne anco gli nuocerà, percioche vna verità non è contraria all'altra ; Se dunque è vera l'opinione Pittagorica, senza dubbio Iddio haurà talmente dettate le parole della Scrittura Sacra, che possano riceuere senso accommodo à quell'opinione, e conciliamento con esse. Questo è il motiuo, che m'indusse à considerare, & à cercare, (stante la probabilità euidente della già detta opinione) il modo, e la strada di accordare molti luoghi della Srittura sacra con essa, & interpretarli (non senza fondamenti Theologici, e Fisici) in modo tale, che non gli contradicano affatto ; acciò quando ella si vedrà (per caso) e determinerà espressamente, e con certezza esser vera, (sicome hora per probabile è riceuuta) non se gli ritroui in toppo alcuno, che l'impedisca, e che gli dia fastidio, priuando indegnamente il mondo del Venerabile, e Sacrosanto commercio della tanto da tutti i buoni desiderata verità. Nella quale impresa, sicome (per quanto posso imaginarmi) hà piacciuto al Signore Iddio, che io fussi stato senza dubbio il primo ad entrare, così questa fatica mia, credo, che non poco sarà grata à gli studiosi di queste Dottrine, & in particolare alli Dottissimi Signor GALILEO GALILEI, e Signor GIOVANNI KEPPLERO, questo Mathematico della Sacra & Inuitta Maestà dell’Imperatore, e quello del Serenissimo Gran Duca di Toscana, & à tutta la Illustre, e virtuosissima Academia de Signori LINCEI, che vniuersalmente (se non m'inganno) seguono questa opinione. Se bene non dubito, che & ad essi, & ad altri huomini dotti, erano facili à ritrouare simili conciliationi de'luoghi Scritturali; Ma io, in quella professione, che apparteneva à me, hò voluto (per segno, e dimostratione dell'animo mio affettionatissimo alla verità, e tale quale disse quel Poeta,

Nullius addictus iurare in verba magistri)

Offerire in seruigio loro, e di tutti i letterati, e virtuosi (non hauendo cosa maggiore) questo mio pensiero, qual egli si sia, sicuro, che sarà riceuuto con quella candidezza d’animo, che gli si dona.

Venendo dunque al fatto, dico, che tutte l'Auttorità della Diuina Scrittura, che paiono à questa opinione contrarie, si riducono (per mio giudicio) à sei Classi.

La Prima Classe è di quelle, che affermano la Terra essere stabile, e non muouersi, come è quella del Salmo: Etenim firmauit orbem Terræ, qui non commouebitur. Et altroue: Qui fundasti terram super stabilitatem suam, non inclinabitur in sæculum sæculi. E quella dell'Eccleliaste : Terra autem in at ernum stat, e simili.

La Seconda è di quelle, che dicono il Sole muouersi, e girar la Terra, come è quella del Salmo : In Sole posuit tabernaculum suum, & ipse tanquam sponsus procedens de thalmo suo, Exultauit vt gigas ad currendam viam, à summo Cœlo egressio eius, & occursus eius vsq; ad summum eius, nec est qui se abscondat à calore eius. E quella dell'Ecclesiaste, Oritur Sol, & occidit, & ad locum suum reuertitur, ibique renascens gyrat per Meridiem, & flectitur ad Aquilonem. Onde è posto per miracolo appresso Isaia, il regresso del Sole, & Reuersus est Sol decem lineis. E nell'Ecclesiaste : In diebus ipsius retro redijt Sol & addidit Regi vitam. E così nel libro di Giosuè, è posto per miracolo che Giosuè habbia fatto fermat il Sole, dicendoli : Sol contra Gabaon ne mouearis. Che se il Sole stasse fermo, e la Terra fusse quella, che se gli mouesse intorno, non sarebbe stato miracolo ; e per fermar la luce del giorno, non haurebbe detto egli, Sol ne mouearis, ma più tosto Terra ne mouearis.

La Terza Classe è di quelle, che dicono il Cielo essere in alto, e la Terra à basso, come è l’auttorità di Ioele addotta da S. Pietro, ne gli Atti Apostolici : Dabo Prodigia in Cœlo sursum. & signa in Terra deorsum, e simili altre; Onde si dice CHRISTO esser Disceso dal Cielo per l'Incarnatione, & Asceso nel Cielo dopò la Resurrettitione. Che se la Terra fosse intorno al Sole, sarebbe nel Cielo, e per conseguenza, più tosto sarebbe sopra, che sotto. Il che si conferma,

percioche questa Opinione, che pone il Sole nel Centro, pone anco Mercurio sopra il Sole, Venere sopra Mercurio, e la Terra sopra Venere insieme con la Luna, dalla quale è circondata essa Terra, e così la Terra viene ad essere nel terzo Cielo, insieme con la Luna ; Se dunque ne’ Corpi Sferici (come è il Mondo) Il Sotto non è altro, che la parte più prossima al Centro, & Il Sopra è quella ch'è più verso la Circonferenza, ne segue, che per verificare le propositioni Theologiche dell’Ascendere, e Descendere di CHRISTO, si ponga la Terra nel Centro, & il Sole con gli altri Cieli nella Circonferenza, e non del modo, che metto il Copernico contrario à questo, per il quale non pare, che si salui il vero Ascenso, ne il vero Descenso.

La Quarta, è di quelle, che mostrano l’Inferno essere nel Centro del Mondo, come è la commune opinione de' Theologi ; e si conferma da quella ragione, che douendo essere l'Inferno la parte più infima del Mondo, secondo l’istessa sua denominatione, e nella Sfera non essendo parte più infima del Centro, bisogna che l'Inferno stia nel Centro del Mondo, il quale essendo Sferico di figura, ò bisognarebbe dire, che l'Inferno fusse nel Sole (perche il Sole sarebbe nel Centro del Mondo) ò stando come si deue per verità tenere, l'Inferno nel centro della Terra; se la Terra si mouesse attorno il Sole, bisognarebbe seguirne, che l'Inferno insieme con la Terra fussero nel Cielo, e girasse l'Inferno ancor esso con la Terra intorno il Sole nel terzo Cielo : del che non può esser cosa più mostruosa, & absorda.

La Quinta è di quelle, che contrapongono sempre il Cielo alla Terra, e vicendeuolmente la Terra al Cielo, quasi hauessero vna tal relatione, quale hà il centro alla Circonferenza, e la Circonferenza al centro. Che se la Terra fosse nel terzo Cielo, starebbe da vn lato, e come in mezzo, e per conseguenza, non vi sarebbe questa relatione, con la quale all'incontro quasi sempre li veggono corrispondere insieme, & andar accoppiati, con vna continua contrapositione il Cielo, e la Terra, non solo nelle Scritture Sacre, ma anco ne’communi ragionamenti. Onde nel Genesi : In Principio creauit Deus Cœlum, & Terram, e ne’ Salmi, & in altri luoghi mille volte : Qui fecit Cœlum & Terram. Et il Signore ci insegna à pregare, Fiat voluntas tua sicut in Cœlo, & in Terra, San Paolo, Primus homo de Terra Terrenus; Secundus homo de Cœlo Cœlestis, & altroue, In ipso condita sunt Vniuersa in Cœlis, & in Terra; Et di piu, Pacificans per sanguinem Crucis eius, siue qua in Terris, sive qua in Cœlis sunt. Et appresso, Que sursum sunt sa uite, non qua super Terram. Et innumerabili luoghi simili. Bisogna dunq; ch'essendo posti sempre all'incontro questi due Corpi, & appartenendo il Cielo senza alcun dubbio alla Circonferenza, la Terra in ogni modo appartenga al centro del Mondo .

La Sesta, & Vltima Classe è di quelle, (più tosto di Padri, e di Teologi, che della Diuina Scrittura) che dicono il Sole dopò il Giudicio douer fermarsi in Oriente, e la Luna in Occidente, il quale fermare, se fusse vera l'opinione Pittagorica, bisognarebbe dirsi della Terra, e non del Sole ; Percioche la Terra haurebbe allhora da fermarsi, se hora si mouesse attorno il Sole: E se la Terra s’hauesse da fermare non sarebbe maggior ragione, perche s'hauesse da fermare d'vn sito, che d’vn'altro, ouero perche douesse più tosto volgere vna parte della sua superficie al Sole, che vn’altra ; poiche ciascuna, che fusse priua dell'aspetto del Sole, sarebbe horrida ; malinconica, & in ogni modo di peggior conditione dell'altra ; oltre molt'altri inconuenienti, che ne nascerebbono.

Queste sono le Classi contrarie, che contengono, & apporta no tutte le machine, o le legioni, che più grauemente oppugnar possono, e trauagliare la predetta opinione : la quale nondimeno si può da loro difendere facilmente (à miò auiso) con sei Fondamenti, che à guisa di fermissimi Bastioni, & inespugnabili macerie, saranno da me hora fabricati, per esser contraposti alle sei Classi predette : I quali auanti, che io rappresenti mi protesto prima con ogni debita modestia, à Christiano, & à Religioso conueniente, che quanto sono per dire, il tutto da hora per sempre, riuerentemente sottopongo al giudido di S. Chiese, offerendolo à i piedi del Sommo Pastor di quella : già che il motiuo, che mi fà scriuere, non è temerità, ne ambitione, ne vanagloria; ma charità, e desiderio di giouar il perssimo, con la inuestigatione, e discussione della verità; Ne io hò alcuna inclinatione particolare in questa materia, più ad vna opinione, che ad vn'altra, se non à quella, che da i proprij Professori di simili Dottrine, mi sarà con più euidenti ragioni mostrata essere più probabile, e verisimile, standomene trà tanto indifferente, e neutrale, & aspettando (da coloro à chi appartiene) la risolutione di questa Controuersia.

Il Primo Fondamento, e più principale è questo : Quando dalla Scritttura Sacra viene attribuita à Dio, ò ad alcuna Creatura, alcuna cosa, che (per altro) si vede essergli disconueniente, & improportionata, allhora s'interpreta, e si esplica con vna, ò più delle seguenti quattro glosse. La prima dicendo competerli, Metaforicamente, e proportionalmente, ò per similitudine. La Seconda la dirò meglio in lingua Latina, Secundum nostrum modum considerandi, apprehendendi, concipiendi, intelligendi, cognoscendi, & c. La Terza secundum opinionem vulgi, & communem loquendi modum : al qual modo volgate, e commune s'accommoda molte volte à sommo studio lo Spirito Santo. La quarta, Respectu nostri, & quia habet se per modum talis. Dò 1’essempio di tutte queste esplicationi. Iddio non camina, perche è Infinito, & Immobile, non hà membra corporali, perche è puro Atto, e perciò ne anco hà passione alcuna dell'animo : Trouasi nondimeno nella Scrittura Sacra nel Genesi, che Ambulabat ad auram post merdiem, & in Iob, che Circa Cardines cœli perambulat, & altroue in mille luoghi gli si attribuiscono il venire, il dipartirsi, l'aspettare l’affrettare: e membra corporali, occhi, orecchie, labbra, faccia, voce, volto, mani, piedi, ventre, vestimenta, arme, & insieme molte passioni; come l'adirarsi, il dolersi, il pentirsi, e simili. Che si douerà dunque dire? Senza dubbio, che simili attributi gli conuengono (per dirlo alla scholastica) Metaphorice, proportionaliter, & per similitudinem. Et in quanto alle passioni potrà anco interpretarsi, che Habet se per modum talis, & respectu nostri : Come Iratus est Dominus, idest habuit se per modum irati; tactus dolore cordis, idest habuit se per modum dolentis : pœnituit eum, quod hominem fecisset, idest habuit se per modum pœnitentis, & c. & il tutto Comparatiu è adnos, & respectu nostri. Così si dice Iddio essere ne’ Cieli, muouersi in tempo, mostrarsi, celarsi, osseruare, & annouerar i passi nostri, cercarci, star alla porta, e batter l'vscio, non che egli habbia luogo corporale, ne moto, ne tempo, ne i modi di trattare, e di procedere humani, ma secondo il nostro modo d'apprenderlo, il quale anco distingue in lui gli attributi, che nondimeno sono vna istessa cosa con lui, e fra di loro, e diuide l’attioni sue in più tempi, le quali sono taluolta in vno istesso instante indiuisibile insieme, e finalmente rappresenta le cose, che in Dio sono perfettissime sempre con alquanto d’imperfettione. Così secondo l'opinione del volgo s'accommoda la Scrittura à dar alla Terra i Confini, e le Fondamenta, ch’ella non hà; al mare, l’abisso senza fondo; & alla morte, ch'è priuatione (e per conseguenza non è) attribuire attioni, e mouimenti, e passioni, & altri accidenti, che ella non hà, & Epitheti, & Aggiunti, che realmente non gli quadrano. Siccine separat amara mors : veniat mors super illos : parauit vasa mortis ; Exaltas me de portis mortis : in medio umbra mortis: mors depascet eos : Fortis est vt mors dilectio : primogenita mors : perditio, & mors dixerunt, & c. E chi non sà, che l'Historia del Ricco Epulone è piena di queste frasi volgari? Così nell’Ecclesiaste si fà questa comparatione : Homo Sanctus in sapientia manet sicut Sol, nam stultus sicut Luna mutatur: E pur la Luna sempre è d'vn modo, secondo la verità, come dimostrano gli Astrologi, percioche sempre d'essa vna metà è chiara, e l'altra è oscura, e non varia mai in lei simile dispositione, se non à rispetto nostro, e secondo l’opinione volgare : Onde è manifesto, che quì la Scrittura sacra parla, secondo il modo commune del ragionar popolare, e de semplici, e secondo l’apparenza, e non secondo l’esistenza. Nel Genesi parimente descriuendosi la creatione di tutte le cose, si dice esser stata fatta prima d’ogni cosa la Luce, e poi soggiunge il resto. Et factum est Vespere, & mane Dies vnus. Et appresso si distinguono, e compartiscono diuersi atti di creatione, applicandosi à diuersi giorni, e dicendosi, Et factum est Vespere, & mane dies secundus, e così poi, dies tertius, dia quartus, & c. Quì sono molti dubbi, e tutti proporrò secondo il commune Sistema, acciò si conosca, che anco stanti quelle suppositioni bisogna taluolta per vscire di molte difficoltà intendere la Scrittura Sacra secondo il senso, e parlar volgare, & à rispetto nostro solamente, e non della natura delle cose : qual distintione pare, che anco accennasse Aristot. quando disse, che Alia sunt nottora nobis, alia nottora natura, vel secundum se. Primieramente se la Luce fù fatta auanti il Cielo, dunque da se stessa, e senza il Cielo girò prima con apportar la Distintione del giorno, e della notte, il che è contra coloro, che dicono, che nessun corpo celeste si muoue, se non per accidens, e per il moto del Cielo : Et sicut nodus in tabula ad motum tabula. Appresso se fù fatta co'l Cielo, e con esso si mosse, vi è vn'altro dubbio, che anco è commune al caso precedente, percioche, ò si dice hauer fatto giorno, e notte, e mattina, e sera, à rispetto dell’Vniuerso, ò solo à rispetto della Terra, e di noi altri habitatori di quella; Non può essere à rispetto dell'Vniuerso, perche il Sole girando (stante il supposito della commune opinione) non fà notte, e giorno, se non à quei corpi Opachi, che non hauendo altro lume, che quello del Sole, mentre sono illustrati da quello nella lor metà, e non più (ch'è il loro Hemispero) cioè in quella metà del globo loro, ch'è riguardata da esso Sole, (perciò che non può mai illuminare egli più della metà, ò pure ne'corpi minori poco più) l'altra metà resta oscura, e tenebrosa, per l’ombra, che si cagiona quel corpo da se stesso. Dunque il farsi varij giorni distinti dalla luce del Cielo, come si descriuono nella Scrittura Sacra, non si deue intendere assolutamente, e secundum se, & naturam ipsam : ma solo à rispetto della Terra, e di noi altri habitatori di quella, e così secundum nos. Non è dunque cosa nuoua, ò insolita nella Scrittura Sacra il parlar delle cose Secundum nos, & respectu nostri tantum, & secundum apparentiam, & non secundum se, & rei naturam, ouero absolut è, & simpliciter.

Et se alcuno volesse interpretar quei giorni della Scrittura, non solo secundum nos, ma ancora secundum naturam, dicendo, che quelli non erano altro, che tante circolationi della luce del Cielo, che ritornaua sempre all'istesso punto di donde prima si partì : Onde non occorre hauer rispetto à nessuna ombra, ò notte, la quale sola cosa ci constringe ad interpretare la Scrittura secundum nos; Io contro di questa Interpretatione così argomenterei; se la Scrittura s’hauesse da intendere assolutamente per tante circolationi della Luce, e non à rispetto di noi, non haurebbe posto ella quelle parole, Vespere, & Mane, che per loro natura connotano Il rispetto del Sole à noi, & alla terra, poiche Mane, è quel tempo, nel quale il Sole incomincia prima ad apparire, e scoprirsi nell’Oriente sopra il nostro Orizonte, & hemisferio; e Vespere, e quel tempo nel quale l'istesso Sole incomincia à mostrarsi verso l'Occidente, accostandosi alla Illuminatione dell'altro Orizonte, & Hemisfero, che segue à questo nostro, e la Voce Dies, è correlatiua della Voce Nox, dunque ponendosi queste tre voci, Vespere, & Mane, & Dies, senza dubbio si vede, che non si possono intendere le circolationi della luce Secundum se & absolutè, ma Secundum nos, & respectu nostri, nel qual modo cagionano la mattina, e la sera, e la notte, & il giorno. Così nell'istesso Genesi si dice, che Fecit Deus duo luminaria magna; luminare maius, vt præesset diei, & luminare minus, vt præesset notti, & Stellas : Doue tanto nella propositione, quanto nella sua specificatione si dicono cose disconuenienti all’essere reale di quei Corpi celesti, bisogna dunque, che s'interpretino iui le parole della Scrittura, secondo le Glosse predette, e particolarmente secondo la quarta, che si dica intendersi, Secundum sensum Vulgi, & communem loquendi modum, il che è l’istesso, come se si dicesse, Secundum apparentiam, & secundum nos; vel respectu nostri. Percioche primieramente nella propositione, si dice Fecitq; Deus duo luminaria magna, intendendo questi per il Sole, e per la luna, e nondimeno non sono questi i due luminari più grandi, secondo la verità del fatto; poiche se bene in quanto al Sole, egli è vno de' più grandi, nondimeno non è cosi la Luna vn’altro de più grandi, se non à rispetto nostro; perciòche vno de più gradi assolutamente, e poco meno del Sole, e quasi eguale ad esso, e maggiore di gran lunga della Luna, è più tosto Saturno, ò pure alcuna delle stelle fisse più lucenti della prima grandezza, come Canopo, detto altrimente Arcanar nel fine del Fiume, ò la Canicola nella bocca del Cane maggiore, ò il piede d’Orione detto Rigel, ò la sua spalla destra, ò altra simile. Dunq; Duo luminaria magna, s'intende à rispetto nostro, e secondo l’opinione volgare, non secondo il vero essere, e reale, che hanno quei corpi. Appresso nella specificatione si dice Luminare maius vt præesset diei, intendendo ciò per il Sole, & in quanto à questo stà bene il senso della Scrittura, anco secondo la realtà del fatto, perche il Sole e il più gran luminare, & il più gran globo di tutti : Ma quello, che poi segue, Et luminare minus, vt præesset nocti, intendendo della Luna non si può intendere secondo il vero, e reale esser suo; Imperoche non è la Luna realmente il minor luminare, ma questo è Mercurio, ch'è molto più piccolo della Luna, e di qualsiuoglia stella; E chi volesse andar glossando, che in quel luogo non si parla di Stelle, ma di luminari, perche dipoi li specifica separatamente, Et Stellas ; e che ciò che noi diciamo è il vero nella comparatione delle Stelle frà loro, ma non de’ Luminari, che sono il Sole, e la Luna ; Costui certamente, che così volesse dire, mostrerebbe, non hauer gustato, ne anco con la sommità delle labbra, le Scienze Matematiche, e perciò hauere vna falsissima imaginatione de'corpi dell’Vniuerso. Imperòche la Luna, & il Sole, considerati in quanto à loro, e come potrebbono apparire, più lontani assai di quello, che sono, non sono altro, che tante Stelle, e solo à rispetto nostro appaiono Luminari maggiori. Si come le Stelle in se stesse non sono altro, che tanti Soli, ò tante Lune, ma più distanti, & in tale interuallo, che ragioneuolmente mostrano, quella lor tanta piccolezza, e poco splendore, onde la lontananza maggiore, ò minore è quella, che fà (cateris paribus) le differenze ne' Corpi celesti, di più grande, ò più piccola apparenza, tanto del lume, quanto della mole del corpo. E perciò anco (stante questo) si deue interpretare quella parola del Genesi, che segue, Et Stellas (quasi distinguendo le stelle dal Sole, e dalla Luna) non con altro senso, che con il già detto, che S’intenda, Secundum vulgi sensum, & communem loquendi modum : Poiche secondo la realtà del fatto : tutti i Globi de'Corpi celesti, che rilucono, sono grandissimi, e se noi gli fussimo così vicini, come siamo alla Luna, apparirebbono tante Lune, & anco maggiori, e se dalla Luna, e dal Sole fussimo più discosti, questi parerebbono Stelle, benche senza dubbio lo splendor del Sole sarebbe maggiore intensiuamente, di qualsiuoglia altro splendor di Stella, e la ragione di questo è, perche quantunque si concedesse, che alcune Stelle (come le fisse, che scintillano) lucessero da se stesse, e di propria natura (il che è controuerso, e non certo) e risplendessero affatto senza riceuer il lume dal Sole, come fà esso, che da altri non lo riceue, nondimeno stante, che niuno splendor di Stella si può agguagliar à quello del Sole, il quale da Dio è stato creato primo, e sommo nel genere di Luce, ne seguirebbe in ogni modo, che, sicome quando alcuna di queste simili Stelle fusse tanto vicina à noi, quanto il Sole, e dell’istessa ampiezza di mole apparendo, non potrebbe tuttauia apportarci tanto splendore, quanto ce ne apporta il Sole ; così per contrario, quando il Sole fusse tanto da lungi, quanto è vna Stella di queste, e paresse così piccolo, come essa, non perciò apportarebbe tanto poco splendore com'essa : ma molto maggiore nell'intensione. Così anco la Terra finalmente non è altro, che vna Luna, & vna Stella, che tale si mostrerebbe à punto, se da conueniente distanza fusse vista da lungi, e vi si potrebbono mirare (nella varietà dello splendore, e delle tenebre, che vi fà il Sole, apportandole la notte, & il giorno) l’istesse varietà di aspetti, che ci rappresenta la Luna, sicome questi istessi sono stati osseruati nel Corpo triforme di Venere, e forsi non è fuor di ragione, che siano anco ne gli altri Pianeti, che da se non lucono, ma riceuono il lume dal Sole. Tutto quello dunque, che altrimente di quanto habbiamo detto d'essere per la realtà del fatto, si troua scritto nelle Sacre lettere, ò si ragiona communemente da gli huomini, si deue in ogni modo intendere, Secundum vulgi sententiam, & communem loquendi, & conciprendi stylum. E così venendo al principal proposito nostro, con l'istessa ragione, quando per altro l’opinione Pittagorica sia vera, facilmente si possono conciliare con essa, l'auttorità della Scrittura sacra, che gli paiono contrarie, e particolarmente quelle della prima, e della seconda Classe, con questo fondamento, dicendo, che iui la Scrittura ragiona, secondo il modo nostro di conoscere, e secondo l’apparenza, & à rispetto nostro, quia ita se habent hae corpora in comparatione ad nos, prout de scribuntur à communi philosophandi ratione, ita vt Terra habeat se per modum stantis, & immobilis, & Sol per modum circumambientis eam. E cosi la Scrittura si serue del parlare nel modo volgare, e commune, percioche pare à rispetto della nostra vista, che più tosto la Terra stia nel centro ferma, & il Sole gli si muoua intorno, che altrimente : sicome auuiene à quelli, che sono portati in vna barchetta per mare vicino al lito, à quali pare più tosto, che il lito si muoua, e gli abbandoni, e corra indietro, che non quello, ch'è vero, ch’essi caminino innanzi. La ragione della qual fallacia nella vista nostra, e nel senso in questo caso l’assegnano i professori dell’Optica, ch e perciò non occorre quì diffondermi fuori del mio intento in quella. Perciò appresso Virgilio è introdotto Enea à dire

Prouehimur Portu, terraqum vrbesqum recedunt.

Ma per qual ragione poi la Scrittura sacra vada molte volte accomodandosi alle Opinioni communi, e del volgo, e non instruisca gli huomini nella verità de i segreti della natura, è cosa degnissima di consideratione, e non è bene il trapassarla quì con silentio, poiche è anco parte di questo nostro primo Fondamento. Dico dunque breuemente, che non solo auuiene questo, per la soaue dispositione della Sapienza Diuina, la quale con tutte le cose s’accommoda secondo la capacità, e natura loro, onde con le cause naturali, e necessarie, opra naturale, e necessariamente, e con le libere liberamente, e con gli huomini nobili tratta altamente, e con la Plebe humilmente, e con i dotti dottamente, e con i semplici volgarmente, & in somma con ogn'vno s'adatta al modo suo; ma anco imperoche non è il suo intento d'insegnarci in questa vita, le curiosità, che ci tengono l'animo dubbio, e sospeso, poiche hà già permesso, e statuito, che stia occupato il Mondo nelle disputationi, nelle liti, nelle controuersie, e soggetto alla incertitudine d'ogni cosa (secondo il detto dell'Ecclesiaste) e non si proferirà la sentenza insino al fine : Quando illuminabit abscondita tenebrarum. Onde solo è l'intento suo hora d’insegnarci la vera strada della vita eterna, la quale ottenuta che sarà, allhora quando Videbimus eum facie ad faciem, e che Similes ei erimus, quia videbimus eum sicuti est, ci scuoprirà poi à priori, e facilmente, e perfettamente la verità di tutti i Quesiti Curiosi, e Dottrinali, che non si hanno potuto sapere, se non à posteriori, & imperfettamente, con gran studio, e fatica in questa vita, nella quale Videmus nunc per speculum in anygmate. E questa è la causa, per la quale la Sapienza di Dio riuelata à noi nella Scrittura sacra, viene ad essere chiamara nell'Ecclesiastico Sapienza salutare, non Sapienza assolutamente. Quell’aggiunto di Salutare, gli si dona perciò ch’ella non batte ad altro, che à farci acquistar la Salute. E perciò San Paolo essendo andato à predicare à Corinthi si riputò non saper cosa alcuna, se non CHRISTO Crocifisso; quantunque egli per altro fusse dottissimo, imperòch’egli non pretendeua insegnar altro, che la via del Cielo. Quindi è, che per Esaia ci dice Iddio, Ego Deus docens te vtilia, doue la Glossa aggiunge non subtilia: Percioche non ne hà insegnato Iddio, se la materia prima è l’istessa de i Cieli, e de gli Elementi, se il continuo è composto d'indiuisibili, ò pure è diuisibile in infinito, se gli Elementi sono formalmente nel misto, ne quante siano le Sfere Celesti, e gli Orbi loro, e se vi siano Epicicli, & Eccentrici, ne le virtù delle Piante, ò delle Pietre, ne la natura de gli Animali, ne i corsi, e gli influssi de' Pianeti, ne gl'ordini dell'vniuerso, ne le marauiglie de’ Minerali, e di tutta la Natura; ma solo Vtilia, cioè la sua santa legge atta à farci dipoi arriuare alla perfetta congnitione, e visione di tutto l’Ordine, & harmonia mirabile, e della Simpathia, & Antipathia dell'Vniuerso, e delle sue parti, nel Verbo; doue distintissimamente, e lucidissimamente si vedranno tutte queste curiosità, le quali in questo stato hà lasciate all'industria dell'humana perquisitione, & inuestigatione (per quanto vi può arriuare) senza impacciarsi, ne direttamente, ne indirettamente à sententiate la risolutione della verità loro : la quale come poco, ò niuno vtile, anzi forsi, in alcune cose, alcun danno apportarebbe à sapersi, così hora, poco, o niuno danno, anzi forsi, in alcune cose, alcun'vtile apporta, à non sapersi. E perciò con merauigliosa sapienza hà fatto, ch'essendo tutte l’altre cose del mondo dubbie, incerte, vacillanti, ambigue, & ancipiti, sola la sua santa Fede fusse certissima. E quantunque nella Chiesa vi fussero varie opinioni sopra le cose Filosofiche, e Dottrinali, nondimeno, che vna sola fusse la verità della Fede, e della Salute : Di quella Fede (dico) che come è necessarijssima alla Salute, così fece, che non vi fusse dubbio alcuno in essa ; ma che inconcussa, certa, & immutabile fusse, e saputa da tutti, dandocene anco vna Regola infallibile, ch’è la Chiesa Santa lauata co’l sangue suo, la quale con il Capo suo visibile, ch’è il Sommo Pontefice (hauendo l'Assistenza dello Spinto Santo, il cui principale intento è la Santificatione nostra) solo in queste cose della Fede, e della salute nostra gli è tolto di poter errare ; potendo nondimeno per altro errare, ne’giudicij prattici, e nelle speculationi Filosofiche, e d'altre dottrine, che non importano, ne appartengono ad essa salute. Questa è dunque la cagione, per la quale Iddio non hà determinato nelle Sacre lettere, le Questio ni speculatiue, e curiose che non sono di edificatione, e di vtilità per saluarci ; onde si è conformato molte volte lo Spirito Santo con l'opinioni communi, e volgari, senza insegnarci altro di nuouo, e di singolare, e nascosto : e cosi per conseguenza si vede in che modo, e per qual causa dalle auttorità già dette non si può cauar certezza alcuna di risolutioni in simili materie ; e come con questo Fondamento si riparano facilmente, e schiuano i colpi delle auttorità della Prima, e della Seconda Classe, e di qualsiuoglia altra allegatione cauata dalla Scrittura Sacra, contro l'opinione Pittagorica, e Copernicana, quando pure per altro sia conosciuta per vera.

Ma in particolare le auttorità della Seconda Classe si possono sfuggire, & interpretare in vn'altro modo con l’istesso Fondamento già dichiarato, del parlar commune, e modo ordinario nostro di apprender le cose, secondo quello, che appaiono à noi: dicendo che molte volte si suol dire communemente, è benissimo muouersi vno Agente, il quale stia fermo, non perche si muoua esso, ma per denominatione estrinseca, perche al moto del soggetto, che riceue l'influsso suo, e la sua attione, si muoue anco la forma, e la qualità, che in quel soggetto s'induce dall'Agente. Sia per essempio l'Agente fermo, il fuoco acceso nel fuocolare, all'incontro del quale si ponga à riscaldare vn'huomo tutto raffreddato, il quale, riscaldato che sia da vna parte, riuolti l'altra succedente all’aspetto del fuoco, per riscaldare ancor quella, e così seguendo in giro, faccia andar il caldo per tutto il corpo; chiara cosa è, che se bene il fuoco non si muoue, nondimeno al moto del soggetto, cioè dell'huomo, che riceue, & il calore, e l'attione del fuoco, si muoue la forma, e la qualità di esso calore di parte in parte intorno il corpo humano, e sempre acquista nuouo luogo, e così senza muouersi il fuoco, si dice esser egli andato per mezzo del suo effetto per tutte le parti di quel corpo, e riscaldatolo, non per il moto, che fece esso fuoco, quale si suppone esser stato fermo, ma per il moto, che fece il Corpo à riceuer il calor del fuoco, di parte in parte. L’istesso si potrebbe esplicare nella illuminatione fatta successiuamente nelle parti di vn pomo, quale si mouesse in gito nell'aspetto d’vn lume di candela accesa, che stasse ferma. Nell'istesso modo si può dire il Sole sorgere, e tramontare, e muouersi sopra la terra, senza moto, ne mutatione alcuna di lui ; mentre il suo lume, ch’è effetto, forma, e qualità introdotta da lui come agente, nella Terra come soggetto, al moto di essa Terra và serpendo, & acquistando sempre nuouo luogo sopra la superficie di lei, perilche si dice veramente, (secondo il commun parlare) muouersi sopra la Terra, e girar quella, non che il Sole si muoua (poiche la Terra propriamente è quella, che si suppone muouersi à riceuerlo, hor in vna parte, hor in vn'altra di lei) ma perche al moto di essa Terra si muoue all’incontro la qualità diffusa, e mandata dal Sole in lei, ch’è il lume del giorno, il quale in vna parte di lei sorge, & in vn’altra tramonta, secondo che apporta la conditione del suo moto, e perciò denomina conseguentemente sorgere, e tramontare l’istesse Sole (che non si muoue mai per il supposto) non con altra denominatione, che con l’estrinseca. Et in questo modo si potrebbe interpretare quell’Imperio di Giosuè: Sol ne mouearis, e quel miracolo di non essersi mosso il Sole, dicendo ciò esser fatto con il fermare propriamente, non il Corpo Solare, ma lo splendore del Sole sopra la Terra, cagionato però, non dal fermar di esso Sole, il quale stà sempre fermo, ma dal fermar della Terra, che quello splendore riceuea, il cui moto sicome per il sito solito, & ordinario girare, ch’ella fà verso l'Oriente, haurebbe fatto muouersi lo splendor del Sole, & andare verso l'Occidente, così la fermezza lo fece fermare; Et dell'istesso modo proportionalmente s’esplica l'auttorità del miracolo del ritornamento in dietro del Sole per dieci linee nell'horologio di Achab. Così girando la mano intorno al lume della candela accesa, che stia ferma, si muoue il lume nella mano senza muouersi la candela, illuminando di parte in parte essa mano, onde si può dire sorgere, e tramontare quel lume alla mano, venire à quella, e da quella dipartirsi, per denominatione estrinseca, senza, che punto si muoua la candela, col moto solamente della mano. E questo sia detto per esplicatione del primo Fondamento, per lo stabilimento del quale, è stato bisogno di esser alquanto prolisso, per la difficoltà, & importanza di ciò, che contiene.

Il Secondo Fondamento è questo. Tutte le cose tanto Spirituali, quanto Corporali, tanto perpetue, quanto corruttibili, tanto immobili come mobili, hanno hauuto da Dio vna legge Perpetua, Immutabile, Inuiolabile, dell'essere, e della natura loro, secondo il detto del Salmo : Statuti ea in æternum, & in sæculum sæculi, præceptum posuit, & non præteribit. Per la qual legge, osseruando elle sempre vn perpetuo tenore nell'essere, & operationi loro, vengono ad acquistarsi nome di determinate, e stabilissime nella loro condtione. Così si dice la Fortuna (della quale non è cosa più instabile, ne variabile al Mondo) ch'ella è constante, & inuariabile in quella sua continua volubilità, inconstanza, vicissitudine, e variatione, onde è quel verso.

Et constans semper in leuitate sua est.

Così i Cieli, il moto de' quali è fatto per non cessar mai per Legge ordinaria, si dice essere immobile, & immutabile ; onde si muouono i Cieli immobilmente, e le cose terrene immutabilmente si mutano, percioche non variano mai quelli dal moto, ne queste dalla mutatione. Con questo Fondamento s'interpretano tutte l’auttorità della Scrittura Sacra, che appartengono alla Prima Classe, le quali di cono la Terra esser stabile, & immobile, intendendo ciò quanto alla sua natura, la quale quantunque includa in se il moto locale, e quello triplicato, secendo l'opinione del Copernico (cioè Diurno, co'l quale si riuolge in se stessa; Annuo co’l quale si riuolge i per i XII. segni del Zodiaco; e d'Inclinatione, per il quale il suo Asse, sempre risguarda vn'istessa parte del Mondo, e cagiona l’inequalità de i giorni, e delle notti) & includa anco diuerse altre specie di mutatione, come di Generatione, Corruttione, Aumento, Diminutione, & Alteratione di varie sorti, nondimeno in tutte queste, ella è sempre stabile, ne varia mai dall’incominciato stile datole da Dio, mouendosi tuttauia stabilmente, & immutabilmente, di tutte le sei specie di moto sopradette.

Il terzo Fondamento è questo. Quando vna cosa si muoue secondo alcuna delle sue parti, e non secondo il tutto, non si può dire semplicemente, & assolutamente muouersi, ma solo per accidens, percioche semplicemente più tosto gli conuiene la stabilità. Come per essempio, Se dal Mare si prenda vn bicchier d’acqua, ò altra portatile misura e si trasporti da vn luogo ad vn’altro, non perciò si può dire assolutamente, che il Mare sia trasferibile simpliciter da vn luogo ad vn’altro, ma solo per accidens, & secundum quid, cioè secondo alcuna delle sue parti, percioche più tosto (semplicemente parlando) egli è intransferibile dal luogo suo : Si come anco l’aere semplicemente è intransferibile, & immobile dal luogo suo, se bene secondo alcune sue parti si muoue, e si và trasferendo. Questo Fondamento è chiato da per se, e con esso si sciogliono anco, & esplicano le auttorità, che pare, che concludano la Immobilità della Terra, percioche si possono esporre, ch'ella per se, & assolutamente, cioè secondo il suo tutto non sia mutabile, stante, che non si genera, ne corrompe, ne aumenta, ne diminuisce, ne altera mai, secondo il tutto, ma solamente secondo le sue parti. E che questo sia il vero senso, il testo dell'Ecclesiaste da se stesso lo manifesta, percioche dice, Generatio præterit, & generatio aduenit, Terra autem in aternum stat. quasi volesse dire, che quantunque la Terra, secondo le sue parti si generi, e si corrompa, e sopra di se riceua le vicissitudini della generatione, e corrottione delle cose, nondimeno ella mai secondo il suo tutto si genera, ne si corrompe, ma stà immutabile in perpetuo ; come appunto suol essere taluolta vna Naue, alla quale hor leuasi vna tauola, & in suo luogo gli se ne aggiunge vn’altra nuoua, hora se gli muta vna antenna, hor vn pezzo di timone, hora se gli rinuoua vna parte, & hora vn’altra, nondimeno è sempre l’istessea Naue. E così non parla quiui l’auttorità, di moto locale, ma di altre sorti di mutationi, come nella Sostanza, Quantità, ò Qualità della Terra. E quando ben si volesse dire che ragionasse del moto Locale, allhora s’haurebbe da interpretare co’l seguente Fondamento, cioè à rispetto del luogo naturale, ch’ella tiene nell’Vniuerso, come hora dirò.

Il Quarto Fondamento dunque è, che ogni cosa Corporale, ò Mobile, è Immobile, dal principio della sua Creatione, hà hauuto il suo proprio naturale, e proportionato luogo, dal quale vscendo, si muoue violentemente, & al quale andando si muoue naturalmente; e niuna secondo il suo tutto, si può rimuouere da questo suo luogo naturale, perche se ne cagionerebbe vn grandissimo disturbo, e disordine horribile nell’Vniuerso : Onde ne tutta la Terra, ne tutta l’Acqua, ne tutto l’Aere si possono suellere, e leuarsi totalmente dal loro determinato luogo, e sito, ouero Sistema, e constitutione, che hanno nell'Vniuerso, à rispetto de gli altri Corpi del Mondo, & ordine, e dispositione loro. Così niuna stella può vscire dal suo luogo, ancor che sia errante, e niun'Orbe, ò Sfera dal suo, ancor che d’altri moti sia mobile. Dunque tutte le cose, quantunque si muouano, nondimeno sempre si dicono esser immobili, e ferme nel loro proprio luogo, secondo il senso predetto: il che s’intende secondo il tutto, percioche non è inconueniente secondo le parti, sentire alcun mouimento, il quale allhora è violento, e non naturale. La Terra dunque, ancor che fusse mobile, si può dire d'esser ferma, & immobile, secondo il modo predetto, perche non si muoue di moto retto, fuori dell’ambito datogli dalla sua Creatione, per il quale s’habbia sempre à muouere circolarmente; ma ritrouandosi situata nell'Orbe detto Magno, ch'è sopra Venere, e sotto Marte, mezza frà loro in quel Cielo, oue la commune opinione ordinariamente pone il Sole, in questo luogo si muoue intorno al Sole, & intorno gli altri due Pianeti mezzani, cioè Venere, e Mercurio, hauendo d'intorno di se la Luna, ch’è vn'altra Terra, ma Etherea, come disse Macrobio per opinione di Filosofi antichi : e così non cambia mai stile, ne mai varia tenore. Onde per questa sua vniformità di posseder sempre l’istesso ambito assignatole, e non vscir mai da quello, si dice stabile, & immobile, nel qual modo anco il Cielo, & ogni Elemento, si può dire immobile nel suo genere.

Il Quinto Fondamento poco dissimile al precedente è questo. Alcune cose sono create da Dio, di modo, che hanno le lor parti dissipabili, e disunibili frà di loro, e dal tutte ; altre, che non l’hanno dissipabili, almeno collettiuamente : le prime sono caduche, le seconde perpetue. La Terra dunque douendo essere creatura perpetua, hebbe le parti sue non dissipabili, ne disunibili collettiuamente da se stesse, e dal centro di lei (per il quale ella hà il suo vero luogo) e dal tutto : Imperoche sempre secondo il suo tutto se ne stà in se stella conglobata vnita, e coherente, ne si disgiungono, ò disgregano le parti sue dal centro, ne trà di loro, se non alcune accidentalmente, e per violenza, ritornando elle poi subbito al luogo loro naturalmente. In questo modo dunque la Terra si dice Immobile, & immutabile ; nel qual modo non solo essa, ma anco il Mare, l’Aere, il Cielo, & ogni cosa (per mobile, ch’ella sia) purche le sue parti non siano dissipabili almeno collettiuamente, si può chiamar immobile. Questo Fondamento non differisce in altro dal precedente, se non, che sicome quello risguardaua le parti in ordine al luogo, questo risguarda le parti in ordine al tutto. E da queste speculatone si caua vn'altro segreto, perciò che scuopresi per essa, in che consista la propria formalità della grauità, e leggierezza delle cose; la quale (secondo la commene Filosofia Aristotelica) non così facilmente si spedisce, ne si esplica senza gran controuersie. Non è dunque altro la grauità propriamente, secondo i principij di questa nuoua Opinione, se non che vna certa naturale appetenza, & inchinatione delle parti di riunirsi co’l suo tutto ; la quale dalla Diuina Prouidenza è stata non solo data alla Terra, & à suoi Corpi, ma anco à Corpi Celesti (sicome è credibile) & al Sole, & alla Luna, & alle Stelle; per la qual inclinatione le parti di questi Corpi, tutte si ammassano, e si congiungono talmente insieme, che ciascuno non pensa di poter ritrouare altra quiete altroue mai, che nel centro del Corpo, di cui è parte, e perciò da ogni lato vnendosi esse parti, & contendendo tutte verso il centro, con questa lor compressione cagionano la figura Sferica, e rotonda de'Corpi Celesti, & in quella sempre perseuerano, e cercano di conseruarsi. La leggierezza poi è vna esclusione del corpo più tenue, e raro, dal commercio del più grosso, e sodo (ch'è da lui eterogeneo) fatta per vigore del caldo. Onde sicome il moto delle cose graui è compressiuo, così quello delle leggiere è estensiuo : perciòche è proprietà del caldo estendere, e rendere rara qualsiuoglia cosa, alla quale egli s'applichi, e congiunga, e si communichi. E così non solo à rispetto di questo nostro globo Terrestre, e suoi adiacenti, si ritroua grauità, e leggerezza, ma anco à rispetto de corpi, che si dicono essere nel Cielo; ne quali, le parti, che hanno procliuità di andar al centro son graui; quelle, che aspirano verso la circonferenza sono leggiere. E così nel Sole, nella Luna, e nelle Stelle, saranno parti graui, e leggiere, e per conseguenza non sarà il Cielo quel corpo tanto nobile, e di Quinta Essenza, o di diuersa materia dalla Elementare costituito, immutabile di qualsiuoglia specie di mutatione nella Sostanza, Quantità, e Qualità sua, e di tali merauigliose, e peregrine conditioni, quale ce lo dipinge, & intrude Aristotele; ne sodo, & impermeabile, e di quella densità impenetrabile, e così pertinace dotato, qual’è tenuto quasi communemente da tutti; anzi in lui si potranno generare le Comete (come vuole questa Opinione) & il Sole essalando (come si sospetta) ò pur attrahendo diuersi vapori sopra la superficie del suo corpo, cagionerà forsi quelle macchie, che si sono osseruate così varie, & anomale nel suo Disco, delle quali hà trattato benissimo il Signor GALILEI, che non occorre, che in queste cose lo faccia il fatto. Et se alcuna auttorità pure si ritrouasse nelle Sacre lettere in contrario, si esclude con i Fondamenti posti di sopra, proportionalmente applicati, & anco si può intendere della sodezza di non ammettere il vacuo, ò tale scissura, e penetratione, alla quale segua alcun vacuo : il che come è impossibile in tutte le creature corporali, così in particolare ripugna al Cielo, corpo per sua natura rarissimo più di tutti gli altri, e tenue fuor d’ogni humana imaginatione, e forsi costituito di tale proportione di rarità, e di sottigliezza à rispetto dell'Aere, quale hà l'Aere à rispetto dell’Acqua e più. Risulta anco da gli stessi principij, il conoscere quanto sia falso quel Discorso Aristotelico, che Vnius corporis simplicis vnus est motus simplex, & huius due species, Rectus, & Circularis : Rectus duplex, A medio, & Ad medium; primus leuium, vt Aeris, & Ignis; Secundus grauium, vt Aqua, & Terra : Circularis, qui est circa medium, competit Cœlo, quod neque est graue, neque leue. Tutta questa Filosofia si sbandisce, e và in rouina ; mentre in questa nuoua opinione si stabilisce, che quantunque sia vero, che vn corpo semplice, non hà piu che vn moto semplice, nondimeno questo è solo il Circolare, e non altro, perche solamente secondo il moto Circolare, ogni corpo semplice stà nel suo luogo naturale, e nell'Vnità sua, & hà propriamente il moto in loco, il quale fà, che la cosa, che così si muoue, stia tuttauia in se stessa vnita, e quantunque si muoua, resti nondimeno come si riposasse in continua Quiete. Il Retto, il quale è propriamente ad locum, è solo di quelle cose, che sono fuori del suo luogo naturale, e si ritrouano luntane dalla Vnione, & Vnità del suo Tutto, e separate, e diuise da quello: la qual cosa ripugnando all'ordine della natura, & alla forma dell'Vniuerso, ne segue, che il moto retto, conuiene solo à quelle cose, che non, hanno in se la perfettione, & il complemento loro, il quale secondo la natura propria gli conuerrebbe, onde per mezzo di questo moto retto, vanno cercando di redintegrarsi co'l suo tutto, e ricongiungersi con la sua vnità. e restituirsi al naturale suo luogo, doue solamente, e non altroue sentono riposo, e quiete, e possono finalmente fermarsi. Dunque ne i moti retti non si ritroua vera vniformità, e semplicità : percioche li fà variare, ò la irregolarità della leggerezza, ò quella della ponderosità, e grauità de' corpi loro; e così non egualmente perseuerano nell'istessa velocità e tardanza dal principio insino al fine. Onde quelle cose, che per il peso scendono à basso, da principio hanno il moto alquanto lento, ma dipoi, scendendo elle tuttauia, gli si aumenta la velocità, quanto più s’accostano al centro, tanto più di velocità gli si accresce. E per contrario, quelle cose, che per la leggerezza ascendono, come suol fare questo nostro fuoco terrestre (che non è altro, che fumo ardente) non tantosto incominciano à sormontar alquanto, che subbito suaniscono, e si dileguano, e perdono di vista, per la subbita estensione, e rarefattione, che acquistano nel moto in sù sciolte, che sono dalla violenza, e forza, che le manteneua nel luogo basso contra la natura loro. Per le quali ragioni appare manifestamente, che niuno moto retto si può chiamar semplice; il che si conclude, sì per le ragioni già dette, cioè, che non è eguale, & vniforme, sì anco percioche è misto sempre co’l Circolare, che stà nascosto nel retto, per il consenso occulto, che nasce dalla Identità della natura, che hanno sempre le parti co'l suo tutto : Onde mouendosi il tutto circolarmente, bisogna, che anco le parti, quantunque si muouano per accidens, di moto retto, per ritrouar il suo tutto, habbiano nondimeno anco esse il Moto Circolare (se bene non così euidente, e palese) conforme à quello del tutto. E così resta stabilito, che solo il moto Circolare, e Semplice, & Vniforme, solo è eguale, e solo d'vno istesso tenore: percioche hà la sua causa, che non gli viene mai meno. Doue che il moto retto, ch'è delle cose graui, e leggiere, hà la sua cagione deficiente, e mancheuole, anzi non ad altro tendente, & aspirante, che al fine, & alla terminatione sua, poiche le cose graui, e le leggiere, tosto, che hanno acquistato il lor proprio, e naturale luogo, subbito cessa il lor moto, che da queste qualità di grauità, e leggierezza, se gli cagionaua. Essendo dunque il moto Circolare del tutto, il Retto della parte, non saranno, queste differenze opposte nel moto, di maniera, che altro si dica retto, & altro circolare, e l’vno non possa stare con l’altro; percioche l'vno, e l’altro possono stare insieme, & essere ambidue naturali ad vn corpo, sicome è naturale all’huomo, l'essere sen sitiuo, non meno, che l'essere rationale, e non sono differenze opposte fra di loro. E così al moto s'opponerà solo la quiete, e la immobilità, non vna specie di moto all'altra. Quelle differenze poi di moti, dal mezzo, al mezzo, e circa il mezzo, si distingueranno, non realmente, ma solo formalmente, come il Punto, la Linea, e la Superficie, delle quali cose l'vna non può stare senza l'altra, e niuna senza il Corpo. E così si vede, che tanto è lontana questa Filosofia, dall’Aristotelica, quanto è lontano il Sistema Cosmografico nuouo, dal commune insino ad hora tenuto : il che sia detto con l'occasione della dichiaratione del Quinto Fondamento; percioche della verità, ò falsità di queste Positioni, non è mio intento il determinarne niente per hora, quantunque io per probabilissime le tenga.

Il Sesto Fondamento, & Vltimo è questo. Ogni cosa si denomina tale semplicemente, quale è al rispetto, e comparatione di tutte, ò almeno di molte cose, e di maggior numero del l’istesso genere, e non solo di alcune poche, che facciano la minor parte. Come vn vaso non si può chiamare assolutamente grande, perche egli sia grande à rispetto di due, ò di trè, ò di altri pochi vasi: ma assolutamente grande sarà, se auanzerà di grandezza, ò tutti gli'Indiuidui, ò la maggior parte di quelli. Ne sarà grande vn huomo assolutamente, perche sia maggiore de’ Pigmei, ne piccolo assolutamente, perche sia minore de’ Giganti ; ma grande, e piccolo assolutamente si denominarà à rispetto dell'ordinaria statura della maggior parte de gli huomini. Così non si deue denominar la Terra semplicemente alta, ò bassa, perche sia tale, à rispetto di alcuna parte minima dell’Vniuerso : e per conseguenza non si deue dire, ch'ella sia alta assolutamente, perche è tale solo à Comparatione del Centro del Mondo, ò di alcune poche parti dell’ Vniuerso, che stanno più vicine al detto Centro, come è il Sola, Mercurio, e Venere : ma tale si denominarà affatto, quale ella è, à comparatione delle Sfere, e Corpi, che in maggior numero sono nell’Vniuerso. La Terra dunque, à comparatione di tutto il circuito dell’ottaua Sfera, che include tutte le creature corporali, & à comparatione di Marte, Gioue, e Saturno, anzi anco della Luna, e molto più à comparatione di altri corpi (se si danno) sopra l'ottaua Sfera, & in particolare del Cielo Empireo, si dice essere veramente nel luogo più basso del mondo, e quasi nel suo mezzo, e centro, ne si può dire essere di sopra ad altri, se non al Sole, Mercurio, e Venere ; onde assolutamente, e semplicemente gli conuiene il nome di corpo insimo, non di supremo, ò di mezzano. E così il venire à lei dal Cielo, e massime intendendosi per il nome di Cielo, L'Empireo (si come si prende nel recesso di CHRISTO dal Cielo per la sacrosanta Incarnatione) e l'andare da lei al Cielo (sicome si prende nell'accesso di CHRISTO in Cielo, per la sua gloriosa Ascensione) sono propriamente vn vero scendere dalla Circonferenza al centro, & vn vero salire dalle parti prossime al centro del Mondo, alla circonferenza vltima di quello : Si possono dunque benissimo verificare le propositioni Theologiche in questo modo. E questo Fondamento maggiormente si conferma, imperò che (sicome io hò osseruato) tutte quasi l'auttorità della Scrittura Sacra, che contrapongono il Cielo in numero singolare alla Terra, s'intendono molto conuenientemente, e con appropriatissima interpretatione, in particolare del Cielo Empireo (il quale è il Supremo di tutti, e spirituale, in quanto al fine) e non de i Cieli inferiori, & intermedij, che sono Corporali, e per le corporali creature, fabricati ; sicome quando si nomano i Cieli in numero plurale s’intendono tutti confusamente, cioè tanto l’Empireo, quanto gli altri inferiori insieme, la quale esplicatione, ogn'uno per se stesso potrà (osseruando) ritrouare essere verissima. E così il terzo Cielo, al quale fù ratto San Paolo, s’esplicherà con questo Fondemento per l’Empireo. Intendendo per il primo Cielo tutto l’immenso spacio de'corpi erranti, e mobili, illuminati dal Sole, oue sono situati i Pianeti insieme con la Terra mobile, e con il Sole immobile nel centro di tutte le Sfere, il qual Sole à guisa di Rè, con riguardeuole Maestà stando nel suo Seggio, perpetuamente costante, e saldo, regge, e gouerna tutti i Corpi Celesti, che gli stanno, ò girano d’intorno, niente bisogneuole di quelli, & egli à tutti bisogneuole; e quasi immortale, e sempiterna Lampade, accesa nel mezzo del Theatro del Mondo corporeo, illumina con indicibile Dignità, e decoro tutte le parti di quello : Per il Secondo, il Cielo Stellato, che chiamasi communemente Ottaua Sfera, ouero Fermamente, oue sono tutte le Stelle Fisse, il quale (secondo questa opinione) è priuo anco egli affatto, come il Sole, di qualsiuoglia moto, e totalmente immobile, come il centro, corrispondendosi nella immobilità il centro, e la sua vltima Circonferenza : Il Terzo, l’Empireo, Stanza de’Beati. E così si esplica, e si verifica insieme quel merauiglioso Segreto, e profondo Misterio riuelato Enigmaticamente da Platone à Dionisio Siracusano : Circa omnium Regem sunt omnia, & Secunda circa Secundum, & Tertia circa Tertium ; Percioche essendo delle cose Spirituali il centro Iddio, delle Corporali il Sole, delle Miste C H RI S T O, senza dubbio d'intorno qualsiuoglia di questi centri stanno le cose à loro corrispondenti, e sempre il Centro, & il mezzo è il più nobil luogo : onde tanto ne gli Animali il cuore, come nelle Piante quell’Acino, nel quale consiste il seme, che conserua la perpetuità loro, e virtualmente contiene tutta la Pianta, sono nel mezzo, e nel centro : il che basta ad hauer accennato, non potendo quì più diffondermi nell'esplicatione di queste cose. E con questo Fondamento peculiarmente, si sciogliono le auttorità, e ragioni, della Terza, Quarta, e Quinta Classe.

Aggiungasi, che anco il Sole, e Mercurio, e Venere (à rispetto della Terra) si deono dir esser Sopra, e non Sotto di essa Terra, quantunque Sotto siano, à rispetto di tutto il Sistema dell’Vniuerso, & assolutamente : La ragione è, perche à rispetto della Terra sempre appaiono circa la sua superficie, quale ancor che essi non circondino, nondimeno sempre co’l moto, che fà essa Terra, hor ne risguardano vna parte, hor vn’altra della sua Circonferenza : Poiche dunque le cose, che in vn corpo Sferico più s’accostano verso la Circonferenza, e più si dilungano dal centro, si dicono essere nell’Alto di lui ; e quelle, che sono più verso il centro, sono nel Basso di lui; ne segue chiaramente, che mentre il Sole, Mercurio, e Venere, non solo sono verso la Superficie, e Circonferenza della Terra, ma fuori di quella per molto spacio, e da ogni parte successiuamente la riguardano, e lontanissimi sono dal centro della Terra, siano anco nell'Alto à rispetto suo, e così la Terra sia Bassa à rispetto loro, de quali ella per contrario poi, à rispetto di tutto l'Vniverso, si dice essere più Alta. E così si viene à saluare l'Auttorrità dell'Ecclesiaste, che molte volte le cose, che si fanno nella Terra, ò in quella sono, chiama egli, Qua fiunt, vel sunt, sub Sole. E nel medesimo, modo si verificano quelle Frasi, che dicono, che noi siamo Sub Cœlo, e Sub Luna, e simili; Onde le cose Terrene, & Elementari si denominano Sublunari.

La Sesta Classe poi contiene vna difficoltà cemmune, tanto à questa Opinione Copernicana, quanto all'Ordinaria, e perciò poco m’importa scioglierla, e doue oppugna in particolare la Copernicana, la solutione è in pronto dal primo Fondamento. Quello, che poi si aggiunge nella Quarta Classe, che l'Inferno girarebbe (stando dentro la Terra) intorno al Sole, e sarebbe nel Cielo : mi pare, ò ignoranza, ò calunnia, & vn voler far forza sopra la gelosia del cattiuo suono de'vocaboli, più tosto, che addurre ragioni fondate sopra la natura delle cose : Poiche per il Cielo non s'intende quì il Paradiso, ne come lo prende l’opinione commune ; ma non è altro (secondo l’opinione Copernicana) che Aere sottilissimo, e purissimo (come di sopra s'è accennato) e di gran lunga più tenue, e raro di questo nostro, che perciò per esso passano (riuolgendosi per i corsi loro) i corpi sodi delle Stelle, e della Luna, e della Terra (percioche nega, e toglie via questa opinione la Sfera del fuoco) e così come non è inconueniente nell'opinione commune, che l'Inferno stando nel centro della Terra; e del Mondo, habbia di sopra, e di sotto, e da i lati il Cielo, & il Paradiso, e stia nel mezzo di tutti i Corpi Celesti, quasi nel più nobil luogo : così non si inconueniente in questa, porre vn’altro Sistema poco differente dal sopradeto, & al quale risultino l'istessi, ò simili conseguenti. E sicome nell'opinione commune, l’Inferno è la feccia de gli Elementi, e nel centro della Terra, riposto, per carcere, e carnificina de’ Dannati, così appunto, e non altrimente viene ad essere anco nell’opinione Copernicana. Onde non bisogna con fuggire al suono odioso delle Frasi, per mancamento di ragioni efficaci poiche il senso è senza scrupolo, e ciò che risulta in vna di queste opinioni, da chi hà l'Intelletto rettificato, e ben instrutto nelle Liberali Discipline, e massime nelle Mathematiche, si vede chiaramente, che senza molta differenza, risulta anco nell’altra.

Da questi Fondamenti, e dalle dichiarationi loro, si manifesta l'opinione Pittagorica, e Copernicana esser tanto probabile: che forsi non è altretanto la commune di Tolomeo; Poiche da quella se ne deduce vn’ordinatissimo Sistema, & vna misteriosa, Costitutione del Mondo molto più fondata in ragione, & in isperienza, che non si caua dalla commune : e si vede chiaramente, che si può saluare. di modo tale, che non occorre hormai più dubitare, che repugni all'auttorità della Sacra Scrittura, ne alla verificatione delle Propositioni Theologiche, anzi essa con ogni facilità non solo salua i Fenomeni, e le apparenze di tutti i Corpi Celesti, ma scuopre anco molte ragioni naturali, che per altra strada difficilmente si possono intendere, & in somma rende più facile l'Astrologia, e la Filosofia insieme, leuandone tutte le cose superflue, & imaginarie, ritrouate solo per non sapere oue ricorrere, per ridurre à qualche ragione, e regola la tanta varietà de’moti Celesti . E chi sà se in quella merauigliosa Fabrica del Candeliero, che douea riporsi nel Tabernacolo di Dio, habbia esso di noi amantissimo Iddio, voluto segretamente rappresentarci il Sistema dell’Vniuerso, & in particolare de Pianeti? Facies Candelabrum duttile (dice il testo) de auro mandissimo, Hastile eius, & Calamos, Scyphos, & Sphærulas, ac Lilia ex ipso procedentia. Quì si descriuono Cinque cose ; L’Hasta del Candeliero in mezzo; i Calami, ouer Fusti da i lati ; i Scifi ; le Sferule ; e i Gigli. Et essendo, che l'Hasta si presuppone non poter essere più d’vna, si descriuono immediatamente i Calami, in questo modo; Sex Calami egredientur de lateribus, tres ex vno latere, & tres ex altero : Questi Calami, può essere, che ci dinotino i sei Cieli, che girano intorno al Sole in questo modo : Saturno, ch'è il più tardo, e più rimoto fà il suo corso intorno al Sole per tutti li XII. segni del Zodiaco in anni XXX. Gioue, ch'è più prossimo in XII. Marte (ch'anco più s'auuicina) in due. La Terra (che maggiormente se gli accosta) si muoue per l’istesso camino insieme con l'Orbe della Luna in vn’anno, cioè in mesi XII. Venere, (che più anco se gli approssima) in mesi IX. Mercurio poi (che e più vicino di tutti al Sole) in meno di mesi due, cioè in giorni LXXX. ne'quali fà tutto il suo corso intorno à quello. Dopò hauer descritti i Sei Calami, segue il Sacro Testo ad esporre i Scifi, le Sferule, e i Gigli, dicendo: Tres Scyphi quasi in nucis modum per Calamos singulos, Sphærulque simul, & Lilium ; & tres similiter Scyphi instar nucis in Calamo altero, Sphærulaque simul, & Lilium : hoc erit opus sex calamorum, qui producendi sunt de Hastili : In ipso autem Candelabro erunt quatuor Scyphi in nucis modum, Sphærulaque, per singulos, & Lilia : Spharule sub duobus calamis per tria loca, qua simul sex fiunt, procedentes de hastili Vno. Non può la debolezza dell’intelletto mio penetrar il tutto, che stà nascosto in questa Sapientissima dispositione di cose, ma attonito, e stupefatto ammirandola dico, chi sà, se quei trè Scifi à guisa di noci, da porsi per qualsiuoglia Fusto del Candeliero volessero significare alcuni Globi più tosto atti (come è questa nostra Terra) à riceucre, che à dare influssi? e chi sà se appunto significano quei Globi scoperti con l’Occhiale di Prospettiua, che partecipano con Saturno, con Gioue, con Venere, e forsi con altri Pianeti? chi sà se anco gl'istessi Globi hanno alcuna astrusa proportione con quelle Sferule, e con quei misteriosi Gigli, che ci insinua la Sacra Scrittura? E bene quì por modo all'audacia humana, e con Harpocratico silentio aspettar ciò, che il Tempo scuopritore, e Padre della verità, sarà per dimostrarci. Salomone fà dieci Candelieri dell'istesso modello, come ordinò Mosè, e li colloca nel Tempio da lui fabricato al Sommo Iddio, cinque per parte ; il che tutto hà profondi, e reconditissimi significati. Non è anco senza Misterio quel Pomo della Scienza del bene, e del male, che fù vietato à' primi nostri Padri, quale alcuni dicono esser stato il Fico Indiano, nel qual frutto si vede vna moltitudine di granelli del suo seme, che ciascuno hà il suo centro per se, ch'essendo sodo, e duro in se stesso, nondimeno poi intorno la Circonferenza, è di più rara, e tenue materia, non altrimente, che la Terra, ch’ essendo nel Centro suo, ò nelle parti vicine à quello, Sassosa, Metallica, e soda, quanto più s’accosta poi alla circonferenza, tanto più pare, che habbia le parti sue tenui, e rare; onde sopra di se hà anco vn’altro corpo più raro, ch’è l’Acqua; e sopra questa l’Aere più di tutti gli altri inferiori corpi, raro, e sottile : L’istesso sembiante del Fico Indiano, ci rappresenta il Pomo Granato, con quei suoi tanti granelli di diuersi centri, de' quali ciascuno nelle parti più rimote del suo centro, sormontando alla circonferenza, viene ad hauere vna materia tanto sottile, che vn poco, che si stringa, e prema, diuenta quasi tutta liquore, e succo molto tenue. E pur di questo volle far mentione la Diuina Sapienza con farlo ricamate nella Veste Sacerdotale di Aaron : Deorsum vero (dice Iddio) ad pedes eiusdem tunica per circuitum, quasi Mala Punita facies, ex hyacintho, & purpura, & cocco bis tincto, mixtis in medio tintinnabulis, ita vt tin tinnabulum sit aureum, & Malum Punicu: rur sunque, tintinnabulum aliud, & Malum Punicum. E che ciò significhi la rappresentatione, & il Ritratto del Mondo, lo confessa Salomone, dicendo : In veste enim Poderis quam habebat, totus erat Orbis Terrarum, & parentum Magnalia in quatuor or dinibus lapidum erant sculpta, & magnificentia tua in Diademate capitis illius sculpta erat. L’istesso ci significa l'vua : E così tutti gli altri frutti, ma in particolare il Fico, l’Vna, & il Pomo granato, de quali habbiamo già detto; Onde quasi sempre si veggono andare accompagnate nelle Scritture Sacre queste trè cose. Così ne’ Numeri si lamenta il popolo d’Israele contro Moise, & Aaron : Quare nos fecistis ascendere de Aegypto, & adduxistis in locum istum pessimum, qui seri non potest, qui nec Ficum gignit, nec Vineas, nec Malogranata? Quasi significando, che in queste sorti di frutti hauriano hauuto il tutto. Et in Ioele : Vinea confusa est, & Ficus elanguit, Malogranatum, & Palma, & Malum, & omnia ligna agri aruerunt, quia confusum est gaudium à filijs hominum. Et in Aggeo, Nunquid iam semen in germine est: & adhuc Vinea, & Ficus, & Malogranatum, & lignum Oliue non floruit ? E così nel Deuterenomio, si loda la terra di promissione, Terram frumenti hordei, ac Vinearum, in qua Ficus, & Malogranata, & Oliueta nascuntar . E nella Fabrica del Tempio fatta per Diuina inspiratione da Salomone, si pongono per ornamento della sommità delle Colonne molti ordini di Pomi granati, del che non in vn luogo, ma in molti fà mentione la Scrittura Sacra. E nell’istessa finalmente non mancano in varie occasioni altri passi notabili, e degni di lunga, e di matura consideratione à questo proposito dell'ordine de' Cieli, e Sistema, e dispositione delle Creature corporali, e spirituali insieme, i quali tutti hà proposti lo Spirito Santo enigmaticamente, con Emblemi, Parabole, e Figure, per non farci abbagliare affatto, dallo smisurato splendore di tanto eccellente oggetto. Onde io giudico, che noi nell’istesso modo potiamo andar Filosofando (in queste cose Dottrinali, che sono ambigue) per mezzo delle Scritture Sacre, come appunto facciamo per intendere le Profetie, che per altro sono oscurissime : le quali allhora s'intendono pienamente, e si sanno ben’applicare, quando sono già adempiute, e non innanzi. Così saputo, che sarà, e certificato, come si conuiene, il vero Sistema dell'Vniuerse, allhora si conosceranno le significationi di queste Figure, e di questi Enimmi. Sicome prima, che si manifestasse, con la venuta del Figliuol di DIO, il Misterio della Santiss. TRINITA, non si conosceua, ne si poteua indouinare ciò che significassero quelle parole : In principio creauit Elohim Cœlum, & Terram ; poiche la parola Elohim, essendo plurale, (come se dicesse Dij) non si vedeua come potesse accordarsi co'l singolare del verbo creauit: Ma scopertosi il Misterio dell'Vnità, dell’Essenza, e Trinità delle Persone in Dio, subbito si conobbe, che li singolare creauit si douea riferire all’Vnità dell'Essenza (poiche Opera Trinitatis ad extra sunt indiuisa) & il plurale Elohim, si douea riferire alle Persone; Chi haurebbe mai potuto indouinar per auanti questo segreto? Così quel replicar trè volte il nome di DIO, che fa Dauid, Benedicat nos Deus, Deui noster, benedieat nos Deus, & c. Parea vn Pleonasmo, & vna superfluità di repetitione ridondante, di prima: Ma poi si vidde, ch'esplicaua le benedittioni di diuersi Suppositi, cioè, del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo, & innumerabili Essempi simili à questi si troueranno nelle Scritture Sacre. Dirò dunque per conclusione con Dauid. Quam magnificata sunt opera tua Domine, nimis profunde facta sunt cogitationes tua : vir insipiens non cognoscet & stultus, non intelliget hœc.

Questo è quanto m’occorre per hora, dire Theologicamente sopra l’opinione non improbabile della Mobilità della Terra, e Stabilità del Sole. Del che hò voluto render conto à V.P. Reuerendiss. non dubitando, che il tutto gli habbia ad esser gratissimo, per la grande inclinatone, ch'ella hà verso le virtù, e le buone Dottrine. Nel resto (per dargli raguaglio anco de gli altri miei studi) spero mandar quanto prima fuori il primo, e secondo Tomo dell’INSTITVTIONI NI TVTTE LE DOTTRINE, oue si conteneranno l’Arti Liberali, come gli ne accennai nella SINTASSI, e Modello, che ne mandai già in luce sotto il Nome suo. Gli altri cinque Tomi, che deono seguire, e già sono promessi da me (che conteneranno la Filosofia, e la Teologia) si tratteneranno alquanto, percioche si stanno tuttauia preparando. Et in questo mezzo anco spero, che vscirà fuori il Libro DE ORACVLIS, ch'è già finito, giuntamente con il Trattato DE DIVINATIONE Artificiosa. Sicome hora le mando per caparra il colligato Trattato DELLA DIVINATIONE NATVRALE COSMOLOGICA, ouero de'Pronostici, e Presagij Naturali delle Mutationi de' Tempi, e di altre cose, alle quali si può stendere la Natura. E per fine le priego dal Signore ogni vero Bene, baciandole humilmente le sacratissime mani. Dal Carmine di Napoli li 6. di Gennaro 1615.

Di V.P. Reverendiss. Humiliss. Servitore F. Paolo Antonio Foscarini. Imprimatur. P. Ant. Ghibert. Vic. Gen. Ioannes Longus Can. & Cur. Archiep. Neap. Theol. vidit.

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Based on the copy digitized by Google Books in partnership with the Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Starts on page 3 Lettera del R.P.M. Paolo Antonio Foscarini Carmelitano. Sopra l'opinione de' Pittagorici, e del Copernico. Della Mobilità della terra, e stabilità del sole, E del nuovo Pittagorico Sistema del Mondo. Al Reverendiss. P.M. Sebastiano Fantone Generale dell'Ordine Carmelitano. In Napoli, Per Lazaro Scoriggio, 1615. Foscarini, Paolo Antonio Naples Scoriggio, Lazaro 1615.

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Lettera del R.P.M. PAOLO ANTONIO FOSCARINI CARMELITANO. Sopra l'opinione de' Pittagorici, e del Copernico. DELLA MOBILITA' DELLA TERRA, E STABILITA' DEL SOLE, E del nuovo Pittagorico Sistema del Mondo. Al Reverendiss. P.M. SEBASTIANO FANTONE Generale dell'Ordine Carmelitano. IN NAPOLI, Per Lazaro Scoriggio, 1615. Si quis indiget Sapientia postulet à Deo. Iacob. 1. Optavi, & datus est mihi Sensus. Sap. 7. Al Reverendiss. P.M. Sebastiano Fantone. Generale dell'Ordine Carmelitano.

A Richiesta del Signor D. FRA VINCENZO CARRAFA Caualier Napolitano, dell'ordine Hierosolimitano (Signore di tanto rare qualità, ch'io non saprei breuemente descriuerlo, se non con dire, ch' in lui contendono del primo luogo la Nobiltà, la Cortesia, l'Vniuersale cognitione di molte Dottrine, il Valore, la Religione, la Bontà, & ogni Virtù) m'ero proposto di Scriuere in defensione della nuoua opinione, ò più tosto rinouata, e dalle tenebre dell’Obliuione oue era Sepolta, tirata hora frescamente in luce, Della Mobilità della Terra, e Stabilità del Sole, tenuta anticamente da Pittagora, e poi posta in prattica dal Copernico, e del Sistema, e constitutione del Mondo e Sito delle sue parti, che da quella Hipotesi deriua, del che ne scrissi anco à V.P. Reuerendiss. li giorni à dietro, com'ella sà; Ma perche hora mi ritrouo in viaggio per venire di suo commandamento à predicare costì in Roma, e questa speculatione si douerebbe riporre al suo luogo nel Trattato Della Cosmografia, il quale stò tuttauia ponendo in ordine per fare, ch'esca in luce con il mio Compendio dell'Arti Liberali, ch'hormai è finito, hò voluto trà tanto mandare à V.P. Reuerendiss. (à cui deuo tutte l'attioni mie, e me stesso) questo breue raguaglio di tutto il mio intento, e descriuergli i fondamenti, de quali quest’opinione si può, e deue seruire, accioche (essendo ella per altro e ragioneuole, e verisimile) non si mostri tanto repugnante, e quasi contraria quanto pare, non solo alle ragioni Fisiche, & à i principij approuati comunemente da tutti (il che sarebbe men male) ma quello che più importa à molte autorità della Sacra scrittura : che senza dubbio ad ogn'uno che la sente nominare, e proporre rassembra vno de i più strani, & più mostruosi Paradossi, che si siano ancora intesi. Il che nasce tutto dalla vecchia consuetudine, confermata da tanti Secoli, per la quale gli huomini, ch'han fatto habito, e callo nell’opinioni già trite, e plausibili, e perciò di comune consenso di tutti, non solo dotti, ma anco indotti abbracciate, non possono più rimouersi da quelle : essendo tanta la forza dell'vso, che si dice essere vn'altra natura, e fà, che le cose, ancorche cattiue, da chi gli è assuefatto siano più amate, e desiderate, che le buone inusitate à lui: anzi che quelle più di queste gli siano gioueuoli, e più accomode alla sua natura, & inclinatione. Onde l'istesso auuiene nell’opinioni, che non tantosto hanno vna volta fisse profondamente le radici nell’animo, che qualsiuoglia altra à quelle vsitate dissimile, gli pare à punto come dissonanza all’orecchio, tenebre alla vista, fetore all'odorato, amarezz'al gusto, e ruuidezz'al tatto; Percioche ordinariamente non si misurano, ne si giudicano le cose secondo quello, ch'elle sono, ma secondo le descriue l'autorità di chi ne parla. La quale autorità nondimeno quando non è più che humana, non deu' esser mai tenuta di tanto momento, che per essa s'habbia à sprezzare, rinunzare, o posporre quello, che euidentemente in contrario accade, che ci mostri per auentura alcuna miglior ragione non auertita per il passato, e talvolta il senso istesso. Ne deue chiudersi la strada à i posteri, di modo che non possano, ne ardiscano ritrouare alcuna cosa di più, ò pur migliore di quelle, che ci han lasciate gl'Antichi : gl'ingegni de quali come nell'inuentioni non furono molto superiori à quelli de nostri tempi, così pare, che nelle perfettioni de Trouati siano più tosto stati auanzati, e di gran lunga lasciati à dietro da Moderni, che equiparati: raffinandosi sempre tuttauia il sapere, e l'Arti non solo Liberali, ma anco le Meccaniche : del che potrei addurne molti essempij, se non fusse, che in vna cosa tanto chiara, il voler accumulare testimonianze, e proue, non solo sarebbe tedioso, ma minuirebbe la chiarezza della già publicamente conosciuta verità. Ma per non passar il tutto in silentio, almeno, che diremo dell’isperienze de' Moderni, che in ogni modo han chiuse in alcune particolarità, le Venerabili bocche de gli Antichi, e fatto restar vani, e bugiardi i loro solennissimi, e grauissimi Decreti? Erano Paradossi non meno strani, che sia questo della Mobilità della Terra, L'affermare appresso molti antichi di graue, e riguardeuole auttorità, che vi fussero gli Antipodi. e che nella Zona Torrida vi si potesse habitare, e come quello da molti, così questo da tutti di commun consenso fù tenuto impossibile, e negato affatto, e nondimeno la picciola auttorità, ma molta diligenza, e Valore de' Moderni, hà dimostrato (con gran felicità loro, e gloria perpetua) l’uno, e l'altro essere verissimo. e la maestosa, e canuta barba de gli antichi hauer fallato, e troppo facilmente hauer credute, e solennizate le loro false imaginationi. Lascierò quì per breuità i molti sogni ed' Aristotele, e di altri Filosofi antichi, che si sono modernamente scoperti per quello che sono, e dirò solamente, che se essi hauessero visto, & osseruato quello, che han visto, & osseruato i Moderni; & hauessero le loro ragioni intese, senza dubbio haurebbono anco essi mutato parere, e creduto alla euidentissima verità di questi, onde non bisogna attribuire tanto à gli antichi, che tutto quello, ch'essi affermarono, si habbia come per pregiudicato, à credere, e tenere per certissimo, quasi fusse riuelato, e disceso dal Cielo. Quello che importa dunque in questa materia, è, che doue alcuna cosa si conosce ripugnare all'autorità diuina, & alle sacre lettere dettate dallo Spirito santo, e per sua inspiratione interpretate da Sacri Dottori di S. Chiesa, all'hora non solo si deue abbandonare ogni ragione humana ; ma l'istesso senso : il quale quando con tutte le migliori conditioni, e circonstanze, che potessero essere, rappresentasse il contrario dell’autorità Diuina (la quale sia talmente espressa, che non si possa tergiuersare) si deue ributtare, e giudicare senz'altro, ch'egli c'inganni, e che non sia vero quello, che ci rappresenta, poiche è più certa la cognitione, che si hà per Fede, di qualsiuogli’altra cognitione, per qualsiuoglia lume, e mezzo, che si habbia. Come ben confermò San Pietro, il quale quantunque col proprio senso hauesse visto, e sentiro, nella Transfiguratione del Signore, la gloria di quello, & intese le parole, che lo magnificauano; nondimeno facendo comparatione di tutto ciò co'l lume del la Fede, soggiunse: & habemus firmiorem Prophæticum sermonem. Apparue dunque l'opinione Pitagorica, e del Copernico in Scena al Mondo, con vna talmente strana veste, che dimostrò subbito nel primo aspetto di ripugnare (oltre all’altre cose) à diuerse autorità della Sacra Scrittura, onde venne (e meritamente stante questo presupposito) in tal concetto, che si giudicò da tutti (per dirlo in vna parola) per vna meta pazzia ; Ma perche il commune Sistema del Mondo dichiarato da Tolomeo, non hà dato mai à pieno sodisfattione à i dotti, si è sempre sospettato anco da gl'istessi, che lo seguirono, che qualche altro fusse il più vero : percioche con questo comune, quantunqne si saluino tutti i Fenomeni, e le apparenze, che risultano da corpi Celesti, nondimeno si saluano con innumerabili difficoltà, e rappezzamenti di Orbi (e questi di varie forme, e figure) di Epicicli, di Equanti, di Deferenti, di Eccentrici, e di mille altre imaginationi, e Chimere, che hanno più tosto del Ens rationis, che realtà alcuna, tra le quali imaginationi vi è quella del moto ratto, della quale non sò se si può ritrouare cosa meno fondata, e più controuertibile, e facile ad oppugnarsi, & à confutarsi, e così quella di varij Cieli senza stelle, che muouano gl'inferiori . Et il tutto è stato introdotto per accomodare la varietà de moti de corpi Celesti, che con altra ragione parea, che non si potessero saluare, ne ridurre à regola alcuna certa, e determinata : di modo tale, che gl'istessi seguaci dell'opinione comune han confessato nel descriuere il Sistema del mondo essi non potere indovinare, ne insegnare il vero Sistema : ma solo andare inuestigando quello, che sia più verisimile, e che con buone ragioni salui più comodamente le apparenze Celesti. Successe poi il trouato dell’Occhiale di Prospettiua, e scoperse con ferma sensatione varie belle cose nel Cielo tutte curiose, & incognite insino à questi secoli : Come, la Luna essere Montuosa, e Ve nere, e Saturno Tricorporei, e Gioue Quadricorporeo, e nella via Lattea, e nelle Pleiadi, e nelle Nebulose essere vna moltitudine di grandissime Stelle trà loro vicine, e così per conseguenza ci apportò, e donò nuoue Stelle fisse, e nuoui Pianeti, e nuoui Mondi, e con lo stesso Istromento si è confermato essere molto verisimile, che il corso di Venere, e di Mercurio non siano propriamente intorno alla Terra, ma più tosto intorno al Sole, e quello Solamente della Luna essere intorno alla Terra. Che cosa dunque se ne doueua inferire appresso, se non che il Sole stasse fermo nel Centro, e che la Terra con gl’altri Orbi Celesti gli si riuolgessero intorno? Da questa dunque, e da molt’altre ragioni si venne in cognitione, che non era da i fondamenti Astronomici, e Cosmografici aborrente l’opinione Pittagorica, e Copernicana, ma includeua non piccola probabilità, e versimilitudine. Tanto più, che tra tante opinioni, che dettettauano il comune Sistema, e cercauano di farne altri, come s’andarono imaginando Platone, Calippo, Eudosso, e poi Auerroe, il Cardano, il Fracastorio, & altri Antichi, e moderni, niuna si è vista più facile, & accomodata à tutti i Fenomeni, ne, che più facilmente calcolasse i moti de i corpi Celesti con determinate regole, e senza tanti Epicicli, ne Eccentrici, ne Deferenti, ne Moti ratti, come questa, la quale è stata non solamente da Pittagora auanti, e poi dal Copernico per vera sostenuta, ma anco da molti altri huomini segnalati, e di valore, come furono Heraclide, & Ecfanto Pittagorici, e tutta la scola Pittagorica, Niceta Siracusano, Martiano Capella, molt'altri. E se bene coloro che andarono (come habbiamo detto di sopra) cercando nuoui Sistemi, non si possono annouerare tutti in questa opinione, (percioche esclusero ancco questo de Pittagorici) nondimeno anco essi, per la parte loro la renderono probabile, e la vennero almeno indirettamente à confermare, mentre giudicarono la comune essere mancheuole, e non del tutto senza difficultà, e senza contradittioni, e trà questi si può comprendere il P. Clauio Glesuita, huomo dottissimo, il quale vedendo il poco fondamento dell’opinione comune, quantunque egli per altro confuti la Pittagorica, nondimeno confessa, che gl’Astrologi, per leuare molte difficoltà, che non pienamente sono tolte dal comune Sistema, sono sforzati à cercare di prouedersene d’alcun'altro, si com'egli, di buon cuore l’esorta à fare. Ma quale altro si potea ritrouare migliore del Coperincano? Perciò molti moderni si sono indotti, e persuasi finalmente à seguirlo, ma con alquanto di timore, e di rimorso : percioche parue à loro, che alla Scrittura sacra fusse talmente contrario, che non si potessero con esso conciliare le auttorità, che gli ripugnauano. Onde se n’è restata tuttauia questa Opinione, alquanto ritirata indietro, e con non poco rossore per vn pezzo andò co'l viso coperto, tanto più che parea auisar tutti quel versificator morale,

Iudicium populi nunquam contempseris vnus, Ne nullis placeas dun vis contennere multos.

Io per me considerate tutte queste cose (per il desiderio che tengo, che le dottrine riceuano quanto è possibile aumento, lume, e perfettione, e se ne sgombrino tutti gli errori, con rilucerui dentro la pura verità) sono andato fra me stesso speculando in questo modo. O questa opinione de'Pittagorici è vera, ò nò ; se non è vera non è degna, che se ne parli, ne che si metta in campo : Se è vera, poco importa, che contradica à tutti i Filosofi, e gli Astrologi del mondo, e che per seguirla, e pratticarla s'habbia da fare vna nuoua Filosofia, & Astrologia dependente da i nuoui principij, & hipothesi, che questa pone. Quello che appartiene alle scritture sacre, ne anco gli nuocerà, percioche vna verità non è contraria all'altra ; Se dunque è vera l'opinione Pittagorica, senza dubbio Iddio haurà talmente dettate le parole della Scrittura Sacra, che possano riceuere senso accommodo à quell'opinione, e conciliamento con esse. Questo è il motiuo, che m'indusse à considerare, & à cercare, (stante la probabilità euidente della già detta opinione) il modo, e la strada di accordare molti luoghi della Srittura sacra con essa, & interpretarli (non senza fondamenti Theologici, e Fisici) in modo tale, che non gli contradicano affatto ; acciò quando ella si vedrà (per caso) e determinerà espressamente, e con certezza esser vera, (sicome hora per probabile è riceuuta) non se gli ritroui in toppo alcuno, che l'impedisca, e che gli dia fastidio, priuando indegnamente il mondo del Venerabile, e Sacrosanto commercio della tanto da tutti i buoni desiderata verità. Nella quale impresa, sicome (per quanto posso imaginarmi) hà piacciuto al Signore Iddio, che io fussi stato senza dubbio il primo ad entrare, così questa fatica mia, credo, che non poco sarà grata à gli studiosi di queste Dottrine, & in particolare alli Dottissimi Signor GALILEO GALILEI, e Signor GIOVANNI KEPPLERO, questo Mathematico della Sacra & Inuitta Maestà dell’Imperatore, e quello del Serenissimo Gran Duca di Toscana, & à tutta la Illustre, e virtuosissima Academia de Signori LINCEI, che vniuersalmente (se non m'inganno) seguono questa opinione. Se bene non dubito, che & ad essi, & ad altri huomini dotti, erano facili à ritrouare simili conciliationi de'luoghi Scritturali; Ma io, in quella professione, che apparteneva à me, hò voluto (per segno, e dimostratione dell'animo mio affettionatissimo alla verità, e tale quale disse quel Poeta,

Nullius addictus iurare in verba magistri)

Offerire in seruigio loro, e di tutti i letterati, e virtuosi (non hauendo cosa maggiore) questo mio pensiero, qual egli si sia, sicuro, che sarà riceuuto con quella candidezza d’animo, che gli si dona.

Venendo dunque al fatto, dico, che tutte l'Auttorità della Diuina Scrittura, che paiono à questa opinione contrarie, si riducono (per mio giudicio) à sei Classi.

La Prima Classe è di quelle, che affermano la Terra essere stabile, e non muouersi, come è quella del Salmo: Etenim firmauit orbem Terræ, qui non commouebitur. Et altroue: Qui fundasti terram super stabilitatem suam, non inclinabitur in sæculum sæculi. E quella dell'Eccleliaste : Terra autem in at ernum stat, e simili.

La Seconda è di quelle, che dicono il Sole muouersi, e girar la Terra, come è quella del Salmo : In Sole posuit tabernaculum suum, & ipse tanquam sponsus procedens de thalmo suo, Exultauit vt gigas ad currendam viam, à summo Cœlo egressio eius, & occursus eius vsq; ad summum eius, nec est qui se abscondat à calore eius. E quella dell'Ecclesiaste, Oritur Sol, & occidit, & ad locum suum reuertitur, ibique renascens gyrat per Meridiem, & flectitur ad Aquilonem. Onde è posto per miracolo appresso Isaia, il regresso del Sole, & Reuersus est Sol decem lineis. E nell'Ecclesiaste : In diebus ipsius retro redijt Sol & addidit Regi vitam. E così nel libro di Giosuè, è posto per miracolo che Giosuè habbia fatto fermat il Sole, dicendoli : Sol contra Gabaon ne mouearis. Che se il Sole stasse fermo, e la Terra fusse quella, che se gli mouesse intorno, non sarebbe stato miracolo ; e per fermar la luce del giorno, non haurebbe detto egli, Sol ne mouearis, ma più tosto Terra ne mouearis.

La Terza Classe è di quelle, che dicono il Cielo essere in alto, e la Terra à basso, come è l’auttorità di Ioele addotta da S. Pietro, ne gli Atti Apostolici : Dabo Prodigia in Cœlo sursum. & signa in Terra deorsum, e simili altre; Onde si dice CHRISTO esser Disceso dal Cielo per l'Incarnatione, & Asceso nel Cielo dopò la Resurrettitione. Che se la Terra fosse intorno al Sole, sarebbe nel Cielo, e per conseguenza, più tosto sarebbe sopra, che sotto. Il che si conferma,

percioche questa Opinione, che pone il Sole nel Centro, pone anco Mercurio sopra il Sole, Venere sopra Mercurio, e la Terra sopra Venere insieme con la Luna, dalla quale è circondata essa Terra, e così la Terra viene ad essere nel terzo Cielo, insieme con la Luna ; Se dunque ne’ Corpi Sferici (come è il Mondo) Il Sotto non è altro, che la parte più prossima al Centro, & Il Sopra è quella ch'è più verso la Circonferenza, ne segue, che per verificare le propositioni Theologiche dell’Ascendere, e Descendere di CHRISTO, si ponga la Terra nel Centro, & il Sole con gli altri Cieli nella Circonferenza, e non del modo, che metto il Copernico contrario à questo, per il quale non pare, che si salui il vero Ascenso, ne il vero Descenso.

La Quarta, è di quelle, che mostrano l’Inferno essere nel Centro del Mondo, come è la commune opinione de' Theologi ; e si conferma da quella ragione, che douendo essere l'Inferno la parte più infima del Mondo, secondo l’istessa sua denominatione, e nella Sfera non essendo parte più infima del Centro, bisogna che l'Inferno stia nel Centro del Mondo, il quale essendo Sferico di figura, ò bisognarebbe dire, che l'Inferno fusse nel Sole (perche il Sole sarebbe nel Centro del Mondo) ò stando come si deue per verità tenere, l'Inferno nel centro della Terra; se la Terra si mouesse attorno il Sole, bisognarebbe seguirne, che l'Inferno insieme con la Terra fussero nel Cielo, e girasse l'Inferno ancor esso con la Terra intorno il Sole nel terzo Cielo : del che non può esser cosa più mostruosa, & absorda.

La Quinta è di quelle, che contrapongono sempre il Cielo alla Terra, e vicendeuolmente la Terra al Cielo, quasi hauessero vna tal relatione, quale hà il centro alla Circonferenza, e la Circonferenza al centro. Che se la Terra fosse nel terzo Cielo, starebbe da vn lato, e come in mezzo, e per conseguenza, non vi sarebbe questa relatione, con la quale all'incontro quasi sempre li veggono corrispondere insieme, & andar accoppiati, con vna continua contrapositione il Cielo, e la Terra, non solo nelle Scritture Sacre, ma anco ne’communi ragionamenti. Onde nel Genesi : In Principio creauit Deus Cœlum, & Terram, e ne’ Salmi, & in altri luoghi mille volte : Qui fecit Cœlum & Terram. Et il Signore ci insegna à pregare, Fiat voluntas tua sicut in Cœlo, & in Terra, San Paolo, Primus homo de Terra Terrenus; Secundus homo de Cœlo Cœlestis, & altroue, In ipso condita sunt Vniuersa in Cœlis, & in Terra; Et di piu, Pacificans per sanguinem Crucis eius, siue qua in Terris, sive qua in Cœlis sunt. Et appresso, Que sursum sunt sa uite, non qua super Terram. Et innumerabili luoghi simili. Bisogna dunq; ch'essendo posti sempre all'incontro questi due Corpi, & appartenendo il Cielo senza alcun dubbio alla Circonferenza, la Terra in ogni modo appartenga al centro del Mondo .

La Sesta, & Vltima Classe è di quelle, (più tosto di Padri, e di Teologi, che della Diuina Scrittura) che dicono il Sole dopò il Giudicio douer fermarsi in Oriente, e la Luna in Occidente, il quale fermare, se fusse vera l'opinione Pittagorica, bisognarebbe dirsi della Terra, e non del Sole ; Percioche la Terra haurebbe allhora da fermarsi, se hora si mouesse attorno il Sole: E se la Terra s’hauesse da fermare non sarebbe maggior ragione, perche s'hauesse da fermare d'vn sito, che d’vn'altro, ouero perche douesse più tosto volgere vna parte della sua superficie al Sole, che vn’altra ; poiche ciascuna, che fusse priua dell'aspetto del Sole, sarebbe horrida ; malinconica, & in ogni modo di peggior conditione dell'altra ; oltre molt'altri inconuenienti, che ne nascerebbono.

Queste sono le Classi contrarie, che contengono, & apporta no tutte le machine, o le legioni, che più grauemente oppugnar possono, e trauagliare la predetta opinione : la quale nondimeno si può da loro difendere facilmente (à miò auiso) con sei Fondamenti, che à guisa di fermissimi Bastioni, & inespugnabili macerie, saranno da me hora fabricati, per esser contraposti alle sei Classi predette : I quali auanti, che io rappresenti mi protesto prima con ogni debita modestia, à Christiano, & à Religioso conueniente, che quanto sono per dire, il tutto da hora per sempre, riuerentemente sottopongo al giudido di S. Chiese, offerendolo à i piedi del Sommo Pastor di quella : già che il motiuo, che mi fà scriuere, non è temerità, ne ambitione, ne vanagloria; ma charità, e desiderio di giouar il perssimo, con la inuestigatione, e discussione della verità; Ne io hò alcuna inclinatione particolare in questa materia, più ad vna opinione, che ad vn'altra, se non à quella, che da i proprij Professori di simili Dottrine, mi sarà con più euidenti ragioni mostrata essere più probabile, e verisimile, standomene trà tanto indifferente, e neutrale, & aspettando (da coloro à chi appartiene) la risolutione di questa Controuersia.

Il Primo Fondamento, e più principale è questo : Quando dalla Scritttura Sacra viene attribuita à Dio, ò ad alcuna Creatura, alcuna cosa, che (per altro) si vede essergli disconueniente, & improportionata, allhora s'interpreta, e si esplica con vna, ò più delle seguenti quattro glosse. La prima dicendo competerli, Metaforicamente, e proportionalmente, ò per similitudine. La Seconda la dirò meglio in lingua Latina, Secundum nostrum modum considerandi, apprehendendi, concipiendi, intelligendi, cognoscendi, & c. La Terza secundum opinionem vulgi, & communem loquendi modum : al qual modo volgate, e commune s'accommoda molte volte à sommo studio lo Spirito Santo. La quarta, Respectu nostri, & quia habet se per modum talis. Dò 1’essempio di tutte queste esplicationi. Iddio non camina, perche è Infinito, & Immobile, non hà membra corporali, perche è puro Atto, e perciò ne anco hà passione alcuna dell'animo : Trouasi nondimeno nella Scrittura Sacra nel Genesi, che Ambulabat ad auram post merdiem, & in Iob, che Circa Cardines cœli perambulat, & altroue in mille luoghi gli si attribuiscono il venire, il dipartirsi, l'aspettare l’affrettare: e membra corporali, occhi, orecchie, labbra, faccia, voce, volto, mani, piedi, ventre, vestimenta, arme, & insieme molte passioni; come l'adirarsi, il dolersi, il pentirsi, e simili. Che si douerà dunque dire? Senza dubbio, che simili attributi gli conuengono (per dirlo alla scholastica) Metaphorice, proportionaliter, & per similitudinem. Et in quanto alle passioni potrà anco interpretarsi, che Habet se per modum talis, & respectu nostri : Come Iratus est Dominus, idest habuit se per modum irati; tactus dolore cordis, idest habuit se per modum dolentis : pœnituit eum, quod hominem fecisset, idest habuit se per modum pœnitentis, & c. & il tutto Comparatiu è adnos, & respectu nostri. Così si dice Iddio essere ne’ Cieli, muouersi in tempo, mostrarsi, celarsi, osseruare, & annouerar i passi nostri, cercarci, star alla porta, e batter l'vscio, non che egli habbia luogo corporale, ne moto, ne tempo, ne i modi di trattare, e di procedere humani, ma secondo il nostro modo d'apprenderlo, il quale anco distingue in lui gli attributi, che nondimeno sono vna istessa cosa con lui, e fra di loro, e diuide l’attioni sue in più tempi, le quali sono taluolta in vno istesso instante indiuisibile insieme, e finalmente rappresenta le cose, che in Dio sono perfettissime sempre con alquanto d’imperfettione. Così secondo l'opinione del volgo s'accommoda la Scrittura à dar alla Terra i Confini, e le Fondamenta, ch’ella non hà; al mare, l’abisso senza fondo; & alla morte, ch'è priuatione (e per conseguenza non è) attribuire attioni, e mouimenti, e passioni, & altri accidenti, che ella non hà, & Epitheti, & Aggiunti, che realmente non gli quadrano. Siccine separat amara mors : veniat mors super illos : parauit vasa mortis ; Exaltas me de portis mortis : in medio umbra mortis: mors depascet eos : Fortis est vt mors dilectio : primogenita mors : perditio, & mors dixerunt, & c. E chi non sà, che l'Historia del Ricco Epulone è piena di queste frasi volgari? Così nell’Ecclesiaste si fà questa comparatione : Homo Sanctus in sapientia manet sicut Sol, nam stultus sicut Luna mutatur: E pur la Luna sempre è d'vn modo, secondo la verità, come dimostrano gli Astrologi, percioche sempre d'essa vna metà è chiara, e l'altra è oscura, e non varia mai in lei simile dispositione, se non à rispetto nostro, e secondo l’opinione volgare : Onde è manifesto, che quì la Scrittura sacra parla, secondo il modo commune del ragionar popolare, e de semplici, e secondo l’apparenza, e non secondo l’esistenza. Nel Genesi parimente descriuendosi la creatione di tutte le cose, si dice esser stata fatta prima d’ogni cosa la Luce, e poi soggiunge il resto. Et factum est Vespere, & mane Dies vnus. Et appresso si distinguono, e compartiscono diuersi atti di creatione, applicandosi à diuersi giorni, e dicendosi, Et factum est Vespere, & mane dies secundus, e così poi, dies tertius, dia quartus, & c. Quì sono molti dubbi, e tutti proporrò secondo il commune Sistema, acciò si conosca, che anco stanti quelle suppositioni bisogna taluolta per vscire di molte difficoltà intendere la Scrittura Sacra secondo il senso, e parlar volgare, & à rispetto nostro solamente, e non della natura delle cose : qual distintione pare, che anco accennasse Aristot. quando disse, che Alia sunt nottora nobis, alia nottora natura, vel secundum se. Primieramente se la Luce fù fatta auanti il Cielo, dunque da se stessa, e senza il Cielo girò prima con apportar la Distintione del giorno, e della notte, il che è contra coloro, che dicono, che nessun corpo celeste si muoue, se non per accidens, e per il moto del Cielo : Et sicut nodus in tabula ad motum tabula. Appresso se fù fatta co'l Cielo, e con esso si mosse, vi è vn'altro dubbio, che anco è commune al caso precedente, percioche, ò si dice hauer fatto giorno, e notte, e mattina, e sera, à rispetto dell’Vniuerso, ò solo à rispetto della Terra, e di noi altri habitatori di quella; Non può essere à rispetto dell'Vniuerso, perche il Sole girando (stante il supposito della commune opinione) non fà notte, e giorno, se non à quei corpi Opachi, che non hauendo altro lume, che quello del Sole, mentre sono illustrati da quello nella lor metà, e non più (ch'è il loro Hemispero) cioè in quella metà del globo loro, ch'è riguardata da esso Sole, (perciò che non può mai illuminare egli più della metà, ò pure ne'corpi minori poco più) l'altra metà resta oscura, e tenebrosa, per l’ombra, che si cagiona quel corpo da se stesso. Dunque il farsi varij giorni distinti dalla luce del Cielo, come si descriuono nella Scrittura Sacra, non si deue intendere assolutamente, e secundum se, & naturam ipsam : ma solo à rispetto della Terra, e di noi altri habitatori di quella, e così secundum nos. Non è dunque cosa nuoua, ò insolita nella Scrittura Sacra il parlar delle cose Secundum nos, & respectu nostri tantum, & secundum apparentiam, & non secundum se, & rei naturam, ouero absolut è, & simpliciter.

Et se alcuno volesse interpretar quei giorni della Scrittura, non solo secundum nos, ma ancora secundum naturam, dicendo, che quelli non erano altro, che tante circolationi della luce del Cielo, che ritornaua sempre all'istesso punto di donde prima si partì : Onde non occorre hauer rispetto à nessuna ombra, ò notte, la quale sola cosa ci constringe ad interpretare la Scrittura secundum nos; Io contro di questa Interpretatione così argomenterei; se la Scrittura s’hauesse da intendere assolutamente per tante circolationi della Luce, e non à rispetto di noi, non haurebbe posto ella quelle parole, Vespere, & Mane, che per loro natura connotano Il rispetto del Sole à noi, & alla terra, poiche Mane, è quel tempo, nel quale il Sole incomincia prima ad apparire, e scoprirsi nell’Oriente sopra il nostro Orizonte, & hemisferio; e Vespere, e quel tempo nel quale l'istesso Sole incomincia à mostrarsi verso l'Occidente, accostandosi alla Illuminatione dell'altro Orizonte, & Hemisfero, che segue à questo nostro, e la Voce Dies, è correlatiua della Voce Nox, dunque ponendosi queste tre voci, Vespere, & Mane, & Dies, senza dubbio si vede, che non si possono intendere le circolationi della luce Secundum se & absolutè, ma Secundum nos, & respectu nostri, nel qual modo cagionano la mattina, e la sera, e la notte, & il giorno. Così nell'istesso Genesi si dice, che Fecit Deus duo luminaria magna; luminare maius, vt præesset diei, & luminare minus, vt præesset notti, & Stellas : Doue tanto nella propositione, quanto nella sua specificatione si dicono cose disconuenienti all’essere reale di quei Corpi celesti, bisogna dunque, che s'interpretino iui le parole della Scrittura, secondo le Glosse predette, e particolarmente secondo la quarta, che si dica intendersi, Secundum sensum Vulgi, & communem loquendi modum, il che è l’istesso, come se si dicesse, Secundum apparentiam, & secundum nos; vel respectu nostri. Percioche primieramente nella propositione, si dice Fecitq; Deus duo luminaria magna, intendendo questi per il Sole, e per la luna, e nondimeno non sono questi i due luminari più grandi, secondo la verità del fatto; poiche se bene in quanto al Sole, egli è vno de' più grandi, nondimeno non è cosi la Luna vn’altro de più grandi, se non à rispetto nostro; perciòche vno de più gradi assolutamente, e poco meno del Sole, e quasi eguale ad esso, e maggiore di gran lunga della Luna, è più tosto Saturno, ò pure alcuna delle stelle fisse più lucenti della prima grandezza, come Canopo, detto altrimente Arcanar nel fine del Fiume, ò la Canicola nella bocca del Cane maggiore, ò il piede d’Orione detto Rigel, ò la sua spalla destra, ò altra simile. Dunq; Duo luminaria magna, s'intende à rispetto nostro, e secondo l’opinione volgare, non secondo il vero essere, e reale, che hanno quei corpi. Appresso nella specificatione si dice Luminare maius vt præesset diei, intendendo ciò per il Sole, & in quanto à questo stà bene il senso della Scrittura, anco secondo la realtà del fatto, perche il Sole e il più gran luminare, & il più gran globo di tutti : Ma quello, che poi segue, Et luminare minus, vt præesset nocti, intendendo della Luna non si può intendere secondo il vero, e reale esser suo; Imperoche non è la Luna realmente il minor luminare, ma questo è Mercurio, ch'è molto più piccolo della Luna, e di qualsiuoglia stella; E chi volesse andar glossando, che in quel luogo non si parla di Stelle, ma di luminari, perche dipoi li specifica separatamente, Et Stellas ; e che ciò che noi diciamo è il vero nella comparatione delle Stelle frà loro, ma non de’ Luminari, che sono il Sole, e la Luna ; Costui certamente, che così volesse dire, mostrerebbe, non hauer gustato, ne anco con la sommità delle labbra, le Scienze Matematiche, e perciò hauere vna falsissima imaginatione de'corpi dell’Vniuerso. Imperòche la Luna, & il Sole, considerati in quanto à loro, e come potrebbono apparire, più lontani assai di quello, che sono, non sono altro, che tante Stelle, e solo à rispetto nostro appaiono Luminari maggiori. Si come le Stelle in se stesse non sono altro, che tanti Soli, ò tante Lune, ma più distanti, & in tale interuallo, che ragioneuolmente mostrano, quella lor tanta piccolezza, e poco splendore, onde la lontananza maggiore, ò minore è quella, che fà (cateris paribus) le differenze ne' Corpi celesti, di più grande, ò più piccola apparenza, tanto del lume, quanto della mole del corpo. E perciò anco (stante questo) si deue interpretare quella parola del Genesi, che segue, Et Stellas (quasi distinguendo le stelle dal Sole, e dalla Luna) non con altro senso, che con il già detto, che S’intenda, Secundum vulgi sensum, & communem loquendi modum : Poiche secondo la realtà del fatto : tutti i Globi de'Corpi celesti, che rilucono, sono grandissimi, e se noi gli fussimo così vicini, come siamo alla Luna, apparirebbono tante Lune, & anco maggiori, e se dalla Luna, e dal Sole fussimo più discosti, questi parerebbono Stelle, benche senza dubbio lo splendor del Sole sarebbe maggiore intensiuamente, di qualsiuoglia altro splendor di Stella, e la ragione di questo è, perche quantunque si concedesse, che alcune Stelle (come le fisse, che scintillano) lucessero da se stesse, e di propria natura (il che è controuerso, e non certo) e risplendessero affatto senza riceuer il lume dal Sole, come fà esso, che da altri non lo riceue, nondimeno stante, che niuno splendor di Stella si può agguagliar à quello del Sole, il quale da Dio è stato creato primo, e sommo nel genere di Luce, ne seguirebbe in ogni modo, che, sicome quando alcuna di queste simili Stelle fusse tanto vicina à noi, quanto il Sole, e dell’istessa ampiezza di mole apparendo, non potrebbe tuttauia apportarci tanto splendore, quanto ce ne apporta il Sole ; così per contrario, quando il Sole fusse tanto da lungi, quanto è vna Stella di queste, e paresse così piccolo, come essa, non perciò apportarebbe tanto poco splendore com'essa : ma molto maggiore nell'intensione. Così anco la Terra finalmente non è altro, che vna Luna, & vna Stella, che tale si mostrerebbe à punto, se da conueniente distanza fusse vista da lungi, e vi si potrebbono mirare (nella varietà dello splendore, e delle tenebre, che vi fà il Sole, apportandole la notte, & il giorno) l’istesse varietà di aspetti, che ci rappresenta la Luna, sicome questi istessi sono stati osseruati nel Corpo triforme di Venere, e forsi non è fuor di ragione, che siano anco ne gli altri Pianeti, che da se non lucono, ma riceuono il lume dal Sole. Tutto quello dunque, che altrimente di quanto habbiamo detto d'essere per la realtà del fatto, si troua scritto nelle Sacre lettere, ò si ragiona communemente da gli huomini, si deue in ogni modo intendere, Secundum vulgi sententiam, & communem loquendi, & conciprendi stylum. E così venendo al principal proposito nostro, con l'istessa ragione, quando per altro l’opinione Pittagorica sia vera, facilmente si possono conciliare con essa, l'auttorità della Scrittura sacra, che gli paiono contrarie, e particolarmente quelle della prima, e della seconda Classe, con questo fondamento, dicendo, che iui la Scrittura ragiona, secondo il modo nostro di conoscere, e secondo l’apparenza, & à rispetto nostro, quia ita se habent hae corpora in comparatione ad nos, prout de scribuntur à communi philosophandi ratione, ita vt Terra habeat se per modum stantis, & immobilis, & Sol per modum circumambientis eam. E cosi la Scrittura si serue del parlare nel modo volgare, e commune, percioche pare à rispetto della nostra vista, che più tosto la Terra stia nel centro ferma, & il Sole gli si muoua intorno, che altrimente : sicome auuiene à quelli, che sono portati in vna barchetta per mare vicino al lito, à quali pare più tosto, che il lito si muoua, e gli abbandoni, e corra indietro, che non quello, ch'è vero, ch’essi caminino innanzi. La ragione della qual fallacia nella vista nostra, e nel senso in questo caso l’assegnano i professori dell’Optica, ch e perciò non occorre quì diffondermi fuori del mio intento in quella. Perciò appresso Virgilio è introdotto Enea à dire

Prouehimur Portu, terraqum vrbesqum recedunt.

Ma per qual ragione poi la Scrittura sacra vada molte volte accomodandosi alle Opinioni communi, e del volgo, e non instruisca gli huomini nella verità de i segreti della natura, è cosa degnissima di consideratione, e non è bene il trapassarla quì con silentio, poiche è anco parte di questo nostro primo Fondamento. Dico dunque breuemente, che non solo auuiene questo, per la soaue dispositione della Sapienza Diuina, la quale con tutte le cose s’accommoda secondo la capacità, e natura loro, onde con le cause naturali, e necessarie, opra naturale, e necessariamente, e con le libere liberamente, e con gli huomini nobili tratta altamente, e con la Plebe humilmente, e con i dotti dottamente, e con i semplici volgarmente, & in somma con ogn'vno s'adatta al modo suo; ma anco imperoche non è il suo intento d'insegnarci in questa vita, le curiosità, che ci tengono l'animo dubbio, e sospeso, poiche hà già permesso, e statuito, che stia occupato il Mondo nelle disputationi, nelle liti, nelle controuersie, e soggetto alla incertitudine d'ogni cosa (secondo il detto dell'Ecclesiaste) e non si proferirà la sentenza insino al fine : Quando illuminabit abscondita tenebrarum. Onde solo è l'intento suo hora d’insegnarci la vera strada della vita eterna, la quale ottenuta che sarà, allhora quando Videbimus eum facie ad faciem, e che Similes ei erimus, quia videbimus eum sicuti est, ci scuoprirà poi à priori, e facilmente, e perfettamente la verità di tutti i Quesiti Curiosi, e Dottrinali, che non si hanno potuto sapere, se non à posteriori, & imperfettamente, con gran studio, e fatica in questa vita, nella quale Videmus nunc per speculum in anygmate. E questa è la causa, per la quale la Sapienza di Dio riuelata à noi nella Scrittura sacra, viene ad essere chiamara nell'Ecclesiastico Sapienza salutare, non Sapienza assolutamente. Quell’aggiunto di Salutare, gli si dona perciò ch’ella non batte ad altro, che à farci acquistar la Salute. E perciò San Paolo essendo andato à predicare à Corinthi si riputò non saper cosa alcuna, se non CHRISTO Crocifisso; quantunque egli per altro fusse dottissimo, imperòch’egli non pretendeua insegnar altro, che la via del Cielo. Quindi è, che per Esaia ci dice Iddio, Ego Deus docens te vtilia, doue la Glossa aggiunge non subtilia: Percioche non ne hà insegnato Iddio, se la materia prima è l’istessa de i Cieli, e de gli Elementi, se il continuo è composto d'indiuisibili, ò pure è diuisibile in infinito, se gli Elementi sono formalmente nel misto, ne quante siano le Sfere Celesti, e gli Orbi loro, e se vi siano Epicicli, & Eccentrici, ne le virtù delle Piante, ò delle Pietre, ne la natura de gli Animali, ne i corsi, e gli influssi de' Pianeti, ne gl'ordini dell'vniuerso, ne le marauiglie de’ Minerali, e di tutta la Natura; ma solo Vtilia, cioè la sua santa legge atta à farci dipoi arriuare alla perfetta congnitione, e visione di tutto l’Ordine, & harmonia mirabile, e della Simpathia, & Antipathia dell'Vniuerso, e delle sue parti, nel Verbo; doue distintissimamente, e lucidissimamente si vedranno tutte queste curiosità, le quali in questo stato hà lasciate all'industria dell'humana perquisitione, & inuestigatione (per quanto vi può arriuare) senza impacciarsi, ne direttamente, ne indirettamente à sententiate la risolutione della verità loro : la quale come poco, ò niuno vtile, anzi forsi, in alcune cose, alcun danno apportarebbe à sapersi, così hora, poco, o niuno danno, anzi forsi, in alcune cose, alcun'vtile apporta, à non sapersi. E perciò con merauigliosa sapienza hà fatto, ch'essendo tutte l’altre cose del mondo dubbie, incerte, vacillanti, ambigue, & ancipiti, sola la sua santa Fede fusse certissima. E quantunque nella Chiesa vi fussero varie opinioni sopra le cose Filosofiche, e Dottrinali, nondimeno, che vna sola fusse la verità della Fede, e della Salute : Di quella Fede (dico) che come è necessarijssima alla Salute, così fece, che non vi fusse dubbio alcuno in essa ; ma che inconcussa, certa, & immutabile fusse, e saputa da tutti, dandocene anco vna Regola infallibile, ch’è la Chiesa Santa lauata co’l sangue suo, la quale con il Capo suo visibile, ch’è il Sommo Pontefice (hauendo l'Assistenza dello Spinto Santo, il cui principale intento è la Santificatione nostra) solo in queste cose della Fede, e della salute nostra gli è tolto di poter errare ; potendo nondimeno per altro errare, ne’giudicij prattici, e nelle speculationi Filosofiche, e d'altre dottrine, che non importano, ne appartengono ad essa salute. Questa è dunque la cagione, per la quale Iddio non hà determinato nelle Sacre lettere, le Questio ni speculatiue, e curiose che non sono di edificatione, e di vtilità per saluarci ; onde si è conformato molte volte lo Spirito Santo con l'opinioni communi, e volgari, senza insegnarci altro di nuouo, e di singolare, e nascosto : e cosi per conseguenza si vede in che modo, e per qual causa dalle auttorità già dette non si può cauar certezza alcuna di risolutioni in simili materie ; e come con questo Fondamento si riparano facilmente, e schiuano i colpi delle auttorità della Prima, e della Seconda Classe, e di qualsiuoglia altra allegatione cauata dalla Scrittura Sacra, contro l'opinione Pittagorica, e Copernicana, quando pure per altro sia conosciuta per vera.

Ma in particolare le auttorità della Seconda Classe si possono sfuggire, & interpretare in vn'altro modo con l’istesso Fondamento già dichiarato, del parlar commune, e modo ordinario nostro di apprender le cose, secondo quello, che appaiono à noi: dicendo che molte volte si suol dire communemente, è benissimo muouersi vno Agente, il quale stia fermo, non perche si muoua esso, ma per denominatione estrinseca, perche al moto del soggetto, che riceue l'influsso suo, e la sua attione, si muoue anco la forma, e la qualità, che in quel soggetto s'induce dall'Agente. Sia per essempio l'Agente fermo, il fuoco acceso nel fuocolare, all'incontro del quale si ponga à riscaldare vn'huomo tutto raffreddato, il quale, riscaldato che sia da vna parte, riuolti l'altra succedente all’aspetto del fuoco, per riscaldare ancor quella, e così seguendo in giro, faccia andar il caldo per tutto il corpo; chiara cosa è, che se bene il fuoco non si muoue, nondimeno al moto del soggetto, cioè dell'huomo, che riceue, & il calore, e l'attione del fuoco, si muoue la forma, e la qualità di esso calore di parte in parte intorno il corpo humano, e sempre acquista nuouo luogo, e così senza muouersi il fuoco, si dice esser egli andato per mezzo del suo effetto per tutte le parti di quel corpo, e riscaldatolo, non per il moto, che fece esso fuoco, quale si suppone esser stato fermo, ma per il moto, che fece il Corpo à riceuer il calor del fuoco, di parte in parte. L’istesso si potrebbe esplicare nella illuminatione fatta successiuamente nelle parti di vn pomo, quale si mouesse in gito nell'aspetto d’vn lume di candela accesa, che stasse ferma. Nell'istesso modo si può dire il Sole sorgere, e tramontare, e muouersi sopra la terra, senza moto, ne mutatione alcuna di lui ; mentre il suo lume, ch’è effetto, forma, e qualità introdotta da lui come agente, nella Terra come soggetto, al moto di essa Terra và serpendo, & acquistando sempre nuouo luogo sopra la superficie di lei, perilche si dice veramente, (secondo il commun parlare) muouersi sopra la Terra, e girar quella, non che il Sole si muoua (poiche la Terra propriamente è quella, che si suppone muouersi à riceuerlo, hor in vna parte, hor in vn'altra di lei) ma perche al moto di essa Terra si muoue all’incontro la qualità diffusa, e mandata dal Sole in lei, ch’è il lume del giorno, il quale in vna parte di lei sorge, & in vn’altra tramonta, secondo che apporta la conditione del suo moto, e perciò denomina conseguentemente sorgere, e tramontare l’istesse Sole (che non si muoue mai per il supposto) non con altra denominatione, che con l’estrinseca. Et in questo modo si potrebbe interpretare quell’Imperio di Giosuè: Sol ne mouearis, e quel miracolo di non essersi mosso il Sole, dicendo ciò esser fatto con il fermare propriamente, non il Corpo Solare, ma lo splendore del Sole sopra la Terra, cagionato però, non dal fermar di esso Sole, il quale stà sempre fermo, ma dal fermar della Terra, che quello splendore riceuea, il cui moto sicome per il sito solito, & ordinario girare, ch’ella fà verso l'Oriente, haurebbe fatto muouersi lo splendor del Sole, & andare verso l'Occidente, così la fermezza lo fece fermare; Et dell'istesso modo proportionalmente s’esplica l'auttorità del miracolo del ritornamento in dietro del Sole per dieci linee nell'horologio di Achab. Così girando la mano intorno al lume della candela accesa, che stia ferma, si muoue il lume nella mano senza muouersi la candela, illuminando di parte in parte essa mano, onde si può dire sorgere, e tramontare quel lume alla mano, venire à quella, e da quella dipartirsi, per denominatione estrinseca, senza, che punto si muoua la candela, col moto solamente della mano. E questo sia detto per esplicatione del primo Fondamento, per lo stabilimento del quale, è stato bisogno di esser alquanto prolisso, per la difficoltà, & importanza di ciò, che contiene.

Il Secondo Fondamento è questo. Tutte le cose tanto Spirituali, quanto Corporali, tanto perpetue, quanto corruttibili, tanto immobili come mobili, hanno hauuto da Dio vna legge Perpetua, Immutabile, Inuiolabile, dell'essere, e della natura loro, secondo il detto del Salmo : Statuti ea in æternum, & in sæculum sæculi, præceptum posuit, & non præteribit. Per la qual legge, osseruando elle sempre vn perpetuo tenore nell'essere, & operationi loro, vengono ad acquistarsi nome di determinate, e stabilissime nella loro condtione. Così si dice la Fortuna (della quale non è cosa più instabile, ne variabile al Mondo) ch'ella è constante, & inuariabile in quella sua continua volubilità, inconstanza, vicissitudine, e variatione, onde è quel verso.

Et constans semper in leuitate sua est.

Così i Cieli, il moto de' quali è fatto per non cessar mai per Legge ordinaria, si dice essere immobile, & immutabile ; onde si muouono i Cieli immobilmente, e le cose terrene immutabilmente si mutano, percioche non variano mai quelli dal moto, ne queste dalla mutatione. Con questo Fondamento s'interpretano tutte l’auttorità della Scrittura Sacra, che appartengono alla Prima Classe, le quali di cono la Terra esser stabile, & immobile, intendendo ciò quanto alla sua natura, la quale quantunque includa in se il moto locale, e quello triplicato, secendo l'opinione del Copernico (cioè Diurno, co'l quale si riuolge in se stessa; Annuo co’l quale si riuolge i per i XII. segni del Zodiaco; e d'Inclinatione, per il quale il suo Asse, sempre risguarda vn'istessa parte del Mondo, e cagiona l’inequalità de i giorni, e delle notti) & includa anco diuerse altre specie di mutatione, come di Generatione, Corruttione, Aumento, Diminutione, & Alteratione di varie sorti, nondimeno in tutte queste, ella è sempre stabile, ne varia mai dall’incominciato stile datole da Dio, mouendosi tuttauia stabilmente, & immutabilmente, di tutte le sei specie di moto sopradette.

Il terzo Fondamento è questo. Quando vna cosa si muoue secondo alcuna delle sue parti, e non secondo il tutto, non si può dire semplicemente, & assolutamente muouersi, ma solo per accidens, percioche semplicemente più tosto gli conuiene la stabilità. Come per essempio, Se dal Mare si prenda vn bicchier d’acqua, ò altra portatile misura e si trasporti da vn luogo ad vn’altro, non perciò si può dire assolutamente, che il Mare sia trasferibile simpliciter da vn luogo ad vn’altro, ma solo per accidens, & secundum quid, cioè secondo alcuna delle sue parti, percioche più tosto (semplicemente parlando) egli è intransferibile dal luogo suo : Si come anco l’aere semplicemente è intransferibile, & immobile dal luogo suo, se bene secondo alcune sue parti si muoue, e si và trasferendo. Questo Fondamento è chiato da per se, e con esso si sciogliono anco, & esplicano le auttorità, che pare, che concludano la Immobilità della Terra, percioche si possono esporre, ch'ella per se, & assolutamente, cioè secondo il suo tutto non sia mutabile, stante, che non si genera, ne corrompe, ne aumenta, ne diminuisce, ne altera mai, secondo il tutto, ma solamente secondo le sue parti. E che questo sia il vero senso, il testo dell'Ecclesiaste da se stesso lo manifesta, percioche dice, Generatio præterit, & generatio aduenit, Terra autem in aternum stat. quasi volesse dire, che quantunque la Terra, secondo le sue parti si generi, e si corrompa, e sopra di se riceua le vicissitudini della generatione, e corrottione delle cose, nondimeno ella mai secondo il suo tutto si genera, ne si corrompe, ma stà immutabile in perpetuo ; come appunto suol essere taluolta vna Naue, alla quale hor leuasi vna tauola, & in suo luogo gli se ne aggiunge vn’altra nuoua, hora se gli muta vna antenna, hor vn pezzo di timone, hora se gli rinuoua vna parte, & hora vn’altra, nondimeno è sempre l’istessea Naue. E così non parla quiui l’auttorità, di moto locale, ma di altre sorti di mutationi, come nella Sostanza, Quantità, ò Qualità della Terra. E quando ben si volesse dire che ragionasse del moto Locale, allhora s’haurebbe da interpretare co’l seguente Fondamento, cioè à rispetto del luogo naturale, ch’ella tiene nell’Vniuerso, come hora dirò.

Il Quarto Fondamento dunque è, che ogni cosa Corporale, ò Mobile, è Immobile, dal principio della sua Creatione, hà hauuto il suo proprio naturale, e proportionato luogo, dal quale vscendo, si muoue violentemente, & al quale andando si muoue naturalmente; e niuna secondo il suo tutto, si può rimuouere da questo suo luogo naturale, perche se ne cagionerebbe vn grandissimo disturbo, e disordine horribile nell’Vniuerso : Onde ne tutta la Terra, ne tutta l’Acqua, ne tutto l’Aere si possono suellere, e leuarsi totalmente dal loro determinato luogo, e sito, ouero Sistema, e constitutione, che hanno nell'Vniuerso, à rispetto de gli altri Corpi del Mondo, & ordine, e dispositione loro. Così niuna stella può vscire dal suo luogo, ancor che sia errante, e niun'Orbe, ò Sfera dal suo, ancor che d’altri moti sia mobile. Dunque tutte le cose, quantunque si muouano, nondimeno sempre si dicono esser immobili, e ferme nel loro proprio luogo, secondo il senso predetto: il che s’intende secondo il tutto, percioche non è inconueniente secondo le parti, sentire alcun mouimento, il quale allhora è violento, e non naturale. La Terra dunque, ancor che fusse mobile, si può dire d'esser ferma, & immobile, secondo il modo predetto, perche non si muoue di moto retto, fuori dell’ambito datogli dalla sua Creatione, per il quale s’habbia sempre à muouere circolarmente; ma ritrouandosi situata nell'Orbe detto Magno, ch'è sopra Venere, e sotto Marte, mezza frà loro in quel Cielo, oue la commune opinione ordinariamente pone il Sole, in questo luogo si muoue intorno al Sole, & intorno gli altri due Pianeti mezzani, cioè Venere, e Mercurio, hauendo d'intorno di se la Luna, ch’è vn'altra Terra, ma Etherea, come disse Macrobio per opinione di Filosofi antichi : e così non cambia mai stile, ne mai varia tenore. Onde per questa sua vniformità di posseder sempre l’istesso ambito assignatole, e non vscir mai da quello, si dice stabile, & immobile, nel qual modo anco il Cielo, & ogni Elemento, si può dire immobile nel suo genere.

Il Quinto Fondamento poco dissimile al precedente è questo. Alcune cose sono create da Dio, di modo, che hanno le lor parti dissipabili, e disunibili frà di loro, e dal tutte ; altre, che non l’hanno dissipabili, almeno collettiuamente : le prime sono caduche, le seconde perpetue. La Terra dunque douendo essere creatura perpetua, hebbe le parti sue non dissipabili, ne disunibili collettiuamente da se stesse, e dal centro di lei (per il quale ella hà il suo vero luogo) e dal tutto : Imperoche sempre secondo il suo tutto se ne stà in se stella conglobata vnita, e coherente, ne si disgiungono, ò disgregano le parti sue dal centro, ne trà di loro, se non alcune accidentalmente, e per violenza, ritornando elle poi subbito al luogo loro naturalmente. In questo modo dunque la Terra si dice Immobile, & immutabile ; nel qual modo non solo essa, ma anco il Mare, l’Aere, il Cielo, & ogni cosa (per mobile, ch’ella sia) purche le sue parti non siano dissipabili almeno collettiuamente, si può chiamar immobile. Questo Fondamento non differisce in altro dal precedente, se non, che sicome quello risguardaua le parti in ordine al luogo, questo risguarda le parti in ordine al tutto. E da queste speculatone si caua vn'altro segreto, perciò che scuopresi per essa, in che consista la propria formalità della grauità, e leggierezza delle cose; la quale (secondo la commene Filosofia Aristotelica) non così facilmente si spedisce, ne si esplica senza gran controuersie. Non è dunque altro la grauità propriamente, secondo i principij di questa nuoua Opinione, se non che vna certa naturale appetenza, & inchinatione delle parti di riunirsi co’l suo tutto ; la quale dalla Diuina Prouidenza è stata non solo data alla Terra, & à suoi Corpi, ma anco à Corpi Celesti (sicome è credibile) & al Sole, & alla Luna, & alle Stelle; per la qual inclinatione le parti di questi Corpi, tutte si ammassano, e si congiungono talmente insieme, che ciascuno non pensa di poter ritrouare altra quiete altroue mai, che nel centro del Corpo, di cui è parte, e perciò da ogni lato vnendosi esse parti, & contendendo tutte verso il centro, con questa lor compressione cagionano la figura Sferica, e rotonda de'Corpi Celesti, & in quella sempre perseuerano, e cercano di conseruarsi. La leggierezza poi è vna esclusione del corpo più tenue, e raro, dal commercio del più grosso, e sodo (ch'è da lui eterogeneo) fatta per vigore del caldo. Onde sicome il moto delle cose graui è compressiuo, così quello delle leggiere è estensiuo : perciòche è proprietà del caldo estendere, e rendere rara qualsiuoglia cosa, alla quale egli s'applichi, e congiunga, e si communichi. E così non solo à rispetto di questo nostro globo Terrestre, e suoi adiacenti, si ritroua grauità, e leggerezza, ma anco à rispetto de corpi, che si dicono essere nel Cielo; ne quali, le parti, che hanno procliuità di andar al centro son graui; quelle, che aspirano verso la circonferenza sono leggiere. E così nel Sole, nella Luna, e nelle Stelle, saranno parti graui, e leggiere, e per conseguenza non sarà il Cielo quel corpo tanto nobile, e di Quinta Essenza, o di diuersa materia dalla Elementare costituito, immutabile di qualsiuoglia specie di mutatione nella Sostanza, Quantità, e Qualità sua, e di tali merauigliose, e peregrine conditioni, quale ce lo dipinge, & intrude Aristotele; ne sodo, & impermeabile, e di quella densità impenetrabile, e così pertinace dotato, qual’è tenuto quasi communemente da tutti; anzi in lui si potranno generare le Comete (come vuole questa Opinione) & il Sole essalando (come si sospetta) ò pur attrahendo diuersi vapori sopra la superficie del suo corpo, cagionerà forsi quelle macchie, che si sono osseruate così varie, & anomale nel suo Disco, delle quali hà trattato benissimo il Signor GALILEI, che non occorre, che in queste cose lo faccia il fatto. Et se alcuna auttorità pure si ritrouasse nelle Sacre lettere in contrario, si esclude con i Fondamenti posti di sopra, proportionalmente applicati, & anco si può intendere della sodezza di non ammettere il vacuo, ò tale scissura, e penetratione, alla quale segua alcun vacuo : il che come è impossibile in tutte le creature corporali, così in particolare ripugna al Cielo, corpo per sua natura rarissimo più di tutti gli altri, e tenue fuor d’ogni humana imaginatione, e forsi costituito di tale proportione di rarità, e di sottigliezza à rispetto dell'Aere, quale hà l'Aere à rispetto dell’Acqua e più. Risulta anco da gli stessi principij, il conoscere quanto sia falso quel Discorso Aristotelico, che Vnius corporis simplicis vnus est motus simplex, & huius due species, Rectus, & Circularis : Rectus duplex, A medio, & Ad medium; primus leuium, vt Aeris, & Ignis; Secundus grauium, vt Aqua, & Terra : Circularis, qui est circa medium, competit Cœlo, quod neque est graue, neque leue. Tutta questa Filosofia si sbandisce, e và in rouina ; mentre in questa nuoua opinione si stabilisce, che quantunque sia vero, che vn corpo semplice, non hà piu che vn moto semplice, nondimeno questo è solo il Circolare, e non altro, perche solamente secondo il moto Circolare, ogni corpo semplice stà nel suo luogo naturale, e nell'Vnità sua, & hà propriamente il moto in loco, il quale fà, che la cosa, che così si muoue, stia tuttauia in se stessa vnita, e quantunque si muoua, resti nondimeno come si riposasse in continua Quiete. Il Retto, il quale è propriamente ad locum, è solo di quelle cose, che sono fuori del suo luogo naturale, e si ritrouano luntane dalla Vnione, & Vnità del suo Tutto, e separate, e diuise da quello: la qual cosa ripugnando all'ordine della natura, & alla forma dell'Vniuerso, ne segue, che il moto retto, conuiene solo à quelle cose, che non, hanno in se la perfettione, & il complemento loro, il quale secondo la natura propria gli conuerrebbe, onde per mezzo di questo moto retto, vanno cercando di redintegrarsi co'l suo tutto, e ricongiungersi con la sua vnità. e restituirsi al naturale suo luogo, doue solamente, e non altroue sentono riposo, e quiete, e possono finalmente fermarsi. Dunque ne i moti retti non si ritroua vera vniformità, e semplicità : percioche li fà variare, ò la irregolarità della leggerezza, ò quella della ponderosità, e grauità de' corpi loro; e così non egualmente perseuerano nell'istessa velocità e tardanza dal principio insino al fine. Onde quelle cose, che per il peso scendono à basso, da principio hanno il moto alquanto lento, ma dipoi, scendendo elle tuttauia, gli si aumenta la velocità, quanto più s’accostano al centro, tanto più di velocità gli si accresce. E per contrario, quelle cose, che per la leggerezza ascendono, come suol fare questo nostro fuoco terrestre (che non è altro, che fumo ardente) non tantosto incominciano à sormontar alquanto, che subbito suaniscono, e si dileguano, e perdono di vista, per la subbita estensione, e rarefattione, che acquistano nel moto in sù sciolte, che sono dalla violenza, e forza, che le manteneua nel luogo basso contra la natura loro. Per le quali ragioni appare manifestamente, che niuno moto retto si può chiamar semplice; il che si conclude, sì per le ragioni già dette, cioè, che non è eguale, & vniforme, sì anco percioche è misto sempre co’l Circolare, che stà nascosto nel retto, per il consenso occulto, che nasce dalla Identità della natura, che hanno sempre le parti co'l suo tutto : Onde mouendosi il tutto circolarmente, bisogna, che anco le parti, quantunque si muouano per accidens, di moto retto, per ritrouar il suo tutto, habbiano nondimeno anco esse il Moto Circolare (se bene non così euidente, e palese) conforme à quello del tutto. E così resta stabilito, che solo il moto Circolare, e Semplice, & Vniforme, solo è eguale, e solo d'vno istesso tenore: percioche hà la sua causa, che non gli viene mai meno. Doue che il moto retto, ch'è delle cose graui, e leggiere, hà la sua cagione deficiente, e mancheuole, anzi non ad altro tendente, & aspirante, che al fine, & alla terminatione sua, poiche le cose graui, e le leggiere, tosto, che hanno acquistato il lor proprio, e naturale luogo, subbito cessa il lor moto, che da queste qualità di grauità, e leggierezza, se gli cagionaua. Essendo dunque il moto Circolare del tutto, il Retto della parte, non saranno, queste differenze opposte nel moto, di maniera, che altro si dica retto, & altro circolare, e l’vno non possa stare con l’altro; percioche l'vno, e l’altro possono stare insieme, & essere ambidue naturali ad vn corpo, sicome è naturale all’huomo, l'essere sen sitiuo, non meno, che l'essere rationale, e non sono differenze opposte fra di loro. E così al moto s'opponerà solo la quiete, e la immobilità, non vna specie di moto all'altra. Quelle differenze poi di moti, dal mezzo, al mezzo, e circa il mezzo, si distingueranno, non realmente, ma solo formalmente, come il Punto, la Linea, e la Superficie, delle quali cose l'vna non può stare senza l'altra, e niuna senza il Corpo. E così si vede, che tanto è lontana questa Filosofia, dall’Aristotelica, quanto è lontano il Sistema Cosmografico nuouo, dal commune insino ad hora tenuto : il che sia detto con l'occasione della dichiaratione del Quinto Fondamento; percioche della verità, ò falsità di queste Positioni, non è mio intento il determinarne niente per hora, quantunque io per probabilissime le tenga.

Il Sesto Fondamento, & Vltimo è questo. Ogni cosa si denomina tale semplicemente, quale è al rispetto, e comparatione di tutte, ò almeno di molte cose, e di maggior numero del l’istesso genere, e non solo di alcune poche, che facciano la minor parte. Come vn vaso non si può chiamare assolutamente grande, perche egli sia grande à rispetto di due, ò di trè, ò di altri pochi vasi: ma assolutamente grande sarà, se auanzerà di grandezza, ò tutti gli'Indiuidui, ò la maggior parte di quelli. Ne sarà grande vn huomo assolutamente, perche sia maggiore de’ Pigmei, ne piccolo assolutamente, perche sia minore de’ Giganti ; ma grande, e piccolo assolutamente si denominarà à rispetto dell'ordinaria statura della maggior parte de gli huomini. Così non si deue denominar la Terra semplicemente alta, ò bassa, perche sia tale, à rispetto di alcuna parte minima dell’Vniuerso : e per conseguenza non si deue dire, ch'ella sia alta assolutamente, perche è tale solo à Comparatione del Centro del Mondo, ò di alcune poche parti dell’ Vniuerso, che stanno più vicine al detto Centro, come è il Sola, Mercurio, e Venere : ma tale si denominarà affatto, quale ella è, à comparatione delle Sfere, e Corpi, che in maggior numero sono nell’Vniuerso. La Terra dunque, à comparatione di tutto il circuito dell’ottaua Sfera, che include tutte le creature corporali, & à comparatione di Marte, Gioue, e Saturno, anzi anco della Luna, e molto più à comparatione di altri corpi (se si danno) sopra l'ottaua Sfera, & in particolare del Cielo Empireo, si dice essere veramente nel luogo più basso del mondo, e quasi nel suo mezzo, e centro, ne si può dire essere di sopra ad altri, se non al Sole, Mercurio, e Venere ; onde assolutamente, e semplicemente gli conuiene il nome di corpo insimo, non di supremo, ò di mezzano. E così il venire à lei dal Cielo, e massime intendendosi per il nome di Cielo, L'Empireo (si come si prende nel recesso di CHRISTO dal Cielo per la sacrosanta Incarnatione) e l'andare da lei al Cielo (sicome si prende nell'accesso di CHRISTO in Cielo, per la sua gloriosa Ascensione) sono propriamente vn vero scendere dalla Circonferenza al centro, & vn vero salire dalle parti prossime al centro del Mondo, alla circonferenza vltima di quello : Si possono dunque benissimo verificare le propositioni Theologiche in questo modo. E questo Fondamento maggiormente si conferma, imperò che (sicome io hò osseruato) tutte quasi l'auttorità della Scrittura Sacra, che contrapongono il Cielo in numero singolare alla Terra, s'intendono molto conuenientemente, e con appropriatissima interpretatione, in particolare del Cielo Empireo (il quale è il Supremo di tutti, e spirituale, in quanto al fine) e non de i Cieli inferiori, & intermedij, che sono Corporali, e per le corporali creature, fabricati ; sicome quando si nomano i Cieli in numero plurale s’intendono tutti confusamente, cioè tanto l’Empireo, quanto gli altri inferiori insieme, la quale esplicatione, ogn'uno per se stesso potrà (osseruando) ritrouare essere verissima. E così il terzo Cielo, al quale fù ratto San Paolo, s’esplicherà con questo Fondemento per l’Empireo. Intendendo per il primo Cielo tutto l’immenso spacio de'corpi erranti, e mobili, illuminati dal Sole, oue sono situati i Pianeti insieme con la Terra mobile, e con il Sole immobile nel centro di tutte le Sfere, il qual Sole à guisa di Rè, con riguardeuole Maestà stando nel suo Seggio, perpetuamente costante, e saldo, regge, e gouerna tutti i Corpi Celesti, che gli stanno, ò girano d’intorno, niente bisogneuole di quelli, & egli à tutti bisogneuole; e quasi immortale, e sempiterna Lampade, accesa nel mezzo del Theatro del Mondo corporeo, illumina con indicibile Dignità, e decoro tutte le parti di quello : Per il Secondo, il Cielo Stellato, che chiamasi communemente Ottaua Sfera, ouero Fermamente, oue sono tutte le Stelle Fisse, il quale (secondo questa opinione) è priuo anco egli affatto, come il Sole, di qualsiuoglia moto, e totalmente immobile, come il centro, corrispondendosi nella immobilità il centro, e la sua vltima Circonferenza : Il Terzo, l’Empireo, Stanza de’Beati. E così si esplica, e si verifica insieme quel merauiglioso Segreto, e profondo Misterio riuelato Enigmaticamente da Platone à Dionisio Siracusano : Circa omnium Regem sunt omnia, & Secunda circa Secundum, & Tertia circa Tertium ; Percioche essendo delle cose Spirituali il centro Iddio, delle Corporali il Sole, delle Miste C H RI S T O, senza dubbio d'intorno qualsiuoglia di questi centri stanno le cose à loro corrispondenti, e sempre il Centro, & il mezzo è il più nobil luogo : onde tanto ne gli Animali il cuore, come nelle Piante quell’Acino, nel quale consiste il seme, che conserua la perpetuità loro, e virtualmente contiene tutta la Pianta, sono nel mezzo, e nel centro : il che basta ad hauer accennato, non potendo quì più diffondermi nell'esplicatione di queste cose. E con questo Fondamento peculiarmente, si sciogliono le auttorità, e ragioni, della Terza, Quarta, e Quinta Classe.

Aggiungasi, che anco il Sole, e Mercurio, e Venere (à rispetto della Terra) si deono dir esser Sopra, e non Sotto di essa Terra, quantunque Sotto siano, à rispetto di tutto il Sistema dell’Vniuerso, & assolutamente : La ragione è, perche à rispetto della Terra sempre appaiono circa la sua superficie, quale ancor che essi non circondino, nondimeno sempre co’l moto, che fà essa Terra, hor ne risguardano vna parte, hor vn’altra della sua Circonferenza : Poiche dunque le cose, che in vn corpo Sferico più s’accostano verso la Circonferenza, e più si dilungano dal centro, si dicono essere nell’Alto di lui ; e quelle, che sono più verso il centro, sono nel Basso di lui; ne segue chiaramente, che mentre il Sole, Mercurio, e Venere, non solo sono verso la Superficie, e Circonferenza della Terra, ma fuori di quella per molto spacio, e da ogni parte successiuamente la riguardano, e lontanissimi sono dal centro della Terra, siano anco nell'Alto à rispetto suo, e così la Terra sia Bassa à rispetto loro, de quali ella per contrario poi, à rispetto di tutto l'Vniverso, si dice essere più Alta. E così si viene à saluare l'Auttorrità dell'Ecclesiaste, che molte volte le cose, che si fanno nella Terra, ò in quella sono, chiama egli, Qua fiunt, vel sunt, sub Sole. E nel medesimo, modo si verificano quelle Frasi, che dicono, che noi siamo Sub Cœlo, e Sub Luna, e simili; Onde le cose Terrene, & Elementari si denominano Sublunari.

La Sesta Classe poi contiene vna difficoltà cemmune, tanto à questa Opinione Copernicana, quanto all'Ordinaria, e perciò poco m’importa scioglierla, e doue oppugna in particolare la Copernicana, la solutione è in pronto dal primo Fondamento. Quello, che poi si aggiunge nella Quarta Classe, che l'Inferno girarebbe (stando dentro la Terra) intorno al Sole, e sarebbe nel Cielo : mi pare, ò ignoranza, ò calunnia, & vn voler far forza sopra la gelosia del cattiuo suono de'vocaboli, più tosto, che addurre ragioni fondate sopra la natura delle cose : Poiche per il Cielo non s'intende quì il Paradiso, ne come lo prende l’opinione commune ; ma non è altro (secondo l’opinione Copernicana) che Aere sottilissimo, e purissimo (come di sopra s'è accennato) e di gran lunga più tenue, e raro di questo nostro, che perciò per esso passano (riuolgendosi per i corsi loro) i corpi sodi delle Stelle, e della Luna, e della Terra (percioche nega, e toglie via questa opinione la Sfera del fuoco) e così come non è inconueniente nell'opinione commune, che l'Inferno stando nel centro della Terra; e del Mondo, habbia di sopra, e di sotto, e da i lati il Cielo, & il Paradiso, e stia nel mezzo di tutti i Corpi Celesti, quasi nel più nobil luogo : così non si inconueniente in questa, porre vn’altro Sistema poco differente dal sopradeto, & al quale risultino l'istessi, ò simili conseguenti. E sicome nell'opinione commune, l’Inferno è la feccia de gli Elementi, e nel centro della Terra, riposto, per carcere, e carnificina de’ Dannati, così appunto, e non altrimente viene ad essere anco nell’opinione Copernicana. Onde non bisogna con fuggire al suono odioso delle Frasi, per mancamento di ragioni efficaci poiche il senso è senza scrupolo, e ciò che risulta in vna di queste opinioni, da chi hà l'Intelletto rettificato, e ben instrutto nelle Liberali Discipline, e massime nelle Mathematiche, si vede chiaramente, che senza molta differenza, risulta anco nell’altra.

Da questi Fondamenti, e dalle dichiarationi loro, si manifesta l'opinione Pittagorica, e Copernicana esser tanto probabile: che forsi non è altretanto la commune di Tolomeo; Poiche da quella se ne deduce vn’ordinatissimo Sistema, & vna misteriosa, Costitutione del Mondo molto più fondata in ragione, & in isperienza, che non si caua dalla commune : e si vede chiaramente, che si può saluare. di modo tale, che non occorre hormai più dubitare, che repugni all'auttorità della Sacra Scrittura, ne alla verificatione delle Propositioni Theologiche, anzi essa con ogni facilità non solo salua i Fenomeni, e le apparenze di tutti i Corpi Celesti, ma scuopre anco molte ragioni naturali, che per altra strada difficilmente si possono intendere, & in somma rende più facile l'Astrologia, e la Filosofia insieme, leuandone tutte le cose superflue, & imaginarie, ritrouate solo per non sapere oue ricorrere, per ridurre à qualche ragione, e regola la tanta varietà de’moti Celesti . E chi sà se in quella merauigliosa Fabrica del Candeliero, che douea riporsi nel Tabernacolo di Dio, habbia esso di noi amantissimo Iddio, voluto segretamente rappresentarci il Sistema dell’Vniuerso, & in particolare de Pianeti? Facies Candelabrum duttile (dice il testo) de auro mandissimo, Hastile eius, & Calamos, Scyphos, & Sphærulas, ac Lilia ex ipso procedentia. Quì si descriuono Cinque cose ; L’Hasta del Candeliero in mezzo; i Calami, ouer Fusti da i lati ; i Scifi ; le Sferule ; e i Gigli. Et essendo, che l'Hasta si presuppone non poter essere più d’vna, si descriuono immediatamente i Calami, in questo modo; Sex Calami egredientur de lateribus, tres ex vno latere, & tres ex altero : Questi Calami, può essere, che ci dinotino i sei Cieli, che girano intorno al Sole in questo modo : Saturno, ch'è il più tardo, e più rimoto fà il suo corso intorno al Sole per tutti li XII. segni del Zodiaco in anni XXX. Gioue, ch'è più prossimo in XII. Marte (ch'anco più s'auuicina) in due. La Terra (che maggiormente se gli accosta) si muoue per l’istesso camino insieme con l'Orbe della Luna in vn’anno, cioè in mesi XII. Venere, (che più anco se gli approssima) in mesi IX. Mercurio poi (che e più vicino di tutti al Sole) in meno di mesi due, cioè in giorni LXXX. ne'quali fà tutto il suo corso intorno à quello. Dopò hauer descritti i Sei Calami, segue il Sacro Testo ad esporre i Scifi, le Sferule, e i Gigli, dicendo: Tres Scyphi quasi in nucis modum per Calamos singulos, Sphærulque simul, & Lilium ; & tres similiter Scyphi instar nucis in Calamo altero, Sphærulaque simul, & Lilium : hoc erit opus sex calamorum, qui producendi sunt de Hastili : In ipso autem Candelabro erunt quatuor Scyphi in nucis modum, Sphærulaque, per singulos, & Lilia : Spharule sub duobus calamis per tria loca, qua simul sex fiunt, procedentes de hastili Vno. Non può la debolezza dell’intelletto mio penetrar il tutto, che stà nascosto in questa Sapientissima dispositione di cose, ma attonito, e stupefatto ammirandola dico, chi sà, se quei trè Scifi à guisa di noci, da porsi per qualsiuoglia Fusto del Candeliero volessero significare alcuni Globi più tosto atti (come è questa nostra Terra) à riceucre, che à dare influssi? e chi sà se appunto significano quei Globi scoperti con l’Occhiale di Prospettiua, che partecipano con Saturno, con Gioue, con Venere, e forsi con altri Pianeti? chi sà se anco gl'istessi Globi hanno alcuna astrusa proportione con quelle Sferule, e con quei misteriosi Gigli, che ci insinua la Sacra Scrittura? E bene quì por modo all'audacia humana, e con Harpocratico silentio aspettar ciò, che il Tempo scuopritore, e Padre della verità, sarà per dimostrarci. Salomone fà dieci Candelieri dell'istesso modello, come ordinò Mosè, e li colloca nel Tempio da lui fabricato al Sommo Iddio, cinque per parte ; il che tutto hà profondi, e reconditissimi significati. Non è anco senza Misterio quel Pomo della Scienza del bene, e del male, che fù vietato à' primi nostri Padri, quale alcuni dicono esser stato il Fico Indiano, nel qual frutto si vede vna moltitudine di granelli del suo seme, che ciascuno hà il suo centro per se, ch'essendo sodo, e duro in se stesso, nondimeno poi intorno la Circonferenza, è di più rara, e tenue materia, non altrimente, che la Terra, ch’ essendo nel Centro suo, ò nelle parti vicine à quello, Sassosa, Metallica, e soda, quanto più s’accosta poi alla circonferenza, tanto più pare, che habbia le parti sue tenui, e rare; onde sopra di se hà anco vn’altro corpo più raro, ch’è l’Acqua; e sopra questa l’Aere più di tutti gli altri inferiori corpi, raro, e sottile : L’istesso sembiante del Fico Indiano, ci rappresenta il Pomo Granato, con quei suoi tanti granelli di diuersi centri, de' quali ciascuno nelle parti più rimote del suo centro, sormontando alla circonferenza, viene ad hauere vna materia tanto sottile, che vn poco, che si stringa, e prema, diuenta quasi tutta liquore, e succo molto tenue. E pur di questo volle far mentione la Diuina Sapienza con farlo ricamate nella Veste Sacerdotale di Aaron : Deorsum vero (dice Iddio) ad pedes eiusdem tunica per circuitum, quasi Mala Punita facies, ex hyacintho, & purpura, & cocco bis tincto, mixtis in medio tintinnabulis, ita vt tin tinnabulum sit aureum, & Malum Punicu: rur sunque, tintinnabulum aliud, & Malum Punicum. E che ciò significhi la rappresentatione, & il Ritratto del Mondo, lo confessa Salomone, dicendo : In veste enim Poderis quam habebat, totus erat Orbis Terrarum, & parentum Magnalia in quatuor or dinibus lapidum erant sculpta, & magnificentia tua in Diademate capitis illius sculpta erat. L’istesso ci significa l'vua : E così tutti gli altri frutti, ma in particolare il Fico, l’Vna, & il Pomo granato, de quali habbiamo già detto; Onde quasi sempre si veggono andare accompagnate nelle Scritture Sacre queste trè cose. Così ne’ Numeri si lamenta il popolo d’Israele contro Moise, & Aaron : Quare nos fecistis ascendere de Aegypto, & adduxistis in locum istum pessimum, qui seri non potest, qui nec Ficum gignit, nec Vineas, nec Malogranata? Quasi significando, che in queste sorti di frutti hauriano hauuto il tutto. Et in Ioele : Vinea confusa est, & Ficus elanguit, Malogranatum, & Palma, & Malum, & omnia ligna agri aruerunt, quia confusum est gaudium à filijs hominum. Et in Aggeo, Nunquid iam semen in germine est: & adhuc Vinea, & Ficus, & Malogranatum, & lignum Oliue non floruit ? E così nel Deuterenomio, si loda la terra di promissione, Terram frumenti hordei, ac Vinearum, in qua Ficus, & Malogranata, & Oliueta nascuntar . E nella Fabrica del Tempio fatta per Diuina inspiratione da Salomone, si pongono per ornamento della sommità delle Colonne molti ordini di Pomi granati, del che non in vn luogo, ma in molti fà mentione la Scrittura Sacra. E nell’istessa finalmente non mancano in varie occasioni altri passi notabili, e degni di lunga, e di matura consideratione à questo proposito dell'ordine de' Cieli, e Sistema, e dispositione delle Creature corporali, e spirituali insieme, i quali tutti hà proposti lo Spirito Santo enigmaticamente, con Emblemi, Parabole, e Figure, per non farci abbagliare affatto, dallo smisurato splendore di tanto eccellente oggetto. Onde io giudico, che noi nell’istesso modo potiamo andar Filosofando (in queste cose Dottrinali, che sono ambigue) per mezzo delle Scritture Sacre, come appunto facciamo per intendere le Profetie, che per altro sono oscurissime : le quali allhora s'intendono pienamente, e si sanno ben’applicare, quando sono già adempiute, e non innanzi. Così saputo, che sarà, e certificato, come si conuiene, il vero Sistema dell'Vniuerse, allhora si conosceranno le significationi di queste Figure, e di questi Enimmi. Sicome prima, che si manifestasse, con la venuta del Figliuol di DIO, il Misterio della Santiss. TRINITA, non si conosceua, ne si poteua indouinare ciò che significassero quelle parole : In principio creauit Elohim Cœlum, & Terram ; poiche la parola Elohim, essendo plurale, (come se dicesse Dij) non si vedeua come potesse accordarsi co'l singolare del verbo creauit: Ma scopertosi il Misterio dell'Vnità, dell’Essenza, e Trinità delle Persone in Dio, subbito si conobbe, che li singolare creauit si douea riferire all’Vnità dell'Essenza (poiche Opera Trinitatis ad extra sunt indiuisa) & il plurale Elohim, si douea riferire alle Persone; Chi haurebbe mai potuto indouinar per auanti questo segreto? Così quel replicar trè volte il nome di DIO, che fa Dauid, Benedicat nos Deus, Deui noster, benedieat nos Deus, & c. Parea vn Pleonasmo, & vna superfluità di repetitione ridondante, di prima: Ma poi si vidde, ch'esplicaua le benedittioni di diuersi Suppositi, cioè, del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo, & innumerabili Essempi simili à questi si troueranno nelle Scritture Sacre. Dirò dunque per conclusione con Dauid. Quam magnificata sunt opera tua Domine, nimis profunde facta sunt cogitationes tua : vir insipiens non cognoscet & stultus, non intelliget hœc.

Questo è quanto m’occorre per hora, dire Theologicamente sopra l’opinione non improbabile della Mobilità della Terra, e Stabilità del Sole. Del che hò voluto render conto à V.P. Reuerendiss. non dubitando, che il tutto gli habbia ad esser gratissimo, per la grande inclinatone, ch'ella hà verso le virtù, e le buone Dottrine. Nel resto (per dargli raguaglio anco de gli altri miei studi) spero mandar quanto prima fuori il primo, e secondo Tomo dell’INSTITVTIONI NI TVTTE LE DOTTRINE, oue si conteneranno l’Arti Liberali, come gli ne accennai nella SINTASSI, e Modello, che ne mandai già in luce sotto il Nome suo. Gli altri cinque Tomi, che deono seguire, e già sono promessi da me (che conteneranno la Filosofia, e la Teologia) si tratteneranno alquanto, percioche si stanno tuttauia preparando. Et in questo mezzo anco spero, che vscirà fuori il Libro DE ORACVLIS, ch'è già finito, giuntamente con il Trattato DE DIVINATIONE Artificiosa. Sicome hora le mando per caparra il colligato Trattato DELLA DIVINATIONE NATVRALE COSMOLOGICA, ouero de'Pronostici, e Presagij Naturali delle Mutationi de' Tempi, e di altre cose, alle quali si può stendere la Natura. E per fine le priego dal Signore ogni vero Bene, baciandole humilmente le sacratissime mani. Dal Carmine di Napoli li 6. di Gennaro 1615.

Di V.P. Reverendiss. Humiliss. Servitore F. Paolo Antonio Foscarini. Imprimatur. P. Ant. Ghibert. Vic. Gen. Ioannes Longus Can. & Cur. Archiep. Neap. Theol. vidit.