Il Palladio. Poemetto.

A poem written in honor of the Medici family by the father of Galileo's future daughter-in-law, Sestilia Bocchineri.

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            <title>Carlo Bocchineri's Palladio (1611): A Basic TEI Edition</title>
            <author>Galileo’s Library Digitization Project</author>
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                <orgName>the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)</orgName>
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              <addrLine>Northeastern University</addrLine>
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            <note>Based on the copy digitized by Google in partnership with the Biblioteca Nazionale di Napoli</note>
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               <title>IL PALLADIO POEMETTO DI CARLO BOCCHINERI, DEDICATO ALLA MAESTA CHRISTIANISSIMA DELLA REGINA DI FRANCIA ET DI NAVARRA. IN PARIGI, Per GIOVANNI HVQHEVILLE. M.DCXI</title>
               <author>Bocchineri, Carlo</author>
               <pubPlace>Paris</pubPlace>
               <publisher>Heuqueville, Jean</publisher>
               <date>1611</date>. 
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            <p>This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).</p>
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            <p>This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.</p>
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               <p>Lists of errata have not been incorporated into the text. Typos have not been corrected.</p>
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               <p>The letters u and v, often interchangeable in early Italian books, are reproduced as found or as interpreted by the OCR algorithm. Punctuation has been maintained. The goal is an unedited late Renaissance text for study.</p>
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 <docTitle>IL PALLADIO POEMETTO DI CARLO BOCCHINERI, DEDICATO ALLA MAESTA CHRISTIANISSIMA DELLA REGINA DI FRANCIA ET DI NAVARRA.</docTitle>
 <docImprint>IN PARIGI, Per GIOVANNI HVQHEVILLE.
  <date>M.DCXI</date>
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<pb n= "unnumbered i"/>
<lb/>ALL’ ILLVSTRISSIMO
<lb/>ET ECCELLENTISS. SIGNORE
<lb/>ET PATRONE  MIO  COLLENDISSIMO
<lb/>il Signore Concini Marchese d'Ancre, Primo
<lb/>Gentilhomo della Camera di Sua Maesta
<lb/>Christianissima, Suo Luogotenente in Picardia,
<lb/>&amp; Gouernatore della Citta &amp; Fortezza d'Amiens,
<lb/>Perona, Rois &amp; Mondidier.
<p><lb/>HO douuto dedicare alla Maesta della
<lb/>Regina questo mio breue Poema, perche
<lb/>contiene l'origine della Stirpe della Serenissima
<lb/>Casa de Medici, il Natale del
<lb/>Gran Principe di Toscana, la lor misteriosa
<lb/>Insegna delle sei Palle, &amp; la detestatione della
<lb/>Morte del Grande Enrico; &amp; accioche sia tanto più degno
<lb/>di comparir dinanzi à S. M. &amp; da lei benignamente
<lb/>riceuuta, &amp; gradita, ho preso ardire di raccommandarlo
<lb/>alla introduzzione di V. Eccellenza, la quale con
<lb/>questo segnalato fauore mi accrescerà l'animo, &amp; l' obligo
<lb/>di fare vna volta volar le mie penne anche per l'aura
<lb/>della fama di quei suoi celebri meriti, che la fecero
<pb n= "unnumbered ii"/>
<lb/>stimare da quel Grand’ Heroe, &amp; hora più che mai in
<lb/>cosi accetto, &amp; riguardeuol Grado appreso lor MM. la
<lb/>fanno quasi da tutto il Mondo con immortal sua lode
<lb/>honorare, &amp; con ogni reuerenza bacio à V. E le mani,
<lb/>&amp; dal Signore Iddio le prego sempre maggiori felicità.</p>
<lb/>Di Firenze li 16. Octobre 1610.
<lb/>D. V. Eccellenza.
<lb/>Deuotissimo Seruitore
<lb/>CARLO Bocchineri.
<pb n= "unnumbered iii"/>
<lb/>ALLI  INTELLIGENTI
<lb/>LETTORI.
<p><lb/>L'ARTE del ben poetare, che altro non e (secondo
<lb/>la sua diffinizione) che vna imitazione 
<lb/>di azzione illustre fatte per mezo del verso
<lb/>à fine di giouar dilettando, è parimente (secondo, 
<lb/>che pare à Massimo Tirio) vna misteriosa, e quasi diuina 
<lb/>Filosofia per dolezza di metro, &amp; Harmonia di numeri,
<lb/>e di consonanze à tutti i mortali (per quanto dice
<lb/>Museo) gratissima; la quale hauendo hauuto vari compositori,
<lb/>altresi dà diuersi pareri ancora è stata regolata. Per lo
<lb/>che alcuni credettero, che il vero soggetto dell'Epopeia potesse
<lb/>essere tutto fauoloso, e finto dall'artifizio del Poëta,
<lb/>che però Facitore ne vien detto, forse con l'esempio d'Orfeo,
<lb/>Museo, &amp; Olimpo, Poëti del primo secolo. Per la qual
<lb/>ragione à Lucano il nome di Poëta, ò almeno di buon Poëta
<lb/>si negherebbe, e de moderni furono di quel parere, assegnando il
<lb/>falso per materia all'epico Poëma, il Rubertelli, il Piccolomini,
<lb/>&amp; il Mazzone nella sua difesa di Dante, che in Icastica,
<lb/>e Fantastica distingue le due maniere di imitazione,
<lb/>quella al Sofista, e questa al Poeta attribuendo auuenga che
<lb/>l’vltima specie, che è la costitution di fauola (secondo il
<lb/>parer di Macrobio nel sogno di Scipione) come quella che
<lb/>contiene espressa falsità senza alcuna forma di virtù, sia
<lb/>scacciata dal tempio della sapienza, e condannata alle cune
<pb n= "unnumbered iv"/>
<lb/>de fanciulli, e delle nutrici, come per auuentura è quella di
<lb/>Menandro, ò d' Apuleio, ed’ Ouuidio, &amp; ì moderni Romanzi.
<lb/>Mà Alceo, Archelao, Stesicoro, &amp; Homero, e gli
<lb/>altri dopo,del 2, e 3, secolo Poeti, portando opinion contraria,
<lb/>come afferma Sinesio nel libro de Sogni, sopra la sodezza del
<lb/>vero, e l'autorità dell' historia al Poema Heroico stabiliscono
<lb/>il fondamento, rimanendo però facoltà all' ingegno del
<lb/>Poeta con vari ritrouamenti d’ Episodij, e di Digressioni
<lb/>interessate con l'azzione principale, di fauoleggiare intorno alla
<lb/>verità con diceuole ornamento di figure poetiche, Peripetie
<lb/>semplici, ò doppie, d’ agnizioni, di perturbazioni patetiche,
<lb/>ò morate, ò d'altre simili. &amp; al parere di questi vltimi
<lb/>i più lodati Compositori si sono accostati. Et in vero come
<lb/>può il narratiuo Poema destar merauiglia, ò muouer l'affetto
<lb/>di chì legge, od ascolta, se manca la fede del vero, e la
<lb/>credenza, che suol rendere attento ciascuno? Per il chè diuisando
<lb/>il Poeta allettare sotto apparenza di verità con piaceuole
<lb/>inganno chì legge, per la diuersità de ritrouamenti 
<lb/>conseguisce il suo fine, per sentenza di Pindaro. Imperò chè la
<lb/>vaghezza della bugia cambiando la faccia della verità, e con
<lb/>poetici colori adornandosi inganna assai ageuolmente ciascuno,
<lb/>ingegnandosi il Poeta di persuadere, che le cose dà lui
<lb/>narrate siano degne di fede, rende in questa maniera gli animi
<lb/>docili, &amp; attenti per l'opinione dà loro fondata sù l' autorità
<lb/>delle Historie, e sù la fama degli splendidi nomi
<lb/>d'huomini illustri, per la quel ragione Ouuidio, e gli altri
<lb/>Romanzatori non sarebben Poeti, ò non buon Poeti almeno
<lb/>come tutti fauolosi. Del giudizio di questi secondi, come più
<lb/>dall'arte approuati compositori mi son fatto io, nel presente
<pb n= "unnumbered v"/>
<lb/>Poemetto, imitatore, conciò sia chè essendo vero, che i Serenissimi
<lb/>Medici Padroni habbiano regnato in Atene, e per lor
<lb/>propria insegna antichissima vsato le Palle Reali, dà non
<lb/>ostinato lettore mi sarà per verisimile, e probabile forse
<lb/>conceduto, che dagli antichi Rè d’ Atene, oue fù prima veduto
<lb/>il Palladio (era questo vno scudo con il simolacro di
<lb/>Pallade) siano per buona consequenza discesi, e concedendosi
<lb/>facilmente all'Epico Poeta poter amplificar, &amp; illustrar
<lb/>la progenie degli Eroi, e (per dir così) deificarla, e collocar
<lb/>i Principi giusti, e valorosi nel numero de Semidei, &amp;
<lb/>à perpetui secoli mandarne la memoria, come parue à Sinesio,
<lb/>non mi si dourà anco negare appiccar il filo della Genealogia
<lb/>degli antichi Medici à Theseo, che non solo fù glorioso
<lb/>Rè d'Atene, mà (come narra Plutarco) legislatore di essa
<lb/>Città, &amp; insieme liberatore; Concedetemi adunque (discreti
<lb/>Lettori) il vero senza scrupolo, &amp; il falso, non in quella
<lb/>parte, che è falso, mà probabile, se non come à Poeta, almen,
<lb/>come à Dialettico &amp; il probabile in quanto è verisimile, come
<lb/>me à semplice Poeta, e siatemi (vi prego) non seueri Censori,
<lb/>mà Giudici benigni, e vi bacio le mani.</p>
<pb n= "unnumbered vi"/>
<lb/>IL PALLADIO 
<lb/>POEMETTO
<lb/>Del Signor Carlo Bocchineri.
<lb/>ARGOMENTO.
<lb/>-
<lb/>Poi chè del suo bel dì l'vltima sera
<lb/>Chiuse Fernando Eroe souran dì Flora.
<lb/>Pluton arma Tesifone, e Megera.
<lb/>Contra'l buon Rè de Franchi, e vuol ch'ei mora.
<lb/>Manda Michel dalla celeste sfera
<lb/>Luigi il Diuo Rè, chè l'auualora.
<lb/>Cede Arrigo al suo fato, e pien di gloria,
<lb/>Com'altri vinse, hà di sè ancor vittoria.
<lb/>CANTO PRIMO.
<lb/>Del Franco Rè, ch'al fulminar del brando
<lb/>Fe’tremar l'Alpi, e vacillar Atlante,
<lb/>Cantar bram’ io l’vltima palma, quando
<lb/>Marte in Cielo ora tien sotto le piante,
<lb/>Taccia la Francia il suo famoso Orlando
<lb/>Chè incatenata al fin gli venne auante, 
<lb/>E chiese pace. Or egli hà nel superno
<lb/>Campidoglio del Ciel trionfo eterno.
<pb n= "2"/>
<lb/>E verrà seco, ò poco dietro almeno
<lb/>Fernando il Tosco Eroe, mio nobil Duce.
<lb/>Coppia immortal, chè sù nel bel sereno
<lb/>Castore sembra l’vn, l'altro Polluce.
<lb/>E se comune ebber la gloria, or sieno
<lb/>E del mio stil consorti, e della luce.
<lb/>E mirino alternar di Leda i figli
<lb/>Soura'l sol l’alte Palle, e gli aurei Gigli.
<lb/>Or tù, chè d’ alti Regni, e d’ alte imprese
<lb/>Puoi sola sostener lo scettro, e'l pondo,
<lb/>Altissima Reina, e’l bel paese
<lb/>Reggi di Francia, &amp; innamori'l mondo
<lb/>Arridi al bel desio. L'aura cortese
<lb/>Spiri uer me del tuo fauor secondo.
<lb/>Io t'inchino, e t’inuoco. Or tua Corona
<lb/>Mi sia in vece di Febo, e d'Elicona.
<lb/>Lodata tù sarai, quanto consente
<lb/>Regio valor, chè’l adular non ode.
<lb/>Perchè sobria di tè, Musa eloquente
<lb/>Non parli, di virtù premio è la lode.
<lb/>Febo mì dice, e Febo mio non mente,
<lb/>Chè sarebbe'l dir poco inuidia, ò frode.
<lb/>Mà chì può molto? il Nome tuo può solo
<lb/>Della Fama stancar la tromba, e’l uolo.
<pb n= "3"/>
<lb/>Cedano intanto i tuò pensieri egregi,
<lb/>Real Maria, s'hai di saper desio
<lb/>L'Arbor fecondo de Medicei Regi
<lb/>C’hebbe di Grecia il bel Ceppo natio.
<lb/>Del tuo buon Genitore il nome, e pregi,
<lb/>E l’alte lodi del tuo degno Zio,
<lb/>Cui nulla cede il suo Gran Cosmo, e quali
<lb/>Ebbe’l suo Figlio splendidi Natali.
<lb/>Com'in braccio à Teseo l’antica Atene
<lb/>Vide'l Palladio, tua reale insegna,
<lb/>E come in van bramollo Argo, e Micene,
<lb/>Mà Troia, e Roma sol di lui fù degna :
<lb/>E come d’Arno alle famose arene
<lb/>Portato fù, doue felice or regna,
<lb/>Dirà deuota à tè Musa Toscana.
<lb/>S'intenta ascolti, ò Maestà sourana.
<lb/>E quindi à tè suo Consiglier sourano
<lb/>Nè grandi affari del real Domino,
<lb/>E chè’l porto m’insegni ancor lontano
<lb/>Regio Scudier, magnanimo Concino.
<lb/>Volgo come datorbido Oceano
<lb/>Il mio legno agitato, e peregrino.
<lb/>Ch'à Musa oppressa dar mercede, e pregio,
<lb/>È di Rè proprio, e del tuo spirto regio.
<pb n= "4"/>
<lb/>Raccogli tù, quasi dà rea tempesta 
<lb/>Mè risospinto, ond'io ricouri in pace. 
<lb/>Chè s'in cor generoso amor sì desta, 
<lb/>E s’ogni mio desir non è fallace. 
<lb/>Sarai tù’l mio Pegaso. Aspira à questa
<lb/>Opra, ch'al tuo valor ben sì conface
<lb/>Onorar del tuo Rè l'alta memoria,
<lb/>Perch'io di lui tessa Poema, è Storia.
<lb/>1.
<lb/>POICHE reciso dall'auara Parca
<lb/>Fù lo splendido fil dell'aurea vita
<lb/>Del gran Fernando, e chiusa in nobil arca 
<lb/>La spoglia sua, ch’ al peregrin s’ addita; -
<lb/>E appese intorno, come à gran Monarca, 
<lb/>L'insegne tolte al Tartaro, e allo Scita;
<lb/>Gli fer placide Oliue, e illustri Allori
<lb/>Pompa real di funerali onori.
<lb/>2.
<lb/>Nel comune dolor di sì gran danno
<lb/>Solo sì dimostrò lieto, e ridente
<lb/>Dell'anime nocenti il reo Tiranno,
<lb/>Chè solleuò (suo scettro) il gran Bidente.
<lb/>Il segno è questo, onde chiamate vanno
<lb/>Le Torme à lui della perduta gente. 
<lb/>Chì’ può dir quanta? frà i diuersi stuoli
<lb/>Mille eserciti fanno i Duci soli.
<lb/> 
<pb n= "5"/>
<lb/>3.
<lb/>E disse loro. Ò Deità consorti
<lb/>Spiriti eletti à gloriose proue,
<lb/>Creati al Ciel, mà (ò nostri eterni torti,)
<lb/>Dannati quì dall'inimico Gioue.
<lb/>Men fortunati sì, mà non men forti
<lb/>Di quel Michel gran General là doue
<lb/>Voi fuste meco, (al suo parer), trafitti,
<lb/>Chè prò? se vinti siamo ancora inuitti?
<lb/>4.
<lb/>Sapete com’ei vinse, ò palma indegna
<lb/>Vittoria reputar la sua salute,
<lb/>Vincer gli parue alzando sol l’insegna,
<lb/>Ò con por mano alle saette acute.
<lb/>Mà qual si fusse il vincitor, hor vegna
<lb/>Di nuouo in campo, e mostri sua virtute.
<lb/>Non è per tregua la tenzon finita
<lb/>Mentre abbiam forze ancor bastanti, e vita.
<lb/>5.
<lb/>Dicasi’l uero. Io repetendo meco
<lb/>Gli altrui trofei debbo tacere i nostri?
<lb/> Egli espugnò l'Inferno, e portò seco
<lb/>Spoglie vsurpate à noi dà questi chiostri.
<lb/>Io ben lo minacciai con occhio bieco
<lb/>Notai la rabbia ancor negli atti vostri;
<lb/>Sua virtù fusse, ò fusse alta sciagura
<lb/>Dinoi; fù merauglia, e non paura.
<pb n= "6"/>
<lb/>6.
<lb/>Gli costò sangue, e vita, oh chè vittoria
<lb/>Dannosa à lui; s'uniro huomini, e Dei.
<lb/>Poca la preda fù, lieue la gloria,
<lb/>Mà non son pochi, è lieui i vanti miei.
<lb/>Quando (e n’hà'l mondo ancora aspra memoria,)
<lb/>Sottrassi i primi suoi duò semidei.
<lb/>E ad onta sua, del Ciel mal grado, insieme
<lb/>Tutto gli ribellai l'umano seme.
<lb/>7.
<lb/>E ben si parue allor, ch'in sì poch’anni
<lb/>Popolate così fur queste bolge.
<lb/>Non sete quelli voi, ch'alzaste i vanni
<lb/>Soura Aquilone? in giù chì ui riuolge?
<lb/>Perchè aspirar al Ciel, s’i propri scanni
<lb/>Non difendete à pena in Malebolge?
<lb/>Voi taciti ora, e vili? ah non già Pluto,
<lb/>Pluto altier sempre, or sarà vile, e muto.
<lb/>8.
<lb/>Deh rammentate i tempi andati, e quale
<lb/>Lussureggiante secolo fioria.
<lb/>Roma soggetta e 'l nome Imperiale,
<lb/>E’l mondo tutto al nostro onor seruia.
<lb/>Numi adorati noi dà ogni mortale,
<lb/>Ne fù intentato il figlio di Maria.
<lb/>E quasi, quasi. Insuperbisco, &amp; ora
<lb/>M'incielo, e indio; Euoi giacete ancora?
<pb n= "7"/>
<lb/>9.
<lb/>Or di sì vasto Imperio angusta parte
<lb/>Ci resta à pena, e questa incerta ancora.
<lb/>Arsa, e predata con felice Marte
<lb/>Dal Tosco Eroe, chè regnò in grembo à Flora
<lb/>Mirate in Asia dissipate, e sparte
<lb/>Le nostre insegne, e come’ l Trace or plora,
<lb/>E come trema’l Moro. Or chè più resta
<lb/>Soggiogar nostra Reggia; Abbia ancor questa.
<lb/>10.
<lb/>E noi sustanze Angeliche è gli offizi
<lb/>Sourani elette, andiam prigioni, e serui
<lb/>Dell'huom, ch’è fango, à nuoui aspri supplizi,
<lb/>Così, se piace à voi, così s’osserui.
<lb/>Mà se aborrite ignobili seruizi
<lb/>Nel primo alto desir fissi, e proterui
<lb/>Vsate à tempo l'opportuna sorte,
<lb/>Chè u'appresenta alta fortuna, e morte.
<lb/>11.
<lb/>Cade à tempo Fernando, e cade seco
<lb/>L'Onor d’Italia, il zelo, e la pietade,
<lb/>Ben sostenute contra'l Perso, e’l Greco.
<lb/>Quanto può sostener tenera etade,
<lb/>Saran dà Cosmo suo. Mà chè può meco,
<lb/>Ò contra voi suò ingegno, ò suabontade?
<lb/>Siasi pur forte, e valoroso il Figlio, 
<lb/>Non mancan forze à noi pari al consiglio.
<pb n= "8"/>
<lb/>12.
<lb/>Se può nulla valor, se può ragione,
<lb/>Sè può Dio, potren noi forse altretanto.
<lb/>À vostri primi seggi, e alle corone
<lb/>Douute à voi, deh ripensate alquanto,
<lb/>Vdite quel chè macchina Plutone,
<lb/>Odi tù Inferno il generoso vanto
<lb/>Congiura contra mè, s'io mento. Or io
<lb/>Diffido il mondo, e tutti i Cori, e Dio.
<lb/>13.
<lb/>E voi compagni in tutti i casi miei
<lb/>Non mancate alla fè, c’hò certa in voi.
<lb/>I consigli miglior sian i più rei,
<lb/>Sia spettator il Ciel de danni suoi.
<lb/>Premio vile saran palme, e trofei,
<lb/>Premio degno sarà regnar frà noi:
<lb/>Or sù agli inganni, all’ire, ò fidi, ò forti,
<lb/>All’armi, al sangue, al fuoco, all'aspre morti.
<lb/>14. 
<lb/>Italia, e Francia sian dà voi le prime
<lb/>Fulminate Prouincie. Odioso nome,
<lb/>Seggio odioso a noi. s’alcuno opprime
<lb/>Quel Franco Rè chè tante squadre hà dome,
<lb/>Haurà quì scettro, e'l scettro alzò sublime,
<lb/>E sputò fiamma, e inuiperì le chiome
<lb/>Satan così dicendo. E i detti e i moti
<lb/>Fur del gran Mostro tuoni, e terremoti.
<pb n= "9"/>
<lb/>15.
<lb/>Vrli, fischi, ruggiti in vn confusi
<lb/>(Orrendo applauso) vditi fur per tutto
<lb/>Qual Eolo aprire à Turbini rinchiusi
<lb/>Fingesi è imperuersar per l'ampio flutto.
<lb/>Tali esalar nel bel seren diffusi
<lb/>Gli empi ministri dell' umano lutto
<lb/>Per esequir con infernal pensiero
<lb/>Del maladetto Rè l'atroce impero.
<lb/>16.
<lb/>Questi seco portaro esca, e bitume
<lb/>Focil, carboni, mantici, e fauille.
<lb/>Zolfo, veleno, e dello stigio fiume -
<lb/>Di lete , e d'Acheronte alquante stille.
<lb/>Aconito, cicuta, e l'atre spume
<lb/>Vomitate dà Cerberi, e dà scille,
<lb/>E soura le Cittadi, e soura i Regni
<lb/>Le versar poi gli esecutori indegni.
<lb/>17.
<lb/>Rimirò in tanto dal più alto Coro
<lb/>L'Alfier celeste gli infernali agguati:
<lb/>( Diffensor questi è de tre Gigli d'oro
<lb/>Cui dal Ciel reca i balsami pregiati.)
<lb/>E seco disse. Ora potran coloro
<lb/>In mio dispregio ordir gli inganni vsati? 
<lb/>Tanto presume Belial crudele?
<lb/>E nulla stima'l vincitor Michele?
<pb n= "10"/>
<lb/>18.
<lb/>Esule, oppresso, e fulminato è tale
<lb/>Con l'ali arsiccie, e le fiaccate corna
<lb/>Che'l sacro Ordine mio nella reale
<lb/>Persona degli Arrighi à turbar torna? 
<lb/>Cosi mi vince il perfido Riuale?
<lb/>Ne dà mè si rintuzza e non si scorna?
<lb/>Chì dal Ciel cadde nella prima guerra
<lb/>Vinto, or ardisce calcitrare in terra?
<lb/>19.
<lb/>Congiura forse ancora, e'l tradimento
<lb/>Primo ritenta nel suo error più cieco? 
<lb/>Forse inghiottire il Cielo, e 'l firmamento
<lb/>Tirar brama nel centro, e cozzar meco?
<lb/>Ò di sdiare Dio forse ha talento
<lb/>Ò’l peccato indiar, ch’eterno è seco?
<lb/>Ò vietato vagar nel basso mondo
<lb/>Esser rinchiuso in più profondo fondo?
<lb/>20.
<lb/>Veggio arrotar nell'infernal fucina
<lb/>Armi tinte nel sangue , e nel veleno.
<lb/>Et vn fellon, chè notte, e dì camina,
<lb/>Al buon Re Franco immergerle nel seno.
<lb/>Da scelerata man palma diuina
<lb/>Trar l'innocenza, &amp; auanzarsi à pieno.
<lb/>Or io perche impedir cotanto aquisto? 
<lb/>Christianissimo Rè debbesi a Christo.
<pb n= "11"/>
<lb/>21.
<lb/>Tinse di Ierosolima le strade
<lb/>Col proprio sangue il Rè dè Regni immensi
<lb/>Apra Arrigo il suo core à lance, e spade,
<lb/>S’huomo al suo Dio d’assomigliar conuiensi.
<lb/>Così risorga in Ciel, s’in terra cade,
<lb/>E spazi quì, s’or è prigion de sensi.
<lb/>Muoia 'l buon Rè, quand’ è'l diuin decreto,
<lb/>E muoia allor, ch'è'l suo morir più lieto.
<lb/>22.
<lb/>Mà sia quant’ esser può l'offesa ostile
<lb/>Breue, e spedito'l varco, e chiaro’l guado.
<lb/>Ne diseguale à destra femminile
<lb/>Del Franco Regno sia lo scettro e’l grado
<lb/>E con maschi pensieri alma virile
<lb/>Mostri Maria, quanto l' esempio è rado.
<lb/>In donnesco valor calchi i vestigi
<lb/>Col Rè fanciul di Bianca, e di Luigi.
<lb/>23.
<lb/>Così frà sè Michele; e chiari indici
<lb/>Diede della sua mente al gran Batista,
<lb/>Ch’in quegli Elisi limpidi, e felici
<lb/>Più del suo affetto, e di sua luce acquista.
<lb/>Et ei frà i cari suoi spiriti amici
<lb/>Fermò lo sguardo suo pietoso in vista
<lb/>In vn della sua schiera, e questi aurata
<lb/>Teneua (vmil trofeo) rouente Grata. 
<pb n= "12"/>
<lb/>24.
<lb/>Mirollo solo, e sol parlò mirando
<lb/>In guisa tale. Ò buon Lorenzo inuitto,
<lb/>Chè dal rogo felice, e memorando
<lb/>Lieue salisti al Ciel per cammin dritto.
<lb/>Mira lo stuolo orribile, e nefando,
<lb/>Quale al deuoto mio popolo afflitto
<lb/>Porta (se di quassù non gli è contesa
<lb/>Opra così maluagia) acerba offesa.
<lb/>25. 
<lb/>Difensor tù della Progenie eletta
<lb/>Chè regna là doue'l bell'Arno inonda,
<lb/>Sai quel chè a tè conuenga, io la diletta
<lb/>Città bramo serbar lieta, e gioconda.
<lb/>Nè dice più. nè più quell'altro aspetta,
<lb/>Mà qual il sol, chè ripercuota in onda,
<lb/>Quel ch'egli imaginò l'altro comprese,
<lb/>E dal secondo il terzo indi l'apprese.
<lb/>26.
<lb/>Così Rocca sublime in riua al mare
<lb/>S'accende, e accender fà l'altra vicina,
<lb/>Se nauilio dà lunge, od altro appare,
<lb/>Ch' infestar possa il porto, è la marina.
<lb/>Tal fù l'impression nelle duò chiare
<lb/>Anime della luce peregrina.
<lb/>Mirò Michele il gran Batista, &amp; egli
<lb/>Lorenzo, e 'l buon Luigi à sè fè spegli.
<pb n= "13"/>
<lb/>27.
<lb/>Luigi il santo Rè poich' in periglio
<lb/>Mirò de Franchi suoi la regal sede.
<lb/>Solleuò per pieta del suo bel Giglio
<lb/>Le luci in Dio, ch’il suo desir preuede.
<lb/>Mutare l'immutabile consiglio
<lb/>Del Decreto diuino in van si chiede,
<lb/>Mà doue alternan del voler soprano
<lb/>Le Contingenze, non si chiede in vano.
<lb/>28.
<lb/>Rimirò in Dio quel primo Angel felice, 
<lb/>Cui sempre assiste, &amp; ha del Ciel l'insegna.
<lb/>Evide ciò, che inuestigar non lice,
<lb/>Del Rè la morte insidiosa indegna. 
<lb/>Et all'alma de sensi espugnatrice
<lb/>Sedia espressa vi mira eccelsa, e degna,
<lb/>E che i trè Diui difensori elegge
<lb/>Di senna, e d'Arno, irreuocabil legge.
<lb/>29.
<lb/>D'ogni concetto dell'eterna Idea 
<lb/>L'Angel s'imprime sì, ch’è esempio altrui.
<lb/>L'inferior l’apprende, e se ne bea,
<lb/>E lo comparte à sottoposti à lui.
<lb/>In vn momento arride, e si ricrea
<lb/>Il Paradiso in tutti i Cerchi sui. 
<lb/>Mà piu quei trè, chè rimiraro in Dio
<lb/>Fatta legge immortale il lor desio.
<pb n= "14"/>
<lb/>30.
<lb/>Accinte allor dà quei sublimi Cori
<lb/>Partir le gloriose Anime pie.
<lb/>E discendendo à Cerchi inferiori
<lb/>Nominar cieca notte il nostro die.
<lb/>E fin là doue giungono i vapori,
<lb/>Calcaro insieme le celesti vie.
<lb/>Quì in due si dipartir pieni dì Zelo
<lb/>I trè sourani Cittadin del Cielo.
<lb/>31.
<lb/>Col figliuol se n'andò di Zaccheria -
<lb/>Chi fù d’ingorda fiamma esca gentile.
<lb/>Mà in disparte vagò per altra via
<lb/>Il buon Luigi, e già vedeua vmile
<lb/>La Reggia sua, che la real Maria,
<lb/>Donna al cui merto anco la gloria è vile,
<lb/>Incoronar con ricca pompa in arra
<lb/>Del bel Regno dì Francia, e dì Nauarra.
<lb/>32.
<lb/>Scese, come cader vedesi stella, 
<lb/>Ò cader pare, il volator sublime
<lb/>E sù le penne dì lieu aura ancella
<lb/>Sì fermo à riguardar le basse cime. 
<lb/>Ode, chè nuouo Dedalo martella
<lb/>Soura l'incudi, ode scarpelli, e lime
<lb/>Vede archi immensi, e mentre Febo adopra 
<lb/>Le Muse sue, sudar i fabbri all' opra. 
<pb n= "15"/>
<lb/>33.
<lb/>La nuoua pompa, e'l apparato egregio
<lb/>Dì lassù scorge e 'l prodigo lauoro,
<lb/>I teatri, le statue, &amp; ogni fregio,
<lb/>C'ha per materia vile argento, &amp; oro.
<lb/>A celesti delizie il lusso regio
<lb/>Non ben s’agguaglia, e 'l pouero tesoro.
<lb/>Reputa nulla quanto insieme aduna
<lb/>Superbo fasto dì real fortuna.
<lb/>34.
<lb/>Già con le chiome d'oro, e i piè di foco
<lb/>Volgeansi Eto, e Piroo verso Occidente.
<lb/>Qual dolcezza è veder frà 'l canto, e'l gioco
<lb/>Soura vn destrier di neue vn sole ardente,
<lb/>Tal fù giugnendo al preparato loco
<lb/>L'alta Donna di Francia. Amor presente
<lb/>Fù come à suo trionfo. Amor superno
<lb/>Di Fama, e d'Onestà compagno eterno.
<lb/>35.
<lb/>E venne seco'l Rè con bella corte -
<lb/>Qual forse al tempo fù de Paladini.
<lb/>Sorge tempio souran, c’hà d'or le porte,
<lb/>Le pareti di marmi eletti, e fini.
<lb/>Bell’vrne serban quì (trofei di morte) -
<lb/>Le ceneri de Carli, e de Pipini.
<lb/>Notati sotto i nomi, e gli atti egregi
<lb/>Son di cento Reine, e cento Regi.
<pb n= "16"/>
<lb/>36.
<lb/>Quì s'adunaro al grand'affar solenne,
<lb/>E quì’ l celeste Lodouico scese.
<lb/>Mà 'l vago spirto suo non già s'astenne
<lb/>Volar intorno, oue 'l suo frale intese.
<lb/>Presentillo 'l cadauero, e ritenne
<lb/>Il natural desio, chè prima 'l prese,
<lb/>Qual ferro in ver la calamita (fosse
<lb/>Miracolo, od amor) ver lui sì mosse.
<lb/>37.
<lb/>Così dicesi ancor che’ sangue geme,
<lb/>(S’ è vicin l'omicida) vn corpo estinto.
<lb/>Tanto mantien reciso ancora 'l seme
<lb/>D'ira, ò d’ amor il naturale instinto.
<lb/>Cenaro i Regi e 'l luogo, e 'l tempo insieme
<lb/>Dall'onor delle tauole fù vinto.
<lb/>E diede ognun dopo le mense liete
<lb/>Gli occhi al sonno, e le membra alla quiete.
<lb/>38.
<lb/>Mà poi chè digeriti ebbe i più densi
<lb/>Vmori interni il natural calore.
<lb/>Quand'han gli spirti più purgati, e i sensi
<lb/>Atti più à inuestigar l'anima, e 'l core.
<lb/>Dice lo spirto al Rè, che fai? chè pensi
<lb/>Arrigo altier ridotto all’ vltime ore?
<lb/>Tù quì riposi ancora, e quest'altera
<lb/>Pompa non sai, ch’ è l'ultima tua sera?
<pb n= "17"/>
<lb/>39.
<lb/>Vero nunzio son io della tua morte, 
<lb/>Non fantasma notturno, ò sogno lieue.
<lb/>Viuesti inuitto. or caderai qual forte,
<lb/>Come à Guerriero, e come à Rè si deue,
<lb/>Chè’ l bel nome di Christo in van non porte,
<lb/>Proprio di questo Regno. In così breue
<lb/>Vita, t'è vita (mia mercede) aggiunta,
<lb/>Fin chè Maria sia incoronata, &amp; vnta.
<lb/>40.
<lb/>Composto 'l Regno tuo così, composte
<lb/>Le graui cure, dei compor te stesso.
<lb/>Io vengo à tua salute, io di quell'oste
<lb/>Prendo la cura, e 'l tutto è à me commesso.
<lb/>Consegna omai lo scettro, e le nascoste
<lb/>Cose non cheder; Non ignobil messo
<lb/>Ti chiamo per breuissimo sentiero,
<lb/>Oue 'l seruir eccede ogn' alto impero.
<lb/>41.
<lb/>Sì disse, e parue, chè la mano audace
<lb/>Volesse por nella reale insegna.
<lb/>Mà’ l generoso Rè, cui l'atto spiace,
<lb/>Grida con fiera voce. Or chì t’ insegna,
<lb/>Qual tù ti sei, nemica alma rapace,
<lb/>Tentar. chì queto dorme, e giusto regna
<lb/>Con importune imagini? e le mie
<lb/>Dolcezze turbi in così lieto die?
<pb n= "18"/>
<lb/>43.[sic]
<lb/>Si poco non costò questa Corona,
<lb/>Nè così vile è la mia vita, quale
<lb/>L'vna, e l'altra faì tu, la mia persona
<lb/>Non tocchi alcun, se più di mè non vale.
<lb/>Iddio, com’ à lui pare, è vespro, ò à nona,
<lb/>Mi chiami, io quelch’ à dignità reale
<lb/>Conuien, farò di questo scettro, e prima
<lb/>Chè per viltà 'l depongà, 'l Ciel m’opprima.
<lb/>43.
<lb/>Tù sè 'l mio onor procuri, ò questo regno,
<lb/>Come dimostri, è forse anco ambedui,
<lb/>Fauorisci vn magnanimo disegno,
<lb/>Cui m’ accingo esequir nè regni altrui;
<lb/>Anzì chè persuadermi ad atto indegno
<lb/>Di depor questo, se sai pur chi io fui.
<lb/>Fui quel, chè solo oprando spada , e lancia
<lb/>Acquistai la corona alta di Francia
<lb/>44.
<lb/>E più (s’io viuo) acquisterò, mà quando
<lb/>Non arrida fortuna al mio desire;
<lb/>Minacciarmi di morte è pena Orlando,
<lb/>Sè quì fusse presente, aurebbe ardire.
<lb/>Cadere armato per famoso brando
<lb/>Sarà viuer eterno, e non morire.
<lb/>Chè per febbre mancar in molli piume
<lb/>Non mio, mà di Rè Femmine è costume.
<pb n= "19"/>
<lb/>45.
<lb/>Innanzi à morte consumar la vita
<lb/>Fù di Cesare proprio in arme, e in guerra,
<lb/>Basti simile esempio è vn alma ardita,
<lb/>Fugge morte gli audaci, e i vili atterra.
<lb/>Faccia'l mio spirto generosa vscita,
<lb/>Nulla rileua à mè, s'incoltre, è in terra. 
<lb/>Sempre ben muore huom forte, altro non chieggio,
<lb/>Bramar la morte è mal, temerla è peggio.
<lb/>46.
<lb/>I mesi, e gli anni approuan l'ore estreme,
<lb/>Formidabili solo alla vil gente,
<lb/>Non à intrepido Rè, chè nulla teme
<lb/>La morte, chè m'annunzi omai presente.
<lb/>Mà chè tocca à tè questo, è chè ti preme,
<lb/>Mio onor, ò regno, ò spirito possente?
<lb/>Ch’ à  tuò voler doni - altrui-  vita, - e togli, 
<lb/>E mio ti fingi, e del mio auer mi spogli?
<lb/>47.
<lb/>Mà l'altro allora. Oh come lieto ascolto
<lb/>Io queste tue magnanime parole,
<lb/>Vero Germe reale a gli atti, al volto
<lb/>Non degeneri tù dalla mia prole.
<lb/>Deponi omai spirto sì ardente, e volto
<lb/>Al Ciel t’affisa nell'eterno sole. 
<lb/>Mà per dirti di mè, sappi, ch’i sono
<lb/>Vn tuo Antecessor, Luigi il Nono.
<pb n= "20"/>
<lb/>48.
<lb/>Non per turbati quì visibil forma
<lb/>Prendo improuso, &amp; vso acerbe note,
<lb/>Perchè sferzata tua virtù non dorma,
<lb/>Quando son l'altrui frodi à tè mal note.
<lb/>Ad imprimer in Ciel più stabil orma,
<lb/>Surgi, ò deuoto Rè, surgi, ò Nipote.
<lb/>Che 'l tempo, chè t’auanza, è così poco,
<lb/>Chè intempestiua è la dimora, è 'l loco
<lb/>49.
<lb/>Se fanciullo imparasti à viuer bene,
<lb/>Canuto or non saprai tù morir meglio ?
<lb/>Fortunato chì questo in terra ottiene
<lb/>Qual Fenice rinasce anchor chè veglio.
<lb/>Vn natale è la morte al vero bene,
<lb/>A cui ti chiama’l Cielo, &amp; io ti sueglio.
<lb/>Tù rispondi à gran vopo, e disse, e parue
<lb/>Con graue mano l'agitasse, e sparue.
<lb/>50.
<lb/>Si desta allora, e si solleua Enrico,
<lb/>E volge gli occhi, e dice. Or doue sei,
<lb/>Spirto celeste, inuitto Lodouico?
<lb/>Così ti rappresenti agli onor miei?
<lb/>Qual esser può di mè degno nemico ?
<lb/>Chì presume turbar i miei trofei?
<lb/>O giugni inutil alma, ò mi dispergi,
<lb/>Se taci omai. Son così vili i Regi?
<pb n= "21"/>
<lb/>51. 
<lb/>Poi frà sè. Fuggiro (nè mi vergono
<lb/>A dirlo?) al minacciar d'ombra fugace,
<lb/>Io chè fugo gli eserciti, &amp; vn sogno
<lb/>Temerà, chì non teme aspetto audace?
<lb/>Anzi chè non disfido, e non rampogno
<lb/>Qualunque sia, chè mi tradisce, e tace?
<lb/>Degno è di Rè tentar l'vltima sorte
<lb/>Con proua illustre di famosa morte.
<lb/>52.
<lb/>Mà chè (lasso) vaneggio? ò chè ragiono?
<lb/>Chè tal pompa funesti orror dell'armi,
<lb/>Se fusse quì col fulmine, e col tuono
<lb/>L'istesso Gioue, disdiceuol parmi.
<lb/>Larue son queste fanciullesche, e sono
<lb/>Indegni modi, ond’ iò debba saluarmi,
<lb/>Lasci ò’ l Regno, ò 'l timor, chì regna; Enrico
<lb/>Non sia timido mai; Tema 'l nemico.
<lb/>53. 
<lb/>Così dicendo abbandonò le piume,
<lb/>Chè di sue colpe lo premea pensiero.
<lb/>Ritrouò spento il dianzi acceso lume
<lb/>(Misero annunzio) il subito scudiero.
<lb/>E l’aurea spada sua, che per costume
<lb/>Solea pender vicina al gran Quartiero.
<lb/>E ch’ in sua man fù Durindana in guerra,
<lb/>Senz’ esser tocca, era caduta à terra. 
<pb n= "22"/>
<lb/>54.
<lb/>Furon vdite far Nottole meste
<lb/>Sopra 'l tetto real lunghe querele.
<lb/>Fur vedute vagar ombre funeste
<lb/>Per le sale, e spiegar pallide tele. 
<lb/>E minacciar qual suole, ò strage, ò peste,
<lb/>Cò sanguinosi rai stella crudele.
<lb/>Esce frà tante imagini di morte
<lb/>Il Rè sicuro; ò generoso, ò forte.
<lb/>55. 
<lb/>E solo, e scalzo, e discoperto, e scinto
<lb/>Vassene ratto alla real cappella,
<lb/>Doue scintilla nel suo Ciel distinto
<lb/>Più d’vna Gemma nò, più d’vna stella.
<lb/>E frà le croste d'oro è altar dipinto
<lb/>Dà man d' Apelle, od emula, ò sorella
<lb/>Mà più illustre la fan, chè l'oro, ò marmi,
<lb/>L'alta Croce di Dio, le spine, e l'armi.
<lb/>56. 
<lb/>La pungente Corona, e la gran lancia,
<lb/>Ch’aperse gli occhi all'huomo, e à Dio'l costate.
<lb/>Con vn troncon di quella gran bilancia,
<lb/>Chè librò Christo per l'altrui peccato,
<lb/>Ebbe Luigi il santo Rè di Francia,
<lb/>E di soria portolle in questo lato.
<lb/>Dite Cesari voi, dite ò Pompei, -
<lb/>Roma ebbe mai sì splendidi Trofei?
<pb n= "23"/>
<lb/>57. 
<lb/>Quì 'l Rè Franco s’ inchina, e qui rammenta
<lb/>Le passate sue colpe ad vna ad vna;
<lb/>Preghiera vmil, chè dà chì ben si penta
<lb/>A Dio s’ esponga, non tralascia alcuna.
<lb/>Poi cominciò. Signor, trent'anni, e trenta
<lb/>Peregrino del mondo in gran fortuna
<lb/>Assai felice ho corso, e non sò come
<lb/>Al titolo risposto ho del tuo Nome.
<lb/>58.
<lb/>Dà te vengono i regni, e 'l giusto, e’ l buono
<lb/>Rè si può dir tua imagine verace.
<lb/>Tal son creduto sì, ma tal non sono
<lb/>Ch'à tè ma qualità non si conface.
<lb/>Fatto degno dà tè di sì gran dono
<lb/>Impugnai l'armi di souerchio audace.
<lb/>Fù ragion di regnare. A mie ragioni
<lb/>Perdona tù, chè volentier perdoni.
<lb/>59.
<lb/>Sai, chè là corsi à guerreggiar più ardito,
<lb/>Oue aduggiarsi vidi’ l tuo buon seme.
<lb/>Onde forse s'accinge incrudelito
<lb/>Alla mia morte, chì pauenta, e freme.
<lb/>Se questo è vero, ò mio piacer compito,
<lb/>Beato fine, auuenturosa speme,
<lb/>Per tua fede morir, sicuro io vegno
<lb/>Agli impeti d'inuidia immobil segno.
<pb n= "24"/>
<lb/>60.
<lb/>Chieggio (per quant’ io feci ò poco, ò molto
<lb/>Perchè non fusse 'l tuo sepolcro scemo,
<lb/>Placando’ l Trace impetuoso, e stolto,
<lb/>Ò s’ io merito grazia in sù l'estremo.)
<lb/>Ch’ i Pupilli reali, à cui son tolto,
<lb/>La dolente Reina, ò Rè supremo,
<lb/>Tù guardi sempre in ogni incontro crudo
<lb/>Sotto l'acciaro del tuo santo scudo.
<lb/>61.
<lb/>Segua Luigi i miei principì, e sia
<lb/>Imitator della pieta materna,
<lb/>E di quel santo Rè, chè di soria
<lb/>Tentò l'impresa con sua gloria eterna.
<lb/>Tù la Consorte mia Vedoua, e pia,
<lb/>Perchè ben regga altrui, reggi, e gouerna.
<lb/>Nulla mi pesa più, chè la gradita
<lb/>Mia Donna abbandonar, vuoi regno, ò vita.
<lb/>62. 
<lb/>Viua lieta, e più lieta e figlie, e figli
<lb/>Vegga fiorire, e di nipoti illustri
<lb/>Fecondar la mia stirpe, e gli aurei Gigli
<lb/>A Roma partorir Rose, e ligustri.
<lb/>Onde la Chiesa tua ne suò perigli
<lb/>Riposi nè miei Carli eterni lustri.
<lb/>Mà perdona s’ ardito è 'l mio desire,
<lb/>E sa di mè quanto disponi, ò Sire.
<pb n= "25"/>
<lb/>63. 
<lb/>Nè più. Mà sol di se medesimo armato
<lb/>Lascia le sacre, e riuerite soglie.
<lb/>E già l'Aurora il velo suo stellato
<lb/>Coperto auea con le dorate spoglie.
<lb/>Egli (come sia l'ultimo commiato)
<lb/>Se n’ viene à salutar la real moglie.
<lb/>Chè vestita parea di ricca pelle,
<lb/>Auer negli occhi 'l sol, nel crin le stelle.
<lb/>64.
<lb/>E poi chè dato fù principio, e fine
<lb/>Alla gran pompa, e terminato'l giorno. 
<lb/>Al vigilante Rè frà le cortine
<lb/>Fà lo spirto celeste anco ritorno.
<lb/>E ridente ragiona. Ecco vicine
<lb/>L’ore, onde venghi all'immortal soggiorno
<lb/>Bel morir quando l'huomo è più felice.
<lb/>Disse. E in meno suanì, chè non si dice.
<lb/>65.
<lb/>Risponde sia di mè quel ch' esser deue,
<lb/>Seguiterotti, oue tù vuoi mi guida.
<lb/>Dì Musa or tù (chè 'l raccontar m’ è greue
<lb/>Tragichi affanni, e dolorose strida,
<lb/>Et è meno spiacente il duol, ch’è breue)
<lb/>L'assalto rio del perfido Omicida.
<lb/>Mà tù ancor piangi, (ahi lassa) almen l'accenna,
<lb/>Ò basti dir. Tremò Parigi, e Senna.
<pb n= "26"/>
<lb/>66.
<lb/>Scorno di Francia, anzi del mondo tutto, 
<lb/>Ch'vn Rè Guerrier, di cui non fù 'l  più forte,
<lb/>Dà vn altro Gano, è dà più infame, e brutto
<lb/>Ladron sia vcciso in mezò alla sua Corte ?
<lb/>Può Febo riguardar con occhio asciutto,
<lb/>Ò non si scolorar, sì crudel morte?
<lb/>E tù questi soffrir rei sacrilegi, 
<lb/>Celeste Rè? chè non soccorri i Regi?
<lb/>67.
<lb/>Chè non arruoti la celeste spada, 
<lb/>Ò Giudice, ò signore, e non flagelli
<lb/>Il micidial, perchè più altier non vada ?
<lb/>Lieui supplizi son ceppi, e coltelli.
<lb/>Fiamma dal Ciel sù la tua testa cada,
<lb/>Ò seme di Maganza, e pè capelli
<lb/>Ti rapiscan le Furie, al Centro, come
<lb/>Non vò macchiar miè versi or col tuò nome.
<lb/>68.
<lb/>Scendi omai tù, Michel, col sacro vnguento
<lb/>Et vngi (à tè s’aspetta) il buon Luigi,
<lb/>Tù l’aurea spada, e tù l'elmo d'argento
<lb/>Reca e le piume, e mostra i bei vestigi 
<lb/>Del Genitor Eroe, cui pur frà cento 
<lb/>Suò Regi inuidia sol Roma à Parigi.
<lb/>Onde 'l Figlio Real con aurei vanni
<lb/>Precorra il volo della Fama, e gli anni.
<pb n= "27"/>
<lb/>69.
<lb/>Sconsolata Reina, e tù, che siedi
<lb/>Nuoua Zenobia è tuo sourani offici
<lb/>Rasserena i begliocchi, e certo credi
<lb/>Il tuo Real Consorte or frà i felici.
<lb/>Mentr’io deuoto à te m’ inchino à piedi,
<lb/>E bacio 'l manto, e prego i Numi amici
<lb/>Chè ti faccian più lieta, è impongan fine
<lb/>Della tua bella Francia alle ruine.
<lb/>70.
<lb/>Quell'io, chè di Bisenzo in sù la riua,
<lb/>Oue Prato fiorisce, oue risplende
<lb/>La zona illustre dell'eccelsa Diua,
<lb/>Chè del bel nome suo degna ti rende.
<lb/>Cantai la tua bellezza vnica, e diua,
<lb/>Canterò forse ancor l'opre stupende
<lb/>Con altro stile, e con più culte rime,
<lb/>Se non mi sdegni, tù, Donna sublime.
<lb/>Il fine del Canto Primo.
<pb n= "28"/>
<lb/>ARGOMENTO.
<lb/>Di Flora, e dè suò Duci i duo Custodi
<lb/>Purgan dall’Infernale orrida peste
<lb/>Le dilette contrade. In nuoui modi
<lb/>Compon le membra, e inspira aura celeste
<lb/>Lorenzo al nuouo Prence, alle cui lodi
<lb/>Vuol, chè deuota Musa al fin il deste,
<lb/>Cui fa 'l libro veder de Nomi amici,
<lb/>E'annuntia al Tosco infante i di’ felici.
<lb/>CANTO SECONDO.
<lb/>1.
<lb/>All'altra parte il Precursor di Christo
<lb/>Con quell'arsa Fenice Orientale,
<lb/>Sotto’ l bel Ciel d'Etruria, oue più misto
<lb/>Vide vagar il Turbine Infernale,
<lb/>Piegò 'l camin, e disse. À tanto acquisto
<lb/>Giugniamo à tempo, il Foro, e’l Tribunale
<lb/>Già popolato orribilmente io scerno
<lb/>(E'l soffrirem?) dà Cittadin d'Auerno.
<lb/>2.
<lb/>Mira corrotto’ l Giudice, e 'l cliente
<lb/>Spogliato à torto, e l'auido Auuocato
<lb/>Leggi, e statuti interpretar souente -
<lb/>À prò di quei, c'ha 'l ricco manto aurato.
<lb/>E dal tutor iniquo e fraudolente
<lb/>La vedoua, e'l pupillo abbandonato
<lb/>E paterna fingendo alta bontade
<lb/>La tirannide sua chiamar pietade.
<pb n= "29"/>
<lb/>3.
<lb/>L'inganneuol mercante anch'ei sottragge
<lb/>Auaro, al peso, e scarso, alla misura.
<lb/>Adultera le merci e’ l censo tragge
<lb/>Dal tempo, onde fù prodiga natura,
<lb/>L'agricoltor s’ ingrauidar le piagge 
<lb/>Per giel souerchio, ò per souerchia arsura,
<lb/>Non vede, è partorir messe, è vendemmia,
<lb/>Chiama à ragione Dio, freme, e bestemmia.
<lb/>4.
<lb/>Non è soldato valoroso, e forte,
<lb/>Se le mani all'offese, e i detti all'onte
<lb/>Non muoue, e l'armi fabricate à morte
<lb/>Del rio pagano, ad ogn’ altr’uso ha pronte
<lb/>Superar ne palagi, e nella corte
<lb/>Vuole 'l suo Prence il Caualiero, e'l Conte
<lb/>Non come peregrin, mà qual giocondo
<lb/>Perpetuo habitator sia l'huom del mondo,
<lb/>5.
<lb/>Dal sol conditi in cento modi, e cento
<lb/>L'huom ricondisce i cibi peregrini,
<lb/>Si stancano in condurre il mare, e 'l vento
<lb/>Dal mondo, opposto i preziosi vini.
<lb/>E stanno i serui, come à sagramento,
<lb/>À ricca mensa riuerenti, e chini.
<lb/>Garriscon Corui, e senza aita alcuna
<lb/>Tacita stassi vmil virtù digiuna.
<pb n= "30"/>
<lb/>6.
<lb/>Le Donne nate alla conocchia, e all’ago
<lb/>Frequentan notte, e dì teatri, e balli,
<lb/>E fan quel bel, ch’è di Dio vera imago
<lb/>À chi ben mira, occasion di falli.
<lb/>Non più Cecilie, ò Caterine il Vago
<lb/>Volgano al Ciel da glì amorosi Calli.
<lb/>Non più cilici nò, piume, e cimieri
<lb/>Portan le Donne à par de Caualieri.
<lb/>7.
<lb/>Mira languir ne comodi, e negli agi
<lb/>L'huomo nato al sudore e alla fatica,
<lb/>Mentre agli studi attissimo, e à disagi
<lb/>Rugginoso abbandona elmo, e lorica,
<lb/>Et in vece frequenta orti, e palagi 
<lb/>Per fecondar il pampino, e la spica.
<lb/>Mira altri rifiutar palma, &amp; alloro,
<lb/>Premer l'ostro, e vestir di bisso, e d'oro.
<lb/>8.
<lb/>Quindi in pensieri morbidi, e lasciui
<lb/>Sneruata è de guerrier l'alta semenza,
<lb/>Non Gualberti, o Zenobij, od altri Diui,
<lb/>Non Marsili, od Accorsi ha più Fiorenza.
<lb/>Ma giouanetti effeminati, e schiui
<lb/>Col crin molle, e composto, e non già senza
<lb/>Spoglie donnesche, ond’ è ch’alcun s’allaccia
<lb/>E di gioie l'orecchie, e d’or le braccia.
<pb n= "31"/>
<lb/>9.
<lb/>Ben ha d’onde pietade, e disciplina
<lb/>Ogn’ alma apprenda nel vigor più fresco. 
<lb/>S’ alla Medicea Corte, oue l'Orsina
<lb/>Rosa fiorisce, e'l buon seme Sforzesco,
<lb/>Speglio si fà della virtù vicina
<lb/>Del magnanimo Cosmo, e di Francesco.
<lb/>À cui fraterni onor seruir in darno
<lb/>Non denno anco Fratelli Tebro, e l'Arno.
<lb/>10.
<lb/>Aurea scuola rassembra, aurea palestra
<lb/>Quella Corte real, di cui ti parlo.
<lb/>Mentre Pallade, e Marte iui ammaestra
<lb/>Il buon Lorenzo, e’l generoso Carlo.
<lb/>Penne stancar, rotar col piè la destra,
<lb/>E dè eneri cor mordace tarlo. 
<lb/>Ambo di Madre Lotaringa vedi
<lb/>Emuli già de Carli, e de Goffredi.
<lb/>11.
<lb/>Mostrare altrui del Ciel la via smarrita
<lb/>Ponno i vestigì sol di Maddalena;
<lb/>Per cui non pur Fiorenza ancor fiorita
<lb/>Sarà, mà l'Austria à par del Ciel serena.
<lb/>Questa non pur Giouanna, ò Margherita
<lb/>Agguagliar può mà Cunigonda, e Elena.
<lb/>E insegna, mentre 'l zelo in lei più ferue,
<lb/>Chè non ben regna alcun, s' à Dio non serue, 
<pb n= "32"/>
<lb/>12.
<lb/>Mà quell'eccelsa, e gloriosa Donna, 
<lb/>Degna di scettro Imperial, Christina.
<lb/>Alla fama crescente aurea colonna
<lb/>De Figli illustri, s'alza al Ciel vicina.
<lb/>Mentre senno viril, ch'eraro in gonna,
<lb/>Mostra, ne per gran pondo ancor declina,
<lb/>Posta è sublime, acciò virtù si pregi,
<lb/>Donna, cui d’imitar, glorinsi i Regi.
<lb/>13. 
<lb/>Com’ in chiuso giardin Vergini Rose,
<lb/>Ch’un dì Fiori saran del Paradiso,
<lb/>Regie Figlie nodrisce, e Regiè spose,
<lb/>Candide'l cor, candide 'l seno, e’l uiso.
<lb/>In lor vedi celesti, &amp; amorose
<lb/>Voglie, e raro 'l parlare, e sobrio 'l riso. 
<lb/>Dà queste sole in atti, &amp; in fauella
<lb/>Impara à farsi l'Onestà più bella.
<lb/>14.
<lb/>Mira Leonora, e ammira Caterina, -
<lb/>E le minori Claudia, e Maddalena;
<lb/>Ripiene 'l seno d'eloquenza Arpina
<lb/>Di lor virtù, di lor beltà serena 
<lb/>Fanno in mezo seder Pietà Reina.
<lb/>Mira l'Infante, che vagisce à pena,
<lb/>Chiuder di cinque Verginì Prudenti
<lb/>Il bel drappel con lampade lucenti.
<pb n= "33"/>
<lb/>15.
<lb/>E pur con tanti oggetti, e tanti esempi
<lb/>Non vuol Fiorenza anco emendar l'errore
<lb/>Or del venir l'alta cagione adempi,
<lb/>Mentr’ io m’ accingo à discacciar l'orrore.
<lb/>Disse, e Lorenzo frà i più illustri Tempi
<lb/>Sù quel discese, eretto al proprio onore.
<lb/>Oue qual è'l Pittor; s’ alla Pittura
<lb/>Tinge i rubini suoi ricca natura?
<lb/>16.
<lb/>E l'altro allor piegare in giù non volle
<lb/>Nel basso pian, doue’ l bell'Arno ondeggia.
<lb/>Mà posò sopra il rileuato colle,
<lb/>Chè Flora al lato Aquilonar vagheggia. 
<lb/>Forza degli anni. Or Flora vmil estolle
<lb/>Sublime 'l capo, e splende Etrusca Reggia.
<lb/>E cade, e giace per la piaggia aprica
<lb/>Nota à pena al vicin Fiesole antica.
<lb/>17.
<lb/>Così talhora innamorate squadre
<lb/>Seguon l’ insegne d' vn bel viso, e vago,
<lb/>Che fatto per età languida madre
<lb/>Partorisce di se più bella imago. 
<lb/>Cedon le prime forme à più leggiadre,
<lb/>Tal nacque Roma, e cadde Ilio, e Cartago.
<lb/>Così viuendo quasi ogni cittade
<lb/>Per necessaria vece, or surge, or cade.
<pb n= "34"/>
<lb/>18.
<lb/>E con quell'asta, ch'egli in mano auea,
<lb/>Oue fù appeso il Crocifisso Agnello.
<lb/>Formò vna linea, e quella linea ardea,
<lb/>Quasi aurea Zona intorno al paralello.
<lb/>Ò come sfera ha in mezo il punto, auea
<lb/>Dentro al bel Cerchio il Fiorentino ostello.
<lb/>Così per aria vedesi distinto
<lb/>D' Iride il vario, e luminoso Cinto.
<lb/>19.
<lb/>Chì 'l crederra? fuor del girone aurato
<lb/>Bestemmiando fuggì l'orrida squadra;
<lb/>Esce’l popol così dello steccato
<lb/>Di quella piazza spaziosa, e quadra,
<lb/>Se del Pallon s'accinge al gioco vsato
<lb/>La Fiorentina giouentù leggiadra.
<lb/>Quando l'ebro Tedesco agita l'asta
<lb/>Verso 'l mucchio, chè s'apre, e non contrasta.
<lb/>20.
<lb/>Fugge seco portando e l'esca, e gli hami
<lb/>Per mille vie l’ esercito Infernale.
<lb/>Come dà tronco, ò dà recisi rami
<lb/>Esce la pecchia, ò 'l prouido animale.
<lb/>Se fumo, ò fuoco sente à suò forami,
<lb/>Portando seco i dolci pegni, e tale
<lb/>Il popol fù di quella quercia antica,
<lb/>Ch’ vn Mirmidone rese ogni formica.
<pb n= "35"/>
<lb/>21.
<lb/>Quanti, è quanti sgombrar fetidi mostri
<lb/>Di là rimiri, ond’ è più breue 'l varco.
<lb/>Ampolle, odori, specchi, armi, ori, &amp; ostri,
<lb/>Le tresche sono, onde ciascun và carco.
<lb/>Altri esce dalle case, altri dà chiostri, -
<lb/>Molti, onde Baccho è del suo vin non parco.
<lb/>Mà vn diluuio ne vien dà quella banda,
<lb/>Oue si vende Venere nefanda.
<lb/>22.
<lb/>Poichè suanì lo stuol calcato, e reo
<lb/>Come suol per carattere, od incanto. 
<lb/>Soura 'l tetto souran del Battisteo
<lb/>Scese colui, ch’ anzi 'l natal fù santo.
<lb/>Piantò l'asta, e sù l'asta alzò vn trofeo,
<lb/>Ch'inuolto auea nel setoloso manto,
<lb/>Cuoio non più di ruuido cammello,
<lb/>Mà del Frisso Monton più chiaro vello.
<lb/>23.
<lb/>Qual mostra bianca man cauando’ l guanto 
<lb/>Le maritate dita à spose anella.
<lb/>Ò come suol, poichè celossi alquanto,
<lb/>Maschera trarsi nobil damigella.
<lb/>Tragge arnese real dall' aureo manto,
<lb/>E la Medicea Insegna illustre, e bella
<lb/>Scopre improuiso. Ardon le Palle, e ignudo
<lb/>Fiammeggia il grande incoronato scudo.
<pb n= "36"/>
<lb/>24.
<lb/>Arde così la Fiorentina Mole,
<lb/>Ch'è centro al Fior delle Città più belle,
<lb/>Nel suo gran dì solenne, ò quando suole
<lb/>Di felici successi auer nouelle.
<lb/>Macchina tal, che quasi tocca’ l Sole,
<lb/>E manda i raggi à prouocar le stelle.
<lb/>Dalle viscere sue tutte di foco
<lb/>Vomita Mongibelli, e accende il loco.
<lb/>25.
<lb/>E disse. O voi, chè già perpetuo bando
<lb/>Dal Ciel, ò peccatorì Angeli, aueste,
<lb/>Itene ratti, itene lungi, quando
<lb/>Delle sei Palle il bel Trofeo celeste
<lb/>Vedrete fiammeggiar. io’ l vi comando.
<lb/>Disse con modo imperioso queste
<lb/>Parole. Trema l'empia turba, ch'ode
<lb/>Quel dir altier, che già riprese Erode.
<lb/>26.
<lb/>Mà quell'Eroe, chè Dio purgò col fuoco,
<lb/>Mira del Tempio l'edifizio, e i fregi,
<lb/>E l'arche eccelse, onde risplende il loco,
<lb/>E dou’ Etruria ha i suò sepolti Regi
<lb/>Pietà m'acquisti or fede, e benche roco
<lb/>Augel io sia, la verità si pregi, 
<lb/>Dall’ vrne tragge, mentre l' apre, e volue,
<lb/>De cadaueri illustri alquanta polue.
<pb n= "37"/>
<lb/>27.
<lb/>Parte toglie di la, doue ripose
<lb/>Il suo buon Padre il Fiorentin Senato.
<lb/>Di quei, che quasi oracolo rispose,
<lb/>Nipote suo più di Caton lodato.
<lb/>Facil gli fù dal Mincio ancor l'ascose
<lb/>Ceneri auer del buon Giouanni, armato,
<lb/>Per la tua libertade, Italia oppressa;
<lb/>Pianto cadendo dall'Inuida stessa.
<lb/>28.
<lb/>E quella man d' Esecutore alato,
<lb/>Chè portò queste dall'antica Manto,
<lb/>Dal Vaticano, où ebbero il Papato
<lb/>I Clementi, e i Leoni, arrecò alquanto
<lb/>Dell'offa auguste. al fin del teschio aurato
<lb/>Del Gran Fernando tolsene altretanto.
<lb/>Et insieme mischiò con lieue mano
<lb/>Con quelle del Gran Padre, e del Germano.
<lb/>29. 
<lb/>Quindi oue vide custodir i suoi
<lb/>Vltimi auanzi alla Romana fiamma
<lb/>Questo celeste Sceuola dà poi,
<lb/>Trasse di sue Reliquie vna sol dramma,
<lb/>E mescolò col fior di quegli Eroi
<lb/>Costa, chè fù della sinistra mamma.
<lb/>Con acqua sacra poi l'infuse, e loto
<lb/>Fece, e col fiato gli diè spirto, e moto.
<pb n= "38"/>
<lb/>30.
<lb/>Tal già dà cento belle Donne, e cento
<lb/>A pelle la sua Venere compose. 
<lb/>Dà quellà 'l crin, dà questa gli occhi, e 'l mento,
<lb/>La man dall’ vna, e l'altre parti ascose.
<lb/>E qual Pigmalion diè sentimento 
<lb/>Alle scolpite sue membra amorose.
<lb/>Se potè i marmi vno scultor far viui, 
<lb/>Diesgli fè, mà non si neghi à Diui.
<lb/>31. 
<lb/>Acerbo ancora era nel seno interno
<lb/>Di Maddalena il real Germe eletto.
<lb/>Ch'inserì nel fecondo aluo materno. 
<lb/>Il misto ancora informe, &amp; imperfetto.
<lb/>Come appiccose all'omero paterno 
<lb/>Chì fù duo volte partorito, e detto
<lb/>Ditirambo, ò qual fù l'alto lauoro,
<lb/>Ch’ à Pitagora fece il fianco d'oro.
<lb/> 
<lb/>32. 
<lb/>Tal dotta mano in verde ramo innesta
<lb/>Scorza gentil, chè si condensa, e indura,
<lb/>E cosi pelle, od osso insieme assesta
<lb/>D'eccellente Chirurgo industre cura.
<lb/>Gia scende ad informar la nobil vesta
<lb/>Dalla più bella Idea l'anima pura;
<lb/>Già distingue le membra, e nel calore
<lb/>Trema’ l ceruel, palpita 'l polso, e 'l core.
<pb n= "39"/>
<lb/>33.
<lb/>Poichè maturo 'l candido - Concetto 
<lb/>Fù in sua stagion entro al materno grembo;
<lb/>Frà noi discese il nobil Parto eletto, 
<lb/>Qual fior dà ramo, ò lampo suol da nembo.
<lb/>Mentre cadeua d'Ocean nel letto
<lb/>Quasi cedendo’ l Sol. nell'aureo lembo
<lb/>L’inuose il diuin Muzio; e tal si vide
<lb/>Amor in braccio à Dido, ò in cuna Alcide.
<lb/>34. 
<lb/>Erano allora in più sublime parte -
<lb/>Del Ciel disposti i suò miglior Pianeti.
<lb/>Arrise Gioue à lui propizio, e Marte
<lb/>Atti mostrò feroci insieme, e lieti. 
<lb/>Raccolse in lui tutte sue Grazie sparte
<lb/>Venere, e gli occhi belli, e mansueti
<lb/>Girò temprando il bellico rigore,
<lb/>E rise, e mescolò vezzi d'Amore
<lb/>35.
<lb/>S’accompagna con lei chiaro, e sublime
<lb/>D’ Atlante il facondissimo Nipote,
<lb/>E nel Leon s'auanza, e quindi imprime 
<lb/>Desir in lui d’ vdir musiche note,
<lb/>E forse di por mano à dotte rime,
<lb/>Et all'arti di Febo à lui pur note.
<lb/>Cigni felici, e voi, Muse beate, -
<lb/>Ch' aurete vn nuouo Augusto, e vn Mecenate.
<pb n= "40"/>
<lb/>36.
<lb/>Le penne eterne, e gli immortali inchiostri
<lb/>Preparate, e i volumi, e i plettri intanto.
<lb/>Mirate seco nati à vn parto i vostri
<lb/>Premi, e gli allori a lui fiorire à canto.
<lb/>Gentil mia Clio, s'onore, e vita à nostri
<lb/>Carmi lice bramar, gradisca alquanto
<lb/>Questo deuoto stil, chè seco nasce,
<lb/>E poi ch'altro non può, l'onora in fasce.
<lb/>37.
<lb/>Lungi la falce dalla regia cuna
<lb/>Vibrò rotando il rigido Saturno.
<lb/>Nel bel Natale inargentò la luna
<lb/>Il manto, e 'l velo, e parue vn Sol notturno.
<lb/>Della sua chioma prodiga Fortuna
<lb/>Fermò della sua ruota il cerchio eburno,
<lb/>E l'inchiodò con aureo scettro, e al fine
<lb/>La pargoletta man gli empieo del crine.
<lb/>38.
<lb/>Sentissi al calpestio del piè sonoro
<lb/>Ascender luminoso il Capricorno.
<lb/>Ti conosco dà lunge all’ vnghie d'oro,
<lb/>O nodritor di Gioue, e all'aureo corno.
<lb/>Tù di palma il Gran Cosmo, e tù d'alloro
<lb/>Fregiasti Augusto, il primo, e 'l nono giorno
<lb/>Del quinto mese; Or tù cortese arridi
<lb/>Come alle None, ancor benigno agli Idi.
<pb n= "41"/>
<lb/>39.
<lb/>Et è ragion, ch’ alle Calende armate
<lb/>Del sempre à Cosmo liberale Agosto,
<lb/>Con ricca messe di Corone aurate
<lb/>Sia dà vn prodigo Luglio ancor risposto.
<lb/>E'l superbo Leon Rè della state
<lb/>Vnito incontra ogni Pianeta opposto,
<lb/>Ti segua, onde non sien dà voi lontane
<lb/>Le Scuri, e i Fasci, e l' Aquile Romane.
<lb/>40.
<lb/>Fauola forse fù , chè già cotante
<lb/>Api la bocca incoronar di Plato.
<lb/>E chè Pelide fuor chè nelle piante
<lb/>Impenetrabil fosse in ogni lato. -
<lb/>Mà vera fama è ben, che’ l regio Infante
<lb/>Raccolse nel vagir celeste fiato.
<lb/>Dal Semideo sopra la brace adusto,
<lb/>Chè gli empiè d’ alto spirto il petto, e 'l busto.
<lb/>41.
<lb/>Dalla pelle gentil, ch' ei preme, e tasta
<lb/>L' vmor più corruttibile n'emunge.
<lb/>Perchè la carne sia più pura, e casta
<lb/>Di Nettare diuin l'immolla, &amp; vnge.
<lb/>Ò merauiglia, era qual cera, ò pasta,
<lb/>Or dura è sì, ch’ à pena stil la punge.
<lb/>Tal si congela il liquido christallo,
<lb/>Ò fuor del mare il tenero corallo.
<pb n= "42"/>
<lb/>42.
<lb/>De Celti, e de Latini era costume,
<lb/>Nell'aspro giel dell' orrida stagione 
<lb/>I figli lor nell'agghiacciato fiume
<lb/>Nati à pena tuffar sino al tallone.
<lb/>Per far del freddo, e dell' estiuo lume
<lb/>Tollerante la lor complessione,
<lb/>Chè si restringe à quel rigor, e indura
<lb/>Quant’ ha di morbidezza in se natura.
<lb/>43.
<lb/>Ne quì finio, mà sparse alquante stille
<lb/>Il Diuo sù la lingua ancor digiuna
<lb/>Del vapor ch’ alle parti alte, e tranquille
<lb/>Salendo, si purgò sotto la Luna.
<lb/>E condensato per mille anni, e mille
<lb/>E in giù respinto, e in India al fin s’ aduna, 
<lb/> Fatto diamante per vigor superno
<lb/>Durabil sì, chè si può dir eterno. 
<lb/>44.
<lb/>Questo mentr’ ancor liquido, e sottile
<lb/>Attragge caldo temperato, doue
<lb/>Si congela la pioggia, vmor gentile
<lb/>Diuien così, chè beuesi dà Gioue.
<lb/>Ambrosia detto. à Semidei simile.
<lb/>L'huom fa gustato, e accende ad alte proue
<lb/>Da facondia, e vigor vitale, ond' ebbe
<lb/>Sì lunga vita Nestor, chè ne hebbe.
<pb n= "43"/>
<lb/>45.
<lb/>Auea le ricche fasce, e l'aurea cuna,
<lb/>E gli splendidi veli, e i manti, e i fiori
<lb/>Aragne Etrusca preparati, &amp; vna
<lb/>Nodrice eletta già frà le migliori.
<lb/>Mà al Custode diuin non parue alcuna
<lb/>Abile à dargli i nutritiui vmori;
<lb/>Chè peregrino è ogn'altro latte, e viene 
<lb/>Natural sol dalle materne vene.
<lb/>46. 
<lb/>Proprio è quel solo, e più bramato, ond’ ebbe
<lb/>Il Concetto gentil materie, e forme
<lb/>Nell’ vtero parente, e visse, e crebbe
<lb/>Di quel, ch'à sua sustanza, è più conforme.
<lb/>Nè senza offesa alimentar lo debbe -
<lb/>Di mammella matrigna vmor difforme.
<lb/>Chè non per altro tralignar dà buoni
<lb/>Lor Genitori i Commodi, e i Neroni.
<lb/>47.
<lb/>E perche puro in sua sustanza, e schietto
<lb/>Beua’ l liquor, ch'à lui più si conface; -
<lb/>Con inuisibil man dal regio petto
<lb/>Quei, ch’ esca fù già di cocente brace,
<lb/>Quattro, ò sei stille trahe di sugo eletto,
<lb/>E in vn calice infonde, e ber lo face
<lb/>All'incauta Nodrice, e quello à pieno
<lb/>Ratto trascorse à inebriarle’l seno.
<pb n= "44"/>
<lb/>48.
<lb/>Ma già frà ricchi veli, e ricche bende,
<lb/>Ch’ i lembi han d' oro, e d'oro ogni sua lista,
<lb/>Inuolto è 'l real Germe, e 'l Tempio ascende,
<lb/>Ch’ à Marte tolse il placido Batista.
<lb/>Angelo’l porta suo custode, e’l prende
<lb/>Pur angelica man’ da altrui non vista
<lb/>Non braman occhio uman, perche sien veri
<lb/>I secreti del Cielo alti misteri.
<lb/>49.
<lb/>Doppia custodia è custodir soggetti
<lb/>Debbesi al Rè, s’vna al plebeo conuiensi.
<lb/>Già fumar vedi in puri argenti eletti
<lb/>Vergini cere, &amp; odorati incensi.
<lb/>E i sacerdoti in lungo ordin ristretti
<lb/>Vestir di neue, e d'ostro ardente accensi
<lb/>Con la nodosa Claua, e’l vello (fregi
<lb/>Del grande Alcide) i Senatori egregi.
<lb/>50.
<lb/>Mà quei, chè battezzò nel bel Giordano
<lb/>Il suo signore, e nel morir precorse,
<lb/>Primà, chè 'l bel Fanciullo ancor pagano
<lb/>Giugnesse la, sul limitar occorse.
<lb/>L'accolse, e resse con paterna mano
<lb/>L'Eroe, chè dalle fiamme il piè non torse.
<lb/>Del Padrin questi le sembianze note
<lb/>Prese, e l'aspetto quei del sacerdote.
<pb n= "45"/>
<lb/>51. 
<lb/>Venuto intanto dall'Ispano Ibero
<lb/>La promessa reale à far solenne,
<lb/>Di Valenza era il nobil Messaggiero,
<lb/>Qual, d'onde, &amp; oue si mandò, conuenne.
<lb/>D’ vmane pompe il gran rifiuto altero
<lb/>Con atto confermò, chè dolce auuenne;
<lb/>Il bel fanciullo, e rise, e frà le fasce
<lb/>Lieto segno mostrò, che si rinasce.
<lb/>52. 
<lb/>Arrise il Ciel, come accettasse il patto,
<lb/>E tuonò sopra il nobile edifizio;
<lb/>Allor venir dal Ciel con lungo tratto
<lb/>Quel libro sì mirò scritto ab inizio.
<lb/>Eterno irreuocabile contratto
<lb/>E’ ogni nota; e non se n' haue indizio.
<lb/>Quì solo Dio scriue, e cancella, come -
<lb/>Pare à lui, ch'è Scrittor, questo, e quel nome.
<lb/>53.
<lb/>Segnato appar di fuora Alfa, &amp; Omega,
<lb/>Il resto è chiuso; Iddio l'apre, e sigilla;
<lb/>Antichissimo Vecchio ora dispiega
<lb/>Quel che non seppe Oracolo, è Sibilla.
<lb/>Vecchio, che fù di Dio quagiù Collega,
<lb/>E con mente spiò pura, e tranquilla
<lb/>Sopra’ l suo petto alti secreti, e quali
<lb/>Esser debban del Ciel gli eterni annali.
<pb n= "46"/>
<lb/>54.
<lb/>Il libro è questo dell'eterna vita, -
<lb/>Ò beato qualunque iui è descritto. 
<lb/>Qual già nel Cielo Iddio mostrò scolpita
<lb/>L'accesa nube al popol suo in Egitto;
<lb/>Pronunziato dalla voce vnita
<lb/>De sacerdoti il luminoso scritto,
<lb/>Si fece tal l'aureo caratter, quando
<lb/>S’ vdi 'l bel Nome impor di Ferdinando:
<lb/>55.
<lb/>Ò chiaro eccelso Nome, ò d'alti fregi
<lb/>Nome degno, e sublime, ogn’ vn t'ammiri;
<lb/>Nome d' Eroi, d' Imperatori, e Regi,
<lb/>Chè nel tuo suon verace gloria spiri.
<lb/>Fiorisci eterno ne miei Duci egregi,
<lb/>Splendi immortal ne sempiterni giri;
<lb/>Per te la Fama con perpetuo fiato
<lb/>Da vocè, è spirto al suo metallo aurato.
<lb/>56. 
<lb/>Custodiscilo tù, chè lo scriuesti,
<lb/>Ò Rè de Regi, nel volume eterno;
<lb/>Nè si cancelli mai frà quei celesti
<lb/>Nomi, come celeste è 'l suo gouerno.
<lb/>Mirò dà lunge, e male disse questi
<lb/>Atti sourani il nero stuol d'Inferno. 
<lb/>E bestemmiò 'l caratter venerando, 
<lb/>Per cui d'Etruria andar si vide in bando. 
<pb n= "47"/>
<lb/>57.
<lb/>L'insegne auea di Caualier Christiano
<lb/>Nell'alma impresse il Pargoletto amato;
<lb/>Chè qual Tauola rasa vscì di mano
<lb/>Al suo Fattor, è duò Custodi è dato.
<lb/>Sparuero allor, qual lieue sogno, e vano,
<lb/>Quelle sembianze, e sparue 'l libro aurato.
<lb/>Mosse ver mè quell' immortal Fenice
<lb/>Cui fù rogo la Grata; indi mi dice.
<lb/>58.
<lb/>Io, chè ti fei veder nel gran volume
<lb/>Il caratter di Dio, ch'è altrui secreto.
<lb/>Scorger ti debbo anco al notturno lume.
<lb/>Ou’ è, chì’ l tuo desir può far quieto.
<lb/>E quel predirti; c’ huomo in van presume
<lb/>Del Cielo ineuitabile Decreto.
<lb/>Sappian dunque però l'Arno, e Bisenzo,
<lb/>Che ciò ti detta l'immortal Lorenzo.
<lb/>59.
<lb/>À tuò studi conuiensi, e alle fatiche
<lb/>Le risposte ascoltar della Sibilla;
<lb/>Chè t’ esponga caratteri, e rubriche,
<lb/>E del suo oscuro libro ogni postilla.
<lb/>Perchè tù  canti le memorie - antiche, 
<lb/>Oue forisce il buon popol di Silla, 
<lb/>Dè miei deuoti Medici. Sublime
<lb/>Innalzerò’l tuo ingegno, e le tue rime. 
<pb n= "48"/>
<lb/>60.
<lb/>Quindi è tè, Musa obbediente, impose
<lb/>Pigliar la penna, e registrar le proue 
<lb/>Del tuo Gran Cosmo, e ti dettò gran cose,
<lb/>Ch’ auanzeran le palme antiche, e nuoue.
<lb/>E dè suo Figli l'alte imprese ascose
<lb/>À gli occhi vmani, e sol presenti à Gioue.
<lb/>Ch'à secoli auuenir col guardo aggiunge,
<lb/>E visibili altrui le fà dà lunge.
<lb/>61. 
<lb/>Quanto far dee ne suò riposi, e quanto
<lb/>Frà le leggi vegghiar, sudar frà l'armi
<lb/>Il tuo Duce, t’ informa. Or taccia alquanto
<lb/>Chì falso stima il testimon de carmi. 
<lb/>Beua’ l fanciul real col latte 'l canto
<lb/>De propri Eroi emulo altiero, e s'armi.
<lb/>(Soggiunge il Diuo) e sappia ognun chè lieti
<lb/>Interpreti del Ciel son i Poeti.
<lb/>62.
<lb/>Nè soffrirà giamai, chè tù stia cheta
<lb/>Nelle sue lodi il generoso Duce.
<lb/>Che magnanimo suol d’ ostro, e di seta
<lb/>Vestir, chì veste lui d'eterna luce.
<lb/>Ascolta, ò Cosmo Eroe; non ti si vieta
<lb/>Farti maggior di Castore, e Polluce.
<lb/>Vsa i tesori tuoi; Tù sai, chè puote
<lb/>Dorata penna formar d' or le note.
<pb n= "49"/>
<lb/>63.
<lb/>Io quindi è lui; se l'insegnar ti gioua,
<lb/>Ò pio lorenzo, è à mè imparar diletto. 
<lb/>Dimmi, se scritto il nome mio si troua
<lb/>Nel libro eccelso? ò s'altro mai v'hai letto ?
<lb/>Et egli allor. Alta indicibil nuoua
<lb/>Mi chiedi. Questo lesse il Vaso eletto
<lb/>Rapito al terzo Cielo, e nulla disse;
<lb/>E di Dio’l segretario, e nulla scrisse.
<lb/>64.
<lb/>Il terzo ti vorrai far tù fà questi ,
<lb/>Ch'ingegno ebber si pronto, e cor sì mondo?
<lb/>Mà pur lo ti dirò, perchè ti desti
<lb/>À maggior Zelo il ragionar profondo,
<lb/>Monstran notati i numeri celesti
<lb/>I vostri giorni, e'l dì mortal del mondo.
<lb/>Tè di tè poi domanda, e che ti nuoce
<lb/>Il dubitarne? e sparue egli, e la voce.
<lb/>65.
<lb/>Salutato da fulmini terreni
<lb/>Già se n’vscia cò titoli Christiani,
<lb/>Il Principe de popoli Tirreni
<lb/>Frà belle Donne, e Caualier sourani.
<lb/>Chè tù lieto gli applaudi, e lo sostieni,
<lb/>Ò dell'Ostro Roman degno Grimani,
<lb/>L'accompagnan le Grazie Ancelle fide,
<lb/>Cantan le Muse, Amor trionfa, e ride.
<pb n= "50"/>
<lb/>66.
<lb/>Và lieto è rallegrar l'inclita Madre,
<lb/>Spirto ben nato, e t’accompagni Amore. 
<lb/>Degli Aui tuò Magnanimi, e del Padre
<lb/>Odi l'imprese, e imprimile nel core.
<lb/>I tuò vagiti sien opre leggiadre,
<lb/>Tuò vezzi fanciulleschi armi, e sudore.
<lb/>Così nodrissi il fiero Achille; Ponno
<lb/>Mie rime intanto lusingarti il sonno. 
<lb/>Fine del secondo canto.
<pb n= "51"/>
<lb/>ARGOMENTO.
<lb/>Guida Lorenzo la sua Clio diletta,
<lb/>Perch' alte cose apprenda, alla sibilla; 
<lb/>Ella mormora prima, e poi le detta
<lb/>Aluariar, chè fà l'aria tranquilla. 
<lb/>Come Teseo la bella in segnà eletta
<lb/>Del Palladio compose, e compartilla;
<lb/>E nel tempio di Pallade l'appese,
<lb/>Agli Eroi descendenti illustre Arnese.
<lb/>CANTO TERZO.
<lb/>DÌ, Musa, hor tù mentr’ à dormir s’alletta
<lb/>Il successor del mio buon Duce inuitto,
<lb/>Gli Eroi Progenitori; à tè s'aspetta
<lb/>La lunga serie, e l'ordine prescritto.
<lb/>Chè già vedesti questa Prole eletta
<lb/>Nel gran volume Sibillino, scritto
<lb/>Dall’ Amaltea Cumana allor, ch' à Roma
<lb/>Portò dè libri suoi la ricca soma.
<lb/>2.
<lb/>E frà quei trè, cui perdonò la fiamma, 
<lb/>Al Rè Tarquinio restò questo intero;
<lb/>Fù custodito in Campidoglio, e dramma
<lb/>Tolta non fù, fin chè durò 'l suo Impero.
<lb/>Mà Tanaquil, come 'l desir l'infiamma,
<lb/>Femmina vaga di saper il vero, 
<lb/>Presaga, come arder douea quel loco,
<lb/>Il quaderno miglior saluò dal foco.
<lb/> 
<pb n= "52"/>
<lb/>3. 
<lb/>E lo ripose in sotterranea parte 
<lb/>A lei sol nota, dentro è immobil arca;
<lb/>Molt’ anni il libro quì stette in disparte,
<lb/>Fin chè fiorì Filippo, il buon Monarca;
<lb/>Lorenzo al fin quì ritrouò lecarte,
<lb/>Mentre (nè à caso è sì bel caso) ei varca;
<lb/>Riserbati dal Ciel (qual merauigilia?)
<lb/>A lui Tutor della Real Famiglia.
<lb/>4.
<lb/>Sai tù, chè di Filippo era scudiero
<lb/>Il buon Lorenzo Caualiero Hispano 
<lb/>Tai serui haue vn buon Rè (nè Decio altiero
<lb/>Fatto era ancora Imperator Romano) 
<lb/>Chè quà, doue fiorisce il Tosco Impero
<lb/>Sotto i Medici Eroi, mandò lontano 
<lb/>Il caro libro in prezioso vaso 
<lb/>All'Arno, Arno à Bisenzo, e almio Parnaso.
<lb/>5. 
<lb/>Meco mi consigliai, poscia col dotto
<lb/>Mio Febo, e con le Muse ad una ad una;
<lb/>Tù 'l sai, mia Clio. Mà quando poi fù cotto 
<lb/>Lorenzo, e in Ciel raccolto, all'aria bruna
<lb/>Mi si fece veder, ne mi fè motto,
<lb/>Mà là mi scorse, oue sorgea la luna 
<lb/>In solitario colle; Iui il gran velo
<lb/>Di stelle d'oro auea più ricco 'l Cielo.
<pb n= "53"/>
<lb/>6.
<lb/>Donna vidi io con bende, e verga in mano
<lb/>E (non sò come) con l'isteso libro.
<lb/>Maga rassembra al portamento strano,
<lb/>Ò colei, che recò l'acqua nel cribro,
<lb/>Ratto suani lo spirito sourano
<lb/>E quì lasciommi. Il guardo intorno io vibro.
<lb/>L'altra così dicendo à mè si volse,
<lb/>Et il mio cor dà merauiglia sciolse.
<lb/>7.
<lb/>Quell' Amaltea son io, ch'intesi, e dissi
<lb/>Col profetico lume il gran mistero
<lb/>Del vostro Dio risorto, e chè descrissi
<lb/>Del gran Palladio, è mè sol certo il vero.
<lb/>E pronta vengo à riuelarlo. Hor fissi
<lb/>Tien gli occhi pur nel lucido Hemisfero
<lb/>Mentre al libro risponde, e l'aria, e 'l vento.
<lb/>Ella susurra, &amp; io rimiro intento. 
<lb/>8. 
<lb/>Segue prodigio il ragionar presago,
<lb/>Com'allor, chè per pioggia il Ciel s'imbruna.
<lb/>Denso vapor dà terra esala , e vago
<lb/>Nembo si forma, e s'alza in ver la luna.
<lb/>Come in aperta scena, ombra, od imago
<lb/>Al cader delle’ tende’ esce opportuna.
<lb/>Ò Girandola suol con certa legge
<lb/>Rotar, escon sembianze allor chè legge.
<pb n= "54"/>
<lb/>9.
<lb/>In doppie falde rincrespar vedresti
<lb/>(Mirabil vista) il mobile elemento.
<lb/>E finger armi, e simolacri, e vesti
<lb/>Tremule, e chiare, &amp; agitarsi al vento.
<lb/>Così di fiamma, e d’ or forme celesti
<lb/>Compone opposta al sol nube d'argento.
<lb/>Tale il fumo, ch’ in onde al Ciel si volue,
<lb/>Forma nuoue sembianze, e le risolue.
<lb/>10.
<lb/>Et ecco prima appar vn gran trofeo
<lb/>D'armi lucenti, vsbergo, hasta, e cimiero
<lb/>Poi con la spada à lato vn semideo,
<lb/>Chè dieci ardenti Palle ha nel Quartiero.
<lb/>Amaltea legge. Questi è 'l buon Teseo,
<lb/>Ch'impugna ardito ilsuo Palladio altero,
<lb/>Degno arnese di lui. Di tanta historia
<lb/>Nota à mè sol, non è frà voi memoria.
<lb/>11.
<lb/>Chè di Pallade fusse, e chè dal Cielo
<lb/>Cadesse già, nobile fù menzogna,
<lb/>E chè le sfere imprese entro’l suo velo
<lb/>Sien i vermigli Globi afferma, e sogna
<lb/>Mà pietà vera di Christiano zelo,
<lb/>Chè Dio conosce, tal bugià rampogna, 
<lb/>Di Teseo fù, questo l'auerto, e 'l credi,
<lb/>E come, e quando ti dirò, se’ l chiedi. 
<pb n= "55"/>
<lb/>12.
<lb/>Et io; Nulla mi fà sudar cotanto,
<lb/>Nè vegghiando viè più volger le carte
<lb/>Di Cassandra, d'Egeria, o pur di Manto,
<lb/>Quanto 'l desio d'intender questo in parte.
<lb/>Al mio signor, che di cortese, ha vanto,
<lb/>Cara prometto, e graziosa farte,
<lb/>E s'vdì’ l pio Troian già la Cumea,
<lb/>Pari, è maggior è 'l Duce mio d'Enea.
<lb/>13.
<lb/>Cominciò allor la saggia Donna. Egeo
<lb/>Felicissimò Rè fù già d'Atene
<lb/>Fin chè mandar empio tributo, e reo
<lb/>Non fù costretto alle Cretensi arene
<lb/>Dal Rè Minos, chè’ l figlio suo Androgeo
<lb/>Col piacer vendicò dell'altrui pene.
<lb/>E chè mandasse impose (ò van restauro)
<lb/>Sette fanciulli ogn’ anno al Minotauro.
<lb/>14. 
<lb/>Mostro fù quel, chè partorì d’vn Toro,
<lb/>(Parto nefando) l'impudica mogliè.
<lb/>Ch'vsò di vacca frà gli armenti loro
<lb/>(Libidine bestial) muggiti, e spoglie.
<lb/>Dedalo autor fù del nouel lanoro,
<lb/>Per saziar le scelerate voglie.
<lb/>Onde poi nacque del concetto enorme
<lb/>(Simile al genitor) bestia biforme.
<pb n= "56"/>
<lb/>15.
<lb/>E fè chì al suo volar fabbricò l'ale,
<lb/>(Edifizio stupendo) il laberinto.
<lb/>Oue per cento porte, e cento scale
<lb/>Confuso auuolgimento era distinto.
<lb/>Senza smarrirsi non v'entrò mortale,
<lb/>Nè si smarrì senza restarui estinto.
<lb/>Chè l'empia bestia con perpetua fame
<lb/>Aucua cibo scarso alle sue brame.
<lb/>16.
<lb/>S’esequì 'l patto’, e si fermò per legge
<lb/>Di trar le sorti nel tributo annale.
<lb/>L'vrsa contiene i nomi, e'l caso elegge,
<lb/>Frà gli altri sei, Teseo fanciul Reale.
<lb/>Condanna ognun, mà non però corregge
<lb/>L'elezzion, chè lo statuto è tale,
<lb/>Chè non è à quanto giudica fortuna
<lb/>Per qual si sia cagion, replica alcuna.
<lb/>17. 
<lb/>Accompagnato dà fedel drappello,
<lb/>Come fatal necessità dispone,
<lb/>Acertissima morte andò (per quello 
<lb/>Ch’ agli altri auuenne) il nobile Garzone.
<lb/>E consegnato sù leggier battello
<lb/>Rinchiuso fù nell'horrida prigione,
<lb/>E giudicato assai più bel di quanti, 
<lb/>O venner seco, ò capitaro innanti.
<pb n= "57"/>
<lb/>18.
<lb/>Figlia, chè di beltà vinse ogni lode,
<lb/>Habile agli Himenei, detta Arianna
<lb/>Di creta haueua il Rè, cui sol custode
<lb/>Fece di quei, ch'empia ragion condanna
<lb/>Già si compiace la fanciulla, e gode
<lb/>D’ hauer sì bel prigion, mà pur s’inganna,
<lb/>Chè la Greca beltà, nemica altera,
<lb/>Fece prigion al fin la prigioniera. 
<lb/>19.
<lb/>La cortesia, l'etade, il regio sangue 
<lb/>Conforme in ambedue produsse amore, 
<lb/>Chè impera in lei ch'è libera, ma langue
<lb/>Nel fanciul, ch’è prigion del suo dolore,
<lb/>Bolle nel sen sotto sembiante e sangue
<lb/>Feruido 'l cor, perchè vilmente muore. 
<lb/>Se n'auuede ella, chè non facil chiede,
<lb/>Quel chè poi facilmente ella concede.
<lb/>20.
<lb/>Lo visita souente, e l'accarezza,
<lb/>Talhor lo scioglie, e gli apre ancor le porte
<lb/>E biasimando la paterna asprezza
<lb/>Mostra chè del suo mal le incresca forte.
<lb/>Saluar non può, può ben serbar la senza
<lb/>L'innocente beltà, ch' è rea per sorte, 
<lb/>Venne l'ultimo giorno , all’ vltim’ hora
<lb/>Differì pure. E quella venne ancora.
<pb n= "58"/>
<lb/>21.
<lb/>Oh come volentieri ella in sua vice 
<lb/>Andrebbe là, d’onde’ l ritorno è chiuso; 
<lb/>Mà non salua però quell'infelice,
<lb/>Chè riman nella carcere rinchiuso,
<lb/>E se ne’ l traggè, teme l'ira ultrice
<lb/>Del Genitor, ond'e'l perdono escluso,
<lb/>E poi, perchè mandarne al lido Greco,
<lb/>Colui, che sempre ella vorrebbe seco? 
<lb/>22.
<lb/>E'l fuggir ambeduò difficil quanto
<lb/>È à Donzella ingannar guardie, e Piloti,
<lb/>E se le insegna Amor mentire el manto,
<lb/>Timor le forma in mar procelle, è Noti. 
<lb/>E dè Greci la fè sospetta, e'l vanto, 
<lb/>E del Garzone atti, e pensieri ignoti.
<lb/>Al fin legge, timor, crudel ragione
<lb/>La sforza ad esequir nel bel prigione.
<lb/> 
<lb/>23.
<lb/>Nuouo dolor. Hor diuien rea d'amante, 
<lb/>Della morte di cui brama la vita. 
<lb/>Cadder le chiaui, e vacillar le piante, 
<lb/>Allor, chè nesta s’appreso all’uscita.
<lb/>Qual poi ch’ aperse, e vide’ l bel sembiante ,
<lb/>Esaminando 'l fin, adde smarrita 
<lb/>Inbraccio à lui, ch’ vn opportuna fuga
<lb/>Lascià, e la regge, e con bel vel l’asciuga. 
<pb n= "59"/>
<lb/>24.
<lb/>Poi ch'ella in sè ritorna, e gli occhi in giro
<lb/>Volgendo in braccio al buon Teseo si troua;
<lb/>Non le dispiace in tutto il suo martiro,
<lb/>Cagion di quel piacer, chè di lui proua
<lb/>Messaggiero del cor, manda vn sospiro, 
<lb/>Et à lui dice. Atto sì pio chè gioua ?
<lb/>Malgradita pietà, pietà diseara, 
<lb/>- Cui per premio la morte hor si prepara.
<lb/>25. 
<lb/>Et egli allhor. Se’ l Cielo è tè mi feo 
<lb/>D'età conforme, e in nobiltade eguale;
<lb/>Come m'ha fatto tuo prigione, e reo, 
<lb/>Con sì diuerso fine al mio natale. 
<lb/>Può ben à preghi miei crudele, e reo
<lb/>Far, per maggior mio danno, ogni mortale;
<lb/>E duro oltre ogni fede, oltr'ogni stile
<lb/>Far, per natura, vn cor molle, e gentile.
<lb/>26.
<lb/>Mà non farà però l'empio destino, 
<lb/>Ch'io non sia sempre inuitto, &amp; innocente,
<lb/>E ch'io non creda in tè spirto diuino,
<lb/>E se diuino 'l creda anco innocente, 
<lb/>Vergine illustre, e chè non sia vicino
<lb/>Al mio male il mio bene, anzo presente. 
<lb/>Beato io sì, poi chè per tè lice 
<lb/>La mia infelicità render felice. 
<pb n= "60"/>
<lb/>27.
<lb/>Concedi adunque tù, non come amica,
<lb/>(Se paterno rigore, ò legge ostile
<lb/>Tal mi ti nega) almen come nemica,
<lb/>(Chè può nemica ancor esser gentile)
<lb/>E come figlia d'alto Rè, ch'io dica,
<lb/>Se tù la tua condizzion fai vile,
<lb/>E, me pur nato di corona spregi,
<lb/>Chè gran miseria sia nascer di Regi.
<lb/>28. 
<lb/>Nè ti chieggio io dilazione, ò vita, 
<lb/>Chè dianzi in poter mio fù questa, e quella,
<lb/>Mentre cadendo tù l'aperta vscita
<lb/>Mi diè di scampo occasion sì bella.
<lb/>Nè chè tù meco in dolce nodo vnita
<lb/>Ti faccia Atene, e tutta Grecia ancella;
<lb/>E quindi proui quant'è più gioioso 
<lb/>D'ogni affetto padre amor di sposo.
<lb/>29.
<lb/>Oue al tuo merto saria poco (quando
<lb/>Meco venisse tù) farti Reina.
<lb/>Ragion potrei, mà pietà sol domando,
<lb/>Pietà, chè ti può far à Dio vicina;
<lb/>Dammi, ch'armato io possa entrar col brando,
<lb/>Oue barbara legge hor mi destina; -
<lb/>E mi fia grazia tal, chè 'l dir, ch'io viua
<lb/>À te, e per tè, poco sarà, mia Diua. 
<pb n= "61"/>
<lb/>30.
<lb/>Chè se non è tutto di ferro’ l mostro,
<lb/>Ò s’al centro non guida il laberinto.
<lb/>Spero, poter dall'intricato chiostro
<lb/>Vscir, lasciando’ l Minotauro estinto;
<lb/>E tè condurne, oue al soccorso nostro
<lb/>Venir vedrai più d’vn nocchiero accinto.
<lb/>E giuro per la fè, ch’ à Gioue osseruo,
<lb/>Esserti, qual vorrai, marito, ò seruo.
<lb/>31. 
<lb/>Mà s’ io morrò, morrò qual caualiero,
<lb/>Chè per la patria pugni, e per la vita.
<lb/>Tù di pietade haurai l'honore intero,
<lb/>E và pietade à gran valore vnita.
<lb/>Nè violato fia’l paterno impero,
<lb/>Perchè mi cinga tù spada forbita
<lb/>Pietà ti scusi, e s’è pietà peccato,
<lb/>Peccando in lui, sarà’ l peccar lodato.
<lb/>32.
<lb/>E come dirlo all'implacabil padre
<lb/>Può mostro estinto, chè viuendo è muto? -
<lb/>E tù l'onta soffrir della tua madre
<lb/>Nel tuo fratel (con pace tua) cornuto,
<lb/>Oue douresti in parti oscure, &amp; adre -
<lb/>Hor seppellirlo, e spegnerne il tributo;
<lb/>Et accorgerti homai, ch' infami, e sozze,
<lb/>(Per la parte, ch'ei u’ ha) fà le tue nozze?
<pb n= "62"/>
<lb/>33.
<lb/>Mentre sì dice il Principe d'Atene,
<lb/>Par chè nell'alma, è lei ragioni Amore
<lb/>In guisa tal. Empio colui, che tiene
<lb/>Tal beltà chiusa, e tù crudel, se muore. -
<lb/>Non con l'uso comun trattar conuiene
<lb/>Beltà, c’ ha priuilegio, &amp; hà valore.
<lb/>Ordina (à voglia sua) Minos la legge,
<lb/>Mà l'interpreta Amore, e la corregge.
<lb/>34.
<lb/>In quella parte al fin, che Amor le detta
<lb/>Amor, ch'impero hà nè giudizi humani;
<lb/>Inchina, e quindi parte, e non aspetta
<lb/>I seruigi, che forse eran lontani.
<lb/>Toglie dal muro vn armadura eletta,
<lb/>Chè già tempraro i Fabri siciliani.
<lb/>E vn aurea spada, chè già molto prima
<lb/>Fabricata hauea al Rè Dedala lima.
<lb/>35. 
<lb/>E frettolosa cò bramati arredi -
<lb/>Torna la bella Donna al primo loco.
<lb/>E li porge, e gli dice. A tè, chè chiedi,
<lb/>Quando merti cotanto, hora si poco;
<lb/>Dono quest'armi, mà non è, qual credi,
<lb/>Atterrar fiera - bestia  hor breue gioco.
<lb/>Posson queste bastare al tuo valore,
<lb/>Mà non al tuo periglio, e al mio timore.
<pb n= "63"/>
<lb/>36.
<lb/>Più certa render bramo, e più sicura
<lb/>Io la tua vita, in cui la mia respira;
<lb/>Sè spezzar ogni maglia, ogn'armadura
<lb/>Può del fiero animal la forza, e l'ira;
<lb/>Chè giouan l’armi poi frà quelle mura,
<lb/>Ou’ vn perpetuo error gli animi aggira;
<lb/>Et vn entrata in cento, e più riesce,
<lb/>E tutte poi confonde; e alcun non n'esce?
<lb/>37. 
<lb/>Trè Palle io ti darà, perchè l’auuenti 
<lb/>Alla bestia famelica, &amp; ingorda:
<lb/>Chè subito faran, chè s'addormenti,
<lb/>E caggia à piè, pria chè ti cozzi, è morda.
<lb/>Tù quindi per quei vari auuolgimenti
<lb/>Tenendo in man la maestreuol corda,
<lb/>Te ne verrai dall'animal biforme
<lb/>Delle prime vestigia à trouar l'orme.
<lb/>38.
<lb/>Così dice, e gli dà di bianco lino 
<lb/>Auuiluppato fil lungo, e tenace.
<lb/>E con sangue di Tasso, e con buon vino
<lb/>Cosse prima al calor di poca brace
<lb/>Sonnacchiosa papauero marino,
<lb/>Aconito, cicuta, oppio efficace;
<lb/>E trè Palle ne feo, perch’ vna sola
<lb/>Almen nè getti nell' aperta gola.
<pb n= "64"/>
<lb/>39.
<lb/>Chì vide mai sù la crudel finestra
<lb/>Il reo mesto aspettar l'ultima spinta,
<lb/>Se lieta voce ascolta, è nobil destra
<lb/>Spezza la fune intorno al collo auuinta;
<lb/>Come ardito si leua, e si scapestra,
<lb/>Non credè agli occhi, ne alla corda scinta. 
<lb/>Mà qual è poi, se bella Donna 'l mena
<lb/>Alle bramate nozze, e à ricca cena?
<lb/>40.
<lb/>Tale 'l diletto, e l'allegrezza è tanta -
<lb/>Del bel Garzon della Cecropia terra;
<lb/>Bacia la bella man, bacia la pianta,
<lb/>Ringraziando la loda, e à piè s'atterra;
<lb/>Ringrazia ella sue grazie, e poi l'ammanta
<lb/>Di splendide armi, e d'habiti dà guerra,
<lb/>E in sè 'l vagheggia, e parle al bel sembiante
<lb/>Veder armato Amore, ò Marte amante.
<lb/>41.
<lb/>Vibra Teseo trè volte 'l brando ignudo
<lb/>Feroce in atto, e lo solleua, e dice.
<lb/>Ad assalir terribil mostro, e crudo
<lb/>Sotto gli auspici tuoi parto felice.
<lb/>Scolpir (s’ io torno) nell'aurato scudo
<lb/>Giuro, ò sourana mia liberatrice
<lb/>E à Pallade sacrar nel suo gran tempio,
<lb/>Di queste Palle il memorando esempio.
<pb n= "65"/>
<lb/>42.
<lb/>Andò 'l Garzone, e vincitor se n'venne
<lb/>Dal refe scorto per la cieca ambage;
<lb/>La sanguinosa man, chè’ l fil ritenne,
<lb/>Porporeggiar lo fè dopo la strage.
<lb/>Andaron poi con fuggitiue antenne,
<lb/>Oue gli traportar l’onde maluage.
<lb/>Quindi à Teseo nel pampinoso Chio
<lb/>Lasciarla impose il beuitore Dio.
<lb/>43.
<lb/>Ond’ ella 'l crin di lucide fiammelle
<lb/>Cinto portò dal Libero Liro.
<lb/>Et ei (poi ch' l trofeo della gran pelle
<lb/>Mirò sul dorso al Domator Nemeo,
<lb/>Emulo suo) per queste parti, e quelle,
<lb/>Di peregrino honor vago , si feo.
<lb/>Onde fama mercò celebre, e chiara,
<lb/>E lodò 'l suo valor Thebe, e Megara.
<lb/>44.
<lb/>Sentito haueua il giouinetto Achiuo
<lb/>Del Cinghial Calidonio alla gran caccia,
<lb/>Oue concorse ogni Guerriero Argiuo
<lb/>Seco à seguir la perigliosa caccia,
<lb/>Il vincitor superbo (e l’hebbe à schiuo)
<lb/>Troppo lodarsi con aperta faccia;
<lb/>Mentre pieno di fasto, e palpa, e tocca
<lb/>Le zanne orrende, e la bauosa bocca.
<pb n= "66"/>
<lb/>45.
<lb/>Mà annouerar volendo i colpi suoi
<lb/>Nella giacente setolosa mole, 
<lb/>Nol sofferi Teseo; Mà, à tè, ch'à tuoi
<lb/>Fatti (dise) abbondanti hai le parole,
<lb/>Si potria questo comportar, se noi
<lb/>Fussimo stati à contar ciance, e fole.
<lb/>E quì, mentre d’vn vil cinghial ti vanti,
<lb/>Chì i Minotauri vccider sà, ei giganti.
<lb/>46.
<lb/>Sè colei, chè fermò con destra audace
<lb/>Nello spinoso tergo il primo spiedo,
<lb/>Mentre è più degna di parlar, pur tace,
<lb/>Io tè di tè buon testimon non credo.
<lb/>E pronto sono à mantener verace,
<lb/>Chè nel vanto ho gran parte, e non ti cedo.
<lb/>E di Cinghial è van chè si ragioni,
<lb/>Où è, chì pensa d'atterrar leoni.
<lb/>47.
<lb/>Così Teseo la man sù laurea spada
<lb/>Dice tenendo, e fermo’ l guata, e fiso
<lb/>Mà non risponde Meleagro, ò bada, 
<lb/>Sfodera 'l frando, e come auuien che rada,
<lb/>Dal tergo immondo il teschio altier reciso,
<lb/>Per la ruuida seta le appresenta,
<lb/>Biancheggia’ l dente, e morto anco spauenta.
<pb n= "67"/>
<lb/>48.
<lb/>L'orride luci già d' ardente brace,
<lb/>Son d'atra pece, e di carbone spento.
<lb/>Allor la faretrata Arciera audace
<lb/>Lo prende, e pon sopra lo spiè d'argento.
<lb/>Costei non pur Melampo, ò 'l buon Sorace,
<lb/>Ma i Guerrieri precorse, e l'haste, e 'l vento;
<lb/>Bella molto, e crudel viè più, che ognuno
<lb/>Potè inuaghir, nè vaga fù d'alcuno.
<lb/>49.
<lb/>Fiera legge prescritta hauea costei -
<lb/>Alle sue nozze. Al vincitor Amante
<lb/>Eran proposti i casti suo Imenei,
<lb/>La morte à quei, chè non le gisse auante,
<lb/>La proua il corso. e più di quattro, ò sei
<lb/>Perir, chè men veloci hebber le piante.
<lb/>Mà d'Hippomene al fin dietro alle spalle
<lb/>Vinta restò dalle trè ricche Palle.
<lb/>50.
<lb/>Dè trè Pomi vso, poi costui l'esempio,
<lb/>Quasi trofeo della famosa moglie; 
<lb/>Chè irreuerente nel sacrato tempio
<lb/>Seco saziò l'impazienti voglie.
<lb/>E pena entrambo riportar, chè all'empio
<lb/>Atto conuenne, e alle stuprate soglie.
<lb/>Oue à caso varcò Teseo chè poi i
<lb/>Veri mantenne i primi detti suoi. 
<pb n= "68"/>
<lb/>51.
<lb/>Però chè nell'entrar d'vna foresta
<lb/>Incontrò duò leon di preda ingordi,
<lb/>Cui piegar fece la superba testa,
<lb/>E sotto’ l giogo gli frenò concordi;
<lb/>E mentre doma quella fiera, e questa,
<lb/>In breui carmi flebili ricordi
<lb/>Vide, coperti dall'horribil coma;
<lb/>À note d'oro in Arabo Idioma.
<lb/>52.
<lb/>Hippomene è costui, questa Atalanta,
<lb/>Ch'il tempio profanar degli alti Dei.
<lb/>Punì d'amboduò lor follia cotanta
<lb/>Flagel diuin, chè scende al fin sù rei.
<lb/>La bella insegna dell'aurata pianta, 
<lb/>Ch’ vsaron questi, aggiungi à tuò trofei;
<lb/>Sourano Caualier tù, che gli domi,
<lb/>E accresci alle tue Palle i ricchi Pomi.
<lb/>53.
<lb/>Tal il tenor dè carmi; onde trafitto
<lb/>Riman, come chì preme il serpe crudo,
<lb/>Il Greco Prence, e 'l peregrino scritto
<lb/>Legge, e rilegge; poscia 'l noto scudo
<lb/>De Pomi illustri riconosce, e fitto
<lb/>In terra 'l graue spiedo, e’ l teschio ignudo
<lb/>Diuorato dà lor rassembra à quelle
<lb/>Immense zanne, &amp; orride mascelle. 
<pb n= "69"/>
<lb/>54.
<lb/>Si dolse al caso, e lagrimonne alquanto,
<lb/>E mandò al giogo auuinti i duò leoni
<lb/>À Meleagro, e scrisse. Ò tù, chè tanto
<lb/>Comune proua arroghi à tuò ragioni,
<lb/>Vltimo feritor il primo vanto
<lb/>Vsurpi in van; son questi i testimoni
<lb/>Che ti manda Teseo (preda sua cara)
<lb/>Tù in sua presenza à parlar sobrio impara.
<lb/>55.
<lb/>Poi corre là doue risplender vide
<lb/>Lo scudo altier delle dorate sfere;
<lb/>E se n'adorna, e ver l'antica Elide
<lb/>Si volge, e insieme aduna armate schiere.
<lb/>Seco s’vnisce il glorioso Alcide
<lb/>Contro l'inuitte Vergini Guerriere,
<lb/>Oue frà l'armi; e i lampi arde, e sfauilla
<lb/>Pantasilea, Hippolita, e Cammilla.
<lb/>56. 
<lb/>Dette queste l'Amazoni già foro,
<lb/>Chè si tagliar la tenera mammella.
<lb/>Hippolita Reina è Duce loro,
<lb/>Che s’agguaglia à guerrieri ancor donzella.
<lb/>Con barbarica pompa e d'ostro, e d'oro
<lb/>Sublime vien sù ricamata sella; -
<lb/>Sopraueste real, che à piè le scende,
<lb/>Di saracina porpora risplende.
<pb n= "70"/>
<lb/>57.
<lb/>Forbito acciar arma la chioma, &amp; anco
<lb/>Imprigiona’ l bel viso, e 'l collo ignudo; 
<lb/>Mà lussureggia al destro lato, e al manco
<lb/>Oro, per man d'amor filato, e crudo.
<lb/>Succinta 'l seno, e faretrata il fianco
<lb/>L'hasta sostiene, e’ l suo lunato scudo;
<lb/>Suonan l'armi, anitrisce ancor lontano
<lb/>Il suo baio corsier d'vn piè balzano.
<lb/>58.
<lb/>Ver lei, ch'auanti vien, la lancia arresta
<lb/>Teseo, chè frà suò Duci era primiero.
<lb/>Ella 'l colpo segnò sopra la testa,
<lb/>Tolsene vn fregio, e scosse’ l gran cimiero.
<lb/>Et egli à lei tutta squarciò la vesta,
<lb/>Che sotto 'l braccio le strisciò leggiero
<lb/>Il colpo, e dal bel petto, e dal bel tergo
<lb/>Fece improuiso folgorar l’vsbergo.
<lb/>59.
<lb/>Restò sù l'hasta, qual trofeo sourano
<lb/>(Felice annunzio) lo sdrucito manto.
<lb/>Mà allo squoter, chè fè l'inuitta mano,
<lb/>Cadde pe’l tronco sul ferrato guanto.
<lb/>La molle seta vi s’appicca, e in vano
<lb/>Per quindi trarla affaticosse alquanto.
<lb/>Al braccial restò auuolto il nobil fregio,
<lb/>Perpetua spoglia al Caualier egregio.
<pb n= "71"/>
<lb/>60.
<lb/>E perchè Palla si dicea tal veste,
<lb/>Chè dal collo pendea sino al tallone,
<lb/>Alle sette sue Palle aggiunse questa,
<lb/>E fè la bella Hippolita prigione.
<lb/>Poi chè la turba femminile infesta
<lb/>Debellò col figliuol d'Anfitrione;
<lb/>Vittorioso celebrò con lei
<lb/>Il buon Teseo legittimi Himenei. 
<lb/>61.
<lb/>Ercole poi chè sopra’ l monte Oeta
<lb/>Volse por fine all'ultima fatica;
<lb/>Donando le saette à Filotteta,
<lb/>Gli impon, chè del suo fin nulla ridica.
<lb/>Quindi à Teseo porge la folta seta 
<lb/>Della gran pelle, e la sua Claua antica;
<lb/>E duò bei Pomi d'oro eletto, e fino,
<lb/>Delizie dell'Atlantico giardino.
<lb/>62. 
<lb/>E dice. O sempre inuitto Eroe, chè meco
<lb/>Potesti già peregrinar l'inferno. 
<lb/>Frutte io ti dò d'alto sapor, c'han seco
<lb/>Forza secreta dì valor superno,
<lb/>Fortunate, e vittrici habbiale teco
<lb/>Delle mie proue testimonio eterno.
<lb/>Perch’ è fatal, chè tante sien l'altere,
<lb/>Palle qua giù, quante lassù le sfere. 
<pb n= "72"/>
<lb/>63.
<lb/>Et è non men fatale ancor, chè quanti
<lb/>In braccio haurai vermigli Mondi angusti
<lb/>Habbia la bella Flora anco altretanti
<lb/>Cosmi felici, fortunati, e giusti.
<lb/>E del tuo seme nascano cotanti
<lb/>Romani semidei, Romani Augusti,
<lb/>E volgansi al girar degli orbi aurati,
<lb/>Cinque, e cinque altri secoli beati.
<lb/>64.
<lb/>E con egual felicità destina
<lb/>Il Cielo, il mio gran manto e la gran ma-zza,
<lb/>Proprio rettagio alla Città Reina
<lb/>Dè Toschi, ch’ vna fù della mia razza.
<lb/>Perchè la miri Fiesole vicina
<lb/>Frà ì Gotti, e gli Hunni, oprar elmo, e corazza;
<lb/>Cosi l'Eroe Theban disse, e nell'alto
<lb/>Rogo lanciossi. è degno d'Ercol salto.
<lb/>65.
<lb/>Così chì tutto scorse à nuoto 'l mare
<lb/>Nell'arido Vulcano alfin s'immerse.
<lb/>Teseo le Poma preziose, e care
<lb/>Frà l altre collocò lucide, e terse.
<lb/>Mà’ l polueroso Agone, e 'l militare
<lb/>Ardor di sangue il bel metallo asperse.
<lb/>Perchè poi sempre fulminar le vide
<lb/>D'atro sangue stillanti Argo, &amp; Elide. 
<pb n= "73"/>
<lb/>66.
<lb/>L’vsò felici sempre in simil foggia, 
<lb/>Giunto al senile occaso ei le ripose
<lb/>Sopra l'eccelsa porta, onde si poggia
<lb/>Al tempio di chì’ l nome à Atene impose;
<lb/>E scrisse intorno alla superba loggia, -
<lb/>Armi d'Alcide, e di Teseo famose;
<lb/>E disse poi sacrandole alla Diua,
<lb/>Chè fù inuentrice della prima Oliua.
<lb/>67.
<lb/>Queste di rei Tiranni, e d'empi mostri
<lb/>Vittrici Palle appendo è tè, cortese -
<lb/>Guerriera Dea; perchè gli esempi nostri
<lb/>Accendan gli altri à gloriose imprese. 
<lb/>Nè caualiero alcun da questi chiostri,
<lb/>Se non inuitto, vsurpi’ l grand'arnese 
<lb/>Mà combattendo acquisti’ l gran trofeo
<lb/>Nipote, ò successor pari à Teseo.
<lb/>68. 
<lb/>Lo sacro à tè, tù lo difendi, e sia
<lb/>Chiara de figli miei perpetua insegna.
<lb/>Cui memoria non vil d'Ercole, e mia
<lb/>A rotar l’armi, e à insanguinarle insegna.
<lb/>E lieto spero ancor, ch'vn dì non fia,
<lb/>E del tuo nome, e del tuo braccio indegna.
<lb/>E rifiutin per lei tue luci caste
<lb/>Gorgoni horrende, e liuide ceraste.
<pb n= "74"/>
<lb/>69.
<lb/>Cosi ì purpurei Mondi illustri appese
<lb/>Sublimi al tempio, e riuerilli Atene.
<lb/>E fù chì vide coruscar l’accese 
<lb/>Chiare sfere volubili, e serene.
<lb/>Fatale ogni vittoria al bell' arnese 
<lb/>Fù sempre, e lo prouò Sparta, e Micene; 
<lb/>E in vano armose Achille, &amp; ogni Greco.
<lb/>Chè Troia stette fin che l’ hebbe seco.
<lb/>70. 
<lb/>Quest'è'l Palladio, chè di poi si disse,
<lb/>Per le sue Palle hauer di Palla 'l volto
<lb/>E fù creduto, chè dal Ciel venisse 
<lb/>Nel tempio suo, mà non vi stette molto.
<lb/>Però chè pria, chè dal sagace Vlisse.
<lb/>Fuse nel caso d’Ilion ritolto; 
<lb/>Colei lo tolse agli Affricani lidi,
<lb/>Chè mise in Grecia affanni, &amp; in Troia stridi. 
<lb/>71. 
<lb/>Mà quando cadde in cenere il superbo
<lb/>Ilione, l'arnese aureo vermiglio,
<lb/>Chè violato nell'incendio -acerbo
<lb/>Fù dà man empia chè gli diè di piglio;
<lb/>Mandò Diomede à Enea, chè’l tenne in serbo
<lb/>Con i Penati suoi nel lungo esiglio, 
<lb/>E nel lazio portò la sacra soma,
<lb/>Tuo gran retaggio, ò fortunata Roma. 
<pb n= "75"/>
<lb/>72.
<lb/>Numa poi nella Rocca Pallantina 
<lb/>Lo pose frà gli Ancili, e frà i Vessilli 
<lb/>Onde la gente Albana, e la Sabina  
<lb/>Vide poi trionfar Fabij, e Cammilli.
<lb/>Mà promesso alla gloria Fiorentina
<lb/>Rinouò all' Arno i secoli tranquilli.
<lb/>Disse, e sparuer per l’aria in vn momento 
<lb/>Le - Palle, e i rai, qual nebbia suol per vento.
<lb/>Il fine del Terzo Canto. 
<pb n= "76"/>
<lb/>ARGOMENTO.
<lb/>Perchè sublime sia, ricca di gigli
<lb/>La bella Palla di Zaffir vestita; 
<lb/>Come diuisi sian gli Orbi vermigli 
<lb/>Frà duò Guerrier della Famiglia inclita. 
<lb/>Padri, Nipoti, Aui, Bisaui, e Figli
<lb/>Della Pianta d'Eroi sempre fiorita ;
<lb/>Narra alla Musa, e chiude poi le carte 
<lb/>L'alta sibilla, e tace al fin, e parte. 
<lb/>CANTO  QVARTO.
<lb/>POICHE l’eccese, e gloriose Palle
<lb/>Dal teatro del Ciel ratte spariro;
<lb/>Ecco quattro destrier per l'erto calle
<lb/>Rapir vn carro, e vn bel Garzone in giro;
<lb/>Etho forse, è Piroo dall' alte stalle
<lb/>Auanti all'Hore mattutine vsciro?
<lb/>(Dico) ò pur traboccar veggio dal monte
<lb/>Dalla Febea Quadriga altro Fetonte?
<lb/>2.
<lb/>Risponde. Il variar di questi oggetti 
<lb/>Il libro espon, senza i miei detti oscuro.
<lb/>Però, che parte dè celesti aspetti
<lb/>Fù innanzi à mè; per quei, chè dopo furo,
<lb/>Al mio volume accompagnando i detti
<lb/>Cangerò col preterito il futuro
<lb/>Fin al presente. Habbi tù poi memoria,
<lb/>C’ hoggi il mio vaticinio è fatto istoria.
<pb n= "77"/>
<lb/>3.
<lb/>Però ch'io scrissi quest’ oscure note
<lb/>Mill’ anni auanti agli accidenti loro;
<lb/>Nè per girar delle superne rote
<lb/>Variato l'inchiostro ha 'l suo lauoro.
<lb/>Dal primo padre all’ vltimo nipote
<lb/>Già non ti voglio annouerar costoro,
<lb/>Chè fia souerchio; io ti dirò i più degni;
<lb/>Basta sol tanto à Fiorentini ingegni. 
<lb/>4.
<lb/>Il nuouo Auriga, chè fuggendo sferza
<lb/>L'alte ceruici à corridor frenati, 
<lb/>Hippolito è’ l fanciul, chè prima scherza
<lb/> Con quei destrier (se credi al guardo) alati.
<lb/>E mentre fà più risonar la sferza, 
<lb/>Mira, chè scosso’ l freno, all’ vn de lati, 
<lb/>Cade 'l carro, e 'l rettor, e in vn inuolue
<lb/>Redini, ruote, asse, groppiere, e polue.
<lb/>5. 
<lb/>Fù della bella Amazone pudica
<lb/>Figlio al bel nome, e all'honestà simile; 
<lb/>Vezzi, e lusinghe di matrigna amica
<lb/>Non fero adulterar l'alma gentile,
<lb/>Singolar quanto, per licenza antica, 
<lb/>Ò sola, ò rara è castità virile; 
<lb/>Dà madre, e figlio tal vengon i tuoi
<lb/>(Real succession ) Medici Eroi. 
<pb n= "78"/>
<lb/>6.
<lb/>Io lascio Demofonte, il suo germano,
<lb/>E vengo al Caualier, chè Virbio appella
<lb/>(E ben rider ti puoi di così strano -
<lb/>Parer) la Pitagorica nouella,
<lb/>Quasi huom duò volte, e chè nel corso humano
<lb/>L'anima vaghi in questa spoglia, e n’ quella. 
<lb/>Fù di Turno Campione &amp; hebbe (come
<lb/>Per duò Guerrier valesse) vn simil nome.
<lb/>7.
<lb/>Osinte, Afida, Menestro, Melanto,
<lb/>Timete vedi, chè la nube adombra,
<lb/>Ignoti, ò noti sol per poco vanto,
<lb/>Huomini nati à far numero, &amp; ombra. 
<lb/>E quinci veder puoi, chè scettro, ò manco 
<lb/>Non lascia fama à chi valor disgombra.
<lb/>Vanno i Fabrizzi dall'oblio sicuri, 
<lb/>Mà son senza virtude i Regi oscuri. 
<lb/>8. 
<lb/>Codro il gran Fabro della nobil frode,
<lb/>- Chè fè morendo pianger il nemico, 
<lb/>Segue, e di lui figlio animoso, e prode;
<lb/>L’vn padre, e l'altro alla sua patria amico.
<lb/>Onde materia d'honorata lode 
<lb/>Hebbe appo i Greci quel prouerbio antico,
<lb/>Chè celebrando vn huom degno eccellente
<lb/>Nato dicean della Codrina Gente.
<pb n= "79"/>
<lb/>9.
<lb/>Inhonorati van per l'aer cieco 
<lb/>Incogniti alla Fama, &amp; alla Fede
<lb/> Medonte, Agasto, Forba, Archippo, e seco
<lb/>Mecade, Eschilo, Almenone, Esimede, 
<lb/>Tersippo, Erissia, Pomene, &amp; il Greco
<lb/>Leocrate; &amp; Assandro à lui succede,
<lb/>Duci d'Atene, &amp; altri, à cui ricopre
<lb/>Ignobile silenzio i nomi, e l'opre.
<lb/>10.
<lb/>Quinci de Cosdri il bel ramo fiorito
<lb/>(Quai dirà Cosmi poi miglior fauella) 
<lb/>Ripiglio, e 'l primo Caualier t’ addito,
<lb/>Chè lassù armato comparisce in sella;
<lb/>Pon mente, come ha nel Quartier forbito
<lb/>Sei Palle sole, e azzurra è la più bella,
<lb/>Hor ti vò dir, perchè sù l'orlo estremo
<lb/>Sembri reciso il bel Palladio, e scemo.
<lb/>11.
<lb/>Poi chè dè trenta empi Tiranni, e crudi
<lb/>Fù sotto’ l giogo à sospirar costretta
<lb/>La madre delle leggi, e degli studi
<lb/>Atene, scuola già del mondo eletta; 
<lb/>I legittimi heredi esuli ignudi
<lb/>In varie parti fur mandati in fretta, 
<lb/>Chè legge iniqua di regnar si crede 
<lb/>Honesto'l violar ragione, e fede. 
<pb n= "80"/>
<lb/>12.
<lb/>Mostraron tosto i peregrini illustri,
<lb/>Chè patria all'huomo forte è l'uniuerso.
<lb/>Auuenturosa auuersità, ch'industri
<lb/>Viè più gli fece, e noti al Trace, e al Perso.
<lb/>Mà volgendosi al fin molt’ anni, e lustri
<lb/>Si ricourar dopo vn error diuerso 
<lb/>Frà i Toschi, e frà gli Insubri, e quindi i buoni
<lb/>Vedrà’ l mondo fiorir Cosmi, e Leoni.
<lb/>13.
<lb/>Hauea fatta bandir publica sbarra
<lb/>Il Rè di Cipro à Caualieri erranti.
<lb/>Vola la Fama annunziatrice, e narra
<lb/>Chè figlia hà 'l Rè di splendidi sembianti.
<lb/>Onde armati di lancia, e scimitarra
<lb/>Moltì s’auuenturar Principi amanti,
<lb/>Vaghi d'honor nell'Isola felice,
<lb/>Già di perpetue Veneri nodrice.
<lb/>14.
<lb/>Proponea dar il Rè per sua consorte
<lb/>La figlia à quei, ch'era miglior frà buoni;
<lb/>Già popolata era la nobil Corte
<lb/>Di Caualieri estrani, e di Baroni.
<lb/>Nell’ arringo d'honor comparue 'l forte
<lb/>Cosmo frà venturier Dani, e Guasconi,
<lb/>Del buon Teseo sostien l'insegna Argiua,
<lb/>Dà cui per cento gradi egli deriua. 
<pb n= "81"/>
<lb/>15.
<lb/>Grato era al Rè, più grato era alla figlia,
<lb/>Ella Brisena, ei se chiamaua Eneo.
<lb/>Souente ella ammirò gli occhi, e le ciglia,
<lb/>Et ei 'l valor del giouinetto Acheo.
<lb/>Nacquene Amor, ch’ Amor con sua famiglia
<lb/>Habita quiui, e quiui ha ogni trofeo;
<lb/>E Citherea nell'isola, ch'io narro,
<lb/>Ha la sua Conca, le Colombe, e 'l Carro.
<lb/>16.
<lb/>Frà quei nati alla gola, &amp; à piaceri
<lb/>Fama fù, chè più tardi iui s'inuecchi;
<lb/>S'altroue aman le Donne, e i Caualieri,
<lb/>Per natura aman quì fanciulli, e vecchi.
<lb/>Non quì studi, vigilie, arti, ò pensieri,
<lb/>Mà son bagni, conuiti, odori, e specchi;
<lb/>E negli Horti d'Adon frà i Mirti, e i fiori
<lb/>Lasciuir miri eserciti d'Amori.
<lb/>17.
<lb/>Ammollir l'alma, e intenerir il seno
<lb/>Sentì Cosmo, e cangiar i pensior suoi;
<lb/>Chè 'l temperato dolce aer sereno
<lb/>Può ne suò vezzi effeminar gli Eroi.
<lb/>Schiuolli il generoso, e qual veleno
<lb/>Stirpò nascenti i primi semi, e poi
<lb/>Indurò’ l core, ò sol amò, quant'egli
<lb/>Duò begli occhi si fece à virtù spegli.
<pb n= "82"/>
<lb/>18.
<lb/>Ottenne ei sol di mantener l'agone
<lb/>Contro qualunque lo sfidasse 'l giorno;
<lb/>D'oro l'vsbergo , e d'oro hauea l'arciene
<lb/>Tutto di perle seminato intorno;
<lb/>E barde, e staffe, e l'un, e l'altro sprone
<lb/>Era qual suol più riccamente adorno,
<lb/>E le piume pompose. Allo steccato
<lb/>In guisa tal ei s'appresenta armato.
<lb/>19.
<lb/>L'humano spirto già nel bronzo arguto
<lb/>Infiammaua i Guerrieri à nobil Marte;
<lb/>Quand’ vn valletto con gentil saluto
<lb/>L'honora, e quindi chiamalo in disparte,
<lb/>Dicendo. Ò caualier non vil tributo
<lb/>Ti manda chì del cor ti fa gran parte.
<lb/>Pregialo hor tù, se lo pregiar l'inclite
<lb/>Trè Diue, chè nel Ciel ne mosser lite.
<lb/>20.
<lb/>Il Pomo, chè bramo Palla, e Giunone,
<lb/>Hebbe la Dea, ch’ in Cipro è riuerita;
<lb/>Et essa 'l diede al fanciulletto Adone,
<lb/>Chè quì lasciollo, oue lasciò la vita.
<lb/>Et hora à tè suo singolar Campione
<lb/>L'alta Brisena è di mandarlo ardita.
<lb/>Chè qual fù di Ciprigna vnico fregio,
<lb/>Sia lieto annunzio al tuo trionfo egregio.
<pb n= "83"/>
<lb/>21.
<lb/>Così dicendo il messaggiero aperse
<lb/>Ceruleo velo à gigli d'or fiorito,
<lb/>E quella Palla celebrata offerse,
<lb/>Chè posta fù di Tetide al conuito.
<lb/>L'occhio à gran pena il folgorar sofferse
<lb/>Del fulgido improuiso oro, scolpito
<lb/>Di breui note in questa parte, e n’ quella
<lb/>D’vn tenor tal. Sià dato alla più bella.
<lb/>22.
<lb/>Risponde il Caualier. Cortese dono
<lb/>Cortesissima Donna hor mi concede.
<lb/>Ne potea più. Di tanto honor io sono
<lb/>Degno sol quanto sua bontà mi crede.
<lb/>Mà sua ragione à sostener son buono
<lb/>Con saldo arringo, e con più salda fede
<lb/>Con Marte stesso, &amp; hor assai mi duole
<lb/>À lei non pari hauer grazie, ò parole.
<lb/>23.
<lb/>Vedrà ben tosto la mia Donna, come
<lb/>Nobile don per real man si pigli.
<lb/>Disse, &amp; inuolse il prezioso pome
<lb/>Nel drappo azzurro infrà i dorati gigli, -
<lb/>E n’ quello scudo, c’ ha sì chiaro 'l nome,
<lb/>L'affisse in mezo à i Globi suoi vermigli.
<lb/>Poi n’ andò lieto là, doue rimbomba
<lb/>L’ardito suon dell' animosa tromba.
<pb n= "84"/>
<lb/>24.
<lb/>Allhor la Palla di Zaffir celeste
<lb/>Come Reina comparì frà quelle
<lb/>Di sanguinosa porpora conteste,
<lb/>Chè parean quasi riuerirla ancelle;
<lb/>Il Ciel così (se nulla nube 'l veste)
<lb/>In bello Azzurro appar ricco di stelle;
<lb/>La reputò Brisena al suo Campione
<lb/>Debita più, ch'al femminile Adone.
<lb/>25.
<lb/>Era l'arresto. Chì perdea primiero
<lb/>All'incontro di lancia ò fregiò, ò maglia,
<lb/>S'intendea priuo per vn anno intero
<lb/>D’vsar quell'arme, ò fusse elmo, ò Zagaglia; 
<lb/>Mà cadendo perdeua arme, e destriero;
<lb/>E’ l primo eletto mantener battaglia
<lb/>Douea con tutti, e con le ricche spoglie
<lb/>Vincitor ottenea la bella moglie.
<lb/>26.
<lb/>Non aspettar, ch'ad vno ad vno io dica
<lb/>Dè Venturieri i casi, e i nomi, quando
<lb/>Fede n’ ha l'opra stessa, onde l'antica
<lb/>Fama andò per le bocche altrui volando;
<lb/>Leuò l'elmo, ammaccò scudo, e lorica
<lb/>À vn Guascone, è vn Noruegio, e ad vn Normando
<lb/>L'vn dopo l'altro il Greco Prence, e fece,
<lb/>Chè trè non si leuar, traboccar diece.
<pb n= "85"/>
<lb/>27.
<lb/>Chiuso nella visiera, al nome, ignoto,
<lb/>Estranio alla sembianza, e al portamento,
<lb/>Baron, chè 'l suo Quartier, forse altrui noto,
<lb/>Coperto hauea d'vn ricco vel d'argento,
<lb/>Soura vn Turco destrier si mosse, e 'l moto
<lb/>Lo mostrò di valore, e d’ ardimento
<lb/>Giudizi del suo nome, e del suo merto,
<lb/>Diuersi al ver, fè 'l vario volgo incerto.
<lb/>28.
<lb/>Detto hauresti duò fulmini incontrarsi,
<lb/>E fiamme sù cimieri esser le penne;
<lb/>Nè fur vani gli incontri, ò i colpi scarsi
<lb/>Dè bei destrieri, ò delle dure antenne.
<lb/>Dalle ferrate punte e rotti, e sparsi
<lb/>Furon gli scudi, come da bipenne.
<lb/>Volar le scheggie, e à pena al manco braccio
<lb/>Dell'ignoto Guerrier rimase’ l laccio.
<lb/>29.
<lb/>Questi drizzando la nodosa traue,
<lb/>Quasi nel centro del nemico scudo;
<lb/>Oue 'l vago turchin facea soaue
<lb/>Mostra de gigli illustri al ferro ignudo,
<lb/>L’inuesti sopra, e l’ vrto fù sì graue,
<lb/>Chè partì in due la targa il colpo crudo;
<lb/>Sì chè la Palla (tolte via le prime) -
<lb/>Ch’ era nel mezo, restò allhor sublime.
<pb n= "86"/>
<lb/>30.
<lb/>Col Palladio così tronco, e diuiso 
<lb/>Quegli; e questi restò senza rotella.
<lb/>Del pauese non bene ancor reciso
<lb/>Pendea l'asse cadendo in sù la sella.
<lb/>La prende il nobil Greco, e in chiaro viso
<lb/>La porge à lui, ch’ è senza, e gli fauella.
<lb/>Ò sol noto al valore, accetta questo
<lb/>Per tua difesa, è ch'iò depongo’ l resto.
<lb/>31.
<lb/>L'atto gentil, chè tutti inuaghì tanto
<lb/>Commosse in guisa il Caualier nemico,
<lb/>Chè la destra cauò del nobil guanto,
<lb/>E fè segno di pace, e d’atto amico.
<lb/>Quindi accettò la bella insegna, e à canto
<lb/>Andaro entrambo auanti al Rege antico.
<lb/>L'ignoto Caualier oltra si face,
<lb/>E s’ alza la visiera, e parla audace.
<lb/>32. 
<lb/>Ancor ch'iò possa con aperta fronte
<lb/>Nel seren comparir d’vn chiaro die,
<lb/>E frà gli insubri sien celebri, e conte,
<lb/>Senza quelle de mieì, l’ imprese mie;
<lb/>Vennì ignoto di là, doue son Conte,
<lb/>À questo arringo per notturne vie,
<lb/>Per farmi noto col valor, chè senza
<lb/>Le proue il viso è debil conoscenza. 
<pb n= "87"/>
<lb/>33.
<lb/>E col più degno Caualier prouarmi,
<lb/>Ch’ adopri ò lancia, ò spada, hebbi desio;
<lb/>E questi è quegli; e vero, e certo parmi,
<lb/>Col testimon dell'opra, il parer mio.
<lb/>E perchè hauer riguardo, ò recusarmi
<lb/>Ei non douesse, riuerente, e pio
<lb/>Alle Palle comuni, è al sangue nostro,
<lb/>Velai lo scudo mio d'argento, e d'ostro.
<lb/>34.
<lb/>Sappi dunque, ò buon Rè, ch'io son congiunto
<lb/>Di sangue à questo, e Lionel mi chiamo,
<lb/>Milan m'è patria; à costui pur disgiunto
<lb/>Di grado sol, mà dello stesso ramo.
<lb/>E giacer sotto’ l serico trapunto
<lb/>Puoi l'insegna veder, ch' entrambo vsiamo;
<lb/>Le Palle mie, non delle sue più scarse,
<lb/>Là in mezo al campo lacerate, e sparse.
<lb/>35.
<lb/>Se valor s’ama, e cortesia s'apprezza,
<lb/>E frà i barbari ancora, e frà i nemici;
<lb/>Ne huomo è quel, c’ humanità disprezza,
<lb/>E à virtù nega i meritati offici. 
<lb/>Chè fia frà i suoi? questa mia mano è auuezza
<lb/>À far non men, ch’ à render benefici, 
<lb/>Nè merauiglia esser ti dee, s’ à lui,
<lb/>Qual vinto cedo, io chè non cedo altrui.
<pb n= "88"/>
<lb/>36.
<lb/>À lui mi riconosco in tua presenza
<lb/>Inferior di merto, e di fortuna;
<lb/>E lascio in pace à lui la Donna, senza,
<lb/>Ò d’armi, ò di ragion, contesa alcuna.
<lb/>Così disse, &amp; al Re fè riuerenza,
<lb/>Et abbracciò 'l Guerrier, ch’ ad vna ad vna
<lb/>Osseruò le parole, e poi non tacque,
<lb/>Nè tal parente ritrouar gli spiacque.
<lb/>37.
<lb/>E poi ch’ in due partì la bella insegna,
<lb/>Quasi del sangue lor giudice, 'l Caso;
<lb/>Al Milanese Conte egli consegna
<lb/>Quell'arnese, ch’ in don gli era rimaso.
<lb/>Come fatal sia, chè ciascun ritegna
<lb/>Sei Palle sole, à lor fù persuaso.
<lb/>Così giurar, presente’ l Rè, gli Eroi
<lb/>Soura i lor petti, e l'osseruar dà poi.
<lb/>38. 
<lb/>Mira di Lionel, mentre ti parlo,
<lb/>Frà cento, e più, duò splendidi Nipoti.
<lb/>Vn Pio Romano, vn glorioso Carlo,
<lb/>L'vn ha le Chiaui, e l'altro incensi, e voti.
<lb/>Questo, cui sarà poco anco adorarlo,
<lb/>Con atti inuoca supplici, e deuoti,
<lb/>Chè sia propizio al tuo Parnaso; e come
<lb/>Potrà grazie negar al proprio nome?
<pb n= "89"/>
<lb/>39.
<lb/>Dall'altra parte stipite felice, 
<lb/>- Quei, c’ ha lunga la chioma, e bianco’ l pelo,
<lb/>Lippo sarà, saldissima radice -
<lb/>In riua all'Arno al gran Mediceo stelo;
<lb/>Ch’ alzerà nell'Italica pendice
<lb/>Gli eccelsi rami, oltre le nubi, al Cielo.
<lb/>Primo egli recherà d’ Atene, e dalle
<lb/>Riue d'Alfea le peregrine Palle.
<lb/>40.
<lb/>Vn Chiarissimo, vn Lippo, vn Auerardo
<lb/>All'Oliue pacifiche, e tranquille
<lb/>Varcano intenti; il Figlio di Berardo
<lb/>Vedi passar, l'Italiano Achille.
<lb/>Tonar col grido, e fulminar col guardo
<lb/>Il Pisan lo vedrà frà mille, e mille;
<lb/>E fiammeggiar soura vn destrier di neue,
<lb/>Onde poi Lucca dà Mastin riceue.
<lb/>41.
<lb/>Vieri è quel con la toga, e con la spada,
<lb/>Prouido, ò vuoi nel campo, è nel Senato.
<lb/>Beatrice Strozza, perchè sol non vada
<lb/>Il suo Consorte, gli sì stringe à lato.
<lb/>Bicci succede poi, ch’ intento bada,
<lb/>Chè lasci l'armi il popolo adirato;
<lb/>E recusa’ l dominio egli de suoi,
<lb/>Debito al fine è Descendenti Eroi.
<pb n= "90"/>
<lb/>42.
<lb/>I duò nouelli scipioni hor veggio,
<lb/>E di Quercia, e d'Alloro incoronati;
<lb/>Come fatal sia, chè 'l fiorito seggio
<lb/>Soccoran solo i duò fratelli armati.
<lb/>Passan, mal grado del Guerrier d'Oleggi,
<lb/>All'espugnata già dà tutti i lati
<lb/>Frontiera Etrusca e come suol bifolco
<lb/>Fendon il campo con horribil solco.
<lb/>43.
<lb/>Saluestro è l’vn de giouenili aspetti,
<lb/>Che vedi, e l'altro si dirà Giouanni.
<lb/>Vn Romano valor vede ne petti
<lb/>Fiorentini il Visconte à propri danni. 
<lb/>Onde'l Senato gli haurà duci eletti
<lb/>Delle sue squadre, e premierà gli affanni.
<lb/>Non ceda à Roma, poi chè non è senza
<lb/>L'vn, e l'altro Affricano ancor Fiorenza.
<lb/>44.
<lb/>Lorenzo è quegli, e vedi seco espressa
<lb/>Gineura, egregio parto è Caualcanti.
<lb/>Dè Bardi haurà’ l fratel poi la Contessa
<lb/>Di maniere gentili, e di sembianti.
<lb/>Cosmo, il gran Cosmo, à cui la Patria stessa
<lb/>Darà di Padre i meritati vanti.
<lb/>E solleuar dalle catene 'l collo 
<lb/>Farà alle Muse, il Fiorentino Apollo.
<pb n= "91"/>
<lb/>45.
<lb/>D'Adria nel seno, oue sublime eccede
<lb/>Città, perla del mar, conca de fiumi,
<lb/>Lo veggio andar con fuggitivo piede;
<lb/>Ò di secol corrotto empi costumi.
<lb/>Quindi farà poi ritornando herede
<lb/>San Marco d’elettissimi volumi.
<lb/>Onde 'l Veneto haurà del suo periglio
<lb/>Honorata memoria, e dell'esiglio.
<lb/>46.
<lb/>Per dar vita al sermon Greco, e Latino
<lb/>Estinto, ò almeno infermo in queste parti,
<lb/>Chiamerà l'Argilofilo, e 'l Ficino
<lb/>Alla sua mensa, &amp; altri Cigni sparti.
<lb/>Onde allor fioriran dentro al confino
<lb/>D'Etrusca Atene le più nobil arti; -
<lb/>Et ei d'Euterpe nell'eterno inchiostro
<lb/>Splenderà più, chè frà le gemme, e l'ostro.
<lb/>47.
<lb/>Con animo Romano, e con regale
<lb/>Spesa ardisce fondar palagi, e Tempi; -
<lb/>E n’ Palestina, oue fù Dio mortale, -
<lb/>Darà d'animo pio non bassi esempi.
<lb/>Oue ricouri sicuro l'affannato, e frale 
<lb/>Peregino sicuro in mezo agli empi
<lb/>Arabi; come sia della sua pieta 
<lb/>Senza l'Asia, l'Europa angusta meta.
<pb n= "92"/>
<lb/>48.
<lb/>Dopo lui Pietro sederà al gouerno
<lb/>Suo (non sò) se più degno herede, ò figlio;
<lb/>Secrete insidie superar lo scerno
<lb/>Con l'armi sol di prouido consiglio;
<lb/>Mà di Fortuna al variar alterno
<lb/>(Chè virtù sempre vnita è con l'esiglio)
<lb/>Cedera al fine per rea fortuna, e buona
<lb/>Lo seguirà, la nobil Tornabuona.
<lb/>49.
<lb/>Quindi ritorna richiamato, quando
<lb/>Calano armati i suò rubelli al piano;
<lb/>Nell’ vna ha’ l fren della Cittade, e’ l brando,
<lb/>Per difesa di lei, nell' altra mano,
<lb/>In Napoli per lui s’ arma Fernando,
<lb/>Per lui si muoue 'l Duca di Milano.
<lb/>Morte intanto s’ oppon. Candida Pace
<lb/>Con aurea Fama dopo lui non tace.
<lb/>50.
<lb/>Ecco i gran Senatori, i duò Satrapi, - -
<lb/>Ch’ assomigliargli ad ambo i Gracchi hor lice.
<lb/>Lorenzo, e 'l buon Giulian, Principi, e Capi
<lb/>Di Fiorenza, per loro vn dì felice.
<lb/>Chè più dirò? duò Genitor di Papi,
<lb/>Quei, ch’ all altro precede, haurà Clarice
<lb/>Dell’ Orsino valor, quei chè riempie
<lb/>Di venerando argento ambo le tempie
<pb n= "93"/>
<lb/>51.
<lb/>Il Milanese Sforza accoglie, e n’ lega
<lb/>S’ vnisce à lui per la Città di Marte;
<lb/>E'l Quarto Sisto, ch’ à suo danni spiega,
<lb/>Per lieue sdegno, l'esecrabil carte,
<lb/>Dispon così , ch'à benedir lo piega
<lb/>La Città, chè però dà Dio non parte;
<lb/>Roma non ha (nè quì Caton sì sdegni)
<lb/>Cittadin tal, ch’ i Rè bilancia, e i Regni.
<lb/>52. 
<lb/>Non vide l’ Tebro dopo’ l lungo esiglio
<lb/>Lieto cotanto l'Orator d'Arpino.
<lb/>Come Fiorenza con ridente ciglio
<lb/>Il suo Giulian cacciando 'l Soderino.
<lb/>Al Senato, alla Patria, e Padre, e Figlio
<lb/>Degni esempi haurà sol Cippo, e Quirino.
<lb/>E allhor, ch'egli recusa applauso, e regno
<lb/>Per sì nobil rifiuto, ei più n’ è degno.
<lb/>53.
<lb/>Dell'Italica pace egli, e'l germano
<lb/>Autor acqueta le Città vicine.
<lb/>Deh nel sangue di lui non ponga mano
<lb/>Inuidia, di virtù nemica, alfine.
<lb/>Chè se vil è appo lei rispetto humano,
<lb/>Perchè le mense profanar diuine?
<lb/>Altro luogo non ha per tanto scempio
<lb/>Il mondo immenso, chè l'Altare, e’ l Tempio?
<pb n= "94"/>
<lb/>54.
<lb/>Piero vien poi, chè 'l bel purpureo Giglio
<lb/>Suelle di Francia dalla gran Corona,
<lb/>Ond’ à lui grande auuien danno, e periglio,
<lb/>Mentre n'adorna Alfonso d'Aragona,
<lb/>Mà poi mutato subito consiglio,
<lb/>Quando venir vedrà Carlo in persona
<lb/>Cederà al vincitor; nè può sua fede -
<lb/>À quei negar, cui tutta Italia cede.
<lb/>55.
<lb/>E allhor chè manda à ricourar Aquino
<lb/>Carlo il Gonzaga,  intrepido non langue, 
<lb/>Mà fà sul ponte il Gariglian vicino 
<lb/>Biancheggiar d'ossa, &amp; arrossir di sangue; 
<lb/>Chè spezza l'asse, e manda à capo chino
<lb/>Gli Hispani opposti, e frà lor cade esangue,
<lb/>Lieto, che ne successi aspri infelici 
<lb/>Cadendo seco tragge anco i nemici.
<lb/>56. 
<lb/>E questi ancor del buon sangue Romano -
<lb/>Haurà Alfonsina. Hor quei, chè surger veggio,
<lb/>E 'l suo fratello, il giouane Giuliano,
<lb/>Chè, quando fia Leon nell'alto seggio,
<lb/>Gonfalonier diuien del Vaticano,
<lb/>E di Modena Principe, e di Reggio, 
<lb/>E Vicario di Parma, à cui dona anco 
<lb/>Di Nemurs il Ducato il buon Rè Franco.
<pb n= "95"/>
<lb/>57.
<lb/>Degli Allobrogi il Duca Emanuele
<lb/>Lo comprerà consorte alla figliuola.
<lb/>Ecco Leon, chè dominar le stelle 
<lb/>Potrà quagiù con la Papale stola. -
<lb/>Seco ha le Muse tutte, onde per quelle
<lb/>Viurà due volte, e viuerà vna sola.
<lb/>Le Muse afflitte, e che son poi felici
<lb/>Nodrite dagli Eroi, d’ Eroi Nodrici.
<lb/>58. 
<lb/>Potrà Leone 'l Duca Insubre altero
<lb/>Con l'oro mantener del sacro Erario.
<lb/>E al Quinto Carlo confermar l' Impero,
<lb/>À cui titol di Napoli è contrario.
<lb/>E’l Concilio compir, e 'l rio Luthero
<lb/>Dannar, nouello à Dio Giuda auuersario,
<lb/>E tutto armare il popolo di Christo
<lb/>D'Asia ( nol vieti 'l Cielo) al grand' acquisto.
<lb/>59.
<lb/>Succede al successor del gran Leone
<lb/>Giulio, il cugin, chè si dirà Clemente;
<lb/>Mira sul petto al Rhodian Barone
<lb/>La Croce biancheggiar su l'ostro ardente.
<lb/>Col Montefeltri questo, e quel Baglione
<lb/>Assolda contro’ l Soderin possente,
<lb/>Sacro Principe anch'ei; cotanto alterca
<lb/>Per ciuil gara l'Vna, e l'altra Cherca.
<pb n= "96"/> 
<lb/>60.
<lb/>Clemente scaccia’ l fetido Colubre,
<lb/>Chè dì veleno infetterà Inghilterra,
<lb/>Arrigo Ottauo io dico, onde lugubre
<lb/>Haurà tragedia Caterina in terra.
<lb/>Mà pria soccorso manderà all' Insubre,
<lb/>C’ haurà con Carlo perigliosa guerra.
<lb/>E’ l Papa andrà, per tè crudel Moncada,
<lb/>Prigione, e Roma tutta à fil di spada.
<lb/>61.
<lb/>Ò giudizio di Dio chì ti comprende
<lb/>Punir Leon nel suo Cugin Clemente?
<lb/>L'istesse mani temerarie horrende,
<lb/>Chè pria saccheggeran Prato innocente,
<lb/>Adultere saran di caste bende
<lb/>Della santa Cittade onnipotente.
<lb/>Questa Dio forse necessaria pose
<lb/>Vicissitudin delle humane cose.
<lb/>62.
<lb/>Chiama 'l gran Carlo, &amp; à venir lo sprona,
<lb/>Oue agli studi suoi Felsina siede;
<lb/>Quiui à lui dà l'Imperial Corona,
<lb/>E tregua al grand’ Estense ancor concede
<lb/>Per lui tenuta à piccol censo Ancona
<lb/>Ligia diuien della Romana sede.
<lb/>Pontefice souran, chè fermar puote
<lb/>Ducal Corona in testa al suo Nipote. 
<pb n= "97"/>
<lb/>63. 
<lb/>Il vicecancellier di santa Chiesa
<lb/>Hippolito la nube hora t’accenna,
<lb/>Cardinal, chè Legato all'alta impresa
<lb/>Mandera 'l Zio con molti fanti à Vienna;
<lb/>Caderà, ma per lui la Fama ha presa
<lb/>La tromba d'oro, e l'argentata penna;
<lb/>Viuerà quand'ancor fia cener trita;
<lb/>Hor taccia il volgo vil, che muore in vita.
<lb/>64.
<lb/>Segue’ l figliuol Asdrubale, che quando
<lb/>Coprirà quasi 'l mar d'antenne, e vele
<lb/>Dragutte incontro Malta al memorando
<lb/>Assalto di sant'Ermo, e san Michele.
<lb/>Torre, se miri 'l piè, balen, se 'l brando,
<lb/>Appar frà i merli, e mostra indi al crudele
<lb/>Solimano, chè puote in molti modi -
<lb/>Malta l'offese vendicar di Rhodi.
<lb/>65.
<lb/>Ecco Lorenzo il Principe d’ Vrbino,
<lb/>Chè sfronda l'alta Rouere di Gioue,
<lb/>Mà non la suelle già, ch’ alto destino
<lb/>Vuol, chè perpetua l'Aquila vi coue. -
<lb/>General quei del popol Fiorentino 
<lb/>Chiude i suò dì con gloriose proue.
<lb/>Di Bologna, e d'Oruernia hor la Contessa
<lb/>Maddalena sua moglie è seco espressa.
<pb n= "98"/>
<lb/>66.
<lb/>Ecco Alessandro, chè negli aurei scanni 
<lb/>Potrà le Palle incoronar Reine.
<lb/>Duca souran, se miri 'l pondo, e gli anni,
<lb/>Vano altresì, s'i ciechi amori, e’ l fine.
<lb/>Homicida cugino atroci inganni
<lb/>Non gli ordisca crudel frà le cortine;
<lb/>Morte sempre così nascoso ha dietro
<lb/>À piaceri di Venere’ l feretro.
<lb/>67.
<lb/>E Margherita sua languida sposa 
<lb/>Figlia di Carlo bagnerà la guancia.
<lb/>Vedi colei, per cui più auuenturosa
<lb/>Non so, se potrà dirsi Etruria, ò Francia;
<lb/>Nella cui man veder puoi come posa
<lb/>Lo scettro Arrigo è vn colpo sol di lancia,
<lb/>Madre di Rè, di Rè Consorte, afflitta,
<lb/>Mà in sua fortuna Caterina inuitta.
<lb/>68.
<lb/>Questa d'un Regno pien di scettri il pondo
<lb/>Sosterrà ben pè fanciulletti Regi,
<lb/>Veneranda Reina, e col profondo
<lb/>Senno vendicherà l'onte, e i dispregi,
<lb/>E pria chè di sè lasci in bruno 'l mondo
<lb/>Sposa Real dà Lotaringi egregi -- -
<lb/>Conuien, ch’ all'Arno suo rimandi, e quanto
<lb/>Tolse, togliendo se, renda altretanto.
<pb n= "99"/>
<lb/>69.
<lb/>Quei chè nell'altro ramo appar primiero
<lb/>Laudomia haurà la nobile Acciaiuola
<lb/>Lorenzo è’ l figlio, il prode Caualiero,
<lb/>C’ ha l'Appiana, vnica Donna, e sola.
<lb/>Nasce di loro il generoso Piero, 
<lb/>E dà lui vien con sacra mitra, e stola
<lb/>Di Bisiers il buon Pastor. Pon cura
<lb/>À quel, chè 'l vapor denso hor ne figura.
<lb/>70.
<lb/>Giouanni è quegli, auuenturoso padre
<lb/>Di Figlio Eroe; con santo amor l’inuesca
<lb/>Vedoua sposa Caterina, e madre
<lb/>De Riari, l'Amazone Sforzesca,
<lb/>L'assedio sostener d'armate squadre 
<lb/>Impari’ l huomo dà virtù donnesca;
<lb/>Al figlio il padre darà’ l nome, e l'arte -
<lb/>Costei di guerra al gran Mediceo Marte. 
<lb/>71.
<lb/>Et è quei, chè con l'elmo, e l'alte spalle 
<lb/>Eccede, com’ ogn’ altro in gloria auanza;
<lb/>Milano al suo Bisauo, al suo Aniballe,
<lb/>Similissimo agli atti, e alla sembianza,
<lb/>Lo vedrà armato in sanguinar le Palle
<lb/>Dell’ aureo scudo in vn horribil danza; 
<lb/>E far della sua spada in mezo al campo
<lb/>Il fulmine minor impeto, e lampo. 
<pb n= "100"/>
<lb/>72.
<lb/>Fanciullo ancora impugnerà la lancia
<lb/>Frà Liguri col celebre Vitello,
<lb/>E nell’ Adda 'l corsier sino alla pancia
<lb/>Tufferà col Grigion suo bel drappello,
<lb/>Tutto cacciando 'l popolo di Francia
<lb/>Sol col terribil guardo entro’l castello;
<lb/>Nè l'oste si terrà dentro alle mura
<lb/>Dà lui, terror de Capitan, sicura.
<lb/>73.
<lb/>San Giorgio acquisterà con l'altra Terra
<lb/>Posta sul fiume, oue cadeo Fetonte;
<lb/>Indi à Grauina prouocando in guerra
<lb/>Renzo, lo caccierà di là dal monte.
<lb/>Espugnator di Carauaggio à terra
<lb/>Manderà del Tesin sanguigno’ l ponte,
<lb/>Vedrà affondar i Franchi, e à Bufaloro
<lb/>Assorbir l’ onda, e l'onda assorbir loro.
<lb/>74. 
<lb/>Qual mirò Troia vincitore Achille
<lb/>Molle, e difforme sopra Ettore esangue;
<lb/>Tal vedrà lui Pauia frà chiare stille
<lb/>Di bel sudore, e di non brutto sangue.
<lb/>E perchè vale vn huomo sol per mille,
<lb/>Lo visita’ l Rè Franco allhor, chè langue;
<lb/>Cui, mentre’ l curan pur Fisici industri,
<lb/>Di sua man fascia le ferite illustri.
<pb n= "101"/>
<lb/>75.
<lb/>Mà sù’ l lago di Garda, allhor chè sono
<lb/>Note sue proue, e fà l'estrema possa,
<lb/>L'ancide (ahi lasa) allo scoppiar d’vn tuono
<lb/>D'inimica bombarda aspra percossa.
<lb/>Vrna ’l Mincio non ha, chè degno dono
<lb/>Sià delle belle ceneri, e dell' ossa;
<lb/>Mà frà i Trofei dè suo Gonzaghi 'l brando
<lb/>Sospenda pur del Fiorentino Orlando.
<lb/>76. 
<lb/>Non ha dunque vn esercito d’ Augusto
<lb/>À sua morte bastante ò spada, ò mano,
<lb/>Chè per l'alma cacciar dal nobil busto
<lb/>Del fulmine sia d’ vopo, e di Vulcano?
<lb/>Scocchi, deh Scocchi, oh Dio, colpo si ingiusto
<lb/>Dà si chiaro Guerriero ò lunge, ò inuano;
<lb/>Con minor danno il bellico tormento
<lb/>Ben potrebbe degli altri ancider cento.
<lb/>77.
<lb/>Tù muori, è degno di più lunga vita
<lb/>Troppo per tempo, e dal tuo Rè bramato.
<lb/>Non sarebbe l'istesa Audacia ardita
<lb/>Por mano in lui, se tù gli fussi à lato.
<lb/>Mà vanne in pace, poi che humana aita
<lb/>Vincer non può l’ insuperabil Fato.
<lb/>Pugnerà’ l Rè, mà vincerà Fortuna,
<lb/>Poi chè spesso virtù cede à quest’ vna.
<pb n= "102"/>
<lb/>78.
<lb/>Ecco 'l figliuolo , à cui soura 'l crin biondo
<lb/>Nuoua Corona, e splendida riluce ;
<lb/>Come di Troia il gran Caual fecondo
<lb/>Espose questo, e quello inuitto Duce.
<lb/>Ò qual racconta Fama antica al mondo,
<lb/>Ch’ vscir d'vn ouo Castore, e Polluce,
<lb/>Così vedranno li duò opposti Poli
<lb/>L' eccelse Palle partorire i soli.
<lb/>79.
<lb/>Il generoso Cosmo io dico, il Grande
<lb/>Duce, ch’ i prischi Rè dè Toschi auanza;
<lb/>Haurà, perchè fanciullo altrui comande
<lb/>Canuto senno in giouenil sembianza;
<lb/>Egli del mar contro l'Arpie nefande
<lb/>Farà di Caualier bella adunanza;
<lb/>Ch’ Argonauti di Christo inuitti, e fidi
<lb/>Nè purgheranno'l mar per tutti i lidi.
<lb/>80.
<lb/>Fia miracol veder maturo’ l frutto
<lb/>Preceder la stagione, e quasi’l seme;
<lb/>Virtù precorre 'l regno, e 'l regno al tutto
<lb/>L' età, cui tanta macchina non preme.
<lb/>Conspira in lui l'inuidia, il vento, e 'l flutto,
<lb/>Perch’ ei non regni, ei regna, e vince insieme,
<lb/>Chè doma i mostri, e tronca i rei consigli,
<lb/>L'Idre, e dell'Idre i rinascenti figli.
<pb n= "103"/>
<lb/>81.
<lb/>Tù sarai 'l primo à incoronar d'alloro
<lb/>Il vincitor d'ire ciuili, e folli,
<lb/>Ò Montemurlo, chè rubini, &amp; oro
<lb/>Vendemmi ogn'hor dà pampinosi colli;
<lb/>Dalle ruine tue, ch'auanzi foro
<lb/>Dì Castruccio, à gran pena il capo estolli;
<lb/>Ruine eccelse ancor, poi chè dall'ime
<lb/>Reliquie, s'alza il volo altrui sublime.
<lb/>82.
<lb/>Per lui s’ arma virtù, pugna Fortuna,
<lb/>Sè questa è cieca, quella ha l'occhio sano.
<lb/>Mà cieca nò, se scorta ha sol quell’ vna,
<lb/>Quella 'l principio, e questa ha’ l fine in mano.
<lb/>Ascanio dalla Cornia, e Gian di luna,
<lb/>Il Baglioni, il Vitelli, e 'l Marignano,
<lb/>E 'l buon Colonna al soldo suo conduce,
<lb/>Degni di lui Guerrieri, il sommo Duce.
<lb/>83. 
<lb/>Mà perchè malageuole è 'l camino
<lb/>Ond’ all’ honor si poggia, e raro è 'l bello;
<lb/>Del Rè di Francia il nuouo Paladino 
<lb/>Piero strozzi s'oppone, aspro rubello;
<lb/>Prior di Capua ha 'l suo Leon vicino,
<lb/>Chè ragge sì, mà vedrà questi, e quello,
<lb/>Mentre i suò Franchi volgeran le spalle,
<lb/>Frà le stelle rotar l'ardenti Palle.
<pb n= "104"/>
<lb/>84.
<lb/>Cederà lucignano all'aurea spada,
<lb/>Cederà Montalcino all'aurea lancia;
<lb/>La lupa ancor, se ben combatte, e bada
<lb/>Ferita nella gola, e nella pancia,
<lb/>Dispone’ l Cielo al fin, che sotto cada
<lb/>Al vincitor di Siena, anzi di Francia;
<lb/>Chè sol non vince allhor, chè non guerreggia,
<lb/>Ne guerra manca ad huom , chè signoreggia.
<lb/>85.
<lb/>Arti nodrir, e tribunali, e studi
<lb/>Aprir,e fecondar lingue, &amp; inchiostri;
<lb/>Munir porti, Città fondar, paludi
<lb/>Seccar, e fabbricar palagi, e chiostri;
<lb/>Fian grandi sì, ma sue minor virtudi,
<lb/>Perch' egual anco à Regi ei si dimostri,
<lb/>Haurà di Magno in Campidoglio (come
<lb/>Trà Alessandro, e Pompeo sia terzo) il nome.
<lb/>86.
<lb/>Leonora, anzi vna Androgene virile
<lb/>Di Toledo, ò vna Ortensia haurà consorte,
<lb/>Qual Emilia, ò Sulpizia à lei simile 
<lb/>Hebbe Roma, ò qual huom costante, e forte?
<lb/>Dalla Real Partenope gentile
<lb/>À fecondar vien la Toscana Corte
<lb/>Di numerosa Prole alta, e serena,
<lb/>À cui spose nodrisce Austria, e Lorena.
<pb n= "105"/>
<lb/>87.
<lb/>Il Gran Francesco, ch'all’ Hispana Reggia
<lb/>Del Rè, c’ ha sopra tanti Rè domino,
<lb/>Tragge perch' alti modi apprenda, e veggia,
<lb/>Come vn buon Rè sormonti à Dio vicino;
<lb/>Ritorna instrutto, e di virtù gareggia
<lb/>Col Genitor il nobil Peregrino, 
<lb/>Qual giudizio, ò qual lode ha’ l suo gouerno,
<lb/>Cui cede’ l Regno il testimon paterno?
<lb/>88.
<lb/>Di sangue Imperial Donzella Augusta
<lb/>Haurà sposa degnissima di lui;
<lb/>Mà quasi vn lampo, chè per l'aria adusta
<lb/>Nel punto fugge, chè si mostra altrui,
<lb/>Ritornerà l'anima bella, e giusta
<lb/>Schiua del mondo, ò sfere eterne, à vui;
<lb/>Mà pria non già, chè due figlie leggiadre
<lb/>Non lasci, amati pegni, al mesto Padre.
<lb/>89.
<lb/>La doue nacque il Mantouano Homero
<lb/>Doppia Corona sù la bella chioma
<lb/>Haurà Leonora, e del pesante impero
<lb/>Al buon Vincenzo alleggierà la soma;
<lb/>Potrà l'ostro,'l valore, e 'l nome altero
<lb/>Del porporato Zio render à Roma,
<lb/>E nel suo grembo folgoranti, e vaghe
<lb/>Nodrir à Gioue l'Aquile Gonzaghe.
<pb n= "106"/>
<lb/>90.
<lb/>L'altra, chè sembra vscir di Paradiso
<lb/>Trè volte serenissima Maria 
<lb/>Al nome, al sangue, à detti, all'opre, al viso
<lb/>Ammirabile, Augusta, eccelsa, e pia,
<lb/>Prima Donna del mondo, ha seco assiso
<lb/>Il Rè, ch'i Regni suoi sa vincer pria;
<lb/>Dico il Borbone Eroe, che si egli è degno
<lb/>Di Regno tali; del Rè Questa, e del Regno.
<lb/>91.
<lb/>Il regnar è quagiù frà voi mortali
<lb/>Di terreno valor proua celeste;
<lb/>Guardi Dio, guardi 'l Ciel l'Alme Reali,
<lb/>E volga nel suo autor l'armi funeste, -
<lb/>Quando armeran l' atroci Ombre Infernali
<lb/>Dà nuoue Furie vn agitato Oreste;
<lb/>Ò scelerata mano, empia ferita,
<lb/>Ch'à lei 'l Consorte inuoli, e à lui la vita.
<lb/>92.
<lb/>Io dà lunge t’ inchino, e ti salato, 
<lb/>Idol di Francia, Idol d'Etruria, e mio,
<lb/>Riuerita signora, e l' alto aiuto -
<lb/>À sì grand’ vopo io per tè chieggio à Dio.
<lb/>Di tue lagrime belle il gran tributo
<lb/>Chiede 'l gran caso, e teco piango anch'io.
<lb/>Mà chè fia poi? Donna sei tù ben tale,
<lb/>Ch’ agguagliar puoi la medicina al male.
<pb n= "107"/>
<lb/>93.
<lb/>Pianga femmina vil, chè tosto inchina,
<lb/>E à cui manca’ l sauer, se 'l pianto auanza;
<lb/>Ò Figlia, ò Regia Figlia, ò pia Reina
<lb/>Non tù sei tale; Hai di gran Rè sembianza.
<lb/>Armi, e guerre trattar sara, e mattina,
<lb/>Leggi, offici, e gouerni hai per vsanza,
<lb/>Piantar moli, e Città, naui, e tesori,
<lb/>Oste adunar; son l’ opre tue minori.
<lb/>94.
<lb/>Dà radice spiantar le spine, e 'l loglio
<lb/>Dà quella fè, chè tù beuesti Infante;
<lb/>E farti, incontra ogni nemico orgoglio,
<lb/>Seguir Fortuna, e gir Virtude auante,
<lb/>Di Trofei, di Trionfi vn Campidoglio
<lb/>Far sopra Olimpo, e 'l Nome tuo tonante
<lb/>Sbigottir gli Indi, e impallidir i Mori;
<lb/>Opre tue grandi sì, non le maggiori.
<lb/>95.
<lb/>Nodrir vn nuouo Carlo à Santa Chiesa,
<lb/>Mandar altro Goffredo in Palestina;
<lb/>Dar legge à Regi, e la cotanto offesa
<lb/>Richiamar dell’ esilio Astrea diuina;
<lb/>Di Bianca, e d'Isabella ogn’ alta impresa
<lb/>Vincer oprando, &amp; Anna, e Caterina.
<lb/>Saran vanti maggiori, onde Parigi
<lb/>D’vn grandè Arrigo habbia vn maggior Luigi. 
<pb n= "108"/>
<lb/>96. 
<lb/>Và lieta, ch'à tua vedoua fortuna
<lb/>È con perpetue nozze Iddio marito.
<lb/>Poi dice à mè. Per celebrar quest'vna
<lb/>Homai t'accingi; &amp; io. Legge è l'inuito;
<lb/>Mà indarno Febo in Helicona aduna
<lb/>Il suo canoro popolo infinito,
<lb/>Che sì bel Sole, à cui non veggio occaso,
<lb/>Degna di lui non ha Musa in Parnaso.
<lb/>97.
<lb/>Risponde allhor; Non di Febea menzogna
<lb/>E d' vopo, ò di Sirena adulatrice;
<lb/>Ma del Cielo 'l fauore, e 'l mio bisogna,
<lb/>Ò d'Aquila 'l gran volo, è di Fenice.
<lb/>À roca Musa è tanto honor vergogna
<lb/>(Ripiglio) adunque; io d’ Icaro infelice
<lb/>Temo’ l gran caso rinouar in Senna,
<lb/>Se non sostien Aura Real mia penna.
<lb/>98.
<lb/>Quindi soggiugne. Ecco l'altero, e degno
<lb/>Successor di Francesco; Hor mira intento; 
<lb/>Fernando il Grande, il pio, non men sostegno
<lb/>Di pace à voi, chè d'Affrica spauento. 
<lb/>Pria meritar, chè posseder il regno,
<lb/>E regnar frà i gran Rè d'alto ardimento,
<lb/>Vedrassi cinto d'immortale Alloro,
<lb/>E la porpora sua cangiarsi in oro.
<pb n= "109"/>
<lb/>99. 
<lb/>Vedoue oppresse, e vergini indifese,
<lb/>Innocenti fanciulli, e vecchi infermi
<lb/>Solleuar, e nodrir farà cortese,
<lb/>E Cenobi ordinar diuoti, &amp; ermi.
<lb/>Della fede comune alle difese
<lb/>Presidi mantener sicuri, e fermi,
<lb/>Cigni premiar, dè saggi suo gouerni,
<lb/>E di sue prome testimoni eterni.
<lb/>100.
<lb/>Per honorar il nuoua Muzio Hispano,
<lb/>Salamandra di Dio, Lorenzo inuitto,
<lb/>Di gran Tempio à incrostar il ricco piano
<lb/>Impouerir farà l'Indo, e l'Egitto.
<lb/>Mà le Colonne, i muri, e’ l Ciel sourano
<lb/>Auanzeran, qual più famoso è scritto. 
<lb/>Appo cui vil dirò la ricca soma,
<lb/>Che Pompeo ti portò, superba Roma.
<lb/>101.
<lb/>Il mar, chè dall' Europa Asia diuide,
<lb/>E Sesto quincì, e quindi Abido bagna,
<lb/>À ponte sottoporre, e verso Elide
<lb/>Per le cauerne addur della montagna,
<lb/>Come prigion poteo Xerse, ed Alcide
<lb/>Piantar le Mete, oue l'Oceano stagna,
<lb/>Memoriè illustri son, mà non bastanti
<lb/>Ad agguagliar, Fernando, i tuò gran vanti.
<pb n= "110"/>
<lb/>102.
<lb/>Mentre Liuorno tuo d’ alti ripari
<lb/>Chiudi con tanta prouuidenza, &amp; arte.
<lb/>Cò legni tuoi tutti cercare i mari,
<lb/>Far tremar l'Oriente, e sfidar Marte;
<lb/>Effetti propri tuoi, quanto più rari
<lb/>Viddersi vnquanco , ò mai lessersi in carte?
<lb/>Nè'l Trace sol rispinger importuno,
<lb/>Mà nè suo Regni minacciar Nettuno ?
<lb/>103.
<lb/>Degnissima di lui sarai Christina,
<lb/>Madre feconda di Real Famiglia;
<lb/>Del gran Liberator di Palestina
<lb/>Fortunata Nipote, eccelsa Figlia
<lb/>Di Carlo, &amp; all'inuitta Caterina
<lb/>Simile agli atti, all’ habito, alle ciglia;
<lb/>Palme, e candide Oliue (ò d'aureo senno
<lb/>Lotaringa Minerua) à tè si denno.
<lb/>104.
<lb/>Segue à gran passo i primi duò germani
<lb/>Per via d'honor Pietro il gentil Barone,
<lb/>General degli eserciti Italiani 
<lb/>Sarà di Spagna per le due Corone,
<lb/>E splenderà frà i Caualier sourani
<lb/>Con l’ Insegna gentil del bel Tosone,
<lb/>Non haurà regno, e haurà di regno il merto,
<lb/>Perch’ à certo valore è’l premio incerto.
<pb n= "111"/> 
<lb/>105.
<lb/>Eguali al volto , agli atti, eguali agli anni
<lb/>Gemelli crederrai, quei c’ hor t'addito;
<lb/>Togato è l’ vno il Principe Giouanni
<lb/>Di Peregrina porpora vestito.
<lb/>E Garzia l'altro; il Padre in negri panni
<lb/>Veggio di duò bei Figli impouerito.
<lb/>Morte, empia morte alle duo belle Piante
<lb/>Perdoni. Hor tù non domandar più auante.
<lb/>106.
<lb/>All'Auo suo simile, al nome, all'arte
<lb/>Di Cosmo vien l’ vltimo Figlio armato,
<lb/>General fia de fulmini di Marte
<lb/>In Fiandra, e General dello steccato.
<lb/>Chì loderà questo Guerriero in parte
<lb/>Dall’ istesso suo Cesare lodato,
<lb/>Archimede nouello, à cui non parco
<lb/>Dè suoi tesori poi sarà san Marco?
<lb/>107.
<lb/>Il verzzoso Drappel, ch’ vnito insieme
<lb/>Il cerchio suo ver noi rapido inchina,
<lb/>Del real Ferdinando è’ l chiaro seme,
<lb/>Ch’alle Porpore, e à Manti il Ciel destina,
<lb/>Chiara del nobil Arno vnica speme,
<lb/>Fortunata d’ Eroi stirpe Reina,
<lb/>Veggio vetusto al fin col tuo crin biondo
<lb/>Ringiouenir per tua virtude’l mondo.
<pb n= "112"/>
<lb/>108.
<lb/>Gran Cosmo tù, chè’ l quarto lustro à pena
<lb/>Chiudi, &amp; auanzi i più canuti Regi,
<lb/>Vedrai venir dalla più adusta arena
<lb/>À inchinarsi à tuo piè Principi egregi,
<lb/>Et ammirarti, ò Maestà serena,
<lb/>Maggior di tua grandezza, e de lor pregi,
<lb/>Compor leggi, e dettar Rescritti aurati
<lb/>À tuò Guerrieri in mezo, e à tuò Togati.
<lb/>109.
<lb/>Iddio ti salui, ò dell'amata, e bella
<lb/>Fiorenza, inuitto Regnator felice
<lb/>Io pur dà lungi riuerisco quella
<lb/>Magnanima sembianza; Hor più non lice. 
<lb/>Così ognhor ti secondi amica stella, -
<lb/>Com’ il cor mio t’ applaude, e benedice,
<lb/>Et in pace t’ annunzia i Toschi seggi,
<lb/>Gran Padre delle Muse, e d'auree Leggi.
<lb/>110.
<lb/>Principe Eroe segui pur tua vittoria,
<lb/>Per quel sentier, ch'è à tua bontade aperto,
<lb/>E perdona, se quì più lunga istoria 
<lb/>Narrar mi vieta’ l Ciel del tuo gran merto.
<lb/>Il Ciel, chè già prescriue ogni tua gloria,
<lb/>E l'esequisce il Fato, e 'l Fato è certo.
<lb/>Gran cose intanto concepisci, come
<lb/>Arno le spera, à tè fatali, e al nome.
<pb n= "113"/>
<lb/>111.
<lb/>Di sangue, io non dirò terreno, à cui
<lb/>Vn mondo è poco, e due non saran molto,
<lb/>Poi chè la terra partorisce à lui
<lb/>Mondo nouello; À tè fia 'l resto occolto.
<lb/>La Real Maddalena haurai, ch'altrui
<lb/>Potrà Augusta parer agli atti, al volto.
<lb/>Chè rimembrar faran vostre Corone
<lb/>Nuoui sposi veder Gioue, e Giunone.
<lb/>112.
<lb/>Venga più lieta sposa, e più felice -
<lb/>Dell'altre due, chè à lei verranno auante, 
<lb/>L'Austriaca terza Etrusca Imperatrice
<lb/>Di Figli ad arricchirti, ò Regio Amante.
<lb/>Germoglin pur dall'aurea sua radice
<lb/>Aurei Fiori, aurei Pomi, &amp; auree Piante;
<lb/>E sia di par frà gli Arciduchi suoi
<lb/>Oriente chiarissimo d' Eroi.
<lb/>113.
<lb/>Ecco del chiaro Cosmo il buon Germano 
<lb/>Francesco, à cui più d’ vn Alloro è nato;
<lb/>Già suda Bronte al mantice, e Vulcano
<lb/>Per temprargli la spada, e l'elmo aurato;
<lb/>Già si tinge al suo crin l'ostro Romano,
<lb/>Là Filippo l’ inuita, e quà'l Senato
<lb/>De porporati Eroi; Pende egli incerto,
<lb/>E intanto ha doppia lode, e doppio merto.
<pb n= "114"/>
<lb/>114.
<lb/>Il terzo è Carlo. Hor se non mente’ l nome,
<lb/>Ò la legge de nomi osseruatrice;
<lb/>Ò se non è miser huom saggio, come
<lb/>Credette alcun, sarà saggio, e felice.
<lb/>E pur mente in altrui, c’ ha graui some,
<lb/>Sol perchè sia l'arte Febea infelice.
<lb/>Deh porgi mano (ad onta hor di fortuna)
<lb/>Buon Carlo tù, s’ i nomi han grazia alcuna.
<lb/>115.
<lb/>Ecco Lorenzo al fin, chè le bell’ orme
<lb/>Del Genitor preme col piè ineguale;
<lb/>Come additò già le paterne forme
<lb/>Andromache al figliuol nell' alte sale.
<lb/>Così Madre Real, chè mai non dorme,
<lb/>Sprona’ l desio, chè per se corre, e sale,
<lb/>Oue Virtude è più sublime, e rada
<lb/>Nè pregi della penna, e della spada.
<lb/>116.
<lb/>Mira le trè dirò Grazie Sorelle
<lb/>Nate di Cosmo, anzi di Gioue stesso;
<lb/>D'vn Alfonso, e d'vn Cesare son quelle
<lb/>Prime, chè vanno à Duci loro appresso.
<lb/>Ò lucrezia, ò Virginia, ò degne, ò belle
<lb/>Mà troppo tarde à giugner in Permesso
<lb/>Frà l' Estensi Corone, e frà coloro
<lb/>Lodati sì dal Ferrarese Alloro. 
<pb n= "115"/>
<lb/>117.
<lb/>Del miglior seme del valor Latino
<lb/>Haurà la Terza il Principe Romano;
<lb/>Onde Virginio il glorioso Orsino
<lb/>Fiorirà di Trofei l'Istro, e 'l Giordano;
<lb/>E nodrirà al buon popol di Quirino
<lb/>Bella d' Eroi Famiglia, e al Vaticano.
<lb/>Chè (s'hauer dee valor mercede alcuna)
<lb/>Minor del suo Alessandro è ogni fortuna.
<lb/>118. 
<lb/>Antonio è quei, chè Venturier conduce
<lb/>Sul Danubio d'Etruria il più bel Fiore;
<lb/>E con pochi destrieri, ond’ egli è Duce,
<lb/>Peregrina felice, e merca honore.
<lb/>Con bianca insegna Caualieri adduce
<lb/>Di Capestrano splendido signore;
<lb/>Di lui ben canteran le trombe amiche
<lb/>Hora gli Ozij honorati, hor le fatiche.
<lb/>119.
<lb/>Mira di Pietro i duo bei Figli egregi,
<lb/>Ch'à Flora sua restituisce Hispagna;
<lb/>Coppia gentil, chè de paterni pregi 
<lb/>Calca i vestigi, e si fa lor compagna.
<lb/>La Toga, la Pretesta, e l’ armi, e i fregi
<lb/>Prepari in breue pur Roma, e Lamagna.
<lb/>Perche à imprese magnanime, e leggiadre
<lb/>De figli, sferza è la virtù del padre.
<pb n= "116"/>
<lb/>120.
<lb/>Ecco Alessandro; Alla suprema sede
<lb/>Giungerà poi Leone al nome, à pregi;
<lb/>L’ardente Croce, chè’l Piropo eccede,
<lb/>Primiera insegna è dè suò chiari fregi;
<lb/>Ben saggio chì in Dio ferma il primo piede,
<lb/>Ch'orma diuiene agli altri passi egregi ;
<lb/>Il mondo (eccetto lui) vedrà di rado
<lb/>Huom', chè si leui al Ciel digrado ingrado.
<lb/>121.
<lb/>Tardi cresce così l'abete, e'l pino, 
<lb/>Quindi i secoli eccede, e i monti agguaglia, 
<lb/>Tal ei d'erta  virtù sù l' Apennino 
<lb/>Sorgerà quanto fia, chè lento saglia.
<lb/>Vedergli in sacra Mitra, e in bianco lino
<lb/>L'elmo cangiar, cangiar vsbergo, e maglia,
<lb/>E l'hasta diuenir sacrato hastile,
<lb/>Pastor l'annunzia al Fiorentin Ouile.
<lb/>122.
<lb/>L'alma Città, chiaue del Cielo, e porta,
<lb/>Où ha virtude il premio suo più certo,
<lb/>Del suo valor, per lunga proua, accorta,
<lb/>Mercè darà, mà non eguale al merto;
<lb/>Al crin sacra imporrà porpora attorta;
<lb/>Ò ben sofferti affanni, ò ben sofferto
<lb/>Sudor; non senza pregio è offizio pio,
<lb/>Nè senza palma il faticar per Dio.
<pb n= "117"/>
<lb/>123.
<lb/>Nè tù sarai di sì bell’ ostro, indegno
<lb/>Primogenito pur di Flora, ò Prato,
<lb/>Ricco di quel, c’ hebbe dal Cielo in pegno
<lb/>Chì credeo solo al dito, &amp; al costato.
<lb/>Ò del Ciel bella spoglia, ond'è men degno
<lb/>Il latteo Cerchio, e d'Iri il Cinto aurato.
<lb/>Benedetta Colei, ch’ in tè si cinse,
<lb/>E tè beata, onde 'l bel sen s'auuinse.
<lb/>124.
<lb/>Là nel ferace, e dilette vol piano,
<lb/>Oue Bisenzo placido declina,
<lb/>Sederà frà bei fiori ei Fior sourano,
<lb/>E nell'altera già Città latina
<lb/>Preneste, dal suo giogo (ò fasto humano)
<lb/>Cadente, e stabil solo in sua ruina ;
<lb/>Nelle cui moli si vendemmia, &amp; ara,
<lb/>Nè l'huomo ancora è fabricar impara.
<lb/>125.
<lb/>Il Rè Franco (e saria men graue pondo
<lb/>I Poli vnire, ò s'altra è maggior mole)
<lb/>Col Rè, chè porre oltre i confin del mondo
<lb/>Potrà i suò Regni, e misurar col Sole,
<lb/>Placare, e del Bifronte il Tempio immondo
<lb/>Chiudere, e sigillar con sacre stole
<lb/>Lo vedrà Senna, e far riporre il brando
<lb/>Al Quarto Arrigo, anzi al secondo Orlando.
<lb/> 
<pb n= "118"/>
<lb/>126.
<lb/>Come diuiso già, ne gran litigi
<lb/>Di Cesare, e Pompeo, fù 'l mondo armato;
<lb/>Si vedran riuerenti in San Dionigi
<lb/>Piegar gli Scettri al Caduceo sacrato.
<lb/>Con le due Spagne tranquillar Parigi,
<lb/>Anzi la terra tutta il buon Legato,
<lb/>Potrà solo, e potrà far di què dui
<lb/>Tacer le trombe, ò sol cantar di lui.
<lb/>127.
<lb/>Qual nell'aria sottil vapor s'accende,
<lb/>E di stella diuien lucida chioma,
<lb/>Tal questi se soura se alzando ascende
<lb/>Di Piero’l Trono, anzi di Christo in Roma.
<lb/>Non l’ Vniuerso graua lui, ne pende
<lb/>Il tergo annoso alla stellata soma;
<lb/>Ben riuerente alle sacrate piante
<lb/>S'incurua Olimpo, e humil s'inchina Atlante.
<lb/>128.
<lb/>Non pose in Campidoglio, ò sul Tarpeo
<lb/>Roma Guerriera già, Roma Reina
<lb/>À Trionfi di Mario, ò di Pompeo
<lb/>Per la palma Asiatica, ò Sabina,
<lb/>Statua, od Arco giamai, giamai Trofeo
<lb/>Pompa, ò Macchina eccelsa, o peregrina,
<lb/>Quali ergeransi à lui, chè pur fia degno
<lb/>In terra hauer con Dio comune 'l Regno. 
<pb n= "119"/>
<lb/>129.
<lb/>Haurà ben d'onde il ferreo mondo oppresso
<lb/>Medicina sperar certa, e ristoro;
<lb/>Chè 'l Cielo in terra compartire spesso
<lb/>Le Chiaui si vedran d'argento, e d’ oro.
<lb/>E mercar (se nol vieta humano eccesso)
<lb/>Di Pier la nauicella vn pio tesoro.
<lb/>Mà qual tetro m'attrista oscuro velo?
<lb/>Sì bel Sol perde tosto il vostro Cielo.
<lb/>130.
<lb/>Quì col parlar vscì rotto vn sospiro,
<lb/>E col sospir le lagrime sorelle;
<lb/>Poi disse volto al mobile Zaffiro;
<lb/>Ò dal Cielo aspettato, e frà le stelle,
<lb/>Non piango io tè, non già, cui pur desiro,
<lb/>Chè t’ affretti acquistar cose più belle;
<lb/>Mà piango quel, ch’ accenna horrida eclisse.
<lb/>Quì sparue'l nembo, &amp; ella più non disse.
<lb/>131.
<lb/>Allhor chiuse le labbra, e 'l libro; &amp; io,
<lb/>Ò mia saggia Maestra, incominciai,
<lb/>Se di saper è natural desio
<lb/>Fia l'insegnar degno di tè, chè sai.
<lb/>Dimmi, se voi, chè l'incarnato Dio -
<lb/>Precorreste, nascendo, ò poco, ò assai,
<lb/>Credeste nell'Autor della salute
<lb/>Ò sete giù frà l'anime perdute? -
<pb n= "120"/>
<lb/>132.
<lb/>Deh non errar col volgo, ella soggiunge,
<lb/>Mà segui lui, ch'à Dio salì vicino;
<lb/>E se tant’ alto il tuo pensier non giunge,
<lb/>Intento ascolta il celebre Agostino.
<lb/>Noi, chè veder, e altrui mostrar dà lunge
<lb/>Potemmo, haurem fallito il bel camino?
<lb/>Virginità, studi, vigilie, e fede
<lb/>Preghi, e digiuni andran senza mercede?
<lb/>133.
<lb/>Chì di Profeti fè all'Hebreo tal parte,
<lb/>Volle messi mandare al Perso, e al Greco,
<lb/>Chiamò, per detestar Venere, e Marte,
<lb/>Vergini Donne, e pie d'horrido speco;
<lb/>E noi quinci annunziammo in voce, e in carte
<lb/>Luce, è cui chiuse gli occhi il popol cieco.
<lb/>Ma ecco l'Alba, ch' apre l’ vscio al Sole;
<lb/>Dise, e n'andò col suon delle parole?
<lb/>IL  FINE.
</body>
</text>
</TEI>
Carlo Bocchineri's Palladio (1611): A Basic TEI Edition Galileo’s Library Digitization Project Ingrid Horton OCR cleaning Jenna Albanese XML creation the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)
360 Huntington Avenue Northeastern University Boston, MA 02115
Creative Commons BY-NC-SA
Based on the copy digitized by Google in partnership with the Biblioteca Nazionale di Napoli IL PALLADIO POEMETTO DI CARLO BOCCHINERI, DEDICATO ALLA MAESTA CHRISTIANISSIMA DELLA REGINA DI FRANCIA ET DI NAVARRA. IN PARIGI, Per GIOVANNI HVQHEVILLE. M.DCXI Bocchineri, Carlo Paris Heuqueville, Jean 1611.

This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).

This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.

Lists of errata have not been incorporated into the text. Typos have not been corrected.

The letters u and v, often interchangeable in early Italian books, are reproduced as found or as interpreted by the OCR algorithm. Punctuation has been maintained. The goal is an unedited late Renaissance text for study.

Hyphenation has been maintained unless it pertains to a line break (see "segmentation").

Word breaks across lines have not been maintained. The word appears in the line in which the first letters were printed. Words broken across pages appear on the page on which the first letters appear. Catch words are not included.

IL PALLADIO POEMETTO DI CARLO BOCCHINERI, DEDICATO ALLA MAESTA CHRISTIANISSIMA DELLA REGINA DI FRANCIA ET DI NAVARRA. IN PARIGI, Per GIOVANNI HVQHEVILLE. M.DCXI ALL’ ILLVSTRISSIMO ET ECCELLENTISS. SIGNORE ET PATRONE MIO COLLENDISSIMO il Signore Concini Marchese d'Ancre, Primo Gentilhomo della Camera di Sua Maesta Christianissima, Suo Luogotenente in Picardia, & Gouernatore della Citta & Fortezza d'Amiens, Perona, Rois & Mondidier.

HO douuto dedicare alla Maesta della Regina questo mio breue Poema, perche contiene l'origine della Stirpe della Serenissima Casa de Medici, il Natale del Gran Principe di Toscana, la lor misteriosa Insegna delle sei Palle, & la detestatione della Morte del Grande Enrico; & accioche sia tanto più degno di comparir dinanzi à S. M. & da lei benignamente riceuuta, & gradita, ho preso ardire di raccommandarlo alla introduzzione di V. Eccellenza, la quale con questo segnalato fauore mi accrescerà l'animo, & l' obligo di fare vna volta volar le mie penne anche per l'aura della fama di quei suoi celebri meriti, che la fecero stimare da quel Grand’ Heroe, & hora più che mai in cosi accetto, & riguardeuol Grado appreso lor MM. la fanno quasi da tutto il Mondo con immortal sua lode honorare, & con ogni reuerenza bacio à V. E le mani, & dal Signore Iddio le prego sempre maggiori felicità.

Di Firenze li 16. Octobre 1610. D. V. Eccellenza. Deuotissimo Seruitore CARLO Bocchineri. ALLI INTELLIGENTI LETTORI.

L'ARTE del ben poetare, che altro non e (secondo la sua diffinizione) che vna imitazione di azzione illustre fatte per mezo del verso à fine di giouar dilettando, è parimente (secondo, che pare à Massimo Tirio) vna misteriosa, e quasi diuina Filosofia per dolezza di metro, & Harmonia di numeri, e di consonanze à tutti i mortali (per quanto dice Museo) gratissima; la quale hauendo hauuto vari compositori, altresi dà diuersi pareri ancora è stata regolata. Per lo che alcuni credettero, che il vero soggetto dell'Epopeia potesse essere tutto fauoloso, e finto dall'artifizio del Poëta, che però Facitore ne vien detto, forse con l'esempio d'Orfeo, Museo, & Olimpo, Poëti del primo secolo. Per la qual ragione à Lucano il nome di Poëta, ò almeno di buon Poëta si negherebbe, e de moderni furono di quel parere, assegnando il falso per materia all'epico Poëma, il Rubertelli, il Piccolomini, & il Mazzone nella sua difesa di Dante, che in Icastica, e Fantastica distingue le due maniere di imitazione, quella al Sofista, e questa al Poeta attribuendo auuenga che l’vltima specie, che è la costitution di fauola (secondo il parer di Macrobio nel sogno di Scipione) come quella che contiene espressa falsità senza alcuna forma di virtù, sia scacciata dal tempio della sapienza, e condannata alle cune de fanciulli, e delle nutrici, come per auuentura è quella di Menandro, ò d' Apuleio, ed’ Ouuidio, & ì moderni Romanzi. Mà Alceo, Archelao, Stesicoro, & Homero, e gli altri dopo,del 2, e 3, secolo Poeti, portando opinion contraria, come afferma Sinesio nel libro de Sogni, sopra la sodezza del vero, e l'autorità dell' historia al Poema Heroico stabiliscono il fondamento, rimanendo però facoltà all' ingegno del Poeta con vari ritrouamenti d’ Episodij, e di Digressioni interessate con l'azzione principale, di fauoleggiare intorno alla verità con diceuole ornamento di figure poetiche, Peripetie semplici, ò doppie, d’ agnizioni, di perturbazioni patetiche, ò morate, ò d'altre simili. & al parere di questi vltimi i più lodati Compositori si sono accostati. Et in vero come può il narratiuo Poema destar merauiglia, ò muouer l'affetto di chì legge, od ascolta, se manca la fede del vero, e la credenza, che suol rendere attento ciascuno? Per il chè diuisando il Poeta allettare sotto apparenza di verità con piaceuole inganno chì legge, per la diuersità de ritrouamenti conseguisce il suo fine, per sentenza di Pindaro. Imperò chè la vaghezza della bugia cambiando la faccia della verità, e con poetici colori adornandosi inganna assai ageuolmente ciascuno, ingegnandosi il Poeta di persuadere, che le cose dà lui narrate siano degne di fede, rende in questa maniera gli animi docili, & attenti per l'opinione dà loro fondata sù l' autorità delle Historie, e sù la fama degli splendidi nomi d'huomini illustri, per la quel ragione Ouuidio, e gli altri Romanzatori non sarebben Poeti, ò non buon Poeti almeno come tutti fauolosi. Del giudizio di questi secondi, come più dall'arte approuati compositori mi son fatto io, nel presente Poemetto, imitatore, conciò sia chè essendo vero, che i Serenissimi Medici Padroni habbiano regnato in Atene, e per lor propria insegna antichissima vsato le Palle Reali, dà non ostinato lettore mi sarà per verisimile, e probabile forse conceduto, che dagli antichi Rè d’ Atene, oue fù prima veduto il Palladio (era questo vno scudo con il simolacro di Pallade) siano per buona consequenza discesi, e concedendosi facilmente all'Epico Poeta poter amplificar, & illustrar la progenie degli Eroi, e (per dir così) deificarla, e collocar i Principi giusti, e valorosi nel numero de Semidei, & à perpetui secoli mandarne la memoria, come parue à Sinesio, non mi si dourà anco negare appiccar il filo della Genealogia degli antichi Medici à Theseo, che non solo fù glorioso Rè d'Atene, mà (come narra Plutarco) legislatore di essa Città, & insieme liberatore; Concedetemi adunque (discreti Lettori) il vero senza scrupolo, & il falso, non in quella parte, che è falso, mà probabile, se non come à Poeta, almen, come à Dialettico & il probabile in quanto è verisimile, come me à semplice Poeta, e siatemi (vi prego) non seueri Censori, mà Giudici benigni, e vi bacio le mani.

IL PALLADIO POEMETTO Del Signor Carlo Bocchineri. ARGOMENTO. - Poi chè del suo bel dì l'vltima sera Chiuse Fernando Eroe souran dì Flora. Pluton arma Tesifone, e Megera. Contra'l buon Rè de Franchi, e vuol ch'ei mora. Manda Michel dalla celeste sfera Luigi il Diuo Rè, chè l'auualora. Cede Arrigo al suo fato, e pien di gloria, Com'altri vinse, hà di sè ancor vittoria. CANTO PRIMO. Del Franco Rè, ch'al fulminar del brando Fe’tremar l'Alpi, e vacillar Atlante, Cantar bram’ io l’vltima palma, quando Marte in Cielo ora tien sotto le piante, Taccia la Francia il suo famoso Orlando Chè incatenata al fin gli venne auante, E chiese pace. Or egli hà nel superno Campidoglio del Ciel trionfo eterno. E verrà seco, ò poco dietro almeno Fernando il Tosco Eroe, mio nobil Duce. Coppia immortal, chè sù nel bel sereno Castore sembra l’vn, l'altro Polluce. E se comune ebber la gloria, or sieno E del mio stil consorti, e della luce. E mirino alternar di Leda i figli Soura'l sol l’alte Palle, e gli aurei Gigli. Or tù, chè d’ alti Regni, e d’ alte imprese Puoi sola sostener lo scettro, e'l pondo, Altissima Reina, e’l bel paese Reggi di Francia, & innamori'l mondo Arridi al bel desio. L'aura cortese Spiri uer me del tuo fauor secondo. Io t'inchino, e t’inuoco. Or tua Corona Mi sia in vece di Febo, e d'Elicona. Lodata tù sarai, quanto consente Regio valor, chè’l adular non ode. Perchè sobria di tè, Musa eloquente Non parli, di virtù premio è la lode. Febo mì dice, e Febo mio non mente, Chè sarebbe'l dir poco inuidia, ò frode. Mà chì può molto? il Nome tuo può solo Della Fama stancar la tromba, e’l uolo. Cedano intanto i tuò pensieri egregi, Real Maria, s'hai di saper desio L'Arbor fecondo de Medicei Regi C’hebbe di Grecia il bel Ceppo natio. Del tuo buon Genitore il nome, e pregi, E l’alte lodi del tuo degno Zio, Cui nulla cede il suo Gran Cosmo, e quali Ebbe’l suo Figlio splendidi Natali. Com'in braccio à Teseo l’antica Atene Vide'l Palladio, tua reale insegna, E come in van bramollo Argo, e Micene, Mà Troia, e Roma sol di lui fù degna : E come d’Arno alle famose arene Portato fù, doue felice or regna, Dirà deuota à tè Musa Toscana. S'intenta ascolti, ò Maestà sourana. E quindi à tè suo Consiglier sourano Nè grandi affari del real Domino, E chè’l porto m’insegni ancor lontano Regio Scudier, magnanimo Concino. Volgo come datorbido Oceano Il mio legno agitato, e peregrino. Ch'à Musa oppressa dar mercede, e pregio, È di Rè proprio, e del tuo spirto regio. Raccogli tù, quasi dà rea tempesta Mè risospinto, ond'io ricouri in pace. Chè s'in cor generoso amor sì desta, E s’ogni mio desir non è fallace. Sarai tù’l mio Pegaso. Aspira à questa Opra, ch'al tuo valor ben sì conface Onorar del tuo Rè l'alta memoria, Perch'io di lui tessa Poema, è Storia. 1. POICHE reciso dall'auara Parca Fù lo splendido fil dell'aurea vita Del gran Fernando, e chiusa in nobil arca La spoglia sua, ch’ al peregrin s’ addita; - E appese intorno, come à gran Monarca, L'insegne tolte al Tartaro, e allo Scita; Gli fer placide Oliue, e illustri Allori Pompa real di funerali onori. 2. Nel comune dolor di sì gran danno Solo sì dimostrò lieto, e ridente Dell'anime nocenti il reo Tiranno, Chè solleuò (suo scettro) il gran Bidente. Il segno è questo, onde chiamate vanno Le Torme à lui della perduta gente. Chì’ può dir quanta? frà i diuersi stuoli Mille eserciti fanno i Duci soli. 3. E disse loro. Ò Deità consorti Spiriti eletti à gloriose proue, Creati al Ciel, mà (ò nostri eterni torti,) Dannati quì dall'inimico Gioue. Men fortunati sì, mà non men forti Di quel Michel gran General là doue Voi fuste meco, (al suo parer), trafitti, Chè prò? se vinti siamo ancora inuitti? 4. Sapete com’ei vinse, ò palma indegna Vittoria reputar la sua salute, Vincer gli parue alzando sol l’insegna, Ò con por mano alle saette acute. Mà qual si fusse il vincitor, hor vegna Di nuouo in campo, e mostri sua virtute. Non è per tregua la tenzon finita Mentre abbiam forze ancor bastanti, e vita. 5. Dicasi’l uero. Io repetendo meco Gli altrui trofei debbo tacere i nostri? Egli espugnò l'Inferno, e portò seco Spoglie vsurpate à noi dà questi chiostri. Io ben lo minacciai con occhio bieco Notai la rabbia ancor negli atti vostri; Sua virtù fusse, ò fusse alta sciagura Dinoi; fù merauglia, e non paura. 6. Gli costò sangue, e vita, oh chè vittoria Dannosa à lui; s'uniro huomini, e Dei. Poca la preda fù, lieue la gloria, Mà non son pochi, è lieui i vanti miei. Quando (e n’hà'l mondo ancora aspra memoria,) Sottrassi i primi suoi duò semidei. E ad onta sua, del Ciel mal grado, insieme Tutto gli ribellai l'umano seme. 7. E ben si parue allor, ch'in sì poch’anni Popolate così fur queste bolge. Non sete quelli voi, ch'alzaste i vanni Soura Aquilone? in giù chì ui riuolge? Perchè aspirar al Ciel, s’i propri scanni Non difendete à pena in Malebolge? Voi taciti ora, e vili? ah non già Pluto, Pluto altier sempre, or sarà vile, e muto. 8. Deh rammentate i tempi andati, e quale Lussureggiante secolo fioria. Roma soggetta e 'l nome Imperiale, E’l mondo tutto al nostro onor seruia. Numi adorati noi dà ogni mortale, Ne fù intentato il figlio di Maria. E quasi, quasi. Insuperbisco, & ora M'incielo, e indio; Euoi giacete ancora? 9. Or di sì vasto Imperio angusta parte Ci resta à pena, e questa incerta ancora. Arsa, e predata con felice Marte Dal Tosco Eroe, chè regnò in grembo à Flora Mirate in Asia dissipate, e sparte Le nostre insegne, e come’ l Trace or plora, E come trema’l Moro. Or chè più resta Soggiogar nostra Reggia; Abbia ancor questa. 10. E noi sustanze Angeliche è gli offizi Sourani elette, andiam prigioni, e serui Dell'huom, ch’è fango, à nuoui aspri supplizi, Così, se piace à voi, così s’osserui. Mà se aborrite ignobili seruizi Nel primo alto desir fissi, e proterui Vsate à tempo l'opportuna sorte, Chè u'appresenta alta fortuna, e morte. 11. Cade à tempo Fernando, e cade seco L'Onor d’Italia, il zelo, e la pietade, Ben sostenute contra'l Perso, e’l Greco. Quanto può sostener tenera etade, Saran dà Cosmo suo. Mà chè può meco, Ò contra voi suò ingegno, ò suabontade? Siasi pur forte, e valoroso il Figlio, Non mancan forze à noi pari al consiglio. 12. Se può nulla valor, se può ragione, Sè può Dio, potren noi forse altretanto. À vostri primi seggi, e alle corone Douute à voi, deh ripensate alquanto, Vdite quel chè macchina Plutone, Odi tù Inferno il generoso vanto Congiura contra mè, s'io mento. Or io Diffido il mondo, e tutti i Cori, e Dio. 13. E voi compagni in tutti i casi miei Non mancate alla fè, c’hò certa in voi. I consigli miglior sian i più rei, Sia spettator il Ciel de danni suoi. Premio vile saran palme, e trofei, Premio degno sarà regnar frà noi: Or sù agli inganni, all’ire, ò fidi, ò forti, All’armi, al sangue, al fuoco, all'aspre morti. 14. Italia, e Francia sian dà voi le prime Fulminate Prouincie. Odioso nome, Seggio odioso a noi. s’alcuno opprime Quel Franco Rè chè tante squadre hà dome, Haurà quì scettro, e'l scettro alzò sublime, E sputò fiamma, e inuiperì le chiome Satan così dicendo. E i detti e i moti Fur del gran Mostro tuoni, e terremoti. 15. Vrli, fischi, ruggiti in vn confusi (Orrendo applauso) vditi fur per tutto Qual Eolo aprire à Turbini rinchiusi Fingesi è imperuersar per l'ampio flutto. Tali esalar nel bel seren diffusi Gli empi ministri dell' umano lutto Per esequir con infernal pensiero Del maladetto Rè l'atroce impero. 16. Questi seco portaro esca, e bitume Focil, carboni, mantici, e fauille. Zolfo, veleno, e dello stigio fiume - Di lete , e d'Acheronte alquante stille. Aconito, cicuta, e l'atre spume Vomitate dà Cerberi, e dà scille, E soura le Cittadi, e soura i Regni Le versar poi gli esecutori indegni. 17. Rimirò in tanto dal più alto Coro L'Alfier celeste gli infernali agguati: ( Diffensor questi è de tre Gigli d'oro Cui dal Ciel reca i balsami pregiati.) E seco disse. Ora potran coloro In mio dispregio ordir gli inganni vsati? Tanto presume Belial crudele? E nulla stima'l vincitor Michele? 18. Esule, oppresso, e fulminato è tale Con l'ali arsiccie, e le fiaccate corna Che'l sacro Ordine mio nella reale Persona degli Arrighi à turbar torna? Cosi mi vince il perfido Riuale? Ne dà mè si rintuzza e non si scorna? Chì dal Ciel cadde nella prima guerra Vinto, or ardisce calcitrare in terra? 19. Congiura forse ancora, e'l tradimento Primo ritenta nel suo error più cieco? Forse inghiottire il Cielo, e 'l firmamento Tirar brama nel centro, e cozzar meco? Ò di sdiare Dio forse ha talento Ò’l peccato indiar, ch’eterno è seco? Ò vietato vagar nel basso mondo Esser rinchiuso in più profondo fondo? 20. Veggio arrotar nell'infernal fucina Armi tinte nel sangue , e nel veleno. Et vn fellon, chè notte, e dì camina, Al buon Re Franco immergerle nel seno. Da scelerata man palma diuina Trar l'innocenza, & auanzarsi à pieno. Or io perche impedir cotanto aquisto? Christianissimo Rè debbesi a Christo. 21. Tinse di Ierosolima le strade Col proprio sangue il Rè dè Regni immensi Apra Arrigo il suo core à lance, e spade, S’huomo al suo Dio d’assomigliar conuiensi. Così risorga in Ciel, s’in terra cade, E spazi quì, s’or è prigion de sensi. Muoia 'l buon Rè, quand’ è'l diuin decreto, E muoia allor, ch'è'l suo morir più lieto. 22. Mà sia quant’ esser può l'offesa ostile Breue, e spedito'l varco, e chiaro’l guado. Ne diseguale à destra femminile Del Franco Regno sia lo scettro e’l grado E con maschi pensieri alma virile Mostri Maria, quanto l' esempio è rado. In donnesco valor calchi i vestigi Col Rè fanciul di Bianca, e di Luigi. 23. Così frà sè Michele; e chiari indici Diede della sua mente al gran Batista, Ch’in quegli Elisi limpidi, e felici Più del suo affetto, e di sua luce acquista. Et ei frà i cari suoi spiriti amici Fermò lo sguardo suo pietoso in vista In vn della sua schiera, e questi aurata Teneua (vmil trofeo) rouente Grata. 24. Mirollo solo, e sol parlò mirando In guisa tale. Ò buon Lorenzo inuitto, Chè dal rogo felice, e memorando Lieue salisti al Ciel per cammin dritto. Mira lo stuolo orribile, e nefando, Quale al deuoto mio popolo afflitto Porta (se di quassù non gli è contesa Opra così maluagia) acerba offesa. 25. Difensor tù della Progenie eletta Chè regna là doue'l bell'Arno inonda, Sai quel chè a tè conuenga, io la diletta Città bramo serbar lieta, e gioconda. Nè dice più. nè più quell'altro aspetta, Mà qual il sol, chè ripercuota in onda, Quel ch'egli imaginò l'altro comprese, E dal secondo il terzo indi l'apprese. 26. Così Rocca sublime in riua al mare S'accende, e accender fà l'altra vicina, Se nauilio dà lunge, od altro appare, Ch' infestar possa il porto, è la marina. Tal fù l'impression nelle duò chiare Anime della luce peregrina. Mirò Michele il gran Batista, & egli Lorenzo, e 'l buon Luigi à sè fè spegli. 27. Luigi il santo Rè poich' in periglio Mirò de Franchi suoi la regal sede. Solleuò per pieta del suo bel Giglio Le luci in Dio, ch’il suo desir preuede. Mutare l'immutabile consiglio Del Decreto diuino in van si chiede, Mà doue alternan del voler soprano Le Contingenze, non si chiede in vano. 28. Rimirò in Dio quel primo Angel felice, Cui sempre assiste, & ha del Ciel l'insegna. Evide ciò, che inuestigar non lice, Del Rè la morte insidiosa indegna. Et all'alma de sensi espugnatrice Sedia espressa vi mira eccelsa, e degna, E che i trè Diui difensori elegge Di senna, e d'Arno, irreuocabil legge. 29. D'ogni concetto dell'eterna Idea L'Angel s'imprime sì, ch’è esempio altrui. L'inferior l’apprende, e se ne bea, E lo comparte à sottoposti à lui. In vn momento arride, e si ricrea Il Paradiso in tutti i Cerchi sui. Mà piu quei trè, chè rimiraro in Dio Fatta legge immortale il lor desio. 30. Accinte allor dà quei sublimi Cori Partir le gloriose Anime pie. E discendendo à Cerchi inferiori Nominar cieca notte il nostro die. E fin là doue giungono i vapori, Calcaro insieme le celesti vie. Quì in due si dipartir pieni dì Zelo I trè sourani Cittadin del Cielo. 31. Col figliuol se n'andò di Zaccheria - Chi fù d’ingorda fiamma esca gentile. Mà in disparte vagò per altra via Il buon Luigi, e già vedeua vmile La Reggia sua, che la real Maria, Donna al cui merto anco la gloria è vile, Incoronar con ricca pompa in arra Del bel Regno dì Francia, e dì Nauarra. 32. Scese, come cader vedesi stella, Ò cader pare, il volator sublime E sù le penne dì lieu aura ancella Sì fermo à riguardar le basse cime. Ode, chè nuouo Dedalo martella Soura l'incudi, ode scarpelli, e lime Vede archi immensi, e mentre Febo adopra Le Muse sue, sudar i fabbri all' opra. 33. La nuoua pompa, e'l apparato egregio Dì lassù scorge e 'l prodigo lauoro, I teatri, le statue, & ogni fregio, C'ha per materia vile argento, & oro. A celesti delizie il lusso regio Non ben s’agguaglia, e 'l pouero tesoro. Reputa nulla quanto insieme aduna Superbo fasto dì real fortuna. 34. Già con le chiome d'oro, e i piè di foco Volgeansi Eto, e Piroo verso Occidente. Qual dolcezza è veder frà 'l canto, e'l gioco Soura vn destrier di neue vn sole ardente, Tal fù giugnendo al preparato loco L'alta Donna di Francia. Amor presente Fù come à suo trionfo. Amor superno Di Fama, e d'Onestà compagno eterno. 35. E venne seco'l Rè con bella corte - Qual forse al tempo fù de Paladini. Sorge tempio souran, c’hà d'or le porte, Le pareti di marmi eletti, e fini. Bell’vrne serban quì (trofei di morte) - Le ceneri de Carli, e de Pipini. Notati sotto i nomi, e gli atti egregi Son di cento Reine, e cento Regi. 36. Quì s'adunaro al grand'affar solenne, E quì’ l celeste Lodouico scese. Mà 'l vago spirto suo non già s'astenne Volar intorno, oue 'l suo frale intese. Presentillo 'l cadauero, e ritenne Il natural desio, chè prima 'l prese, Qual ferro in ver la calamita (fosse Miracolo, od amor) ver lui sì mosse. 37. Così dicesi ancor che’ sangue geme, (S’ è vicin l'omicida) vn corpo estinto. Tanto mantien reciso ancora 'l seme D'ira, ò d’ amor il naturale instinto. Cenaro i Regi e 'l luogo, e 'l tempo insieme Dall'onor delle tauole fù vinto. E diede ognun dopo le mense liete Gli occhi al sonno, e le membra alla quiete. 38. Mà poi chè digeriti ebbe i più densi Vmori interni il natural calore. Quand'han gli spirti più purgati, e i sensi Atti più à inuestigar l'anima, e 'l core. Dice lo spirto al Rè, che fai? chè pensi Arrigo altier ridotto all’ vltime ore? Tù quì riposi ancora, e quest'altera Pompa non sai, ch’ è l'ultima tua sera? 39. Vero nunzio son io della tua morte, Non fantasma notturno, ò sogno lieue. Viuesti inuitto. or caderai qual forte, Come à Guerriero, e come à Rè si deue, Chè’ l bel nome di Christo in van non porte, Proprio di questo Regno. In così breue Vita, t'è vita (mia mercede) aggiunta, Fin chè Maria sia incoronata, & vnta. 40. Composto 'l Regno tuo così, composte Le graui cure, dei compor te stesso. Io vengo à tua salute, io di quell'oste Prendo la cura, e 'l tutto è à me commesso. Consegna omai lo scettro, e le nascoste Cose non cheder; Non ignobil messo Ti chiamo per breuissimo sentiero, Oue 'l seruir eccede ogn' alto impero. 41. Sì disse, e parue, chè la mano audace Volesse por nella reale insegna. Mà’ l generoso Rè, cui l'atto spiace, Grida con fiera voce. Or chì t’ insegna, Qual tù ti sei, nemica alma rapace, Tentar. chì queto dorme, e giusto regna Con importune imagini? e le mie Dolcezze turbi in così lieto die? 43.[sic] Si poco non costò questa Corona, Nè così vile è la mia vita, quale L'vna, e l'altra faì tu, la mia persona Non tocchi alcun, se più di mè non vale. Iddio, com’ à lui pare, è vespro, ò à nona, Mi chiami, io quelch’ à dignità reale Conuien, farò di questo scettro, e prima Chè per viltà 'l depongà, 'l Ciel m’opprima. 43. Tù sè 'l mio onor procuri, ò questo regno, Come dimostri, è forse anco ambedui, Fauorisci vn magnanimo disegno, Cui m’ accingo esequir nè regni altrui; Anzì chè persuadermi ad atto indegno Di depor questo, se sai pur chi io fui. Fui quel, chè solo oprando spada , e lancia Acquistai la corona alta di Francia 44. E più (s’io viuo) acquisterò, mà quando Non arrida fortuna al mio desire; Minacciarmi di morte è pena Orlando, Sè quì fusse presente, aurebbe ardire. Cadere armato per famoso brando Sarà viuer eterno, e non morire. Chè per febbre mancar in molli piume Non mio, mà di Rè Femmine è costume. 45. Innanzi à morte consumar la vita Fù di Cesare proprio in arme, e in guerra, Basti simile esempio è vn alma ardita, Fugge morte gli audaci, e i vili atterra. Faccia'l mio spirto generosa vscita, Nulla rileua à mè, s'incoltre, è in terra. Sempre ben muore huom forte, altro non chieggio, Bramar la morte è mal, temerla è peggio. 46. I mesi, e gli anni approuan l'ore estreme, Formidabili solo alla vil gente, Non à intrepido Rè, chè nulla teme La morte, chè m'annunzi omai presente. Mà chè tocca à tè questo, è chè ti preme, Mio onor, ò regno, ò spirito possente? Ch’ à tuò voler doni - altrui- vita, - e togli, E mio ti fingi, e del mio auer mi spogli? 47. Mà l'altro allora. Oh come lieto ascolto Io queste tue magnanime parole, Vero Germe reale a gli atti, al volto Non degeneri tù dalla mia prole. Deponi omai spirto sì ardente, e volto Al Ciel t’affisa nell'eterno sole. Mà per dirti di mè, sappi, ch’i sono Vn tuo Antecessor, Luigi il Nono. 48. Non per turbati quì visibil forma Prendo improuso, & vso acerbe note, Perchè sferzata tua virtù non dorma, Quando son l'altrui frodi à tè mal note. Ad imprimer in Ciel più stabil orma, Surgi, ò deuoto Rè, surgi, ò Nipote. Che 'l tempo, chè t’auanza, è così poco, Chè intempestiua è la dimora, è 'l loco 49. Se fanciullo imparasti à viuer bene, Canuto or non saprai tù morir meglio ? Fortunato chì questo in terra ottiene Qual Fenice rinasce anchor chè veglio. Vn natale è la morte al vero bene, A cui ti chiama’l Cielo, & io ti sueglio. Tù rispondi à gran vopo, e disse, e parue Con graue mano l'agitasse, e sparue. 50. Si desta allora, e si solleua Enrico, E volge gli occhi, e dice. Or doue sei, Spirto celeste, inuitto Lodouico? Così ti rappresenti agli onor miei? Qual esser può di mè degno nemico ? Chì presume turbar i miei trofei? O giugni inutil alma, ò mi dispergi, Se taci omai. Son così vili i Regi? 51. Poi frà sè. Fuggiro (nè mi vergono A dirlo?) al minacciar d'ombra fugace, Io chè fugo gli eserciti, & vn sogno Temerà, chì non teme aspetto audace? Anzi chè non disfido, e non rampogno Qualunque sia, chè mi tradisce, e tace? Degno è di Rè tentar l'vltima sorte Con proua illustre di famosa morte. 52. Mà chè (lasso) vaneggio? ò chè ragiono? Chè tal pompa funesti orror dell'armi, Se fusse quì col fulmine, e col tuono L'istesso Gioue, disdiceuol parmi. Larue son queste fanciullesche, e sono Indegni modi, ond’ iò debba saluarmi, Lasci ò’ l Regno, ò 'l timor, chì regna; Enrico Non sia timido mai; Tema 'l nemico. 53. Così dicendo abbandonò le piume, Chè di sue colpe lo premea pensiero. Ritrouò spento il dianzi acceso lume (Misero annunzio) il subito scudiero. E l’aurea spada sua, che per costume Solea pender vicina al gran Quartiero. E ch’ in sua man fù Durindana in guerra, Senz’ esser tocca, era caduta à terra. 54. Furon vdite far Nottole meste Sopra 'l tetto real lunghe querele. Fur vedute vagar ombre funeste Per le sale, e spiegar pallide tele. E minacciar qual suole, ò strage, ò peste, Cò sanguinosi rai stella crudele. Esce frà tante imagini di morte Il Rè sicuro; ò generoso, ò forte. 55. E solo, e scalzo, e discoperto, e scinto Vassene ratto alla real cappella, Doue scintilla nel suo Ciel distinto Più d’vna Gemma nò, più d’vna stella. E frà le croste d'oro è altar dipinto Dà man d' Apelle, od emula, ò sorella Mà più illustre la fan, chè l'oro, ò marmi, L'alta Croce di Dio, le spine, e l'armi. 56. La pungente Corona, e la gran lancia, Ch’aperse gli occhi all'huomo, e à Dio'l costate. Con vn troncon di quella gran bilancia, Chè librò Christo per l'altrui peccato, Ebbe Luigi il santo Rè di Francia, E di soria portolle in questo lato. Dite Cesari voi, dite ò Pompei, - Roma ebbe mai sì splendidi Trofei? 57. Quì 'l Rè Franco s’ inchina, e qui rammenta Le passate sue colpe ad vna ad vna; Preghiera vmil, chè dà chì ben si penta A Dio s’ esponga, non tralascia alcuna. Poi cominciò. Signor, trent'anni, e trenta Peregrino del mondo in gran fortuna Assai felice ho corso, e non sò come Al titolo risposto ho del tuo Nome. 58. Dà te vengono i regni, e 'l giusto, e’ l buono Rè si può dir tua imagine verace. Tal son creduto sì, ma tal non sono Ch'à tè ma qualità non si conface. Fatto degno dà tè di sì gran dono Impugnai l'armi di souerchio audace. Fù ragion di regnare. A mie ragioni Perdona tù, chè volentier perdoni. 59. Sai, chè là corsi à guerreggiar più ardito, Oue aduggiarsi vidi’ l tuo buon seme. Onde forse s'accinge incrudelito Alla mia morte, chì pauenta, e freme. Se questo è vero, ò mio piacer compito, Beato fine, auuenturosa speme, Per tua fede morir, sicuro io vegno Agli impeti d'inuidia immobil segno. 60. Chieggio (per quant’ io feci ò poco, ò molto Perchè non fusse 'l tuo sepolcro scemo, Placando’ l Trace impetuoso, e stolto, Ò s’ io merito grazia in sù l'estremo.) Ch’ i Pupilli reali, à cui son tolto, La dolente Reina, ò Rè supremo, Tù guardi sempre in ogni incontro crudo Sotto l'acciaro del tuo santo scudo. 61. Segua Luigi i miei principì, e sia Imitator della pieta materna, E di quel santo Rè, chè di soria Tentò l'impresa con sua gloria eterna. Tù la Consorte mia Vedoua, e pia, Perchè ben regga altrui, reggi, e gouerna. Nulla mi pesa più, chè la gradita Mia Donna abbandonar, vuoi regno, ò vita. 62. Viua lieta, e più lieta e figlie, e figli Vegga fiorire, e di nipoti illustri Fecondar la mia stirpe, e gli aurei Gigli A Roma partorir Rose, e ligustri. Onde la Chiesa tua ne suò perigli Riposi nè miei Carli eterni lustri. Mà perdona s’ ardito è 'l mio desire, E sa di mè quanto disponi, ò Sire. 63. Nè più. Mà sol di se medesimo armato Lascia le sacre, e riuerite soglie. E già l'Aurora il velo suo stellato Coperto auea con le dorate spoglie. Egli (come sia l'ultimo commiato) Se n’ viene à salutar la real moglie. Chè vestita parea di ricca pelle, Auer negli occhi 'l sol, nel crin le stelle. 64. E poi chè dato fù principio, e fine Alla gran pompa, e terminato'l giorno. Al vigilante Rè frà le cortine Fà lo spirto celeste anco ritorno. E ridente ragiona. Ecco vicine L’ore, onde venghi all'immortal soggiorno Bel morir quando l'huomo è più felice. Disse. E in meno suanì, chè non si dice. 65. Risponde sia di mè quel ch' esser deue, Seguiterotti, oue tù vuoi mi guida. Dì Musa or tù (chè 'l raccontar m’ è greue Tragichi affanni, e dolorose strida, Et è meno spiacente il duol, ch’è breue) L'assalto rio del perfido Omicida. Mà tù ancor piangi, (ahi lassa) almen l'accenna, Ò basti dir. Tremò Parigi, e Senna. 66. Scorno di Francia, anzi del mondo tutto, Ch'vn Rè Guerrier, di cui non fù 'l più forte, Dà vn altro Gano, è dà più infame, e brutto Ladron sia vcciso in mezò alla sua Corte ? Può Febo riguardar con occhio asciutto, Ò non si scolorar, sì crudel morte? E tù questi soffrir rei sacrilegi, Celeste Rè? chè non soccorri i Regi? 67. Chè non arruoti la celeste spada, Ò Giudice, ò signore, e non flagelli Il micidial, perchè più altier non vada ? Lieui supplizi son ceppi, e coltelli. Fiamma dal Ciel sù la tua testa cada, Ò seme di Maganza, e pè capelli Ti rapiscan le Furie, al Centro, come Non vò macchiar miè versi or col tuò nome. 68. Scendi omai tù, Michel, col sacro vnguento Et vngi (à tè s’aspetta) il buon Luigi, Tù l’aurea spada, e tù l'elmo d'argento Reca e le piume, e mostra i bei vestigi Del Genitor Eroe, cui pur frà cento Suò Regi inuidia sol Roma à Parigi. Onde 'l Figlio Real con aurei vanni Precorra il volo della Fama, e gli anni. 69. Sconsolata Reina, e tù, che siedi Nuoua Zenobia è tuo sourani offici Rasserena i begliocchi, e certo credi Il tuo Real Consorte or frà i felici. Mentr’io deuoto à te m’ inchino à piedi, E bacio 'l manto, e prego i Numi amici Chè ti faccian più lieta, è impongan fine Della tua bella Francia alle ruine. 70. Quell'io, chè di Bisenzo in sù la riua, Oue Prato fiorisce, oue risplende La zona illustre dell'eccelsa Diua, Chè del bel nome suo degna ti rende. Cantai la tua bellezza vnica, e diua, Canterò forse ancor l'opre stupende Con altro stile, e con più culte rime, Se non mi sdegni, tù, Donna sublime. Il fine del Canto Primo. ARGOMENTO. Di Flora, e dè suò Duci i duo Custodi Purgan dall’Infernale orrida peste Le dilette contrade. In nuoui modi Compon le membra, e inspira aura celeste Lorenzo al nuouo Prence, alle cui lodi Vuol, chè deuota Musa al fin il deste, Cui fa 'l libro veder de Nomi amici, E'annuntia al Tosco infante i di’ felici. CANTO SECONDO. 1. All'altra parte il Precursor di Christo Con quell'arsa Fenice Orientale, Sotto’ l bel Ciel d'Etruria, oue più misto Vide vagar il Turbine Infernale, Piegò 'l camin, e disse. À tanto acquisto Giugniamo à tempo, il Foro, e’l Tribunale Già popolato orribilmente io scerno (E'l soffrirem?) dà Cittadin d'Auerno. 2. Mira corrotto’ l Giudice, e 'l cliente Spogliato à torto, e l'auido Auuocato Leggi, e statuti interpretar souente - À prò di quei, c'ha 'l ricco manto aurato. E dal tutor iniquo e fraudolente La vedoua, e'l pupillo abbandonato E paterna fingendo alta bontade La tirannide sua chiamar pietade. 3. L'inganneuol mercante anch'ei sottragge Auaro, al peso, e scarso, alla misura. Adultera le merci e’ l censo tragge Dal tempo, onde fù prodiga natura, L'agricoltor s’ ingrauidar le piagge Per giel souerchio, ò per souerchia arsura, Non vede, è partorir messe, è vendemmia, Chiama à ragione Dio, freme, e bestemmia. 4. Non è soldato valoroso, e forte, Se le mani all'offese, e i detti all'onte Non muoue, e l'armi fabricate à morte Del rio pagano, ad ogn’ altr’uso ha pronte Superar ne palagi, e nella corte Vuole 'l suo Prence il Caualiero, e'l Conte Non come peregrin, mà qual giocondo Perpetuo habitator sia l'huom del mondo, 5. Dal sol conditi in cento modi, e cento L'huom ricondisce i cibi peregrini, Si stancano in condurre il mare, e 'l vento Dal mondo, opposto i preziosi vini. E stanno i serui, come à sagramento, À ricca mensa riuerenti, e chini. Garriscon Corui, e senza aita alcuna Tacita stassi vmil virtù digiuna. 6. Le Donne nate alla conocchia, e all’ago Frequentan notte, e dì teatri, e balli, E fan quel bel, ch’è di Dio vera imago À chi ben mira, occasion di falli. Non più Cecilie, ò Caterine il Vago Volgano al Ciel da glì amorosi Calli. Non più cilici nò, piume, e cimieri Portan le Donne à par de Caualieri. 7. Mira languir ne comodi, e negli agi L'huomo nato al sudore e alla fatica, Mentre agli studi attissimo, e à disagi Rugginoso abbandona elmo, e lorica, Et in vece frequenta orti, e palagi Per fecondar il pampino, e la spica. Mira altri rifiutar palma, & alloro, Premer l'ostro, e vestir di bisso, e d'oro. 8. Quindi in pensieri morbidi, e lasciui Sneruata è de guerrier l'alta semenza, Non Gualberti, o Zenobij, od altri Diui, Non Marsili, od Accorsi ha più Fiorenza. Ma giouanetti effeminati, e schiui Col crin molle, e composto, e non già senza Spoglie donnesche, ond’ è ch’alcun s’allaccia E di gioie l'orecchie, e d’or le braccia. 9. Ben ha d’onde pietade, e disciplina Ogn’ alma apprenda nel vigor più fresco. S’ alla Medicea Corte, oue l'Orsina Rosa fiorisce, e'l buon seme Sforzesco, Speglio si fà della virtù vicina Del magnanimo Cosmo, e di Francesco. À cui fraterni onor seruir in darno Non denno anco Fratelli Tebro, e l'Arno. 10. Aurea scuola rassembra, aurea palestra Quella Corte real, di cui ti parlo. Mentre Pallade, e Marte iui ammaestra Il buon Lorenzo, e’l generoso Carlo. Penne stancar, rotar col piè la destra, E dè eneri cor mordace tarlo. Ambo di Madre Lotaringa vedi Emuli già de Carli, e de Goffredi. 11. Mostrare altrui del Ciel la via smarrita Ponno i vestigì sol di Maddalena; Per cui non pur Fiorenza ancor fiorita Sarà, mà l'Austria à par del Ciel serena. Questa non pur Giouanna, ò Margherita Agguagliar può mà Cunigonda, e Elena. E insegna, mentre 'l zelo in lei più ferue, Chè non ben regna alcun, s' à Dio non serue, 12. Mà quell'eccelsa, e gloriosa Donna, Degna di scettro Imperial, Christina. Alla fama crescente aurea colonna De Figli illustri, s'alza al Ciel vicina. Mentre senno viril, ch'eraro in gonna, Mostra, ne per gran pondo ancor declina, Posta è sublime, acciò virtù si pregi, Donna, cui d’imitar, glorinsi i Regi. 13. Com’ in chiuso giardin Vergini Rose, Ch’un dì Fiori saran del Paradiso, Regie Figlie nodrisce, e Regiè spose, Candide'l cor, candide 'l seno, e’l uiso. In lor vedi celesti, & amorose Voglie, e raro 'l parlare, e sobrio 'l riso. Dà queste sole in atti, & in fauella Impara à farsi l'Onestà più bella. 14. Mira Leonora, e ammira Caterina, - E le minori Claudia, e Maddalena; Ripiene 'l seno d'eloquenza Arpina Di lor virtù, di lor beltà serena Fanno in mezo seder Pietà Reina. Mira l'Infante, che vagisce à pena, Chiuder di cinque Verginì Prudenti Il bel drappel con lampade lucenti. 15. E pur con tanti oggetti, e tanti esempi Non vuol Fiorenza anco emendar l'errore Or del venir l'alta cagione adempi, Mentr’ io m’ accingo à discacciar l'orrore. Disse, e Lorenzo frà i più illustri Tempi Sù quel discese, eretto al proprio onore. Oue qual è'l Pittor; s’ alla Pittura Tinge i rubini suoi ricca natura? 16. E l'altro allor piegare in giù non volle Nel basso pian, doue’ l bell'Arno ondeggia. Mà posò sopra il rileuato colle, Chè Flora al lato Aquilonar vagheggia. Forza degli anni. Or Flora vmil estolle Sublime 'l capo, e splende Etrusca Reggia. E cade, e giace per la piaggia aprica Nota à pena al vicin Fiesole antica. 17. Così talhora innamorate squadre Seguon l’ insegne d' vn bel viso, e vago, Che fatto per età languida madre Partorisce di se più bella imago. Cedon le prime forme à più leggiadre, Tal nacque Roma, e cadde Ilio, e Cartago. Così viuendo quasi ogni cittade Per necessaria vece, or surge, or cade. 18. E con quell'asta, ch'egli in mano auea, Oue fù appeso il Crocifisso Agnello. Formò vna linea, e quella linea ardea, Quasi aurea Zona intorno al paralello. Ò come sfera ha in mezo il punto, auea Dentro al bel Cerchio il Fiorentino ostello. Così per aria vedesi distinto D' Iride il vario, e luminoso Cinto. 19. Chì 'l crederra? fuor del girone aurato Bestemmiando fuggì l'orrida squadra; Esce’l popol così dello steccato Di quella piazza spaziosa, e quadra, Se del Pallon s'accinge al gioco vsato La Fiorentina giouentù leggiadra. Quando l'ebro Tedesco agita l'asta Verso 'l mucchio, chè s'apre, e non contrasta. 20. Fugge seco portando e l'esca, e gli hami Per mille vie l’ esercito Infernale. Come dà tronco, ò dà recisi rami Esce la pecchia, ò 'l prouido animale. Se fumo, ò fuoco sente à suò forami, Portando seco i dolci pegni, e tale Il popol fù di quella quercia antica, Ch’ vn Mirmidone rese ogni formica. 21. Quanti, è quanti sgombrar fetidi mostri Di là rimiri, ond’ è più breue 'l varco. Ampolle, odori, specchi, armi, ori, & ostri, Le tresche sono, onde ciascun và carco. Altri esce dalle case, altri dà chiostri, - Molti, onde Baccho è del suo vin non parco. Mà vn diluuio ne vien dà quella banda, Oue si vende Venere nefanda. 22. Poichè suanì lo stuol calcato, e reo Come suol per carattere, od incanto. Soura 'l tetto souran del Battisteo Scese colui, ch’ anzi 'l natal fù santo. Piantò l'asta, e sù l'asta alzò vn trofeo, Ch'inuolto auea nel setoloso manto, Cuoio non più di ruuido cammello, Mà del Frisso Monton più chiaro vello. 23. Qual mostra bianca man cauando’ l guanto Le maritate dita à spose anella. Ò come suol, poichè celossi alquanto, Maschera trarsi nobil damigella. Tragge arnese real dall' aureo manto, E la Medicea Insegna illustre, e bella Scopre improuiso. Ardon le Palle, e ignudo Fiammeggia il grande incoronato scudo. 24. Arde così la Fiorentina Mole, Ch'è centro al Fior delle Città più belle, Nel suo gran dì solenne, ò quando suole Di felici successi auer nouelle. Macchina tal, che quasi tocca’ l Sole, E manda i raggi à prouocar le stelle. Dalle viscere sue tutte di foco Vomita Mongibelli, e accende il loco. 25. E disse. O voi, chè già perpetuo bando Dal Ciel, ò peccatorì Angeli, aueste, Itene ratti, itene lungi, quando Delle sei Palle il bel Trofeo celeste Vedrete fiammeggiar. io’ l vi comando. Disse con modo imperioso queste Parole. Trema l'empia turba, ch'ode Quel dir altier, che già riprese Erode. 26. Mà quell'Eroe, chè Dio purgò col fuoco, Mira del Tempio l'edifizio, e i fregi, E l'arche eccelse, onde risplende il loco, E dou’ Etruria ha i suò sepolti Regi Pietà m'acquisti or fede, e benche roco Augel io sia, la verità si pregi, Dall’ vrne tragge, mentre l' apre, e volue, De cadaueri illustri alquanta polue. 27. Parte toglie di la, doue ripose Il suo buon Padre il Fiorentin Senato. Di quei, che quasi oracolo rispose, Nipote suo più di Caton lodato. Facil gli fù dal Mincio ancor l'ascose Ceneri auer del buon Giouanni, armato, Per la tua libertade, Italia oppressa; Pianto cadendo dall'Inuida stessa. 28. E quella man d' Esecutore alato, Chè portò queste dall'antica Manto, Dal Vaticano, où ebbero il Papato I Clementi, e i Leoni, arrecò alquanto Dell'offa auguste. al fin del teschio aurato Del Gran Fernando tolsene altretanto. Et insieme mischiò con lieue mano Con quelle del Gran Padre, e del Germano. 29. Quindi oue vide custodir i suoi Vltimi auanzi alla Romana fiamma Questo celeste Sceuola dà poi, Trasse di sue Reliquie vna sol dramma, E mescolò col fior di quegli Eroi Costa, chè fù della sinistra mamma. Con acqua sacra poi l'infuse, e loto Fece, e col fiato gli diè spirto, e moto. 30. Tal già dà cento belle Donne, e cento A pelle la sua Venere compose. Dà quellà 'l crin, dà questa gli occhi, e 'l mento, La man dall’ vna, e l'altre parti ascose. E qual Pigmalion diè sentimento Alle scolpite sue membra amorose. Se potè i marmi vno scultor far viui, Diesgli fè, mà non si neghi à Diui. 31. Acerbo ancora era nel seno interno Di Maddalena il real Germe eletto. Ch'inserì nel fecondo aluo materno. Il misto ancora informe, & imperfetto. Come appiccose all'omero paterno Chì fù duo volte partorito, e detto Ditirambo, ò qual fù l'alto lauoro, Ch’ à Pitagora fece il fianco d'oro. 32. Tal dotta mano in verde ramo innesta Scorza gentil, chè si condensa, e indura, E cosi pelle, od osso insieme assesta D'eccellente Chirurgo industre cura. Gia scende ad informar la nobil vesta Dalla più bella Idea l'anima pura; Già distingue le membra, e nel calore Trema’ l ceruel, palpita 'l polso, e 'l core. 33. Poichè maturo 'l candido - Concetto Fù in sua stagion entro al materno grembo; Frà noi discese il nobil Parto eletto, Qual fior dà ramo, ò lampo suol da nembo. Mentre cadeua d'Ocean nel letto Quasi cedendo’ l Sol. nell'aureo lembo L’inuose il diuin Muzio; e tal si vide Amor in braccio à Dido, ò in cuna Alcide. 34. Erano allora in più sublime parte - Del Ciel disposti i suò miglior Pianeti. Arrise Gioue à lui propizio, e Marte Atti mostrò feroci insieme, e lieti. Raccolse in lui tutte sue Grazie sparte Venere, e gli occhi belli, e mansueti Girò temprando il bellico rigore, E rise, e mescolò vezzi d'Amore 35. S’accompagna con lei chiaro, e sublime D’ Atlante il facondissimo Nipote, E nel Leon s'auanza, e quindi imprime Desir in lui d’ vdir musiche note, E forse di por mano à dotte rime, Et all'arti di Febo à lui pur note. Cigni felici, e voi, Muse beate, - Ch' aurete vn nuouo Augusto, e vn Mecenate. 36. Le penne eterne, e gli immortali inchiostri Preparate, e i volumi, e i plettri intanto. Mirate seco nati à vn parto i vostri Premi, e gli allori a lui fiorire à canto. Gentil mia Clio, s'onore, e vita à nostri Carmi lice bramar, gradisca alquanto Questo deuoto stil, chè seco nasce, E poi ch'altro non può, l'onora in fasce. 37. Lungi la falce dalla regia cuna Vibrò rotando il rigido Saturno. Nel bel Natale inargentò la luna Il manto, e 'l velo, e parue vn Sol notturno. Della sua chioma prodiga Fortuna Fermò della sua ruota il cerchio eburno, E l'inchiodò con aureo scettro, e al fine La pargoletta man gli empieo del crine. 38. Sentissi al calpestio del piè sonoro Ascender luminoso il Capricorno. Ti conosco dà lunge all’ vnghie d'oro, O nodritor di Gioue, e all'aureo corno. Tù di palma il Gran Cosmo, e tù d'alloro Fregiasti Augusto, il primo, e 'l nono giorno Del quinto mese; Or tù cortese arridi Come alle None, ancor benigno agli Idi. 39. Et è ragion, ch’ alle Calende armate Del sempre à Cosmo liberale Agosto, Con ricca messe di Corone aurate Sia dà vn prodigo Luglio ancor risposto. E'l superbo Leon Rè della state Vnito incontra ogni Pianeta opposto, Ti segua, onde non sien dà voi lontane Le Scuri, e i Fasci, e l' Aquile Romane. 40. Fauola forse fù , chè già cotante Api la bocca incoronar di Plato. E chè Pelide fuor chè nelle piante Impenetrabil fosse in ogni lato. - Mà vera fama è ben, che’ l regio Infante Raccolse nel vagir celeste fiato. Dal Semideo sopra la brace adusto, Chè gli empiè d’ alto spirto il petto, e 'l busto. 41. Dalla pelle gentil, ch' ei preme, e tasta L' vmor più corruttibile n'emunge. Perchè la carne sia più pura, e casta Di Nettare diuin l'immolla, & vnge. Ò merauiglia, era qual cera, ò pasta, Or dura è sì, ch’ à pena stil la punge. Tal si congela il liquido christallo, Ò fuor del mare il tenero corallo. 42. De Celti, e de Latini era costume, Nell'aspro giel dell' orrida stagione I figli lor nell'agghiacciato fiume Nati à pena tuffar sino al tallone. Per far del freddo, e dell' estiuo lume Tollerante la lor complessione, Chè si restringe à quel rigor, e indura Quant’ ha di morbidezza in se natura. 43. Ne quì finio, mà sparse alquante stille Il Diuo sù la lingua ancor digiuna Del vapor ch’ alle parti alte, e tranquille Salendo, si purgò sotto la Luna. E condensato per mille anni, e mille E in giù respinto, e in India al fin s’ aduna, Fatto diamante per vigor superno Durabil sì, chè si può dir eterno. 44. Questo mentr’ ancor liquido, e sottile Attragge caldo temperato, doue Si congela la pioggia, vmor gentile Diuien così, chè beuesi dà Gioue. Ambrosia detto. à Semidei simile. L'huom fa gustato, e accende ad alte proue Da facondia, e vigor vitale, ond' ebbe Sì lunga vita Nestor, chè ne hebbe. 45. Auea le ricche fasce, e l'aurea cuna, E gli splendidi veli, e i manti, e i fiori Aragne Etrusca preparati, & vna Nodrice eletta già frà le migliori. Mà al Custode diuin non parue alcuna Abile à dargli i nutritiui vmori; Chè peregrino è ogn'altro latte, e viene Natural sol dalle materne vene. 46. Proprio è quel solo, e più bramato, ond’ ebbe Il Concetto gentil materie, e forme Nell’ vtero parente, e visse, e crebbe Di quel, ch'à sua sustanza, è più conforme. Nè senza offesa alimentar lo debbe - Di mammella matrigna vmor difforme. Chè non per altro tralignar dà buoni Lor Genitori i Commodi, e i Neroni. 47. E perche puro in sua sustanza, e schietto Beua’ l liquor, ch'à lui più si conface; - Con inuisibil man dal regio petto Quei, ch’ esca fù già di cocente brace, Quattro, ò sei stille trahe di sugo eletto, E in vn calice infonde, e ber lo face All'incauta Nodrice, e quello à pieno Ratto trascorse à inebriarle’l seno. 48. Ma già frà ricchi veli, e ricche bende, Ch’ i lembi han d' oro, e d'oro ogni sua lista, Inuolto è 'l real Germe, e 'l Tempio ascende, Ch’ à Marte tolse il placido Batista. Angelo’l porta suo custode, e’l prende Pur angelica man’ da altrui non vista Non braman occhio uman, perche sien veri I secreti del Cielo alti misteri. 49. Doppia custodia è custodir soggetti Debbesi al Rè, s’vna al plebeo conuiensi. Già fumar vedi in puri argenti eletti Vergini cere, & odorati incensi. E i sacerdoti in lungo ordin ristretti Vestir di neue, e d'ostro ardente accensi Con la nodosa Claua, e’l vello (fregi Del grande Alcide) i Senatori egregi. 50. Mà quei, chè battezzò nel bel Giordano Il suo signore, e nel morir precorse, Primà, chè 'l bel Fanciullo ancor pagano Giugnesse la, sul limitar occorse. L'accolse, e resse con paterna mano L'Eroe, chè dalle fiamme il piè non torse. Del Padrin questi le sembianze note Prese, e l'aspetto quei del sacerdote. 51. Venuto intanto dall'Ispano Ibero La promessa reale à far solenne, Di Valenza era il nobil Messaggiero, Qual, d'onde, & oue si mandò, conuenne. D’ vmane pompe il gran rifiuto altero Con atto confermò, chè dolce auuenne; Il bel fanciullo, e rise, e frà le fasce Lieto segno mostrò, che si rinasce. 52. Arrise il Ciel, come accettasse il patto, E tuonò sopra il nobile edifizio; Allor venir dal Ciel con lungo tratto Quel libro sì mirò scritto ab inizio. Eterno irreuocabile contratto E’ ogni nota; e non se n' haue indizio. Quì solo Dio scriue, e cancella, come - Pare à lui, ch'è Scrittor, questo, e quel nome. 53. Segnato appar di fuora Alfa, & Omega, Il resto è chiuso; Iddio l'apre, e sigilla; Antichissimo Vecchio ora dispiega Quel che non seppe Oracolo, è Sibilla. Vecchio, che fù di Dio quagiù Collega, E con mente spiò pura, e tranquilla Sopra’ l suo petto alti secreti, e quali Esser debban del Ciel gli eterni annali. 54. Il libro è questo dell'eterna vita, - Ò beato qualunque iui è descritto. Qual già nel Cielo Iddio mostrò scolpita L'accesa nube al popol suo in Egitto; Pronunziato dalla voce vnita De sacerdoti il luminoso scritto, Si fece tal l'aureo caratter, quando S’ vdi 'l bel Nome impor di Ferdinando: 55. Ò chiaro eccelso Nome, ò d'alti fregi Nome degno, e sublime, ogn’ vn t'ammiri; Nome d' Eroi, d' Imperatori, e Regi, Chè nel tuo suon verace gloria spiri. Fiorisci eterno ne miei Duci egregi, Splendi immortal ne sempiterni giri; Per te la Fama con perpetuo fiato Da vocè, è spirto al suo metallo aurato. 56. Custodiscilo tù, chè lo scriuesti, Ò Rè de Regi, nel volume eterno; Nè si cancelli mai frà quei celesti Nomi, come celeste è 'l suo gouerno. Mirò dà lunge, e male disse questi Atti sourani il nero stuol d'Inferno. E bestemmiò 'l caratter venerando, Per cui d'Etruria andar si vide in bando. 57. L'insegne auea di Caualier Christiano Nell'alma impresse il Pargoletto amato; Chè qual Tauola rasa vscì di mano Al suo Fattor, è duò Custodi è dato. Sparuero allor, qual lieue sogno, e vano, Quelle sembianze, e sparue 'l libro aurato. Mosse ver mè quell' immortal Fenice Cui fù rogo la Grata; indi mi dice. 58. Io, chè ti fei veder nel gran volume Il caratter di Dio, ch'è altrui secreto. Scorger ti debbo anco al notturno lume. Ou’ è, chì’ l tuo desir può far quieto. E quel predirti; c’ huomo in van presume Del Cielo ineuitabile Decreto. Sappian dunque però l'Arno, e Bisenzo, Che ciò ti detta l'immortal Lorenzo. 59. À tuò studi conuiensi, e alle fatiche Le risposte ascoltar della Sibilla; Chè t’ esponga caratteri, e rubriche, E del suo oscuro libro ogni postilla. Perchè tù canti le memorie - antiche, Oue forisce il buon popol di Silla, Dè miei deuoti Medici. Sublime Innalzerò’l tuo ingegno, e le tue rime. 60. Quindi è tè, Musa obbediente, impose Pigliar la penna, e registrar le proue Del tuo Gran Cosmo, e ti dettò gran cose, Ch’ auanzeran le palme antiche, e nuoue. E dè suo Figli l'alte imprese ascose À gli occhi vmani, e sol presenti à Gioue. Ch'à secoli auuenir col guardo aggiunge, E visibili altrui le fà dà lunge. 61. Quanto far dee ne suò riposi, e quanto Frà le leggi vegghiar, sudar frà l'armi Il tuo Duce, t’ informa. Or taccia alquanto Chì falso stima il testimon de carmi. Beua’ l fanciul real col latte 'l canto De propri Eroi emulo altiero, e s'armi. (Soggiunge il Diuo) e sappia ognun chè lieti Interpreti del Ciel son i Poeti. 62. Nè soffrirà giamai, chè tù stia cheta Nelle sue lodi il generoso Duce. Che magnanimo suol d’ ostro, e di seta Vestir, chì veste lui d'eterna luce. Ascolta, ò Cosmo Eroe; non ti si vieta Farti maggior di Castore, e Polluce. Vsa i tesori tuoi; Tù sai, chè puote Dorata penna formar d' or le note. 63. Io quindi è lui; se l'insegnar ti gioua, Ò pio lorenzo, è à mè imparar diletto. Dimmi, se scritto il nome mio si troua Nel libro eccelso? ò s'altro mai v'hai letto ? Et egli allor. Alta indicibil nuoua Mi chiedi. Questo lesse il Vaso eletto Rapito al terzo Cielo, e nulla disse; E di Dio’l segretario, e nulla scrisse. 64. Il terzo ti vorrai far tù fà questi , Ch'ingegno ebber si pronto, e cor sì mondo? Mà pur lo ti dirò, perchè ti desti À maggior Zelo il ragionar profondo, Monstran notati i numeri celesti I vostri giorni, e'l dì mortal del mondo. Tè di tè poi domanda, e che ti nuoce Il dubitarne? e sparue egli, e la voce. 65. Salutato da fulmini terreni Già se n’vscia cò titoli Christiani, Il Principe de popoli Tirreni Frà belle Donne, e Caualier sourani. Chè tù lieto gli applaudi, e lo sostieni, Ò dell'Ostro Roman degno Grimani, L'accompagnan le Grazie Ancelle fide, Cantan le Muse, Amor trionfa, e ride. 66. Và lieto è rallegrar l'inclita Madre, Spirto ben nato, e t’accompagni Amore. Degli Aui tuò Magnanimi, e del Padre Odi l'imprese, e imprimile nel core. I tuò vagiti sien opre leggiadre, Tuò vezzi fanciulleschi armi, e sudore. Così nodrissi il fiero Achille; Ponno Mie rime intanto lusingarti il sonno. Fine del secondo canto. ARGOMENTO. Guida Lorenzo la sua Clio diletta, Perch' alte cose apprenda, alla sibilla; Ella mormora prima, e poi le detta Aluariar, chè fà l'aria tranquilla. Come Teseo la bella in segnà eletta Del Palladio compose, e compartilla; E nel tempio di Pallade l'appese, Agli Eroi descendenti illustre Arnese. CANTO TERZO. DÌ, Musa, hor tù mentr’ à dormir s’alletta Il successor del mio buon Duce inuitto, Gli Eroi Progenitori; à tè s'aspetta La lunga serie, e l'ordine prescritto. Chè già vedesti questa Prole eletta Nel gran volume Sibillino, scritto Dall’ Amaltea Cumana allor, ch' à Roma Portò dè libri suoi la ricca soma. 2. E frà quei trè, cui perdonò la fiamma, Al Rè Tarquinio restò questo intero; Fù custodito in Campidoglio, e dramma Tolta non fù, fin chè durò 'l suo Impero. Mà Tanaquil, come 'l desir l'infiamma, Femmina vaga di saper il vero, Presaga, come arder douea quel loco, Il quaderno miglior saluò dal foco. 3. E lo ripose in sotterranea parte A lei sol nota, dentro è immobil arca; Molt’ anni il libro quì stette in disparte, Fin chè fiorì Filippo, il buon Monarca; Lorenzo al fin quì ritrouò lecarte, Mentre (nè à caso è sì bel caso) ei varca; Riserbati dal Ciel (qual merauigilia?) A lui Tutor della Real Famiglia. 4. Sai tù, chè di Filippo era scudiero Il buon Lorenzo Caualiero Hispano Tai serui haue vn buon Rè (nè Decio altiero Fatto era ancora Imperator Romano) Chè quà, doue fiorisce il Tosco Impero Sotto i Medici Eroi, mandò lontano Il caro libro in prezioso vaso All'Arno, Arno à Bisenzo, e almio Parnaso. 5. Meco mi consigliai, poscia col dotto Mio Febo, e con le Muse ad una ad una; Tù 'l sai, mia Clio. Mà quando poi fù cotto Lorenzo, e in Ciel raccolto, all'aria bruna Mi si fece veder, ne mi fè motto, Mà là mi scorse, oue sorgea la luna In solitario colle; Iui il gran velo Di stelle d'oro auea più ricco 'l Cielo. 6. Donna vidi io con bende, e verga in mano E (non sò come) con l'isteso libro. Maga rassembra al portamento strano, Ò colei, che recò l'acqua nel cribro, Ratto suani lo spirito sourano E quì lasciommi. Il guardo intorno io vibro. L'altra così dicendo à mè si volse, Et il mio cor dà merauiglia sciolse. 7. Quell' Amaltea son io, ch'intesi, e dissi Col profetico lume il gran mistero Del vostro Dio risorto, e chè descrissi Del gran Palladio, è mè sol certo il vero. E pronta vengo à riuelarlo. Hor fissi Tien gli occhi pur nel lucido Hemisfero Mentre al libro risponde, e l'aria, e 'l vento. Ella susurra, & io rimiro intento. 8. Segue prodigio il ragionar presago, Com'allor, chè per pioggia il Ciel s'imbruna. Denso vapor dà terra esala , e vago Nembo si forma, e s'alza in ver la luna. Come in aperta scena, ombra, od imago Al cader delle’ tende’ esce opportuna. Ò Girandola suol con certa legge Rotar, escon sembianze allor chè legge. 9. In doppie falde rincrespar vedresti (Mirabil vista) il mobile elemento. E finger armi, e simolacri, e vesti Tremule, e chiare, & agitarsi al vento. Così di fiamma, e d’ or forme celesti Compone opposta al sol nube d'argento. Tale il fumo, ch’ in onde al Ciel si volue, Forma nuoue sembianze, e le risolue. 10. Et ecco prima appar vn gran trofeo D'armi lucenti, vsbergo, hasta, e cimiero Poi con la spada à lato vn semideo, Chè dieci ardenti Palle ha nel Quartiero. Amaltea legge. Questi è 'l buon Teseo, Ch'impugna ardito ilsuo Palladio altero, Degno arnese di lui. Di tanta historia Nota à mè sol, non è frà voi memoria. 11. Chè di Pallade fusse, e chè dal Cielo Cadesse già, nobile fù menzogna, E chè le sfere imprese entro’l suo velo Sien i vermigli Globi afferma, e sogna Mà pietà vera di Christiano zelo, Chè Dio conosce, tal bugià rampogna, Di Teseo fù, questo l'auerto, e 'l credi, E come, e quando ti dirò, se’ l chiedi. 12. Et io; Nulla mi fà sudar cotanto, Nè vegghiando viè più volger le carte Di Cassandra, d'Egeria, o pur di Manto, Quanto 'l desio d'intender questo in parte. Al mio signor, che di cortese, ha vanto, Cara prometto, e graziosa farte, E s'vdì’ l pio Troian già la Cumea, Pari, è maggior è 'l Duce mio d'Enea. 13. Cominciò allor la saggia Donna. Egeo Felicissimò Rè fù già d'Atene Fin chè mandar empio tributo, e reo Non fù costretto alle Cretensi arene Dal Rè Minos, chè’ l figlio suo Androgeo Col piacer vendicò dell'altrui pene. E chè mandasse impose (ò van restauro) Sette fanciulli ogn’ anno al Minotauro. 14. Mostro fù quel, chè partorì d’vn Toro, (Parto nefando) l'impudica mogliè. Ch'vsò di vacca frà gli armenti loro (Libidine bestial) muggiti, e spoglie. Dedalo autor fù del nouel lanoro, Per saziar le scelerate voglie. Onde poi nacque del concetto enorme (Simile al genitor) bestia biforme. 15. E fè chì al suo volar fabbricò l'ale, (Edifizio stupendo) il laberinto. Oue per cento porte, e cento scale Confuso auuolgimento era distinto. Senza smarrirsi non v'entrò mortale, Nè si smarrì senza restarui estinto. Chè l'empia bestia con perpetua fame Aucua cibo scarso alle sue brame. 16. S’esequì 'l patto’, e si fermò per legge Di trar le sorti nel tributo annale. L'vrsa contiene i nomi, e'l caso elegge, Frà gli altri sei, Teseo fanciul Reale. Condanna ognun, mà non però corregge L'elezzion, chè lo statuto è tale, Chè non è à quanto giudica fortuna Per qual si sia cagion, replica alcuna. 17. Accompagnato dà fedel drappello, Come fatal necessità dispone, Acertissima morte andò (per quello Ch’ agli altri auuenne) il nobile Garzone. E consegnato sù leggier battello Rinchiuso fù nell'horrida prigione, E giudicato assai più bel di quanti, O venner seco, ò capitaro innanti. 18. Figlia, chè di beltà vinse ogni lode, Habile agli Himenei, detta Arianna Di creta haueua il Rè, cui sol custode Fece di quei, ch'empia ragion condanna Già si compiace la fanciulla, e gode D’ hauer sì bel prigion, mà pur s’inganna, Chè la Greca beltà, nemica altera, Fece prigion al fin la prigioniera. 19. La cortesia, l'etade, il regio sangue Conforme in ambedue produsse amore, Chè impera in lei ch'è libera, ma langue Nel fanciul, ch’è prigion del suo dolore, Bolle nel sen sotto sembiante e sangue Feruido 'l cor, perchè vilmente muore. Se n'auuede ella, chè non facil chiede, Quel chè poi facilmente ella concede. 20. Lo visita souente, e l'accarezza, Talhor lo scioglie, e gli apre ancor le porte E biasimando la paterna asprezza Mostra chè del suo mal le incresca forte. Saluar non può, può ben serbar la senza L'innocente beltà, ch' è rea per sorte, Venne l'ultimo giorno , all’ vltim’ hora Differì pure. E quella venne ancora. 21. Oh come volentieri ella in sua vice Andrebbe là, d’onde’ l ritorno è chiuso; Mà non salua però quell'infelice, Chè riman nella carcere rinchiuso, E se ne’ l traggè, teme l'ira ultrice Del Genitor, ond'e'l perdono escluso, E poi, perchè mandarne al lido Greco, Colui, che sempre ella vorrebbe seco? 22. E'l fuggir ambeduò difficil quanto È à Donzella ingannar guardie, e Piloti, E se le insegna Amor mentire el manto, Timor le forma in mar procelle, è Noti. E dè Greci la fè sospetta, e'l vanto, E del Garzone atti, e pensieri ignoti. Al fin legge, timor, crudel ragione La sforza ad esequir nel bel prigione. 23. Nuouo dolor. Hor diuien rea d'amante, Della morte di cui brama la vita. Cadder le chiaui, e vacillar le piante, Allor, chè nesta s’appreso all’uscita. Qual poi ch’ aperse, e vide’ l bel sembiante , Esaminando 'l fin, adde smarrita Inbraccio à lui, ch’ vn opportuna fuga Lascià, e la regge, e con bel vel l’asciuga. 24. Poi ch'ella in sè ritorna, e gli occhi in giro Volgendo in braccio al buon Teseo si troua; Non le dispiace in tutto il suo martiro, Cagion di quel piacer, chè di lui proua Messaggiero del cor, manda vn sospiro, Et à lui dice. Atto sì pio chè gioua ? Malgradita pietà, pietà diseara, - Cui per premio la morte hor si prepara. 25. Et egli allhor. Se’ l Cielo è tè mi feo D'età conforme, e in nobiltade eguale; Come m'ha fatto tuo prigione, e reo, Con sì diuerso fine al mio natale. Può ben à preghi miei crudele, e reo Far, per maggior mio danno, ogni mortale; E duro oltre ogni fede, oltr'ogni stile Far, per natura, vn cor molle, e gentile. 26. Mà non farà però l'empio destino, Ch'io non sia sempre inuitto, & innocente, E ch'io non creda in tè spirto diuino, E se diuino 'l creda anco innocente, Vergine illustre, e chè non sia vicino Al mio male il mio bene, anzo presente. Beato io sì, poi chè per tè lice La mia infelicità render felice. 27. Concedi adunque tù, non come amica, (Se paterno rigore, ò legge ostile Tal mi ti nega) almen come nemica, (Chè può nemica ancor esser gentile) E come figlia d'alto Rè, ch'io dica, Se tù la tua condizzion fai vile, E, me pur nato di corona spregi, Chè gran miseria sia nascer di Regi. 28. Nè ti chieggio io dilazione, ò vita, Chè dianzi in poter mio fù questa, e quella, Mentre cadendo tù l'aperta vscita Mi diè di scampo occasion sì bella. Nè chè tù meco in dolce nodo vnita Ti faccia Atene, e tutta Grecia ancella; E quindi proui quant'è più gioioso D'ogni affetto padre amor di sposo. 29. Oue al tuo merto saria poco (quando Meco venisse tù) farti Reina. Ragion potrei, mà pietà sol domando, Pietà, chè ti può far à Dio vicina; Dammi, ch'armato io possa entrar col brando, Oue barbara legge hor mi destina; - E mi fia grazia tal, chè 'l dir, ch'io viua À te, e per tè, poco sarà, mia Diua. 30. Chè se non è tutto di ferro’ l mostro, Ò s’al centro non guida il laberinto. Spero, poter dall'intricato chiostro Vscir, lasciando’ l Minotauro estinto; E tè condurne, oue al soccorso nostro Venir vedrai più d’vn nocchiero accinto. E giuro per la fè, ch’ à Gioue osseruo, Esserti, qual vorrai, marito, ò seruo. 31. Mà s’ io morrò, morrò qual caualiero, Chè per la patria pugni, e per la vita. Tù di pietade haurai l'honore intero, E và pietade à gran valore vnita. Nè violato fia’l paterno impero, Perchè mi cinga tù spada forbita Pietà ti scusi, e s’è pietà peccato, Peccando in lui, sarà’ l peccar lodato. 32. E come dirlo all'implacabil padre Può mostro estinto, chè viuendo è muto? - E tù l'onta soffrir della tua madre Nel tuo fratel (con pace tua) cornuto, Oue douresti in parti oscure, & adre - Hor seppellirlo, e spegnerne il tributo; Et accorgerti homai, ch' infami, e sozze, (Per la parte, ch'ei u’ ha) fà le tue nozze? 33. Mentre sì dice il Principe d'Atene, Par chè nell'alma, è lei ragioni Amore In guisa tal. Empio colui, che tiene Tal beltà chiusa, e tù crudel, se muore. - Non con l'uso comun trattar conuiene Beltà, c’ ha priuilegio, & hà valore. Ordina (à voglia sua) Minos la legge, Mà l'interpreta Amore, e la corregge. 34. In quella parte al fin, che Amor le detta Amor, ch'impero hà nè giudizi humani; Inchina, e quindi parte, e non aspetta I seruigi, che forse eran lontani. Toglie dal muro vn armadura eletta, Chè già tempraro i Fabri siciliani. E vn aurea spada, chè già molto prima Fabricata hauea al Rè Dedala lima. 35. E frettolosa cò bramati arredi - Torna la bella Donna al primo loco. E li porge, e gli dice. A tè, chè chiedi, Quando merti cotanto, hora si poco; Dono quest'armi, mà non è, qual credi, Atterrar fiera - bestia hor breue gioco. Posson queste bastare al tuo valore, Mà non al tuo periglio, e al mio timore. 36. Più certa render bramo, e più sicura Io la tua vita, in cui la mia respira; Sè spezzar ogni maglia, ogn'armadura Può del fiero animal la forza, e l'ira; Chè giouan l’armi poi frà quelle mura, Ou’ vn perpetuo error gli animi aggira; Et vn entrata in cento, e più riesce, E tutte poi confonde; e alcun non n'esce? 37. Trè Palle io ti darà, perchè l’auuenti Alla bestia famelica, & ingorda: Chè subito faran, chè s'addormenti, E caggia à piè, pria chè ti cozzi, è morda. Tù quindi per quei vari auuolgimenti Tenendo in man la maestreuol corda, Te ne verrai dall'animal biforme Delle prime vestigia à trouar l'orme. 38. Così dice, e gli dà di bianco lino Auuiluppato fil lungo, e tenace. E con sangue di Tasso, e con buon vino Cosse prima al calor di poca brace Sonnacchiosa papauero marino, Aconito, cicuta, oppio efficace; E trè Palle ne feo, perch’ vna sola Almen nè getti nell' aperta gola. 39. Chì vide mai sù la crudel finestra Il reo mesto aspettar l'ultima spinta, Se lieta voce ascolta, è nobil destra Spezza la fune intorno al collo auuinta; Come ardito si leua, e si scapestra, Non credè agli occhi, ne alla corda scinta. Mà qual è poi, se bella Donna 'l mena Alle bramate nozze, e à ricca cena? 40. Tale 'l diletto, e l'allegrezza è tanta - Del bel Garzon della Cecropia terra; Bacia la bella man, bacia la pianta, Ringraziando la loda, e à piè s'atterra; Ringrazia ella sue grazie, e poi l'ammanta Di splendide armi, e d'habiti dà guerra, E in sè 'l vagheggia, e parle al bel sembiante Veder armato Amore, ò Marte amante. 41. Vibra Teseo trè volte 'l brando ignudo Feroce in atto, e lo solleua, e dice. Ad assalir terribil mostro, e crudo Sotto gli auspici tuoi parto felice. Scolpir (s’ io torno) nell'aurato scudo Giuro, ò sourana mia liberatrice E à Pallade sacrar nel suo gran tempio, Di queste Palle il memorando esempio. 42. Andò 'l Garzone, e vincitor se n'venne Dal refe scorto per la cieca ambage; La sanguinosa man, chè’ l fil ritenne, Porporeggiar lo fè dopo la strage. Andaron poi con fuggitiue antenne, Oue gli traportar l’onde maluage. Quindi à Teseo nel pampinoso Chio Lasciarla impose il beuitore Dio. 43. Ond’ ella 'l crin di lucide fiammelle Cinto portò dal Libero Liro. Et ei (poi ch' l trofeo della gran pelle Mirò sul dorso al Domator Nemeo, Emulo suo) per queste parti, e quelle, Di peregrino honor vago , si feo. Onde fama mercò celebre, e chiara, E lodò 'l suo valor Thebe, e Megara. 44. Sentito haueua il giouinetto Achiuo Del Cinghial Calidonio alla gran caccia, Oue concorse ogni Guerriero Argiuo Seco à seguir la perigliosa caccia, Il vincitor superbo (e l’hebbe à schiuo) Troppo lodarsi con aperta faccia; Mentre pieno di fasto, e palpa, e tocca Le zanne orrende, e la bauosa bocca. 45. Mà annouerar volendo i colpi suoi Nella giacente setolosa mole, Nol sofferi Teseo; Mà, à tè, ch'à tuoi Fatti (dise) abbondanti hai le parole, Si potria questo comportar, se noi Fussimo stati à contar ciance, e fole. E quì, mentre d’vn vil cinghial ti vanti, Chì i Minotauri vccider sà, ei giganti. 46. Sè colei, chè fermò con destra audace Nello spinoso tergo il primo spiedo, Mentre è più degna di parlar, pur tace, Io tè di tè buon testimon non credo. E pronto sono à mantener verace, Chè nel vanto ho gran parte, e non ti cedo. E di Cinghial è van chè si ragioni, Où è, chì pensa d'atterrar leoni. 47. Così Teseo la man sù laurea spada Dice tenendo, e fermo’ l guata, e fiso Mà non risponde Meleagro, ò bada, Sfodera 'l frando, e come auuien che rada, Dal tergo immondo il teschio altier reciso, Per la ruuida seta le appresenta, Biancheggia’ l dente, e morto anco spauenta. 48. L'orride luci già d' ardente brace, Son d'atra pece, e di carbone spento. Allor la faretrata Arciera audace Lo prende, e pon sopra lo spiè d'argento. Costei non pur Melampo, ò 'l buon Sorace, Ma i Guerrieri precorse, e l'haste, e 'l vento; Bella molto, e crudel viè più, che ognuno Potè inuaghir, nè vaga fù d'alcuno. 49. Fiera legge prescritta hauea costei - Alle sue nozze. Al vincitor Amante Eran proposti i casti suo Imenei, La morte à quei, chè non le gisse auante, La proua il corso. e più di quattro, ò sei Perir, chè men veloci hebber le piante. Mà d'Hippomene al fin dietro alle spalle Vinta restò dalle trè ricche Palle. 50. Dè trè Pomi vso, poi costui l'esempio, Quasi trofeo della famosa moglie; Chè irreuerente nel sacrato tempio Seco saziò l'impazienti voglie. E pena entrambo riportar, chè all'empio Atto conuenne, e alle stuprate soglie. Oue à caso varcò Teseo chè poi i Veri mantenne i primi detti suoi. 51. Però chè nell'entrar d'vna foresta Incontrò duò leon di preda ingordi, Cui piegar fece la superba testa, E sotto’ l giogo gli frenò concordi; E mentre doma quella fiera, e questa, In breui carmi flebili ricordi Vide, coperti dall'horribil coma; À note d'oro in Arabo Idioma. 52. Hippomene è costui, questa Atalanta, Ch'il tempio profanar degli alti Dei. Punì d'amboduò lor follia cotanta Flagel diuin, chè scende al fin sù rei. La bella insegna dell'aurata pianta, Ch’ vsaron questi, aggiungi à tuò trofei; Sourano Caualier tù, che gli domi, E accresci alle tue Palle i ricchi Pomi. 53. Tal il tenor dè carmi; onde trafitto Riman, come chì preme il serpe crudo, Il Greco Prence, e 'l peregrino scritto Legge, e rilegge; poscia 'l noto scudo De Pomi illustri riconosce, e fitto In terra 'l graue spiedo, e’ l teschio ignudo Diuorato dà lor rassembra à quelle Immense zanne, & orride mascelle. 54. Si dolse al caso, e lagrimonne alquanto, E mandò al giogo auuinti i duò leoni À Meleagro, e scrisse. Ò tù, chè tanto Comune proua arroghi à tuò ragioni, Vltimo feritor il primo vanto Vsurpi in van; son questi i testimoni Che ti manda Teseo (preda sua cara) Tù in sua presenza à parlar sobrio impara. 55. Poi corre là doue risplender vide Lo scudo altier delle dorate sfere; E se n'adorna, e ver l'antica Elide Si volge, e insieme aduna armate schiere. Seco s’vnisce il glorioso Alcide Contro l'inuitte Vergini Guerriere, Oue frà l'armi; e i lampi arde, e sfauilla Pantasilea, Hippolita, e Cammilla. 56. Dette queste l'Amazoni già foro, Chè si tagliar la tenera mammella. Hippolita Reina è Duce loro, Che s’agguaglia à guerrieri ancor donzella. Con barbarica pompa e d'ostro, e d'oro Sublime vien sù ricamata sella; - Sopraueste real, che à piè le scende, Di saracina porpora risplende. 57. Forbito acciar arma la chioma, & anco Imprigiona’ l bel viso, e 'l collo ignudo; Mà lussureggia al destro lato, e al manco Oro, per man d'amor filato, e crudo. Succinta 'l seno, e faretrata il fianco L'hasta sostiene, e’ l suo lunato scudo; Suonan l'armi, anitrisce ancor lontano Il suo baio corsier d'vn piè balzano. 58. Ver lei, ch'auanti vien, la lancia arresta Teseo, chè frà suò Duci era primiero. Ella 'l colpo segnò sopra la testa, Tolsene vn fregio, e scosse’ l gran cimiero. Et egli à lei tutta squarciò la vesta, Che sotto 'l braccio le strisciò leggiero Il colpo, e dal bel petto, e dal bel tergo Fece improuiso folgorar l’vsbergo. 59. Restò sù l'hasta, qual trofeo sourano (Felice annunzio) lo sdrucito manto. Mà allo squoter, chè fè l'inuitta mano, Cadde pe’l tronco sul ferrato guanto. La molle seta vi s’appicca, e in vano Per quindi trarla affaticosse alquanto. Al braccial restò auuolto il nobil fregio, Perpetua spoglia al Caualier egregio. 60. E perchè Palla si dicea tal veste, Chè dal collo pendea sino al tallone, Alle sette sue Palle aggiunse questa, E fè la bella Hippolita prigione. Poi chè la turba femminile infesta Debellò col figliuol d'Anfitrione; Vittorioso celebrò con lei Il buon Teseo legittimi Himenei. 61. Ercole poi chè sopra’ l monte Oeta Volse por fine all'ultima fatica; Donando le saette à Filotteta, Gli impon, chè del suo fin nulla ridica. Quindi à Teseo porge la folta seta Della gran pelle, e la sua Claua antica; E duò bei Pomi d'oro eletto, e fino, Delizie dell'Atlantico giardino. 62. E dice. O sempre inuitto Eroe, chè meco Potesti già peregrinar l'inferno. Frutte io ti dò d'alto sapor, c'han seco Forza secreta dì valor superno, Fortunate, e vittrici habbiale teco Delle mie proue testimonio eterno. Perch’ è fatal, chè tante sien l'altere, Palle qua giù, quante lassù le sfere. 63. Et è non men fatale ancor, chè quanti In braccio haurai vermigli Mondi angusti Habbia la bella Flora anco altretanti Cosmi felici, fortunati, e giusti. E del tuo seme nascano cotanti Romani semidei, Romani Augusti, E volgansi al girar degli orbi aurati, Cinque, e cinque altri secoli beati. 64. E con egual felicità destina Il Cielo, il mio gran manto e la gran ma-zza, Proprio rettagio alla Città Reina Dè Toschi, ch’ vna fù della mia razza. Perchè la miri Fiesole vicina Frà ì Gotti, e gli Hunni, oprar elmo, e corazza; Cosi l'Eroe Theban disse, e nell'alto Rogo lanciossi. è degno d'Ercol salto. 65. Così chì tutto scorse à nuoto 'l mare Nell'arido Vulcano alfin s'immerse. Teseo le Poma preziose, e care Frà l altre collocò lucide, e terse. Mà’ l polueroso Agone, e 'l militare Ardor di sangue il bel metallo asperse. Perchè poi sempre fulminar le vide D'atro sangue stillanti Argo, & Elide. 66. L’vsò felici sempre in simil foggia, Giunto al senile occaso ei le ripose Sopra l'eccelsa porta, onde si poggia Al tempio di chì’ l nome à Atene impose; E scrisse intorno alla superba loggia, - Armi d'Alcide, e di Teseo famose; E disse poi sacrandole alla Diua, Chè fù inuentrice della prima Oliua. 67. Queste di rei Tiranni, e d'empi mostri Vittrici Palle appendo è tè, cortese - Guerriera Dea; perchè gli esempi nostri Accendan gli altri à gloriose imprese. Nè caualiero alcun da questi chiostri, Se non inuitto, vsurpi’ l grand'arnese Mà combattendo acquisti’ l gran trofeo Nipote, ò successor pari à Teseo. 68. Lo sacro à tè, tù lo difendi, e sia Chiara de figli miei perpetua insegna. Cui memoria non vil d'Ercole, e mia A rotar l’armi, e à insanguinarle insegna. E lieto spero ancor, ch'vn dì non fia, E del tuo nome, e del tuo braccio indegna. E rifiutin per lei tue luci caste Gorgoni horrende, e liuide ceraste. 69. Cosi ì purpurei Mondi illustri appese Sublimi al tempio, e riuerilli Atene. E fù chì vide coruscar l’accese Chiare sfere volubili, e serene. Fatale ogni vittoria al bell' arnese Fù sempre, e lo prouò Sparta, e Micene; E in vano armose Achille, & ogni Greco. Chè Troia stette fin che l’ hebbe seco. 70. Quest'è'l Palladio, chè di poi si disse, Per le sue Palle hauer di Palla 'l volto E fù creduto, chè dal Ciel venisse Nel tempio suo, mà non vi stette molto. Però chè pria, chè dal sagace Vlisse. Fuse nel caso d’Ilion ritolto; Colei lo tolse agli Affricani lidi, Chè mise in Grecia affanni, & in Troia stridi. 71. Mà quando cadde in cenere il superbo Ilione, l'arnese aureo vermiglio, Chè violato nell'incendio -acerbo Fù dà man empia chè gli diè di piglio; Mandò Diomede à Enea, chè’l tenne in serbo Con i Penati suoi nel lungo esiglio, E nel lazio portò la sacra soma, Tuo gran retaggio, ò fortunata Roma. 72. Numa poi nella Rocca Pallantina Lo pose frà gli Ancili, e frà i Vessilli Onde la gente Albana, e la Sabina Vide poi trionfar Fabij, e Cammilli. Mà promesso alla gloria Fiorentina Rinouò all' Arno i secoli tranquilli. Disse, e sparuer per l’aria in vn momento Le - Palle, e i rai, qual nebbia suol per vento. Il fine del Terzo Canto. ARGOMENTO. Perchè sublime sia, ricca di gigli La bella Palla di Zaffir vestita; Come diuisi sian gli Orbi vermigli Frà duò Guerrier della Famiglia inclita. Padri, Nipoti, Aui, Bisaui, e Figli Della Pianta d'Eroi sempre fiorita ; Narra alla Musa, e chiude poi le carte L'alta sibilla, e tace al fin, e parte. CANTO QVARTO. POICHE l’eccese, e gloriose Palle Dal teatro del Ciel ratte spariro; Ecco quattro destrier per l'erto calle Rapir vn carro, e vn bel Garzone in giro; Etho forse, è Piroo dall' alte stalle Auanti all'Hore mattutine vsciro? (Dico) ò pur traboccar veggio dal monte Dalla Febea Quadriga altro Fetonte? 2. Risponde. Il variar di questi oggetti Il libro espon, senza i miei detti oscuro. Però, che parte dè celesti aspetti Fù innanzi à mè; per quei, chè dopo furo, Al mio volume accompagnando i detti Cangerò col preterito il futuro Fin al presente. Habbi tù poi memoria, C’ hoggi il mio vaticinio è fatto istoria. 3. Però ch'io scrissi quest’ oscure note Mill’ anni auanti agli accidenti loro; Nè per girar delle superne rote Variato l'inchiostro ha 'l suo lauoro. Dal primo padre all’ vltimo nipote Già non ti voglio annouerar costoro, Chè fia souerchio; io ti dirò i più degni; Basta sol tanto à Fiorentini ingegni. 4. Il nuouo Auriga, chè fuggendo sferza L'alte ceruici à corridor frenati, Hippolito è’ l fanciul, chè prima scherza Con quei destrier (se credi al guardo) alati. E mentre fà più risonar la sferza, Mira, chè scosso’ l freno, all’ vn de lati, Cade 'l carro, e 'l rettor, e in vn inuolue Redini, ruote, asse, groppiere, e polue. 5. Fù della bella Amazone pudica Figlio al bel nome, e all'honestà simile; Vezzi, e lusinghe di matrigna amica Non fero adulterar l'alma gentile, Singolar quanto, per licenza antica, Ò sola, ò rara è castità virile; Dà madre, e figlio tal vengon i tuoi (Real succession ) Medici Eroi. 6. Io lascio Demofonte, il suo germano, E vengo al Caualier, chè Virbio appella (E ben rider ti puoi di così strano - Parer) la Pitagorica nouella, Quasi huom duò volte, e chè nel corso humano L'anima vaghi in questa spoglia, e n’ quella. Fù di Turno Campione & hebbe (come Per duò Guerrier valesse) vn simil nome. 7. Osinte, Afida, Menestro, Melanto, Timete vedi, chè la nube adombra, Ignoti, ò noti sol per poco vanto, Huomini nati à far numero, & ombra. E quinci veder puoi, chè scettro, ò manco Non lascia fama à chi valor disgombra. Vanno i Fabrizzi dall'oblio sicuri, Mà son senza virtude i Regi oscuri. 8. Codro il gran Fabro della nobil frode, - Chè fè morendo pianger il nemico, Segue, e di lui figlio animoso, e prode; L’vn padre, e l'altro alla sua patria amico. Onde materia d'honorata lode Hebbe appo i Greci quel prouerbio antico, Chè celebrando vn huom degno eccellente Nato dicean della Codrina Gente. 9. Inhonorati van per l'aer cieco Incogniti alla Fama, & alla Fede Medonte, Agasto, Forba, Archippo, e seco Mecade, Eschilo, Almenone, Esimede, Tersippo, Erissia, Pomene, & il Greco Leocrate; & Assandro à lui succede, Duci d'Atene, & altri, à cui ricopre Ignobile silenzio i nomi, e l'opre. 10. Quinci de Cosdri il bel ramo fiorito (Quai dirà Cosmi poi miglior fauella) Ripiglio, e 'l primo Caualier t’ addito, Chè lassù armato comparisce in sella; Pon mente, come ha nel Quartier forbito Sei Palle sole, e azzurra è la più bella, Hor ti vò dir, perchè sù l'orlo estremo Sembri reciso il bel Palladio, e scemo. 11. Poi chè dè trenta empi Tiranni, e crudi Fù sotto’ l giogo à sospirar costretta La madre delle leggi, e degli studi Atene, scuola già del mondo eletta; I legittimi heredi esuli ignudi In varie parti fur mandati in fretta, Chè legge iniqua di regnar si crede Honesto'l violar ragione, e fede. 12. Mostraron tosto i peregrini illustri, Chè patria all'huomo forte è l'uniuerso. Auuenturosa auuersità, ch'industri Viè più gli fece, e noti al Trace, e al Perso. Mà volgendosi al fin molt’ anni, e lustri Si ricourar dopo vn error diuerso Frà i Toschi, e frà gli Insubri, e quindi i buoni Vedrà’ l mondo fiorir Cosmi, e Leoni. 13. Hauea fatta bandir publica sbarra Il Rè di Cipro à Caualieri erranti. Vola la Fama annunziatrice, e narra Chè figlia hà 'l Rè di splendidi sembianti. Onde armati di lancia, e scimitarra Moltì s’auuenturar Principi amanti, Vaghi d'honor nell'Isola felice, Già di perpetue Veneri nodrice. 14. Proponea dar il Rè per sua consorte La figlia à quei, ch'era miglior frà buoni; Già popolata era la nobil Corte Di Caualieri estrani, e di Baroni. Nell’ arringo d'honor comparue 'l forte Cosmo frà venturier Dani, e Guasconi, Del buon Teseo sostien l'insegna Argiua, Dà cui per cento gradi egli deriua. 15. Grato era al Rè, più grato era alla figlia, Ella Brisena, ei se chiamaua Eneo. Souente ella ammirò gli occhi, e le ciglia, Et ei 'l valor del giouinetto Acheo. Nacquene Amor, ch’ Amor con sua famiglia Habita quiui, e quiui ha ogni trofeo; E Citherea nell'isola, ch'io narro, Ha la sua Conca, le Colombe, e 'l Carro. 16. Frà quei nati alla gola, & à piaceri Fama fù, chè più tardi iui s'inuecchi; S'altroue aman le Donne, e i Caualieri, Per natura aman quì fanciulli, e vecchi. Non quì studi, vigilie, arti, ò pensieri, Mà son bagni, conuiti, odori, e specchi; E negli Horti d'Adon frà i Mirti, e i fiori Lasciuir miri eserciti d'Amori. 17. Ammollir l'alma, e intenerir il seno Sentì Cosmo, e cangiar i pensior suoi; Chè 'l temperato dolce aer sereno Può ne suò vezzi effeminar gli Eroi. Schiuolli il generoso, e qual veleno Stirpò nascenti i primi semi, e poi Indurò’ l core, ò sol amò, quant'egli Duò begli occhi si fece à virtù spegli. 18. Ottenne ei sol di mantener l'agone Contro qualunque lo sfidasse 'l giorno; D'oro l'vsbergo , e d'oro hauea l'arciene Tutto di perle seminato intorno; E barde, e staffe, e l'un, e l'altro sprone Era qual suol più riccamente adorno, E le piume pompose. Allo steccato In guisa tal ei s'appresenta armato. 19. L'humano spirto già nel bronzo arguto Infiammaua i Guerrieri à nobil Marte; Quand’ vn valletto con gentil saluto L'honora, e quindi chiamalo in disparte, Dicendo. Ò caualier non vil tributo Ti manda chì del cor ti fa gran parte. Pregialo hor tù, se lo pregiar l'inclite Trè Diue, chè nel Ciel ne mosser lite. 20. Il Pomo, chè bramo Palla, e Giunone, Hebbe la Dea, ch’ in Cipro è riuerita; Et essa 'l diede al fanciulletto Adone, Chè quì lasciollo, oue lasciò la vita. Et hora à tè suo singolar Campione L'alta Brisena è di mandarlo ardita. Chè qual fù di Ciprigna vnico fregio, Sia lieto annunzio al tuo trionfo egregio. 21. Così dicendo il messaggiero aperse Ceruleo velo à gigli d'or fiorito, E quella Palla celebrata offerse, Chè posta fù di Tetide al conuito. L'occhio à gran pena il folgorar sofferse Del fulgido improuiso oro, scolpito Di breui note in questa parte, e n’ quella D’vn tenor tal. Sià dato alla più bella. 22. Risponde il Caualier. Cortese dono Cortesissima Donna hor mi concede. Ne potea più. Di tanto honor io sono Degno sol quanto sua bontà mi crede. Mà sua ragione à sostener son buono Con saldo arringo, e con più salda fede Con Marte stesso, & hor assai mi duole À lei non pari hauer grazie, ò parole. 23. Vedrà ben tosto la mia Donna, come Nobile don per real man si pigli. Disse, & inuolse il prezioso pome Nel drappo azzurro infrà i dorati gigli, - E n’ quello scudo, c’ ha sì chiaro 'l nome, L'affisse in mezo à i Globi suoi vermigli. Poi n’ andò lieto là, doue rimbomba L’ardito suon dell' animosa tromba. 24. Allhor la Palla di Zaffir celeste Come Reina comparì frà quelle Di sanguinosa porpora conteste, Chè parean quasi riuerirla ancelle; Il Ciel così (se nulla nube 'l veste) In bello Azzurro appar ricco di stelle; La reputò Brisena al suo Campione Debita più, ch'al femminile Adone. 25. Era l'arresto. Chì perdea primiero All'incontro di lancia ò fregiò, ò maglia, S'intendea priuo per vn anno intero D’vsar quell'arme, ò fusse elmo, ò Zagaglia; Mà cadendo perdeua arme, e destriero; E’ l primo eletto mantener battaglia Douea con tutti, e con le ricche spoglie Vincitor ottenea la bella moglie. 26. Non aspettar, ch'ad vno ad vno io dica Dè Venturieri i casi, e i nomi, quando Fede n’ ha l'opra stessa, onde l'antica Fama andò per le bocche altrui volando; Leuò l'elmo, ammaccò scudo, e lorica À vn Guascone, è vn Noruegio, e ad vn Normando L'vn dopo l'altro il Greco Prence, e fece, Chè trè non si leuar, traboccar diece. 27. Chiuso nella visiera, al nome, ignoto, Estranio alla sembianza, e al portamento, Baron, chè 'l suo Quartier, forse altrui noto, Coperto hauea d'vn ricco vel d'argento, Soura vn Turco destrier si mosse, e 'l moto Lo mostrò di valore, e d’ ardimento Giudizi del suo nome, e del suo merto, Diuersi al ver, fè 'l vario volgo incerto. 28. Detto hauresti duò fulmini incontrarsi, E fiamme sù cimieri esser le penne; Nè fur vani gli incontri, ò i colpi scarsi Dè bei destrieri, ò delle dure antenne. Dalle ferrate punte e rotti, e sparsi Furon gli scudi, come da bipenne. Volar le scheggie, e à pena al manco braccio Dell'ignoto Guerrier rimase’ l laccio. 29. Questi drizzando la nodosa traue, Quasi nel centro del nemico scudo; Oue 'l vago turchin facea soaue Mostra de gigli illustri al ferro ignudo, L’inuesti sopra, e l’ vrto fù sì graue, Chè partì in due la targa il colpo crudo; Sì chè la Palla (tolte via le prime) - Ch’ era nel mezo, restò allhor sublime. 30. Col Palladio così tronco, e diuiso Quegli; e questi restò senza rotella. Del pauese non bene ancor reciso Pendea l'asse cadendo in sù la sella. La prende il nobil Greco, e in chiaro viso La porge à lui, ch’ è senza, e gli fauella. Ò sol noto al valore, accetta questo Per tua difesa, è ch'iò depongo’ l resto. 31. L'atto gentil, chè tutti inuaghì tanto Commosse in guisa il Caualier nemico, Chè la destra cauò del nobil guanto, E fè segno di pace, e d’atto amico. Quindi accettò la bella insegna, e à canto Andaro entrambo auanti al Rege antico. L'ignoto Caualier oltra si face, E s’ alza la visiera, e parla audace. 32. Ancor ch'iò possa con aperta fronte Nel seren comparir d’vn chiaro die, E frà gli insubri sien celebri, e conte, Senza quelle de mieì, l’ imprese mie; Vennì ignoto di là, doue son Conte, À questo arringo per notturne vie, Per farmi noto col valor, chè senza Le proue il viso è debil conoscenza. 33. E col più degno Caualier prouarmi, Ch’ adopri ò lancia, ò spada, hebbi desio; E questi è quegli; e vero, e certo parmi, Col testimon dell'opra, il parer mio. E perchè hauer riguardo, ò recusarmi Ei non douesse, riuerente, e pio Alle Palle comuni, è al sangue nostro, Velai lo scudo mio d'argento, e d'ostro. 34. Sappi dunque, ò buon Rè, ch'io son congiunto Di sangue à questo, e Lionel mi chiamo, Milan m'è patria; à costui pur disgiunto Di grado sol, mà dello stesso ramo. E giacer sotto’ l serico trapunto Puoi l'insegna veder, ch' entrambo vsiamo; Le Palle mie, non delle sue più scarse, Là in mezo al campo lacerate, e sparse. 35. Se valor s’ama, e cortesia s'apprezza, E frà i barbari ancora, e frà i nemici; Ne huomo è quel, c’ humanità disprezza, E à virtù nega i meritati offici. Chè fia frà i suoi? questa mia mano è auuezza À far non men, ch’ à render benefici, Nè merauiglia esser ti dee, s’ à lui, Qual vinto cedo, io chè non cedo altrui. 36. À lui mi riconosco in tua presenza Inferior di merto, e di fortuna; E lascio in pace à lui la Donna, senza, Ò d’armi, ò di ragion, contesa alcuna. Così disse, & al Re fè riuerenza, Et abbracciò 'l Guerrier, ch’ ad vna ad vna Osseruò le parole, e poi non tacque, Nè tal parente ritrouar gli spiacque. 37. E poi ch’ in due partì la bella insegna, Quasi del sangue lor giudice, 'l Caso; Al Milanese Conte egli consegna Quell'arnese, ch’ in don gli era rimaso. Come fatal sia, chè ciascun ritegna Sei Palle sole, à lor fù persuaso. Così giurar, presente’ l Rè, gli Eroi Soura i lor petti, e l'osseruar dà poi. 38. Mira di Lionel, mentre ti parlo, Frà cento, e più, duò splendidi Nipoti. Vn Pio Romano, vn glorioso Carlo, L'vn ha le Chiaui, e l'altro incensi, e voti. Questo, cui sarà poco anco adorarlo, Con atti inuoca supplici, e deuoti, Chè sia propizio al tuo Parnaso; e come Potrà grazie negar al proprio nome? 39. Dall'altra parte stipite felice, - Quei, c’ ha lunga la chioma, e bianco’ l pelo, Lippo sarà, saldissima radice - In riua all'Arno al gran Mediceo stelo; Ch’ alzerà nell'Italica pendice Gli eccelsi rami, oltre le nubi, al Cielo. Primo egli recherà d’ Atene, e dalle Riue d'Alfea le peregrine Palle. 40. Vn Chiarissimo, vn Lippo, vn Auerardo All'Oliue pacifiche, e tranquille Varcano intenti; il Figlio di Berardo Vedi passar, l'Italiano Achille. Tonar col grido, e fulminar col guardo Il Pisan lo vedrà frà mille, e mille; E fiammeggiar soura vn destrier di neue, Onde poi Lucca dà Mastin riceue. 41. Vieri è quel con la toga, e con la spada, Prouido, ò vuoi nel campo, è nel Senato. Beatrice Strozza, perchè sol non vada Il suo Consorte, gli sì stringe à lato. Bicci succede poi, ch’ intento bada, Chè lasci l'armi il popolo adirato; E recusa’ l dominio egli de suoi, Debito al fine è Descendenti Eroi. 42. I duò nouelli scipioni hor veggio, E di Quercia, e d'Alloro incoronati; Come fatal sia, chè 'l fiorito seggio Soccoran solo i duò fratelli armati. Passan, mal grado del Guerrier d'Oleggi, All'espugnata già dà tutti i lati Frontiera Etrusca e come suol bifolco Fendon il campo con horribil solco. 43. Saluestro è l’vn de giouenili aspetti, Che vedi, e l'altro si dirà Giouanni. Vn Romano valor vede ne petti Fiorentini il Visconte à propri danni. Onde'l Senato gli haurà duci eletti Delle sue squadre, e premierà gli affanni. Non ceda à Roma, poi chè non è senza L'vn, e l'altro Affricano ancor Fiorenza. 44. Lorenzo è quegli, e vedi seco espressa Gineura, egregio parto è Caualcanti. Dè Bardi haurà’ l fratel poi la Contessa Di maniere gentili, e di sembianti. Cosmo, il gran Cosmo, à cui la Patria stessa Darà di Padre i meritati vanti. E solleuar dalle catene 'l collo Farà alle Muse, il Fiorentino Apollo. 45. D'Adria nel seno, oue sublime eccede Città, perla del mar, conca de fiumi, Lo veggio andar con fuggitivo piede; Ò di secol corrotto empi costumi. Quindi farà poi ritornando herede San Marco d’elettissimi volumi. Onde 'l Veneto haurà del suo periglio Honorata memoria, e dell'esiglio. 46. Per dar vita al sermon Greco, e Latino Estinto, ò almeno infermo in queste parti, Chiamerà l'Argilofilo, e 'l Ficino Alla sua mensa, & altri Cigni sparti. Onde allor fioriran dentro al confino D'Etrusca Atene le più nobil arti; - Et ei d'Euterpe nell'eterno inchiostro Splenderà più, chè frà le gemme, e l'ostro. 47. Con animo Romano, e con regale Spesa ardisce fondar palagi, e Tempi; - E n’ Palestina, oue fù Dio mortale, - Darà d'animo pio non bassi esempi. Oue ricouri sicuro l'affannato, e frale Peregino sicuro in mezo agli empi Arabi; come sia della sua pieta Senza l'Asia, l'Europa angusta meta. 48. Dopo lui Pietro sederà al gouerno Suo (non sò) se più degno herede, ò figlio; Secrete insidie superar lo scerno Con l'armi sol di prouido consiglio; Mà di Fortuna al variar alterno (Chè virtù sempre vnita è con l'esiglio) Cedera al fine per rea fortuna, e buona Lo seguirà, la nobil Tornabuona. 49. Quindi ritorna richiamato, quando Calano armati i suò rubelli al piano; Nell’ vna ha’ l fren della Cittade, e’ l brando, Per difesa di lei, nell' altra mano, In Napoli per lui s’ arma Fernando, Per lui si muoue 'l Duca di Milano. Morte intanto s’ oppon. Candida Pace Con aurea Fama dopo lui non tace. 50. Ecco i gran Senatori, i duò Satrapi, - - Ch’ assomigliargli ad ambo i Gracchi hor lice. Lorenzo, e 'l buon Giulian, Principi, e Capi Di Fiorenza, per loro vn dì felice. Chè più dirò? duò Genitor di Papi, Quei, ch’ all altro precede, haurà Clarice Dell’ Orsino valor, quei chè riempie Di venerando argento ambo le tempie 51. Il Milanese Sforza accoglie, e n’ lega S’ vnisce à lui per la Città di Marte; E'l Quarto Sisto, ch’ à suo danni spiega, Per lieue sdegno, l'esecrabil carte, Dispon così , ch'à benedir lo piega La Città, chè però dà Dio non parte; Roma non ha (nè quì Caton sì sdegni) Cittadin tal, ch’ i Rè bilancia, e i Regni. 52. Non vide l’ Tebro dopo’ l lungo esiglio Lieto cotanto l'Orator d'Arpino. Come Fiorenza con ridente ciglio Il suo Giulian cacciando 'l Soderino. Al Senato, alla Patria, e Padre, e Figlio Degni esempi haurà sol Cippo, e Quirino. E allhor, ch'egli recusa applauso, e regno Per sì nobil rifiuto, ei più n’ è degno. 53. Dell'Italica pace egli, e'l germano Autor acqueta le Città vicine. Deh nel sangue di lui non ponga mano Inuidia, di virtù nemica, alfine. Chè se vil è appo lei rispetto humano, Perchè le mense profanar diuine? Altro luogo non ha per tanto scempio Il mondo immenso, chè l'Altare, e’ l Tempio? 54. Piero vien poi, chè 'l bel purpureo Giglio Suelle di Francia dalla gran Corona, Ond’ à lui grande auuien danno, e periglio, Mentre n'adorna Alfonso d'Aragona, Mà poi mutato subito consiglio, Quando venir vedrà Carlo in persona Cederà al vincitor; nè può sua fede - À quei negar, cui tutta Italia cede. 55. E allhor chè manda à ricourar Aquino Carlo il Gonzaga, intrepido non langue, Mà fà sul ponte il Gariglian vicino Biancheggiar d'ossa, & arrossir di sangue; Chè spezza l'asse, e manda à capo chino Gli Hispani opposti, e frà lor cade esangue, Lieto, che ne successi aspri infelici Cadendo seco tragge anco i nemici. 56. E questi ancor del buon sangue Romano - Haurà Alfonsina. Hor quei, chè surger veggio, E 'l suo fratello, il giouane Giuliano, Chè, quando fia Leon nell'alto seggio, Gonfalonier diuien del Vaticano, E di Modena Principe, e di Reggio, E Vicario di Parma, à cui dona anco Di Nemurs il Ducato il buon Rè Franco. 57. Degli Allobrogi il Duca Emanuele Lo comprerà consorte alla figliuola. Ecco Leon, chè dominar le stelle Potrà quagiù con la Papale stola. - Seco ha le Muse tutte, onde per quelle Viurà due volte, e viuerà vna sola. Le Muse afflitte, e che son poi felici Nodrite dagli Eroi, d’ Eroi Nodrici. 58. Potrà Leone 'l Duca Insubre altero Con l'oro mantener del sacro Erario. E al Quinto Carlo confermar l' Impero, À cui titol di Napoli è contrario. E’l Concilio compir, e 'l rio Luthero Dannar, nouello à Dio Giuda auuersario, E tutto armare il popolo di Christo D'Asia ( nol vieti 'l Cielo) al grand' acquisto. 59. Succede al successor del gran Leone Giulio, il cugin, chè si dirà Clemente; Mira sul petto al Rhodian Barone La Croce biancheggiar su l'ostro ardente. Col Montefeltri questo, e quel Baglione Assolda contro’ l Soderin possente, Sacro Principe anch'ei; cotanto alterca Per ciuil gara l'Vna, e l'altra Cherca. 60. Clemente scaccia’ l fetido Colubre, Chè dì veleno infetterà Inghilterra, Arrigo Ottauo io dico, onde lugubre Haurà tragedia Caterina in terra. Mà pria soccorso manderà all' Insubre, C’ haurà con Carlo perigliosa guerra. E’ l Papa andrà, per tè crudel Moncada, Prigione, e Roma tutta à fil di spada. 61. Ò giudizio di Dio chì ti comprende Punir Leon nel suo Cugin Clemente? L'istesse mani temerarie horrende, Chè pria saccheggeran Prato innocente, Adultere saran di caste bende Della santa Cittade onnipotente. Questa Dio forse necessaria pose Vicissitudin delle humane cose. 62. Chiama 'l gran Carlo, & à venir lo sprona, Oue agli studi suoi Felsina siede; Quiui à lui dà l'Imperial Corona, E tregua al grand’ Estense ancor concede Per lui tenuta à piccol censo Ancona Ligia diuien della Romana sede. Pontefice souran, chè fermar puote Ducal Corona in testa al suo Nipote. 63. Il vicecancellier di santa Chiesa Hippolito la nube hora t’accenna, Cardinal, chè Legato all'alta impresa Mandera 'l Zio con molti fanti à Vienna; Caderà, ma per lui la Fama ha presa La tromba d'oro, e l'argentata penna; Viuerà quand'ancor fia cener trita; Hor taccia il volgo vil, che muore in vita. 64. Segue’ l figliuol Asdrubale, che quando Coprirà quasi 'l mar d'antenne, e vele Dragutte incontro Malta al memorando Assalto di sant'Ermo, e san Michele. Torre, se miri 'l piè, balen, se 'l brando, Appar frà i merli, e mostra indi al crudele Solimano, chè puote in molti modi - Malta l'offese vendicar di Rhodi. 65. Ecco Lorenzo il Principe d’ Vrbino, Chè sfronda l'alta Rouere di Gioue, Mà non la suelle già, ch’ alto destino Vuol, chè perpetua l'Aquila vi coue. - General quei del popol Fiorentino Chiude i suò dì con gloriose proue. Di Bologna, e d'Oruernia hor la Contessa Maddalena sua moglie è seco espressa. 66. Ecco Alessandro, chè negli aurei scanni Potrà le Palle incoronar Reine. Duca souran, se miri 'l pondo, e gli anni, Vano altresì, s'i ciechi amori, e’ l fine. Homicida cugino atroci inganni Non gli ordisca crudel frà le cortine; Morte sempre così nascoso ha dietro À piaceri di Venere’ l feretro. 67. E Margherita sua languida sposa Figlia di Carlo bagnerà la guancia. Vedi colei, per cui più auuenturosa Non so, se potrà dirsi Etruria, ò Francia; Nella cui man veder puoi come posa Lo scettro Arrigo è vn colpo sol di lancia, Madre di Rè, di Rè Consorte, afflitta, Mà in sua fortuna Caterina inuitta. 68. Questa d'un Regno pien di scettri il pondo Sosterrà ben pè fanciulletti Regi, Veneranda Reina, e col profondo Senno vendicherà l'onte, e i dispregi, E pria chè di sè lasci in bruno 'l mondo Sposa Real dà Lotaringi egregi -- - Conuien, ch’ all'Arno suo rimandi, e quanto Tolse, togliendo se, renda altretanto. 69. Quei chè nell'altro ramo appar primiero Laudomia haurà la nobile Acciaiuola Lorenzo è’ l figlio, il prode Caualiero, C’ ha l'Appiana, vnica Donna, e sola. Nasce di loro il generoso Piero, E dà lui vien con sacra mitra, e stola Di Bisiers il buon Pastor. Pon cura À quel, chè 'l vapor denso hor ne figura. 70. Giouanni è quegli, auuenturoso padre Di Figlio Eroe; con santo amor l’inuesca Vedoua sposa Caterina, e madre De Riari, l'Amazone Sforzesca, L'assedio sostener d'armate squadre Impari’ l huomo dà virtù donnesca; Al figlio il padre darà’ l nome, e l'arte - Costei di guerra al gran Mediceo Marte. 71. Et è quei, chè con l'elmo, e l'alte spalle Eccede, com’ ogn’ altro in gloria auanza; Milano al suo Bisauo, al suo Aniballe, Similissimo agli atti, e alla sembianza, Lo vedrà armato in sanguinar le Palle Dell’ aureo scudo in vn horribil danza; E far della sua spada in mezo al campo Il fulmine minor impeto, e lampo. 72. Fanciullo ancora impugnerà la lancia Frà Liguri col celebre Vitello, E nell’ Adda 'l corsier sino alla pancia Tufferà col Grigion suo bel drappello, Tutto cacciando 'l popolo di Francia Sol col terribil guardo entro’l castello; Nè l'oste si terrà dentro alle mura Dà lui, terror de Capitan, sicura. 73. San Giorgio acquisterà con l'altra Terra Posta sul fiume, oue cadeo Fetonte; Indi à Grauina prouocando in guerra Renzo, lo caccierà di là dal monte. Espugnator di Carauaggio à terra Manderà del Tesin sanguigno’ l ponte, Vedrà affondar i Franchi, e à Bufaloro Assorbir l’ onda, e l'onda assorbir loro. 74. Qual mirò Troia vincitore Achille Molle, e difforme sopra Ettore esangue; Tal vedrà lui Pauia frà chiare stille Di bel sudore, e di non brutto sangue. E perchè vale vn huomo sol per mille, Lo visita’ l Rè Franco allhor, chè langue; Cui, mentre’ l curan pur Fisici industri, Di sua man fascia le ferite illustri. 75. Mà sù’ l lago di Garda, allhor chè sono Note sue proue, e fà l'estrema possa, L'ancide (ahi lasa) allo scoppiar d’vn tuono D'inimica bombarda aspra percossa. Vrna ’l Mincio non ha, chè degno dono Sià delle belle ceneri, e dell' ossa; Mà frà i Trofei dè suo Gonzaghi 'l brando Sospenda pur del Fiorentino Orlando. 76. Non ha dunque vn esercito d’ Augusto À sua morte bastante ò spada, ò mano, Chè per l'alma cacciar dal nobil busto Del fulmine sia d’ vopo, e di Vulcano? Scocchi, deh Scocchi, oh Dio, colpo si ingiusto Dà si chiaro Guerriero ò lunge, ò inuano; Con minor danno il bellico tormento Ben potrebbe degli altri ancider cento. 77. Tù muori, è degno di più lunga vita Troppo per tempo, e dal tuo Rè bramato. Non sarebbe l'istesa Audacia ardita Por mano in lui, se tù gli fussi à lato. Mà vanne in pace, poi che humana aita Vincer non può l’ insuperabil Fato. Pugnerà’ l Rè, mà vincerà Fortuna, Poi chè spesso virtù cede à quest’ vna. 78. Ecco 'l figliuolo , à cui soura 'l crin biondo Nuoua Corona, e splendida riluce ; Come di Troia il gran Caual fecondo Espose questo, e quello inuitto Duce. Ò qual racconta Fama antica al mondo, Ch’ vscir d'vn ouo Castore, e Polluce, Così vedranno li duò opposti Poli L' eccelse Palle partorire i soli. 79. Il generoso Cosmo io dico, il Grande Duce, ch’ i prischi Rè dè Toschi auanza; Haurà, perchè fanciullo altrui comande Canuto senno in giouenil sembianza; Egli del mar contro l'Arpie nefande Farà di Caualier bella adunanza; Ch’ Argonauti di Christo inuitti, e fidi Nè purgheranno'l mar per tutti i lidi. 80. Fia miracol veder maturo’ l frutto Preceder la stagione, e quasi’l seme; Virtù precorre 'l regno, e 'l regno al tutto L' età, cui tanta macchina non preme. Conspira in lui l'inuidia, il vento, e 'l flutto, Perch’ ei non regni, ei regna, e vince insieme, Chè doma i mostri, e tronca i rei consigli, L'Idre, e dell'Idre i rinascenti figli. 81. Tù sarai 'l primo à incoronar d'alloro Il vincitor d'ire ciuili, e folli, Ò Montemurlo, chè rubini, & oro Vendemmi ogn'hor dà pampinosi colli; Dalle ruine tue, ch'auanzi foro Dì Castruccio, à gran pena il capo estolli; Ruine eccelse ancor, poi chè dall'ime Reliquie, s'alza il volo altrui sublime. 82. Per lui s’ arma virtù, pugna Fortuna, Sè questa è cieca, quella ha l'occhio sano. Mà cieca nò, se scorta ha sol quell’ vna, Quella 'l principio, e questa ha’ l fine in mano. Ascanio dalla Cornia, e Gian di luna, Il Baglioni, il Vitelli, e 'l Marignano, E 'l buon Colonna al soldo suo conduce, Degni di lui Guerrieri, il sommo Duce. 83. Mà perchè malageuole è 'l camino Ond’ all’ honor si poggia, e raro è 'l bello; Del Rè di Francia il nuouo Paladino Piero strozzi s'oppone, aspro rubello; Prior di Capua ha 'l suo Leon vicino, Chè ragge sì, mà vedrà questi, e quello, Mentre i suò Franchi volgeran le spalle, Frà le stelle rotar l'ardenti Palle. 84. Cederà lucignano all'aurea spada, Cederà Montalcino all'aurea lancia; La lupa ancor, se ben combatte, e bada Ferita nella gola, e nella pancia, Dispone’ l Cielo al fin, che sotto cada Al vincitor di Siena, anzi di Francia; Chè sol non vince allhor, chè non guerreggia, Ne guerra manca ad huom , chè signoreggia. 85. Arti nodrir, e tribunali, e studi Aprir,e fecondar lingue, & inchiostri; Munir porti, Città fondar, paludi Seccar, e fabbricar palagi, e chiostri; Fian grandi sì, ma sue minor virtudi, Perch' egual anco à Regi ei si dimostri, Haurà di Magno in Campidoglio (come Trà Alessandro, e Pompeo sia terzo) il nome. 86. Leonora, anzi vna Androgene virile Di Toledo, ò vna Ortensia haurà consorte, Qual Emilia, ò Sulpizia à lei simile Hebbe Roma, ò qual huom costante, e forte? Dalla Real Partenope gentile À fecondar vien la Toscana Corte Di numerosa Prole alta, e serena, À cui spose nodrisce Austria, e Lorena. 87. Il Gran Francesco, ch'all’ Hispana Reggia Del Rè, c’ ha sopra tanti Rè domino, Tragge perch' alti modi apprenda, e veggia, Come vn buon Rè sormonti à Dio vicino; Ritorna instrutto, e di virtù gareggia Col Genitor il nobil Peregrino, Qual giudizio, ò qual lode ha’ l suo gouerno, Cui cede’ l Regno il testimon paterno? 88. Di sangue Imperial Donzella Augusta Haurà sposa degnissima di lui; Mà quasi vn lampo, chè per l'aria adusta Nel punto fugge, chè si mostra altrui, Ritornerà l'anima bella, e giusta Schiua del mondo, ò sfere eterne, à vui; Mà pria non già, chè due figlie leggiadre Non lasci, amati pegni, al mesto Padre. 89. La doue nacque il Mantouano Homero Doppia Corona sù la bella chioma Haurà Leonora, e del pesante impero Al buon Vincenzo alleggierà la soma; Potrà l'ostro,'l valore, e 'l nome altero Del porporato Zio render à Roma, E nel suo grembo folgoranti, e vaghe Nodrir à Gioue l'Aquile Gonzaghe. 90. L'altra, chè sembra vscir di Paradiso Trè volte serenissima Maria Al nome, al sangue, à detti, all'opre, al viso Ammirabile, Augusta, eccelsa, e pia, Prima Donna del mondo, ha seco assiso Il Rè, ch'i Regni suoi sa vincer pria; Dico il Borbone Eroe, che si egli è degno Di Regno tali; del Rè Questa, e del Regno. 91. Il regnar è quagiù frà voi mortali Di terreno valor proua celeste; Guardi Dio, guardi 'l Ciel l'Alme Reali, E volga nel suo autor l'armi funeste, - Quando armeran l' atroci Ombre Infernali Dà nuoue Furie vn agitato Oreste; Ò scelerata mano, empia ferita, Ch'à lei 'l Consorte inuoli, e à lui la vita. 92. Io dà lunge t’ inchino, e ti salato, Idol di Francia, Idol d'Etruria, e mio, Riuerita signora, e l' alto aiuto - À sì grand’ vopo io per tè chieggio à Dio. Di tue lagrime belle il gran tributo Chiede 'l gran caso, e teco piango anch'io. Mà chè fia poi? Donna sei tù ben tale, Ch’ agguagliar puoi la medicina al male. 93. Pianga femmina vil, chè tosto inchina, E à cui manca’ l sauer, se 'l pianto auanza; Ò Figlia, ò Regia Figlia, ò pia Reina Non tù sei tale; Hai di gran Rè sembianza. Armi, e guerre trattar sara, e mattina, Leggi, offici, e gouerni hai per vsanza, Piantar moli, e Città, naui, e tesori, Oste adunar; son l’ opre tue minori. 94. Dà radice spiantar le spine, e 'l loglio Dà quella fè, chè tù beuesti Infante; E farti, incontra ogni nemico orgoglio, Seguir Fortuna, e gir Virtude auante, Di Trofei, di Trionfi vn Campidoglio Far sopra Olimpo, e 'l Nome tuo tonante Sbigottir gli Indi, e impallidir i Mori; Opre tue grandi sì, non le maggiori. 95. Nodrir vn nuouo Carlo à Santa Chiesa, Mandar altro Goffredo in Palestina; Dar legge à Regi, e la cotanto offesa Richiamar dell’ esilio Astrea diuina; Di Bianca, e d'Isabella ogn’ alta impresa Vincer oprando, & Anna, e Caterina. Saran vanti maggiori, onde Parigi D’vn grandè Arrigo habbia vn maggior Luigi. 96. Và lieta, ch'à tua vedoua fortuna È con perpetue nozze Iddio marito. Poi dice à mè. Per celebrar quest'vna Homai t'accingi; & io. Legge è l'inuito; Mà indarno Febo in Helicona aduna Il suo canoro popolo infinito, Che sì bel Sole, à cui non veggio occaso, Degna di lui non ha Musa in Parnaso. 97. Risponde allhor; Non di Febea menzogna E d' vopo, ò di Sirena adulatrice; Ma del Cielo 'l fauore, e 'l mio bisogna, Ò d'Aquila 'l gran volo, è di Fenice. À roca Musa è tanto honor vergogna (Ripiglio) adunque; io d’ Icaro infelice Temo’ l gran caso rinouar in Senna, Se non sostien Aura Real mia penna. 98. Quindi soggiugne. Ecco l'altero, e degno Successor di Francesco; Hor mira intento; Fernando il Grande, il pio, non men sostegno Di pace à voi, chè d'Affrica spauento. Pria meritar, chè posseder il regno, E regnar frà i gran Rè d'alto ardimento, Vedrassi cinto d'immortale Alloro, E la porpora sua cangiarsi in oro. 99. Vedoue oppresse, e vergini indifese, Innocenti fanciulli, e vecchi infermi Solleuar, e nodrir farà cortese, E Cenobi ordinar diuoti, & ermi. Della fede comune alle difese Presidi mantener sicuri, e fermi, Cigni premiar, dè saggi suo gouerni, E di sue prome testimoni eterni. 100. Per honorar il nuoua Muzio Hispano, Salamandra di Dio, Lorenzo inuitto, Di gran Tempio à incrostar il ricco piano Impouerir farà l'Indo, e l'Egitto. Mà le Colonne, i muri, e’ l Ciel sourano Auanzeran, qual più famoso è scritto. Appo cui vil dirò la ricca soma, Che Pompeo ti portò, superba Roma. 101. Il mar, chè dall' Europa Asia diuide, E Sesto quincì, e quindi Abido bagna, À ponte sottoporre, e verso Elide Per le cauerne addur della montagna, Come prigion poteo Xerse, ed Alcide Piantar le Mete, oue l'Oceano stagna, Memoriè illustri son, mà non bastanti Ad agguagliar, Fernando, i tuò gran vanti. 102. Mentre Liuorno tuo d’ alti ripari Chiudi con tanta prouuidenza, & arte. Cò legni tuoi tutti cercare i mari, Far tremar l'Oriente, e sfidar Marte; Effetti propri tuoi, quanto più rari Viddersi vnquanco , ò mai lessersi in carte? Nè'l Trace sol rispinger importuno, Mà nè suo Regni minacciar Nettuno ? 103. Degnissima di lui sarai Christina, Madre feconda di Real Famiglia; Del gran Liberator di Palestina Fortunata Nipote, eccelsa Figlia Di Carlo, & all'inuitta Caterina Simile agli atti, all’ habito, alle ciglia; Palme, e candide Oliue (ò d'aureo senno Lotaringa Minerua) à tè si denno. 104. Segue à gran passo i primi duò germani Per via d'honor Pietro il gentil Barone, General degli eserciti Italiani Sarà di Spagna per le due Corone, E splenderà frà i Caualier sourani Con l’ Insegna gentil del bel Tosone, Non haurà regno, e haurà di regno il merto, Perch’ à certo valore è’l premio incerto. 105. Eguali al volto , agli atti, eguali agli anni Gemelli crederrai, quei c’ hor t'addito; Togato è l’ vno il Principe Giouanni Di Peregrina porpora vestito. E Garzia l'altro; il Padre in negri panni Veggio di duò bei Figli impouerito. Morte, empia morte alle duo belle Piante Perdoni. Hor tù non domandar più auante. 106. All'Auo suo simile, al nome, all'arte Di Cosmo vien l’ vltimo Figlio armato, General fia de fulmini di Marte In Fiandra, e General dello steccato. Chì loderà questo Guerriero in parte Dall’ istesso suo Cesare lodato, Archimede nouello, à cui non parco Dè suoi tesori poi sarà san Marco? 107. Il verzzoso Drappel, ch’ vnito insieme Il cerchio suo ver noi rapido inchina, Del real Ferdinando è’ l chiaro seme, Ch’alle Porpore, e à Manti il Ciel destina, Chiara del nobil Arno vnica speme, Fortunata d’ Eroi stirpe Reina, Veggio vetusto al fin col tuo crin biondo Ringiouenir per tua virtude’l mondo. 108. Gran Cosmo tù, chè’ l quarto lustro à pena Chiudi, & auanzi i più canuti Regi, Vedrai venir dalla più adusta arena À inchinarsi à tuo piè Principi egregi, Et ammirarti, ò Maestà serena, Maggior di tua grandezza, e de lor pregi, Compor leggi, e dettar Rescritti aurati À tuò Guerrieri in mezo, e à tuò Togati. 109. Iddio ti salui, ò dell'amata, e bella Fiorenza, inuitto Regnator felice Io pur dà lungi riuerisco quella Magnanima sembianza; Hor più non lice. Così ognhor ti secondi amica stella, - Com’ il cor mio t’ applaude, e benedice, Et in pace t’ annunzia i Toschi seggi, Gran Padre delle Muse, e d'auree Leggi. 110. Principe Eroe segui pur tua vittoria, Per quel sentier, ch'è à tua bontade aperto, E perdona, se quì più lunga istoria Narrar mi vieta’ l Ciel del tuo gran merto. Il Ciel, chè già prescriue ogni tua gloria, E l'esequisce il Fato, e 'l Fato è certo. Gran cose intanto concepisci, come Arno le spera, à tè fatali, e al nome. 111. Di sangue, io non dirò terreno, à cui Vn mondo è poco, e due non saran molto, Poi chè la terra partorisce à lui Mondo nouello; À tè fia 'l resto occolto. La Real Maddalena haurai, ch'altrui Potrà Augusta parer agli atti, al volto. Chè rimembrar faran vostre Corone Nuoui sposi veder Gioue, e Giunone. 112. Venga più lieta sposa, e più felice - Dell'altre due, chè à lei verranno auante, L'Austriaca terza Etrusca Imperatrice Di Figli ad arricchirti, ò Regio Amante. Germoglin pur dall'aurea sua radice Aurei Fiori, aurei Pomi, & auree Piante; E sia di par frà gli Arciduchi suoi Oriente chiarissimo d' Eroi. 113. Ecco del chiaro Cosmo il buon Germano Francesco, à cui più d’ vn Alloro è nato; Già suda Bronte al mantice, e Vulcano Per temprargli la spada, e l'elmo aurato; Già si tinge al suo crin l'ostro Romano, Là Filippo l’ inuita, e quà'l Senato De porporati Eroi; Pende egli incerto, E intanto ha doppia lode, e doppio merto. 114. Il terzo è Carlo. Hor se non mente’ l nome, Ò la legge de nomi osseruatrice; Ò se non è miser huom saggio, come Credette alcun, sarà saggio, e felice. E pur mente in altrui, c’ ha graui some, Sol perchè sia l'arte Febea infelice. Deh porgi mano (ad onta hor di fortuna) Buon Carlo tù, s’ i nomi han grazia alcuna. 115. Ecco Lorenzo al fin, chè le bell’ orme Del Genitor preme col piè ineguale; Come additò già le paterne forme Andromache al figliuol nell' alte sale. Così Madre Real, chè mai non dorme, Sprona’ l desio, chè per se corre, e sale, Oue Virtude è più sublime, e rada Nè pregi della penna, e della spada. 116. Mira le trè dirò Grazie Sorelle Nate di Cosmo, anzi di Gioue stesso; D'vn Alfonso, e d'vn Cesare son quelle Prime, chè vanno à Duci loro appresso. Ò lucrezia, ò Virginia, ò degne, ò belle Mà troppo tarde à giugner in Permesso Frà l' Estensi Corone, e frà coloro Lodati sì dal Ferrarese Alloro. 117. Del miglior seme del valor Latino Haurà la Terza il Principe Romano; Onde Virginio il glorioso Orsino Fiorirà di Trofei l'Istro, e 'l Giordano; E nodrirà al buon popol di Quirino Bella d' Eroi Famiglia, e al Vaticano. Chè (s'hauer dee valor mercede alcuna) Minor del suo Alessandro è ogni fortuna. 118. Antonio è quei, chè Venturier conduce Sul Danubio d'Etruria il più bel Fiore; E con pochi destrieri, ond’ egli è Duce, Peregrina felice, e merca honore. Con bianca insegna Caualieri adduce Di Capestrano splendido signore; Di lui ben canteran le trombe amiche Hora gli Ozij honorati, hor le fatiche. 119. Mira di Pietro i duo bei Figli egregi, Ch'à Flora sua restituisce Hispagna; Coppia gentil, chè de paterni pregi Calca i vestigi, e si fa lor compagna. La Toga, la Pretesta, e l’ armi, e i fregi Prepari in breue pur Roma, e Lamagna. Perche à imprese magnanime, e leggiadre De figli, sferza è la virtù del padre. 120. Ecco Alessandro; Alla suprema sede Giungerà poi Leone al nome, à pregi; L’ardente Croce, chè’l Piropo eccede, Primiera insegna è dè suò chiari fregi; Ben saggio chì in Dio ferma il primo piede, Ch'orma diuiene agli altri passi egregi ; Il mondo (eccetto lui) vedrà di rado Huom', chè si leui al Ciel digrado ingrado. 121. Tardi cresce così l'abete, e'l pino, Quindi i secoli eccede, e i monti agguaglia, Tal ei d'erta virtù sù l' Apennino Sorgerà quanto fia, chè lento saglia. Vedergli in sacra Mitra, e in bianco lino L'elmo cangiar, cangiar vsbergo, e maglia, E l'hasta diuenir sacrato hastile, Pastor l'annunzia al Fiorentin Ouile. 122. L'alma Città, chiaue del Cielo, e porta, Où ha virtude il premio suo più certo, Del suo valor, per lunga proua, accorta, Mercè darà, mà non eguale al merto; Al crin sacra imporrà porpora attorta; Ò ben sofferti affanni, ò ben sofferto Sudor; non senza pregio è offizio pio, Nè senza palma il faticar per Dio. 123. Nè tù sarai di sì bell’ ostro, indegno Primogenito pur di Flora, ò Prato, Ricco di quel, c’ hebbe dal Cielo in pegno Chì credeo solo al dito, & al costato. Ò del Ciel bella spoglia, ond'è men degno Il latteo Cerchio, e d'Iri il Cinto aurato. Benedetta Colei, ch’ in tè si cinse, E tè beata, onde 'l bel sen s'auuinse. 124. Là nel ferace, e dilette vol piano, Oue Bisenzo placido declina, Sederà frà bei fiori ei Fior sourano, E nell'altera già Città latina Preneste, dal suo giogo (ò fasto humano) Cadente, e stabil solo in sua ruina ; Nelle cui moli si vendemmia, & ara, Nè l'huomo ancora è fabricar impara. 125. Il Rè Franco (e saria men graue pondo I Poli vnire, ò s'altra è maggior mole) Col Rè, chè porre oltre i confin del mondo Potrà i suò Regni, e misurar col Sole, Placare, e del Bifronte il Tempio immondo Chiudere, e sigillar con sacre stole Lo vedrà Senna, e far riporre il brando Al Quarto Arrigo, anzi al secondo Orlando. 126. Come diuiso già, ne gran litigi Di Cesare, e Pompeo, fù 'l mondo armato; Si vedran riuerenti in San Dionigi Piegar gli Scettri al Caduceo sacrato. Con le due Spagne tranquillar Parigi, Anzi la terra tutta il buon Legato, Potrà solo, e potrà far di què dui Tacer le trombe, ò sol cantar di lui. 127. Qual nell'aria sottil vapor s'accende, E di stella diuien lucida chioma, Tal questi se soura se alzando ascende Di Piero’l Trono, anzi di Christo in Roma. Non l’ Vniuerso graua lui, ne pende Il tergo annoso alla stellata soma; Ben riuerente alle sacrate piante S'incurua Olimpo, e humil s'inchina Atlante. 128. Non pose in Campidoglio, ò sul Tarpeo Roma Guerriera già, Roma Reina À Trionfi di Mario, ò di Pompeo Per la palma Asiatica, ò Sabina, Statua, od Arco giamai, giamai Trofeo Pompa, ò Macchina eccelsa, o peregrina, Quali ergeransi à lui, chè pur fia degno In terra hauer con Dio comune 'l Regno. 129. Haurà ben d'onde il ferreo mondo oppresso Medicina sperar certa, e ristoro; Chè 'l Cielo in terra compartire spesso Le Chiaui si vedran d'argento, e d’ oro. E mercar (se nol vieta humano eccesso) Di Pier la nauicella vn pio tesoro. Mà qual tetro m'attrista oscuro velo? Sì bel Sol perde tosto il vostro Cielo. 130. Quì col parlar vscì rotto vn sospiro, E col sospir le lagrime sorelle; Poi disse volto al mobile Zaffiro; Ò dal Cielo aspettato, e frà le stelle, Non piango io tè, non già, cui pur desiro, Chè t’ affretti acquistar cose più belle; Mà piango quel, ch’ accenna horrida eclisse. Quì sparue'l nembo, & ella più non disse. 131. Allhor chiuse le labbra, e 'l libro; & io, Ò mia saggia Maestra, incominciai, Se di saper è natural desio Fia l'insegnar degno di tè, chè sai. Dimmi, se voi, chè l'incarnato Dio - Precorreste, nascendo, ò poco, ò assai, Credeste nell'Autor della salute Ò sete giù frà l'anime perdute? - 132. Deh non errar col volgo, ella soggiunge, Mà segui lui, ch'à Dio salì vicino; E se tant’ alto il tuo pensier non giunge, Intento ascolta il celebre Agostino. Noi, chè veder, e altrui mostrar dà lunge Potemmo, haurem fallito il bel camino? Virginità, studi, vigilie, e fede Preghi, e digiuni andran senza mercede? 133. Chì di Profeti fè all'Hebreo tal parte, Volle messi mandare al Perso, e al Greco, Chiamò, per detestar Venere, e Marte, Vergini Donne, e pie d'horrido speco; E noi quinci annunziammo in voce, e in carte Luce, è cui chiuse gli occhi il popol cieco. Ma ecco l'Alba, ch' apre l’ vscio al Sole; Dise, e n'andò col suon delle parole? IL FINE.

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Based on the copy digitized by Google in partnership with the Biblioteca Nazionale di Napoli IL PALLADIO POEMETTO DI CARLO BOCCHINERI, DEDICATO ALLA MAESTA CHRISTIANISSIMA DELLA REGINA DI FRANCIA ET DI NAVARRA. IN PARIGI, Per GIOVANNI HVQHEVILLE. M.DCXI Bocchineri, Carlo Paris Heuqueville, Jean 1611.

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IL PALLADIO POEMETTO DI CARLO BOCCHINERI, DEDICATO ALLA MAESTA CHRISTIANISSIMA DELLA REGINA DI FRANCIA ET DI NAVARRA. IN PARIGI, Per GIOVANNI HVQHEVILLE. M.DCXI ALL’ ILLVSTRISSIMO ET ECCELLENTISS. SIGNORE ET PATRONE MIO COLLENDISSIMO il Signore Concini Marchese d'Ancre, Primo Gentilhomo della Camera di Sua Maesta Christianissima, Suo Luogotenente in Picardia, & Gouernatore della Citta & Fortezza d'Amiens, Perona, Rois & Mondidier.

HO douuto dedicare alla Maesta della Regina questo mio breue Poema, perche contiene l'origine della Stirpe della Serenissima Casa de Medici, il Natale del Gran Principe di Toscana, la lor misteriosa Insegna delle sei Palle, & la detestatione della Morte del Grande Enrico; & accioche sia tanto più degno di comparir dinanzi à S. M. & da lei benignamente riceuuta, & gradita, ho preso ardire di raccommandarlo alla introduzzione di V. Eccellenza, la quale con questo segnalato fauore mi accrescerà l'animo, & l' obligo di fare vna volta volar le mie penne anche per l'aura della fama di quei suoi celebri meriti, che la fecero stimare da quel Grand’ Heroe, & hora più che mai in cosi accetto, & riguardeuol Grado appreso lor MM. la fanno quasi da tutto il Mondo con immortal sua lode honorare, & con ogni reuerenza bacio à V. E le mani, & dal Signore Iddio le prego sempre maggiori felicità.

Di Firenze li 16. Octobre 1610. D. V. Eccellenza. Deuotissimo Seruitore CARLO Bocchineri. ALLI INTELLIGENTI LETTORI.

L'ARTE del ben poetare, che altro non e (secondo la sua diffinizione) che vna imitazione di azzione illustre fatte per mezo del verso à fine di giouar dilettando, è parimente (secondo, che pare à Massimo Tirio) vna misteriosa, e quasi diuina Filosofia per dolezza di metro, & Harmonia di numeri, e di consonanze à tutti i mortali (per quanto dice Museo) gratissima; la quale hauendo hauuto vari compositori, altresi dà diuersi pareri ancora è stata regolata. Per lo che alcuni credettero, che il vero soggetto dell'Epopeia potesse essere tutto fauoloso, e finto dall'artifizio del Poëta, che però Facitore ne vien detto, forse con l'esempio d'Orfeo, Museo, & Olimpo, Poëti del primo secolo. Per la qual ragione à Lucano il nome di Poëta, ò almeno di buon Poëta si negherebbe, e de moderni furono di quel parere, assegnando il falso per materia all'epico Poëma, il Rubertelli, il Piccolomini, & il Mazzone nella sua difesa di Dante, che in Icastica, e Fantastica distingue le due maniere di imitazione, quella al Sofista, e questa al Poeta attribuendo auuenga che l’vltima specie, che è la costitution di fauola (secondo il parer di Macrobio nel sogno di Scipione) come quella che contiene espressa falsità senza alcuna forma di virtù, sia scacciata dal tempio della sapienza, e condannata alle cune de fanciulli, e delle nutrici, come per auuentura è quella di Menandro, ò d' Apuleio, ed’ Ouuidio, & ì moderni Romanzi. Mà Alceo, Archelao, Stesicoro, & Homero, e gli altri dopo,del 2, e 3, secolo Poeti, portando opinion contraria, come afferma Sinesio nel libro de Sogni, sopra la sodezza del vero, e l'autorità dell' historia al Poema Heroico stabiliscono il fondamento, rimanendo però facoltà all' ingegno del Poeta con vari ritrouamenti d’ Episodij, e di Digressioni interessate con l'azzione principale, di fauoleggiare intorno alla verità con diceuole ornamento di figure poetiche, Peripetie semplici, ò doppie, d’ agnizioni, di perturbazioni patetiche, ò morate, ò d'altre simili. & al parere di questi vltimi i più lodati Compositori si sono accostati. Et in vero come può il narratiuo Poema destar merauiglia, ò muouer l'affetto di chì legge, od ascolta, se manca la fede del vero, e la credenza, che suol rendere attento ciascuno? Per il chè diuisando il Poeta allettare sotto apparenza di verità con piaceuole inganno chì legge, per la diuersità de ritrouamenti conseguisce il suo fine, per sentenza di Pindaro. Imperò chè la vaghezza della bugia cambiando la faccia della verità, e con poetici colori adornandosi inganna assai ageuolmente ciascuno, ingegnandosi il Poeta di persuadere, che le cose dà lui narrate siano degne di fede, rende in questa maniera gli animi docili, & attenti per l'opinione dà loro fondata sù l' autorità delle Historie, e sù la fama degli splendidi nomi d'huomini illustri, per la quel ragione Ouuidio, e gli altri Romanzatori non sarebben Poeti, ò non buon Poeti almeno come tutti fauolosi. Del giudizio di questi secondi, come più dall'arte approuati compositori mi son fatto io, nel presente Poemetto, imitatore, conciò sia chè essendo vero, che i Serenissimi Medici Padroni habbiano regnato in Atene, e per lor propria insegna antichissima vsato le Palle Reali, dà non ostinato lettore mi sarà per verisimile, e probabile forse conceduto, che dagli antichi Rè d’ Atene, oue fù prima veduto il Palladio (era questo vno scudo con il simolacro di Pallade) siano per buona consequenza discesi, e concedendosi facilmente all'Epico Poeta poter amplificar, & illustrar la progenie degli Eroi, e (per dir così) deificarla, e collocar i Principi giusti, e valorosi nel numero de Semidei, & à perpetui secoli mandarne la memoria, come parue à Sinesio, non mi si dourà anco negare appiccar il filo della Genealogia degli antichi Medici à Theseo, che non solo fù glorioso Rè d'Atene, mà (come narra Plutarco) legislatore di essa Città, & insieme liberatore; Concedetemi adunque (discreti Lettori) il vero senza scrupolo, & il falso, non in quella parte, che è falso, mà probabile, se non come à Poeta, almen, come à Dialettico & il probabile in quanto è verisimile, come me à semplice Poeta, e siatemi (vi prego) non seueri Censori, mà Giudici benigni, e vi bacio le mani.

IL PALLADIO POEMETTO Del Signor Carlo Bocchineri. ARGOMENTO. - Poi chè del suo bel dì l'vltima sera Chiuse Fernando Eroe souran dì Flora. Pluton arma Tesifone, e Megera. Contra'l buon Rè de Franchi, e vuol ch'ei mora. Manda Michel dalla celeste sfera Luigi il Diuo Rè, chè l'auualora. Cede Arrigo al suo fato, e pien di gloria, Com'altri vinse, hà di sè ancor vittoria. CANTO PRIMO. Del Franco Rè, ch'al fulminar del brando Fe’tremar l'Alpi, e vacillar Atlante, Cantar bram’ io l’vltima palma, quando Marte in Cielo ora tien sotto le piante, Taccia la Francia il suo famoso Orlando Chè incatenata al fin gli venne auante, E chiese pace. Or egli hà nel superno Campidoglio del Ciel trionfo eterno. E verrà seco, ò poco dietro almeno Fernando il Tosco Eroe, mio nobil Duce. Coppia immortal, chè sù nel bel sereno Castore sembra l’vn, l'altro Polluce. E se comune ebber la gloria, or sieno E del mio stil consorti, e della luce. E mirino alternar di Leda i figli Soura'l sol l’alte Palle, e gli aurei Gigli. Or tù, chè d’ alti Regni, e d’ alte imprese Puoi sola sostener lo scettro, e'l pondo, Altissima Reina, e’l bel paese Reggi di Francia, & innamori'l mondo Arridi al bel desio. L'aura cortese Spiri uer me del tuo fauor secondo. Io t'inchino, e t’inuoco. Or tua Corona Mi sia in vece di Febo, e d'Elicona. Lodata tù sarai, quanto consente Regio valor, chè’l adular non ode. Perchè sobria di tè, Musa eloquente Non parli, di virtù premio è la lode. Febo mì dice, e Febo mio non mente, Chè sarebbe'l dir poco inuidia, ò frode. Mà chì può molto? il Nome tuo può solo Della Fama stancar la tromba, e’l uolo. Cedano intanto i tuò pensieri egregi, Real Maria, s'hai di saper desio L'Arbor fecondo de Medicei Regi C’hebbe di Grecia il bel Ceppo natio. Del tuo buon Genitore il nome, e pregi, E l’alte lodi del tuo degno Zio, Cui nulla cede il suo Gran Cosmo, e quali Ebbe’l suo Figlio splendidi Natali. Com'in braccio à Teseo l’antica Atene Vide'l Palladio, tua reale insegna, E come in van bramollo Argo, e Micene, Mà Troia, e Roma sol di lui fù degna : E come d’Arno alle famose arene Portato fù, doue felice or regna, Dirà deuota à tè Musa Toscana. S'intenta ascolti, ò Maestà sourana. E quindi à tè suo Consiglier sourano Nè grandi affari del real Domino, E chè’l porto m’insegni ancor lontano Regio Scudier, magnanimo Concino. Volgo come datorbido Oceano Il mio legno agitato, e peregrino. Ch'à Musa oppressa dar mercede, e pregio, È di Rè proprio, e del tuo spirto regio. Raccogli tù, quasi dà rea tempesta Mè risospinto, ond'io ricouri in pace. Chè s'in cor generoso amor sì desta, E s’ogni mio desir non è fallace. Sarai tù’l mio Pegaso. Aspira à questa Opra, ch'al tuo valor ben sì conface Onorar del tuo Rè l'alta memoria, Perch'io di lui tessa Poema, è Storia. 1. POICHE reciso dall'auara Parca Fù lo splendido fil dell'aurea vita Del gran Fernando, e chiusa in nobil arca La spoglia sua, ch’ al peregrin s’ addita; - E appese intorno, come à gran Monarca, L'insegne tolte al Tartaro, e allo Scita; Gli fer placide Oliue, e illustri Allori Pompa real di funerali onori. 2. Nel comune dolor di sì gran danno Solo sì dimostrò lieto, e ridente Dell'anime nocenti il reo Tiranno, Chè solleuò (suo scettro) il gran Bidente. Il segno è questo, onde chiamate vanno Le Torme à lui della perduta gente. Chì’ può dir quanta? frà i diuersi stuoli Mille eserciti fanno i Duci soli. 3. E disse loro. Ò Deità consorti Spiriti eletti à gloriose proue, Creati al Ciel, mà (ò nostri eterni torti,) Dannati quì dall'inimico Gioue. Men fortunati sì, mà non men forti Di quel Michel gran General là doue Voi fuste meco, (al suo parer), trafitti, Chè prò? se vinti siamo ancora inuitti? 4. Sapete com’ei vinse, ò palma indegna Vittoria reputar la sua salute, Vincer gli parue alzando sol l’insegna, Ò con por mano alle saette acute. Mà qual si fusse il vincitor, hor vegna Di nuouo in campo, e mostri sua virtute. Non è per tregua la tenzon finita Mentre abbiam forze ancor bastanti, e vita. 5. Dicasi’l uero. Io repetendo meco Gli altrui trofei debbo tacere i nostri? Egli espugnò l'Inferno, e portò seco Spoglie vsurpate à noi dà questi chiostri. Io ben lo minacciai con occhio bieco Notai la rabbia ancor negli atti vostri; Sua virtù fusse, ò fusse alta sciagura Dinoi; fù merauglia, e non paura. 6. Gli costò sangue, e vita, oh chè vittoria Dannosa à lui; s'uniro huomini, e Dei. Poca la preda fù, lieue la gloria, Mà non son pochi, è lieui i vanti miei. Quando (e n’hà'l mondo ancora aspra memoria,) Sottrassi i primi suoi duò semidei. E ad onta sua, del Ciel mal grado, insieme Tutto gli ribellai l'umano seme. 7. E ben si parue allor, ch'in sì poch’anni Popolate così fur queste bolge. Non sete quelli voi, ch'alzaste i vanni Soura Aquilone? in giù chì ui riuolge? Perchè aspirar al Ciel, s’i propri scanni Non difendete à pena in Malebolge? Voi taciti ora, e vili? ah non già Pluto, Pluto altier sempre, or sarà vile, e muto. 8. Deh rammentate i tempi andati, e quale Lussureggiante secolo fioria. Roma soggetta e 'l nome Imperiale, E’l mondo tutto al nostro onor seruia. Numi adorati noi dà ogni mortale, Ne fù intentato il figlio di Maria. E quasi, quasi. Insuperbisco, & ora M'incielo, e indio; Euoi giacete ancora? 9. Or di sì vasto Imperio angusta parte Ci resta à pena, e questa incerta ancora. Arsa, e predata con felice Marte Dal Tosco Eroe, chè regnò in grembo à Flora Mirate in Asia dissipate, e sparte Le nostre insegne, e come’ l Trace or plora, E come trema’l Moro. Or chè più resta Soggiogar nostra Reggia; Abbia ancor questa. 10. E noi sustanze Angeliche è gli offizi Sourani elette, andiam prigioni, e serui Dell'huom, ch’è fango, à nuoui aspri supplizi, Così, se piace à voi, così s’osserui. Mà se aborrite ignobili seruizi Nel primo alto desir fissi, e proterui Vsate à tempo l'opportuna sorte, Chè u'appresenta alta fortuna, e morte. 11. Cade à tempo Fernando, e cade seco L'Onor d’Italia, il zelo, e la pietade, Ben sostenute contra'l Perso, e’l Greco. Quanto può sostener tenera etade, Saran dà Cosmo suo. Mà chè può meco, Ò contra voi suò ingegno, ò suabontade? Siasi pur forte, e valoroso il Figlio, Non mancan forze à noi pari al consiglio. 12. Se può nulla valor, se può ragione, Sè può Dio, potren noi forse altretanto. À vostri primi seggi, e alle corone Douute à voi, deh ripensate alquanto, Vdite quel chè macchina Plutone, Odi tù Inferno il generoso vanto Congiura contra mè, s'io mento. Or io Diffido il mondo, e tutti i Cori, e Dio. 13. E voi compagni in tutti i casi miei Non mancate alla fè, c’hò certa in voi. I consigli miglior sian i più rei, Sia spettator il Ciel de danni suoi. Premio vile saran palme, e trofei, Premio degno sarà regnar frà noi: Or sù agli inganni, all’ire, ò fidi, ò forti, All’armi, al sangue, al fuoco, all'aspre morti. 14. Italia, e Francia sian dà voi le prime Fulminate Prouincie. Odioso nome, Seggio odioso a noi. s’alcuno opprime Quel Franco Rè chè tante squadre hà dome, Haurà quì scettro, e'l scettro alzò sublime, E sputò fiamma, e inuiperì le chiome Satan così dicendo. E i detti e i moti Fur del gran Mostro tuoni, e terremoti. 15. Vrli, fischi, ruggiti in vn confusi (Orrendo applauso) vditi fur per tutto Qual Eolo aprire à Turbini rinchiusi Fingesi è imperuersar per l'ampio flutto. Tali esalar nel bel seren diffusi Gli empi ministri dell' umano lutto Per esequir con infernal pensiero Del maladetto Rè l'atroce impero. 16. Questi seco portaro esca, e bitume Focil, carboni, mantici, e fauille. Zolfo, veleno, e dello stigio fiume - Di lete , e d'Acheronte alquante stille. Aconito, cicuta, e l'atre spume Vomitate dà Cerberi, e dà scille, E soura le Cittadi, e soura i Regni Le versar poi gli esecutori indegni. 17. Rimirò in tanto dal più alto Coro L'Alfier celeste gli infernali agguati: ( Diffensor questi è de tre Gigli d'oro Cui dal Ciel reca i balsami pregiati.) E seco disse. Ora potran coloro In mio dispregio ordir gli inganni vsati? Tanto presume Belial crudele? E nulla stima'l vincitor Michele? 18. Esule, oppresso, e fulminato è tale Con l'ali arsiccie, e le fiaccate corna Che'l sacro Ordine mio nella reale Persona degli Arrighi à turbar torna? Cosi mi vince il perfido Riuale? Ne dà mè si rintuzza e non si scorna? Chì dal Ciel cadde nella prima guerra Vinto, or ardisce calcitrare in terra? 19. Congiura forse ancora, e'l tradimento Primo ritenta nel suo error più cieco? Forse inghiottire il Cielo, e 'l firmamento Tirar brama nel centro, e cozzar meco? Ò di sdiare Dio forse ha talento Ò’l peccato indiar, ch’eterno è seco? Ò vietato vagar nel basso mondo Esser rinchiuso in più profondo fondo? 20. Veggio arrotar nell'infernal fucina Armi tinte nel sangue , e nel veleno. Et vn fellon, chè notte, e dì camina, Al buon Re Franco immergerle nel seno. Da scelerata man palma diuina Trar l'innocenza, & auanzarsi à pieno. Or io perche impedir cotanto aquisto? Christianissimo Rè debbesi a Christo. 21. Tinse di Ierosolima le strade Col proprio sangue il Rè dè Regni immensi Apra Arrigo il suo core à lance, e spade, S’huomo al suo Dio d’assomigliar conuiensi. Così risorga in Ciel, s’in terra cade, E spazi quì, s’or è prigion de sensi. Muoia 'l buon Rè, quand’ è'l diuin decreto, E muoia allor, ch'è'l suo morir più lieto. 22. Mà sia quant’ esser può l'offesa ostile Breue, e spedito'l varco, e chiaro’l guado. Ne diseguale à destra femminile Del Franco Regno sia lo scettro e’l grado E con maschi pensieri alma virile Mostri Maria, quanto l' esempio è rado. In donnesco valor calchi i vestigi Col Rè fanciul di Bianca, e di Luigi. 23. Così frà sè Michele; e chiari indici Diede della sua mente al gran Batista, Ch’in quegli Elisi limpidi, e felici Più del suo affetto, e di sua luce acquista. Et ei frà i cari suoi spiriti amici Fermò lo sguardo suo pietoso in vista In vn della sua schiera, e questi aurata Teneua (vmil trofeo) rouente Grata. 24. Mirollo solo, e sol parlò mirando In guisa tale. Ò buon Lorenzo inuitto, Chè dal rogo felice, e memorando Lieue salisti al Ciel per cammin dritto. Mira lo stuolo orribile, e nefando, Quale al deuoto mio popolo afflitto Porta (se di quassù non gli è contesa Opra così maluagia) acerba offesa. 25. Difensor tù della Progenie eletta Chè regna là doue'l bell'Arno inonda, Sai quel chè a tè conuenga, io la diletta Città bramo serbar lieta, e gioconda. Nè dice più. nè più quell'altro aspetta, Mà qual il sol, chè ripercuota in onda, Quel ch'egli imaginò l'altro comprese, E dal secondo il terzo indi l'apprese. 26. Così Rocca sublime in riua al mare S'accende, e accender fà l'altra vicina, Se nauilio dà lunge, od altro appare, Ch' infestar possa il porto, è la marina. Tal fù l'impression nelle duò chiare Anime della luce peregrina. Mirò Michele il gran Batista, & egli Lorenzo, e 'l buon Luigi à sè fè spegli. 27. Luigi il santo Rè poich' in periglio Mirò de Franchi suoi la regal sede. Solleuò per pieta del suo bel Giglio Le luci in Dio, ch’il suo desir preuede. Mutare l'immutabile consiglio Del Decreto diuino in van si chiede, Mà doue alternan del voler soprano Le Contingenze, non si chiede in vano. 28. Rimirò in Dio quel primo Angel felice, Cui sempre assiste, & ha del Ciel l'insegna. Evide ciò, che inuestigar non lice, Del Rè la morte insidiosa indegna. Et all'alma de sensi espugnatrice Sedia espressa vi mira eccelsa, e degna, E che i trè Diui difensori elegge Di senna, e d'Arno, irreuocabil legge. 29. D'ogni concetto dell'eterna Idea L'Angel s'imprime sì, ch’è esempio altrui. L'inferior l’apprende, e se ne bea, E lo comparte à sottoposti à lui. In vn momento arride, e si ricrea Il Paradiso in tutti i Cerchi sui. Mà piu quei trè, chè rimiraro in Dio Fatta legge immortale il lor desio. 30. Accinte allor dà quei sublimi Cori Partir le gloriose Anime pie. E discendendo à Cerchi inferiori Nominar cieca notte il nostro die. E fin là doue giungono i vapori, Calcaro insieme le celesti vie. Quì in due si dipartir pieni dì Zelo I trè sourani Cittadin del Cielo. 31. Col figliuol se n'andò di Zaccheria - Chi fù d’ingorda fiamma esca gentile. Mà in disparte vagò per altra via Il buon Luigi, e già vedeua vmile La Reggia sua, che la real Maria, Donna al cui merto anco la gloria è vile, Incoronar con ricca pompa in arra Del bel Regno dì Francia, e dì Nauarra. 32. Scese, come cader vedesi stella, Ò cader pare, il volator sublime E sù le penne dì lieu aura ancella Sì fermo à riguardar le basse cime. Ode, chè nuouo Dedalo martella Soura l'incudi, ode scarpelli, e lime Vede archi immensi, e mentre Febo adopra Le Muse sue, sudar i fabbri all' opra. 33. La nuoua pompa, e'l apparato egregio Dì lassù scorge e 'l prodigo lauoro, I teatri, le statue, & ogni fregio, C'ha per materia vile argento, & oro. A celesti delizie il lusso regio Non ben s’agguaglia, e 'l pouero tesoro. Reputa nulla quanto insieme aduna Superbo fasto dì real fortuna. 34. Già con le chiome d'oro, e i piè di foco Volgeansi Eto, e Piroo verso Occidente. Qual dolcezza è veder frà 'l canto, e'l gioco Soura vn destrier di neue vn sole ardente, Tal fù giugnendo al preparato loco L'alta Donna di Francia. Amor presente Fù come à suo trionfo. Amor superno Di Fama, e d'Onestà compagno eterno. 35. E venne seco'l Rè con bella corte - Qual forse al tempo fù de Paladini. Sorge tempio souran, c’hà d'or le porte, Le pareti di marmi eletti, e fini. Bell’vrne serban quì (trofei di morte) - Le ceneri de Carli, e de Pipini. Notati sotto i nomi, e gli atti egregi Son di cento Reine, e cento Regi. 36. Quì s'adunaro al grand'affar solenne, E quì’ l celeste Lodouico scese. Mà 'l vago spirto suo non già s'astenne Volar intorno, oue 'l suo frale intese. Presentillo 'l cadauero, e ritenne Il natural desio, chè prima 'l prese, Qual ferro in ver la calamita (fosse Miracolo, od amor) ver lui sì mosse. 37. Così dicesi ancor che’ sangue geme, (S’ è vicin l'omicida) vn corpo estinto. Tanto mantien reciso ancora 'l seme D'ira, ò d’ amor il naturale instinto. Cenaro i Regi e 'l luogo, e 'l tempo insieme Dall'onor delle tauole fù vinto. E diede ognun dopo le mense liete Gli occhi al sonno, e le membra alla quiete. 38. Mà poi chè digeriti ebbe i più densi Vmori interni il natural calore. Quand'han gli spirti più purgati, e i sensi Atti più à inuestigar l'anima, e 'l core. Dice lo spirto al Rè, che fai? chè pensi Arrigo altier ridotto all’ vltime ore? Tù quì riposi ancora, e quest'altera Pompa non sai, ch’ è l'ultima tua sera? 39. Vero nunzio son io della tua morte, Non fantasma notturno, ò sogno lieue. Viuesti inuitto. or caderai qual forte, Come à Guerriero, e come à Rè si deue, Chè’ l bel nome di Christo in van non porte, Proprio di questo Regno. In così breue Vita, t'è vita (mia mercede) aggiunta, Fin chè Maria sia incoronata, & vnta. 40. Composto 'l Regno tuo così, composte Le graui cure, dei compor te stesso. Io vengo à tua salute, io di quell'oste Prendo la cura, e 'l tutto è à me commesso. Consegna omai lo scettro, e le nascoste Cose non cheder; Non ignobil messo Ti chiamo per breuissimo sentiero, Oue 'l seruir eccede ogn' alto impero. 41. Sì disse, e parue, chè la mano audace Volesse por nella reale insegna. Mà’ l generoso Rè, cui l'atto spiace, Grida con fiera voce. Or chì t’ insegna, Qual tù ti sei, nemica alma rapace, Tentar. chì queto dorme, e giusto regna Con importune imagini? e le mie Dolcezze turbi in così lieto die? 43.[sic] Si poco non costò questa Corona, Nè così vile è la mia vita, quale L'vna, e l'altra faì tu, la mia persona Non tocchi alcun, se più di mè non vale. Iddio, com’ à lui pare, è vespro, ò à nona, Mi chiami, io quelch’ à dignità reale Conuien, farò di questo scettro, e prima Chè per viltà 'l depongà, 'l Ciel m’opprima. 43. Tù sè 'l mio onor procuri, ò questo regno, Come dimostri, è forse anco ambedui, Fauorisci vn magnanimo disegno, Cui m’ accingo esequir nè regni altrui; Anzì chè persuadermi ad atto indegno Di depor questo, se sai pur chi io fui. Fui quel, chè solo oprando spada , e lancia Acquistai la corona alta di Francia 44. E più (s’io viuo) acquisterò, mà quando Non arrida fortuna al mio desire; Minacciarmi di morte è pena Orlando, Sè quì fusse presente, aurebbe ardire. Cadere armato per famoso brando Sarà viuer eterno, e non morire. Chè per febbre mancar in molli piume Non mio, mà di Rè Femmine è costume. 45. Innanzi à morte consumar la vita Fù di Cesare proprio in arme, e in guerra, Basti simile esempio è vn alma ardita, Fugge morte gli audaci, e i vili atterra. Faccia'l mio spirto generosa vscita, Nulla rileua à mè, s'incoltre, è in terra. Sempre ben muore huom forte, altro non chieggio, Bramar la morte è mal, temerla è peggio. 46. I mesi, e gli anni approuan l'ore estreme, Formidabili solo alla vil gente, Non à intrepido Rè, chè nulla teme La morte, chè m'annunzi omai presente. Mà chè tocca à tè questo, è chè ti preme, Mio onor, ò regno, ò spirito possente? Ch’ à tuò voler doni - altrui- vita, - e togli, E mio ti fingi, e del mio auer mi spogli? 47. Mà l'altro allora. Oh come lieto ascolto Io queste tue magnanime parole, Vero Germe reale a gli atti, al volto Non degeneri tù dalla mia prole. Deponi omai spirto sì ardente, e volto Al Ciel t’affisa nell'eterno sole. Mà per dirti di mè, sappi, ch’i sono Vn tuo Antecessor, Luigi il Nono. 48. Non per turbati quì visibil forma Prendo improuso, & vso acerbe note, Perchè sferzata tua virtù non dorma, Quando son l'altrui frodi à tè mal note. Ad imprimer in Ciel più stabil orma, Surgi, ò deuoto Rè, surgi, ò Nipote. Che 'l tempo, chè t’auanza, è così poco, Chè intempestiua è la dimora, è 'l loco 49. Se fanciullo imparasti à viuer bene, Canuto or non saprai tù morir meglio ? Fortunato chì questo in terra ottiene Qual Fenice rinasce anchor chè veglio. Vn natale è la morte al vero bene, A cui ti chiama’l Cielo, & io ti sueglio. Tù rispondi à gran vopo, e disse, e parue Con graue mano l'agitasse, e sparue. 50. Si desta allora, e si solleua Enrico, E volge gli occhi, e dice. Or doue sei, Spirto celeste, inuitto Lodouico? Così ti rappresenti agli onor miei? Qual esser può di mè degno nemico ? Chì presume turbar i miei trofei? O giugni inutil alma, ò mi dispergi, Se taci omai. Son così vili i Regi? 51. Poi frà sè. Fuggiro (nè mi vergono A dirlo?) al minacciar d'ombra fugace, Io chè fugo gli eserciti, & vn sogno Temerà, chì non teme aspetto audace? Anzi chè non disfido, e non rampogno Qualunque sia, chè mi tradisce, e tace? Degno è di Rè tentar l'vltima sorte Con proua illustre di famosa morte. 52. Mà chè (lasso) vaneggio? ò chè ragiono? Chè tal pompa funesti orror dell'armi, Se fusse quì col fulmine, e col tuono L'istesso Gioue, disdiceuol parmi. Larue son queste fanciullesche, e sono Indegni modi, ond’ iò debba saluarmi, Lasci ò’ l Regno, ò 'l timor, chì regna; Enrico Non sia timido mai; Tema 'l nemico. 53. Così dicendo abbandonò le piume, Chè di sue colpe lo premea pensiero. Ritrouò spento il dianzi acceso lume (Misero annunzio) il subito scudiero. E l’aurea spada sua, che per costume Solea pender vicina al gran Quartiero. E ch’ in sua man fù Durindana in guerra, Senz’ esser tocca, era caduta à terra. 54. Furon vdite far Nottole meste Sopra 'l tetto real lunghe querele. Fur vedute vagar ombre funeste Per le sale, e spiegar pallide tele. E minacciar qual suole, ò strage, ò peste, Cò sanguinosi rai stella crudele. Esce frà tante imagini di morte Il Rè sicuro; ò generoso, ò forte. 55. E solo, e scalzo, e discoperto, e scinto Vassene ratto alla real cappella, Doue scintilla nel suo Ciel distinto Più d’vna Gemma nò, più d’vna stella. E frà le croste d'oro è altar dipinto Dà man d' Apelle, od emula, ò sorella Mà più illustre la fan, chè l'oro, ò marmi, L'alta Croce di Dio, le spine, e l'armi. 56. La pungente Corona, e la gran lancia, Ch’aperse gli occhi all'huomo, e à Dio'l costate. Con vn troncon di quella gran bilancia, Chè librò Christo per l'altrui peccato, Ebbe Luigi il santo Rè di Francia, E di soria portolle in questo lato. Dite Cesari voi, dite ò Pompei, - Roma ebbe mai sì splendidi Trofei? 57. Quì 'l Rè Franco s’ inchina, e qui rammenta Le passate sue colpe ad vna ad vna; Preghiera vmil, chè dà chì ben si penta A Dio s’ esponga, non tralascia alcuna. Poi cominciò. Signor, trent'anni, e trenta Peregrino del mondo in gran fortuna Assai felice ho corso, e non sò come Al titolo risposto ho del tuo Nome. 58. Dà te vengono i regni, e 'l giusto, e’ l buono Rè si può dir tua imagine verace. Tal son creduto sì, ma tal non sono Ch'à tè ma qualità non si conface. Fatto degno dà tè di sì gran dono Impugnai l'armi di souerchio audace. Fù ragion di regnare. A mie ragioni Perdona tù, chè volentier perdoni. 59. Sai, chè là corsi à guerreggiar più ardito, Oue aduggiarsi vidi’ l tuo buon seme. Onde forse s'accinge incrudelito Alla mia morte, chì pauenta, e freme. Se questo è vero, ò mio piacer compito, Beato fine, auuenturosa speme, Per tua fede morir, sicuro io vegno Agli impeti d'inuidia immobil segno. 60. Chieggio (per quant’ io feci ò poco, ò molto Perchè non fusse 'l tuo sepolcro scemo, Placando’ l Trace impetuoso, e stolto, Ò s’ io merito grazia in sù l'estremo.) Ch’ i Pupilli reali, à cui son tolto, La dolente Reina, ò Rè supremo, Tù guardi sempre in ogni incontro crudo Sotto l'acciaro del tuo santo scudo. 61. Segua Luigi i miei principì, e sia Imitator della pieta materna, E di quel santo Rè, chè di soria Tentò l'impresa con sua gloria eterna. Tù la Consorte mia Vedoua, e pia, Perchè ben regga altrui, reggi, e gouerna. Nulla mi pesa più, chè la gradita Mia Donna abbandonar, vuoi regno, ò vita. 62. Viua lieta, e più lieta e figlie, e figli Vegga fiorire, e di nipoti illustri Fecondar la mia stirpe, e gli aurei Gigli A Roma partorir Rose, e ligustri. Onde la Chiesa tua ne suò perigli Riposi nè miei Carli eterni lustri. Mà perdona s’ ardito è 'l mio desire, E sa di mè quanto disponi, ò Sire. 63. Nè più. Mà sol di se medesimo armato Lascia le sacre, e riuerite soglie. E già l'Aurora il velo suo stellato Coperto auea con le dorate spoglie. Egli (come sia l'ultimo commiato) Se n’ viene à salutar la real moglie. Chè vestita parea di ricca pelle, Auer negli occhi 'l sol, nel crin le stelle. 64. E poi chè dato fù principio, e fine Alla gran pompa, e terminato'l giorno. Al vigilante Rè frà le cortine Fà lo spirto celeste anco ritorno. E ridente ragiona. Ecco vicine L’ore, onde venghi all'immortal soggiorno Bel morir quando l'huomo è più felice. Disse. E in meno suanì, chè non si dice. 65. Risponde sia di mè quel ch' esser deue, Seguiterotti, oue tù vuoi mi guida. Dì Musa or tù (chè 'l raccontar m’ è greue Tragichi affanni, e dolorose strida, Et è meno spiacente il duol, ch’è breue) L'assalto rio del perfido Omicida. Mà tù ancor piangi, (ahi lassa) almen l'accenna, Ò basti dir. Tremò Parigi, e Senna. 66. Scorno di Francia, anzi del mondo tutto, Ch'vn Rè Guerrier, di cui non fù 'l più forte, Dà vn altro Gano, è dà più infame, e brutto Ladron sia vcciso in mezò alla sua Corte ? Può Febo riguardar con occhio asciutto, Ò non si scolorar, sì crudel morte? E tù questi soffrir rei sacrilegi, Celeste Rè? chè non soccorri i Regi? 67. Chè non arruoti la celeste spada, Ò Giudice, ò signore, e non flagelli Il micidial, perchè più altier non vada ? Lieui supplizi son ceppi, e coltelli. Fiamma dal Ciel sù la tua testa cada, Ò seme di Maganza, e pè capelli Ti rapiscan le Furie, al Centro, come Non vò macchiar miè versi or col tuò nome. 68. Scendi omai tù, Michel, col sacro vnguento Et vngi (à tè s’aspetta) il buon Luigi, Tù l’aurea spada, e tù l'elmo d'argento Reca e le piume, e mostra i bei vestigi Del Genitor Eroe, cui pur frà cento Suò Regi inuidia sol Roma à Parigi. Onde 'l Figlio Real con aurei vanni Precorra il volo della Fama, e gli anni. 69. Sconsolata Reina, e tù, che siedi Nuoua Zenobia è tuo sourani offici Rasserena i begliocchi, e certo credi Il tuo Real Consorte or frà i felici. Mentr’io deuoto à te m’ inchino à piedi, E bacio 'l manto, e prego i Numi amici Chè ti faccian più lieta, è impongan fine Della tua bella Francia alle ruine. 70. Quell'io, chè di Bisenzo in sù la riua, Oue Prato fiorisce, oue risplende La zona illustre dell'eccelsa Diua, Chè del bel nome suo degna ti rende. Cantai la tua bellezza vnica, e diua, Canterò forse ancor l'opre stupende Con altro stile, e con più culte rime, Se non mi sdegni, tù, Donna sublime. Il fine del Canto Primo. ARGOMENTO. Di Flora, e dè suò Duci i duo Custodi Purgan dall’Infernale orrida peste Le dilette contrade. In nuoui modi Compon le membra, e inspira aura celeste Lorenzo al nuouo Prence, alle cui lodi Vuol, chè deuota Musa al fin il deste, Cui fa 'l libro veder de Nomi amici, E'annuntia al Tosco infante i di’ felici. CANTO SECONDO. 1. All'altra parte il Precursor di Christo Con quell'arsa Fenice Orientale, Sotto’ l bel Ciel d'Etruria, oue più misto Vide vagar il Turbine Infernale, Piegò 'l camin, e disse. À tanto acquisto Giugniamo à tempo, il Foro, e’l Tribunale Già popolato orribilmente io scerno (E'l soffrirem?) dà Cittadin d'Auerno. 2. Mira corrotto’ l Giudice, e 'l cliente Spogliato à torto, e l'auido Auuocato Leggi, e statuti interpretar souente - À prò di quei, c'ha 'l ricco manto aurato. E dal tutor iniquo e fraudolente La vedoua, e'l pupillo abbandonato E paterna fingendo alta bontade La tirannide sua chiamar pietade. 3. L'inganneuol mercante anch'ei sottragge Auaro, al peso, e scarso, alla misura. Adultera le merci e’ l censo tragge Dal tempo, onde fù prodiga natura, L'agricoltor s’ ingrauidar le piagge Per giel souerchio, ò per souerchia arsura, Non vede, è partorir messe, è vendemmia, Chiama à ragione Dio, freme, e bestemmia. 4. Non è soldato valoroso, e forte, Se le mani all'offese, e i detti all'onte Non muoue, e l'armi fabricate à morte Del rio pagano, ad ogn’ altr’uso ha pronte Superar ne palagi, e nella corte Vuole 'l suo Prence il Caualiero, e'l Conte Non come peregrin, mà qual giocondo Perpetuo habitator sia l'huom del mondo, 5. Dal sol conditi in cento modi, e cento L'huom ricondisce i cibi peregrini, Si stancano in condurre il mare, e 'l vento Dal mondo, opposto i preziosi vini. E stanno i serui, come à sagramento, À ricca mensa riuerenti, e chini. Garriscon Corui, e senza aita alcuna Tacita stassi vmil virtù digiuna. 6. Le Donne nate alla conocchia, e all’ago Frequentan notte, e dì teatri, e balli, E fan quel bel, ch’è di Dio vera imago À chi ben mira, occasion di falli. Non più Cecilie, ò Caterine il Vago Volgano al Ciel da glì amorosi Calli. Non più cilici nò, piume, e cimieri Portan le Donne à par de Caualieri. 7. Mira languir ne comodi, e negli agi L'huomo nato al sudore e alla fatica, Mentre agli studi attissimo, e à disagi Rugginoso abbandona elmo, e lorica, Et in vece frequenta orti, e palagi Per fecondar il pampino, e la spica. Mira altri rifiutar palma, & alloro, Premer l'ostro, e vestir di bisso, e d'oro. 8. Quindi in pensieri morbidi, e lasciui Sneruata è de guerrier l'alta semenza, Non Gualberti, o Zenobij, od altri Diui, Non Marsili, od Accorsi ha più Fiorenza. Ma giouanetti effeminati, e schiui Col crin molle, e composto, e non già senza Spoglie donnesche, ond’ è ch’alcun s’allaccia E di gioie l'orecchie, e d’or le braccia. 9. Ben ha d’onde pietade, e disciplina Ogn’ alma apprenda nel vigor più fresco. S’ alla Medicea Corte, oue l'Orsina Rosa fiorisce, e'l buon seme Sforzesco, Speglio si fà della virtù vicina Del magnanimo Cosmo, e di Francesco. À cui fraterni onor seruir in darno Non denno anco Fratelli Tebro, e l'Arno. 10. Aurea scuola rassembra, aurea palestra Quella Corte real, di cui ti parlo. Mentre Pallade, e Marte iui ammaestra Il buon Lorenzo, e’l generoso Carlo. Penne stancar, rotar col piè la destra, E dè eneri cor mordace tarlo. Ambo di Madre Lotaringa vedi Emuli già de Carli, e de Goffredi. 11. Mostrare altrui del Ciel la via smarrita Ponno i vestigì sol di Maddalena; Per cui non pur Fiorenza ancor fiorita Sarà, mà l'Austria à par del Ciel serena. Questa non pur Giouanna, ò Margherita Agguagliar può mà Cunigonda, e Elena. E insegna, mentre 'l zelo in lei più ferue, Chè non ben regna alcun, s' à Dio non serue, 12. Mà quell'eccelsa, e gloriosa Donna, Degna di scettro Imperial, Christina. Alla fama crescente aurea colonna De Figli illustri, s'alza al Ciel vicina. Mentre senno viril, ch'eraro in gonna, Mostra, ne per gran pondo ancor declina, Posta è sublime, acciò virtù si pregi, Donna, cui d’imitar, glorinsi i Regi. 13. Com’ in chiuso giardin Vergini Rose, Ch’un dì Fiori saran del Paradiso, Regie Figlie nodrisce, e Regiè spose, Candide'l cor, candide 'l seno, e’l uiso. In lor vedi celesti, & amorose Voglie, e raro 'l parlare, e sobrio 'l riso. Dà queste sole in atti, & in fauella Impara à farsi l'Onestà più bella. 14. Mira Leonora, e ammira Caterina, - E le minori Claudia, e Maddalena; Ripiene 'l seno d'eloquenza Arpina Di lor virtù, di lor beltà serena Fanno in mezo seder Pietà Reina. Mira l'Infante, che vagisce à pena, Chiuder di cinque Verginì Prudenti Il bel drappel con lampade lucenti. 15. E pur con tanti oggetti, e tanti esempi Non vuol Fiorenza anco emendar l'errore Or del venir l'alta cagione adempi, Mentr’ io m’ accingo à discacciar l'orrore. Disse, e Lorenzo frà i più illustri Tempi Sù quel discese, eretto al proprio onore. Oue qual è'l Pittor; s’ alla Pittura Tinge i rubini suoi ricca natura? 16. E l'altro allor piegare in giù non volle Nel basso pian, doue’ l bell'Arno ondeggia. Mà posò sopra il rileuato colle, Chè Flora al lato Aquilonar vagheggia. Forza degli anni. Or Flora vmil estolle Sublime 'l capo, e splende Etrusca Reggia. E cade, e giace per la piaggia aprica Nota à pena al vicin Fiesole antica. 17. Così talhora innamorate squadre Seguon l’ insegne d' vn bel viso, e vago, Che fatto per età languida madre Partorisce di se più bella imago. Cedon le prime forme à più leggiadre, Tal nacque Roma, e cadde Ilio, e Cartago. Così viuendo quasi ogni cittade Per necessaria vece, or surge, or cade. 18. E con quell'asta, ch'egli in mano auea, Oue fù appeso il Crocifisso Agnello. Formò vna linea, e quella linea ardea, Quasi aurea Zona intorno al paralello. Ò come sfera ha in mezo il punto, auea Dentro al bel Cerchio il Fiorentino ostello. Così per aria vedesi distinto D' Iride il vario, e luminoso Cinto. 19. Chì 'l crederra? fuor del girone aurato Bestemmiando fuggì l'orrida squadra; Esce’l popol così dello steccato Di quella piazza spaziosa, e quadra, Se del Pallon s'accinge al gioco vsato La Fiorentina giouentù leggiadra. Quando l'ebro Tedesco agita l'asta Verso 'l mucchio, chè s'apre, e non contrasta. 20. Fugge seco portando e l'esca, e gli hami Per mille vie l’ esercito Infernale. Come dà tronco, ò dà recisi rami Esce la pecchia, ò 'l prouido animale. Se fumo, ò fuoco sente à suò forami, Portando seco i dolci pegni, e tale Il popol fù di quella quercia antica, Ch’ vn Mirmidone rese ogni formica. 21. Quanti, è quanti sgombrar fetidi mostri Di là rimiri, ond’ è più breue 'l varco. Ampolle, odori, specchi, armi, ori, & ostri, Le tresche sono, onde ciascun và carco. Altri esce dalle case, altri dà chiostri, - Molti, onde Baccho è del suo vin non parco. Mà vn diluuio ne vien dà quella banda, Oue si vende Venere nefanda. 22. Poichè suanì lo stuol calcato, e reo Come suol per carattere, od incanto. Soura 'l tetto souran del Battisteo Scese colui, ch’ anzi 'l natal fù santo. Piantò l'asta, e sù l'asta alzò vn trofeo, Ch'inuolto auea nel setoloso manto, Cuoio non più di ruuido cammello, Mà del Frisso Monton più chiaro vello. 23. Qual mostra bianca man cauando’ l guanto Le maritate dita à spose anella. Ò come suol, poichè celossi alquanto, Maschera trarsi nobil damigella. Tragge arnese real dall' aureo manto, E la Medicea Insegna illustre, e bella Scopre improuiso. Ardon le Palle, e ignudo Fiammeggia il grande incoronato scudo. 24. Arde così la Fiorentina Mole, Ch'è centro al Fior delle Città più belle, Nel suo gran dì solenne, ò quando suole Di felici successi auer nouelle. Macchina tal, che quasi tocca’ l Sole, E manda i raggi à prouocar le stelle. Dalle viscere sue tutte di foco Vomita Mongibelli, e accende il loco. 25. E disse. O voi, chè già perpetuo bando Dal Ciel, ò peccatorì Angeli, aueste, Itene ratti, itene lungi, quando Delle sei Palle il bel Trofeo celeste Vedrete fiammeggiar. io’ l vi comando. Disse con modo imperioso queste Parole. Trema l'empia turba, ch'ode Quel dir altier, che già riprese Erode. 26. Mà quell'Eroe, chè Dio purgò col fuoco, Mira del Tempio l'edifizio, e i fregi, E l'arche eccelse, onde risplende il loco, E dou’ Etruria ha i suò sepolti Regi Pietà m'acquisti or fede, e benche roco Augel io sia, la verità si pregi, Dall’ vrne tragge, mentre l' apre, e volue, De cadaueri illustri alquanta polue. 27. Parte toglie di la, doue ripose Il suo buon Padre il Fiorentin Senato. Di quei, che quasi oracolo rispose, Nipote suo più di Caton lodato. Facil gli fù dal Mincio ancor l'ascose Ceneri auer del buon Giouanni, armato, Per la tua libertade, Italia oppressa; Pianto cadendo dall'Inuida stessa. 28. E quella man d' Esecutore alato, Chè portò queste dall'antica Manto, Dal Vaticano, où ebbero il Papato I Clementi, e i Leoni, arrecò alquanto Dell'offa auguste. al fin del teschio aurato Del Gran Fernando tolsene altretanto. Et insieme mischiò con lieue mano Con quelle del Gran Padre, e del Germano. 29. Quindi oue vide custodir i suoi Vltimi auanzi alla Romana fiamma Questo celeste Sceuola dà poi, Trasse di sue Reliquie vna sol dramma, E mescolò col fior di quegli Eroi Costa, chè fù della sinistra mamma. Con acqua sacra poi l'infuse, e loto Fece, e col fiato gli diè spirto, e moto. 30. Tal già dà cento belle Donne, e cento A pelle la sua Venere compose. Dà quellà 'l crin, dà questa gli occhi, e 'l mento, La man dall’ vna, e l'altre parti ascose. E qual Pigmalion diè sentimento Alle scolpite sue membra amorose. Se potè i marmi vno scultor far viui, Diesgli fè, mà non si neghi à Diui. 31. Acerbo ancora era nel seno interno Di Maddalena il real Germe eletto. Ch'inserì nel fecondo aluo materno. Il misto ancora informe, & imperfetto. Come appiccose all'omero paterno Chì fù duo volte partorito, e detto Ditirambo, ò qual fù l'alto lauoro, Ch’ à Pitagora fece il fianco d'oro. 32. Tal dotta mano in verde ramo innesta Scorza gentil, chè si condensa, e indura, E cosi pelle, od osso insieme assesta D'eccellente Chirurgo industre cura. Gia scende ad informar la nobil vesta Dalla più bella Idea l'anima pura; Già distingue le membra, e nel calore Trema’ l ceruel, palpita 'l polso, e 'l core. 33. Poichè maturo 'l candido - Concetto Fù in sua stagion entro al materno grembo; Frà noi discese il nobil Parto eletto, Qual fior dà ramo, ò lampo suol da nembo. Mentre cadeua d'Ocean nel letto Quasi cedendo’ l Sol. nell'aureo lembo L’inuose il diuin Muzio; e tal si vide Amor in braccio à Dido, ò in cuna Alcide. 34. Erano allora in più sublime parte - Del Ciel disposti i suò miglior Pianeti. Arrise Gioue à lui propizio, e Marte Atti mostrò feroci insieme, e lieti. Raccolse in lui tutte sue Grazie sparte Venere, e gli occhi belli, e mansueti Girò temprando il bellico rigore, E rise, e mescolò vezzi d'Amore 35. S’accompagna con lei chiaro, e sublime D’ Atlante il facondissimo Nipote, E nel Leon s'auanza, e quindi imprime Desir in lui d’ vdir musiche note, E forse di por mano à dotte rime, Et all'arti di Febo à lui pur note. Cigni felici, e voi, Muse beate, - Ch' aurete vn nuouo Augusto, e vn Mecenate. 36. Le penne eterne, e gli immortali inchiostri Preparate, e i volumi, e i plettri intanto. Mirate seco nati à vn parto i vostri Premi, e gli allori a lui fiorire à canto. Gentil mia Clio, s'onore, e vita à nostri Carmi lice bramar, gradisca alquanto Questo deuoto stil, chè seco nasce, E poi ch'altro non può, l'onora in fasce. 37. Lungi la falce dalla regia cuna Vibrò rotando il rigido Saturno. Nel bel Natale inargentò la luna Il manto, e 'l velo, e parue vn Sol notturno. Della sua chioma prodiga Fortuna Fermò della sua ruota il cerchio eburno, E l'inchiodò con aureo scettro, e al fine La pargoletta man gli empieo del crine. 38. Sentissi al calpestio del piè sonoro Ascender luminoso il Capricorno. Ti conosco dà lunge all’ vnghie d'oro, O nodritor di Gioue, e all'aureo corno. Tù di palma il Gran Cosmo, e tù d'alloro Fregiasti Augusto, il primo, e 'l nono giorno Del quinto mese; Or tù cortese arridi Come alle None, ancor benigno agli Idi. 39. Et è ragion, ch’ alle Calende armate Del sempre à Cosmo liberale Agosto, Con ricca messe di Corone aurate Sia dà vn prodigo Luglio ancor risposto. E'l superbo Leon Rè della state Vnito incontra ogni Pianeta opposto, Ti segua, onde non sien dà voi lontane Le Scuri, e i Fasci, e l' Aquile Romane. 40. Fauola forse fù , chè già cotante Api la bocca incoronar di Plato. E chè Pelide fuor chè nelle piante Impenetrabil fosse in ogni lato. - Mà vera fama è ben, che’ l regio Infante Raccolse nel vagir celeste fiato. Dal Semideo sopra la brace adusto, Chè gli empiè d’ alto spirto il petto, e 'l busto. 41. Dalla pelle gentil, ch' ei preme, e tasta L' vmor più corruttibile n'emunge. Perchè la carne sia più pura, e casta Di Nettare diuin l'immolla, & vnge. Ò merauiglia, era qual cera, ò pasta, Or dura è sì, ch’ à pena stil la punge. Tal si congela il liquido christallo, Ò fuor del mare il tenero corallo. 42. De Celti, e de Latini era costume, Nell'aspro giel dell' orrida stagione I figli lor nell'agghiacciato fiume Nati à pena tuffar sino al tallone. Per far del freddo, e dell' estiuo lume Tollerante la lor complessione, Chè si restringe à quel rigor, e indura Quant’ ha di morbidezza in se natura. 43. Ne quì finio, mà sparse alquante stille Il Diuo sù la lingua ancor digiuna Del vapor ch’ alle parti alte, e tranquille Salendo, si purgò sotto la Luna. E condensato per mille anni, e mille E in giù respinto, e in India al fin s’ aduna, Fatto diamante per vigor superno Durabil sì, chè si può dir eterno. 44. Questo mentr’ ancor liquido, e sottile Attragge caldo temperato, doue Si congela la pioggia, vmor gentile Diuien così, chè beuesi dà Gioue. Ambrosia detto. à Semidei simile. L'huom fa gustato, e accende ad alte proue Da facondia, e vigor vitale, ond' ebbe Sì lunga vita Nestor, chè ne hebbe. 45. Auea le ricche fasce, e l'aurea cuna, E gli splendidi veli, e i manti, e i fiori Aragne Etrusca preparati, & vna Nodrice eletta già frà le migliori. Mà al Custode diuin non parue alcuna Abile à dargli i nutritiui vmori; Chè peregrino è ogn'altro latte, e viene Natural sol dalle materne vene. 46. Proprio è quel solo, e più bramato, ond’ ebbe Il Concetto gentil materie, e forme Nell’ vtero parente, e visse, e crebbe Di quel, ch'à sua sustanza, è più conforme. Nè senza offesa alimentar lo debbe - Di mammella matrigna vmor difforme. Chè non per altro tralignar dà buoni Lor Genitori i Commodi, e i Neroni. 47. E perche puro in sua sustanza, e schietto Beua’ l liquor, ch'à lui più si conface; - Con inuisibil man dal regio petto Quei, ch’ esca fù già di cocente brace, Quattro, ò sei stille trahe di sugo eletto, E in vn calice infonde, e ber lo face All'incauta Nodrice, e quello à pieno Ratto trascorse à inebriarle’l seno. 48. Ma già frà ricchi veli, e ricche bende, Ch’ i lembi han d' oro, e d'oro ogni sua lista, Inuolto è 'l real Germe, e 'l Tempio ascende, Ch’ à Marte tolse il placido Batista. Angelo’l porta suo custode, e’l prende Pur angelica man’ da altrui non vista Non braman occhio uman, perche sien veri I secreti del Cielo alti misteri. 49. Doppia custodia è custodir soggetti Debbesi al Rè, s’vna al plebeo conuiensi. Già fumar vedi in puri argenti eletti Vergini cere, & odorati incensi. E i sacerdoti in lungo ordin ristretti Vestir di neue, e d'ostro ardente accensi Con la nodosa Claua, e’l vello (fregi Del grande Alcide) i Senatori egregi. 50. Mà quei, chè battezzò nel bel Giordano Il suo signore, e nel morir precorse, Primà, chè 'l bel Fanciullo ancor pagano Giugnesse la, sul limitar occorse. L'accolse, e resse con paterna mano L'Eroe, chè dalle fiamme il piè non torse. Del Padrin questi le sembianze note Prese, e l'aspetto quei del sacerdote. 51. Venuto intanto dall'Ispano Ibero La promessa reale à far solenne, Di Valenza era il nobil Messaggiero, Qual, d'onde, & oue si mandò, conuenne. D’ vmane pompe il gran rifiuto altero Con atto confermò, chè dolce auuenne; Il bel fanciullo, e rise, e frà le fasce Lieto segno mostrò, che si rinasce. 52. Arrise il Ciel, come accettasse il patto, E tuonò sopra il nobile edifizio; Allor venir dal Ciel con lungo tratto Quel libro sì mirò scritto ab inizio. Eterno irreuocabile contratto E’ ogni nota; e non se n' haue indizio. Quì solo Dio scriue, e cancella, come - Pare à lui, ch'è Scrittor, questo, e quel nome. 53. Segnato appar di fuora Alfa, & Omega, Il resto è chiuso; Iddio l'apre, e sigilla; Antichissimo Vecchio ora dispiega Quel che non seppe Oracolo, è Sibilla. Vecchio, che fù di Dio quagiù Collega, E con mente spiò pura, e tranquilla Sopra’ l suo petto alti secreti, e quali Esser debban del Ciel gli eterni annali. 54. Il libro è questo dell'eterna vita, - Ò beato qualunque iui è descritto. Qual già nel Cielo Iddio mostrò scolpita L'accesa nube al popol suo in Egitto; Pronunziato dalla voce vnita De sacerdoti il luminoso scritto, Si fece tal l'aureo caratter, quando S’ vdi 'l bel Nome impor di Ferdinando: 55. Ò chiaro eccelso Nome, ò d'alti fregi Nome degno, e sublime, ogn’ vn t'ammiri; Nome d' Eroi, d' Imperatori, e Regi, Chè nel tuo suon verace gloria spiri. Fiorisci eterno ne miei Duci egregi, Splendi immortal ne sempiterni giri; Per te la Fama con perpetuo fiato Da vocè, è spirto al suo metallo aurato. 56. Custodiscilo tù, chè lo scriuesti, Ò Rè de Regi, nel volume eterno; Nè si cancelli mai frà quei celesti Nomi, come celeste è 'l suo gouerno. Mirò dà lunge, e male disse questi Atti sourani il nero stuol d'Inferno. E bestemmiò 'l caratter venerando, Per cui d'Etruria andar si vide in bando. 57. L'insegne auea di Caualier Christiano Nell'alma impresse il Pargoletto amato; Chè qual Tauola rasa vscì di mano Al suo Fattor, è duò Custodi è dato. Sparuero allor, qual lieue sogno, e vano, Quelle sembianze, e sparue 'l libro aurato. Mosse ver mè quell' immortal Fenice Cui fù rogo la Grata; indi mi dice. 58. Io, chè ti fei veder nel gran volume Il caratter di Dio, ch'è altrui secreto. Scorger ti debbo anco al notturno lume. Ou’ è, chì’ l tuo desir può far quieto. E quel predirti; c’ huomo in van presume Del Cielo ineuitabile Decreto. Sappian dunque però l'Arno, e Bisenzo, Che ciò ti detta l'immortal Lorenzo. 59. À tuò studi conuiensi, e alle fatiche Le risposte ascoltar della Sibilla; Chè t’ esponga caratteri, e rubriche, E del suo oscuro libro ogni postilla. Perchè tù canti le memorie - antiche, Oue forisce il buon popol di Silla, Dè miei deuoti Medici. Sublime Innalzerò’l tuo ingegno, e le tue rime. 60. Quindi è tè, Musa obbediente, impose Pigliar la penna, e registrar le proue Del tuo Gran Cosmo, e ti dettò gran cose, Ch’ auanzeran le palme antiche, e nuoue. E dè suo Figli l'alte imprese ascose À gli occhi vmani, e sol presenti à Gioue. Ch'à secoli auuenir col guardo aggiunge, E visibili altrui le fà dà lunge. 61. Quanto far dee ne suò riposi, e quanto Frà le leggi vegghiar, sudar frà l'armi Il tuo Duce, t’ informa. Or taccia alquanto Chì falso stima il testimon de carmi. Beua’ l fanciul real col latte 'l canto De propri Eroi emulo altiero, e s'armi. (Soggiunge il Diuo) e sappia ognun chè lieti Interpreti del Ciel son i Poeti. 62. Nè soffrirà giamai, chè tù stia cheta Nelle sue lodi il generoso Duce. Che magnanimo suol d’ ostro, e di seta Vestir, chì veste lui d'eterna luce. Ascolta, ò Cosmo Eroe; non ti si vieta Farti maggior di Castore, e Polluce. Vsa i tesori tuoi; Tù sai, chè puote Dorata penna formar d' or le note. 63. Io quindi è lui; se l'insegnar ti gioua, Ò pio lorenzo, è à mè imparar diletto. Dimmi, se scritto il nome mio si troua Nel libro eccelso? ò s'altro mai v'hai letto ? Et egli allor. Alta indicibil nuoua Mi chiedi. Questo lesse il Vaso eletto Rapito al terzo Cielo, e nulla disse; E di Dio’l segretario, e nulla scrisse. 64. Il terzo ti vorrai far tù fà questi , Ch'ingegno ebber si pronto, e cor sì mondo? Mà pur lo ti dirò, perchè ti desti À maggior Zelo il ragionar profondo, Monstran notati i numeri celesti I vostri giorni, e'l dì mortal del mondo. Tè di tè poi domanda, e che ti nuoce Il dubitarne? e sparue egli, e la voce. 65. Salutato da fulmini terreni Già se n’vscia cò titoli Christiani, Il Principe de popoli Tirreni Frà belle Donne, e Caualier sourani. Chè tù lieto gli applaudi, e lo sostieni, Ò dell'Ostro Roman degno Grimani, L'accompagnan le Grazie Ancelle fide, Cantan le Muse, Amor trionfa, e ride. 66. Và lieto è rallegrar l'inclita Madre, Spirto ben nato, e t’accompagni Amore. Degli Aui tuò Magnanimi, e del Padre Odi l'imprese, e imprimile nel core. I tuò vagiti sien opre leggiadre, Tuò vezzi fanciulleschi armi, e sudore. Così nodrissi il fiero Achille; Ponno Mie rime intanto lusingarti il sonno. Fine del secondo canto. ARGOMENTO. Guida Lorenzo la sua Clio diletta, Perch' alte cose apprenda, alla sibilla; Ella mormora prima, e poi le detta Aluariar, chè fà l'aria tranquilla. Come Teseo la bella in segnà eletta Del Palladio compose, e compartilla; E nel tempio di Pallade l'appese, Agli Eroi descendenti illustre Arnese. CANTO TERZO. DÌ, Musa, hor tù mentr’ à dormir s’alletta Il successor del mio buon Duce inuitto, Gli Eroi Progenitori; à tè s'aspetta La lunga serie, e l'ordine prescritto. Chè già vedesti questa Prole eletta Nel gran volume Sibillino, scritto Dall’ Amaltea Cumana allor, ch' à Roma Portò dè libri suoi la ricca soma. 2. E frà quei trè, cui perdonò la fiamma, Al Rè Tarquinio restò questo intero; Fù custodito in Campidoglio, e dramma Tolta non fù, fin chè durò 'l suo Impero. Mà Tanaquil, come 'l desir l'infiamma, Femmina vaga di saper il vero, Presaga, come arder douea quel loco, Il quaderno miglior saluò dal foco. 3. E lo ripose in sotterranea parte A lei sol nota, dentro è immobil arca; Molt’ anni il libro quì stette in disparte, Fin chè fiorì Filippo, il buon Monarca; Lorenzo al fin quì ritrouò lecarte, Mentre (nè à caso è sì bel caso) ei varca; Riserbati dal Ciel (qual merauigilia?) A lui Tutor della Real Famiglia. 4. Sai tù, chè di Filippo era scudiero Il buon Lorenzo Caualiero Hispano Tai serui haue vn buon Rè (nè Decio altiero Fatto era ancora Imperator Romano) Chè quà, doue fiorisce il Tosco Impero Sotto i Medici Eroi, mandò lontano Il caro libro in prezioso vaso All'Arno, Arno à Bisenzo, e almio Parnaso. 5. Meco mi consigliai, poscia col dotto Mio Febo, e con le Muse ad una ad una; Tù 'l sai, mia Clio. Mà quando poi fù cotto Lorenzo, e in Ciel raccolto, all'aria bruna Mi si fece veder, ne mi fè motto, Mà là mi scorse, oue sorgea la luna In solitario colle; Iui il gran velo Di stelle d'oro auea più ricco 'l Cielo. 6. Donna vidi io con bende, e verga in mano E (non sò come) con l'isteso libro. Maga rassembra al portamento strano, Ò colei, che recò l'acqua nel cribro, Ratto suani lo spirito sourano E quì lasciommi. Il guardo intorno io vibro. L'altra così dicendo à mè si volse, Et il mio cor dà merauiglia sciolse. 7. Quell' Amaltea son io, ch'intesi, e dissi Col profetico lume il gran mistero Del vostro Dio risorto, e chè descrissi Del gran Palladio, è mè sol certo il vero. E pronta vengo à riuelarlo. Hor fissi Tien gli occhi pur nel lucido Hemisfero Mentre al libro risponde, e l'aria, e 'l vento. Ella susurra, & io rimiro intento. 8. Segue prodigio il ragionar presago, Com'allor, chè per pioggia il Ciel s'imbruna. Denso vapor dà terra esala , e vago Nembo si forma, e s'alza in ver la luna. Come in aperta scena, ombra, od imago Al cader delle’ tende’ esce opportuna. Ò Girandola suol con certa legge Rotar, escon sembianze allor chè legge. 9. In doppie falde rincrespar vedresti (Mirabil vista) il mobile elemento. E finger armi, e simolacri, e vesti Tremule, e chiare, & agitarsi al vento. Così di fiamma, e d’ or forme celesti Compone opposta al sol nube d'argento. Tale il fumo, ch’ in onde al Ciel si volue, Forma nuoue sembianze, e le risolue. 10. Et ecco prima appar vn gran trofeo D'armi lucenti, vsbergo, hasta, e cimiero Poi con la spada à lato vn semideo, Chè dieci ardenti Palle ha nel Quartiero. Amaltea legge. Questi è 'l buon Teseo, Ch'impugna ardito ilsuo Palladio altero, Degno arnese di lui. Di tanta historia Nota à mè sol, non è frà voi memoria. 11. Chè di Pallade fusse, e chè dal Cielo Cadesse già, nobile fù menzogna, E chè le sfere imprese entro’l suo velo Sien i vermigli Globi afferma, e sogna Mà pietà vera di Christiano zelo, Chè Dio conosce, tal bugià rampogna, Di Teseo fù, questo l'auerto, e 'l credi, E come, e quando ti dirò, se’ l chiedi. 12. Et io; Nulla mi fà sudar cotanto, Nè vegghiando viè più volger le carte Di Cassandra, d'Egeria, o pur di Manto, Quanto 'l desio d'intender questo in parte. Al mio signor, che di cortese, ha vanto, Cara prometto, e graziosa farte, E s'vdì’ l pio Troian già la Cumea, Pari, è maggior è 'l Duce mio d'Enea. 13. Cominciò allor la saggia Donna. Egeo Felicissimò Rè fù già d'Atene Fin chè mandar empio tributo, e reo Non fù costretto alle Cretensi arene Dal Rè Minos, chè’ l figlio suo Androgeo Col piacer vendicò dell'altrui pene. E chè mandasse impose (ò van restauro) Sette fanciulli ogn’ anno al Minotauro. 14. Mostro fù quel, chè partorì d’vn Toro, (Parto nefando) l'impudica mogliè. Ch'vsò di vacca frà gli armenti loro (Libidine bestial) muggiti, e spoglie. Dedalo autor fù del nouel lanoro, Per saziar le scelerate voglie. Onde poi nacque del concetto enorme (Simile al genitor) bestia biforme. 15. E fè chì al suo volar fabbricò l'ale, (Edifizio stupendo) il laberinto. Oue per cento porte, e cento scale Confuso auuolgimento era distinto. Senza smarrirsi non v'entrò mortale, Nè si smarrì senza restarui estinto. Chè l'empia bestia con perpetua fame Aucua cibo scarso alle sue brame. 16. S’esequì 'l patto’, e si fermò per legge Di trar le sorti nel tributo annale. L'vrsa contiene i nomi, e'l caso elegge, Frà gli altri sei, Teseo fanciul Reale. Condanna ognun, mà non però corregge L'elezzion, chè lo statuto è tale, Chè non è à quanto giudica fortuna Per qual si sia cagion, replica alcuna. 17. Accompagnato dà fedel drappello, Come fatal necessità dispone, Acertissima morte andò (per quello Ch’ agli altri auuenne) il nobile Garzone. E consegnato sù leggier battello Rinchiuso fù nell'horrida prigione, E giudicato assai più bel di quanti, O venner seco, ò capitaro innanti. 18. Figlia, chè di beltà vinse ogni lode, Habile agli Himenei, detta Arianna Di creta haueua il Rè, cui sol custode Fece di quei, ch'empia ragion condanna Già si compiace la fanciulla, e gode D’ hauer sì bel prigion, mà pur s’inganna, Chè la Greca beltà, nemica altera, Fece prigion al fin la prigioniera. 19. La cortesia, l'etade, il regio sangue Conforme in ambedue produsse amore, Chè impera in lei ch'è libera, ma langue Nel fanciul, ch’è prigion del suo dolore, Bolle nel sen sotto sembiante e sangue Feruido 'l cor, perchè vilmente muore. Se n'auuede ella, chè non facil chiede, Quel chè poi facilmente ella concede. 20. Lo visita souente, e l'accarezza, Talhor lo scioglie, e gli apre ancor le porte E biasimando la paterna asprezza Mostra chè del suo mal le incresca forte. Saluar non può, può ben serbar la senza L'innocente beltà, ch' è rea per sorte, Venne l'ultimo giorno , all’ vltim’ hora Differì pure. E quella venne ancora. 21. Oh come volentieri ella in sua vice Andrebbe là, d’onde’ l ritorno è chiuso; Mà non salua però quell'infelice, Chè riman nella carcere rinchiuso, E se ne’ l traggè, teme l'ira ultrice Del Genitor, ond'e'l perdono escluso, E poi, perchè mandarne al lido Greco, Colui, che sempre ella vorrebbe seco? 22. E'l fuggir ambeduò difficil quanto È à Donzella ingannar guardie, e Piloti, E se le insegna Amor mentire el manto, Timor le forma in mar procelle, è Noti. E dè Greci la fè sospetta, e'l vanto, E del Garzone atti, e pensieri ignoti. Al fin legge, timor, crudel ragione La sforza ad esequir nel bel prigione. 23. Nuouo dolor. Hor diuien rea d'amante, Della morte di cui brama la vita. Cadder le chiaui, e vacillar le piante, Allor, chè nesta s’appreso all’uscita. Qual poi ch’ aperse, e vide’ l bel sembiante , Esaminando 'l fin, adde smarrita Inbraccio à lui, ch’ vn opportuna fuga Lascià, e la regge, e con bel vel l’asciuga. 24. Poi ch'ella in sè ritorna, e gli occhi in giro Volgendo in braccio al buon Teseo si troua; Non le dispiace in tutto il suo martiro, Cagion di quel piacer, chè di lui proua Messaggiero del cor, manda vn sospiro, Et à lui dice. Atto sì pio chè gioua ? Malgradita pietà, pietà diseara, - Cui per premio la morte hor si prepara. 25. Et egli allhor. Se’ l Cielo è tè mi feo D'età conforme, e in nobiltade eguale; Come m'ha fatto tuo prigione, e reo, Con sì diuerso fine al mio natale. Può ben à preghi miei crudele, e reo Far, per maggior mio danno, ogni mortale; E duro oltre ogni fede, oltr'ogni stile Far, per natura, vn cor molle, e gentile. 26. Mà non farà però l'empio destino, Ch'io non sia sempre inuitto, & innocente, E ch'io non creda in tè spirto diuino, E se diuino 'l creda anco innocente, Vergine illustre, e chè non sia vicino Al mio male il mio bene, anzo presente. Beato io sì, poi chè per tè lice La mia infelicità render felice. 27. Concedi adunque tù, non come amica, (Se paterno rigore, ò legge ostile Tal mi ti nega) almen come nemica, (Chè può nemica ancor esser gentile) E come figlia d'alto Rè, ch'io dica, Se tù la tua condizzion fai vile, E, me pur nato di corona spregi, Chè gran miseria sia nascer di Regi. 28. Nè ti chieggio io dilazione, ò vita, Chè dianzi in poter mio fù questa, e quella, Mentre cadendo tù l'aperta vscita Mi diè di scampo occasion sì bella. Nè chè tù meco in dolce nodo vnita Ti faccia Atene, e tutta Grecia ancella; E quindi proui quant'è più gioioso D'ogni affetto padre amor di sposo. 29. Oue al tuo merto saria poco (quando Meco venisse tù) farti Reina. Ragion potrei, mà pietà sol domando, Pietà, chè ti può far à Dio vicina; Dammi, ch'armato io possa entrar col brando, Oue barbara legge hor mi destina; - E mi fia grazia tal, chè 'l dir, ch'io viua À te, e per tè, poco sarà, mia Diua. 30. Chè se non è tutto di ferro’ l mostro, Ò s’al centro non guida il laberinto. Spero, poter dall'intricato chiostro Vscir, lasciando’ l Minotauro estinto; E tè condurne, oue al soccorso nostro Venir vedrai più d’vn nocchiero accinto. E giuro per la fè, ch’ à Gioue osseruo, Esserti, qual vorrai, marito, ò seruo. 31. Mà s’ io morrò, morrò qual caualiero, Chè per la patria pugni, e per la vita. Tù di pietade haurai l'honore intero, E và pietade à gran valore vnita. Nè violato fia’l paterno impero, Perchè mi cinga tù spada forbita Pietà ti scusi, e s’è pietà peccato, Peccando in lui, sarà’ l peccar lodato. 32. E come dirlo all'implacabil padre Può mostro estinto, chè viuendo è muto? - E tù l'onta soffrir della tua madre Nel tuo fratel (con pace tua) cornuto, Oue douresti in parti oscure, & adre - Hor seppellirlo, e spegnerne il tributo; Et accorgerti homai, ch' infami, e sozze, (Per la parte, ch'ei u’ ha) fà le tue nozze? 33. Mentre sì dice il Principe d'Atene, Par chè nell'alma, è lei ragioni Amore In guisa tal. Empio colui, che tiene Tal beltà chiusa, e tù crudel, se muore. - Non con l'uso comun trattar conuiene Beltà, c’ ha priuilegio, & hà valore. Ordina (à voglia sua) Minos la legge, Mà l'interpreta Amore, e la corregge. 34. In quella parte al fin, che Amor le detta Amor, ch'impero hà nè giudizi humani; Inchina, e quindi parte, e non aspetta I seruigi, che forse eran lontani. Toglie dal muro vn armadura eletta, Chè già tempraro i Fabri siciliani. E vn aurea spada, chè già molto prima Fabricata hauea al Rè Dedala lima. 35. E frettolosa cò bramati arredi - Torna la bella Donna al primo loco. E li porge, e gli dice. A tè, chè chiedi, Quando merti cotanto, hora si poco; Dono quest'armi, mà non è, qual credi, Atterrar fiera - bestia hor breue gioco. Posson queste bastare al tuo valore, Mà non al tuo periglio, e al mio timore. 36. Più certa render bramo, e più sicura Io la tua vita, in cui la mia respira; Sè spezzar ogni maglia, ogn'armadura Può del fiero animal la forza, e l'ira; Chè giouan l’armi poi frà quelle mura, Ou’ vn perpetuo error gli animi aggira; Et vn entrata in cento, e più riesce, E tutte poi confonde; e alcun non n'esce? 37. Trè Palle io ti darà, perchè l’auuenti Alla bestia famelica, & ingorda: Chè subito faran, chè s'addormenti, E caggia à piè, pria chè ti cozzi, è morda. Tù quindi per quei vari auuolgimenti Tenendo in man la maestreuol corda, Te ne verrai dall'animal biforme Delle prime vestigia à trouar l'orme. 38. Così dice, e gli dà di bianco lino Auuiluppato fil lungo, e tenace. E con sangue di Tasso, e con buon vino Cosse prima al calor di poca brace Sonnacchiosa papauero marino, Aconito, cicuta, oppio efficace; E trè Palle ne feo, perch’ vna sola Almen nè getti nell' aperta gola. 39. Chì vide mai sù la crudel finestra Il reo mesto aspettar l'ultima spinta, Se lieta voce ascolta, è nobil destra Spezza la fune intorno al collo auuinta; Come ardito si leua, e si scapestra, Non credè agli occhi, ne alla corda scinta. Mà qual è poi, se bella Donna 'l mena Alle bramate nozze, e à ricca cena? 40. Tale 'l diletto, e l'allegrezza è tanta - Del bel Garzon della Cecropia terra; Bacia la bella man, bacia la pianta, Ringraziando la loda, e à piè s'atterra; Ringrazia ella sue grazie, e poi l'ammanta Di splendide armi, e d'habiti dà guerra, E in sè 'l vagheggia, e parle al bel sembiante Veder armato Amore, ò Marte amante. 41. Vibra Teseo trè volte 'l brando ignudo Feroce in atto, e lo solleua, e dice. Ad assalir terribil mostro, e crudo Sotto gli auspici tuoi parto felice. Scolpir (s’ io torno) nell'aurato scudo Giuro, ò sourana mia liberatrice E à Pallade sacrar nel suo gran tempio, Di queste Palle il memorando esempio. 42. Andò 'l Garzone, e vincitor se n'venne Dal refe scorto per la cieca ambage; La sanguinosa man, chè’ l fil ritenne, Porporeggiar lo fè dopo la strage. Andaron poi con fuggitiue antenne, Oue gli traportar l’onde maluage. Quindi à Teseo nel pampinoso Chio Lasciarla impose il beuitore Dio. 43. Ond’ ella 'l crin di lucide fiammelle Cinto portò dal Libero Liro. Et ei (poi ch' l trofeo della gran pelle Mirò sul dorso al Domator Nemeo, Emulo suo) per queste parti, e quelle, Di peregrino honor vago , si feo. Onde fama mercò celebre, e chiara, E lodò 'l suo valor Thebe, e Megara. 44. Sentito haueua il giouinetto Achiuo Del Cinghial Calidonio alla gran caccia, Oue concorse ogni Guerriero Argiuo Seco à seguir la perigliosa caccia, Il vincitor superbo (e l’hebbe à schiuo) Troppo lodarsi con aperta faccia; Mentre pieno di fasto, e palpa, e tocca Le zanne orrende, e la bauosa bocca. 45. Mà annouerar volendo i colpi suoi Nella giacente setolosa mole, Nol sofferi Teseo; Mà, à tè, ch'à tuoi Fatti (dise) abbondanti hai le parole, Si potria questo comportar, se noi Fussimo stati à contar ciance, e fole. E quì, mentre d’vn vil cinghial ti vanti, Chì i Minotauri vccider sà, ei giganti. 46. Sè colei, chè fermò con destra audace Nello spinoso tergo il primo spiedo, Mentre è più degna di parlar, pur tace, Io tè di tè buon testimon non credo. E pronto sono à mantener verace, Chè nel vanto ho gran parte, e non ti cedo. E di Cinghial è van chè si ragioni, Où è, chì pensa d'atterrar leoni. 47. Così Teseo la man sù laurea spada Dice tenendo, e fermo’ l guata, e fiso Mà non risponde Meleagro, ò bada, Sfodera 'l frando, e come auuien che rada, Dal tergo immondo il teschio altier reciso, Per la ruuida seta le appresenta, Biancheggia’ l dente, e morto anco spauenta. 48. L'orride luci già d' ardente brace, Son d'atra pece, e di carbone spento. Allor la faretrata Arciera audace Lo prende, e pon sopra lo spiè d'argento. Costei non pur Melampo, ò 'l buon Sorace, Ma i Guerrieri precorse, e l'haste, e 'l vento; Bella molto, e crudel viè più, che ognuno Potè inuaghir, nè vaga fù d'alcuno. 49. Fiera legge prescritta hauea costei - Alle sue nozze. Al vincitor Amante Eran proposti i casti suo Imenei, La morte à quei, chè non le gisse auante, La proua il corso. e più di quattro, ò sei Perir, chè men veloci hebber le piante. Mà d'Hippomene al fin dietro alle spalle Vinta restò dalle trè ricche Palle. 50. Dè trè Pomi vso, poi costui l'esempio, Quasi trofeo della famosa moglie; Chè irreuerente nel sacrato tempio Seco saziò l'impazienti voglie. E pena entrambo riportar, chè all'empio Atto conuenne, e alle stuprate soglie. Oue à caso varcò Teseo chè poi i Veri mantenne i primi detti suoi. 51. Però chè nell'entrar d'vna foresta Incontrò duò leon di preda ingordi, Cui piegar fece la superba testa, E sotto’ l giogo gli frenò concordi; E mentre doma quella fiera, e questa, In breui carmi flebili ricordi Vide, coperti dall'horribil coma; À note d'oro in Arabo Idioma. 52. Hippomene è costui, questa Atalanta, Ch'il tempio profanar degli alti Dei. Punì d'amboduò lor follia cotanta Flagel diuin, chè scende al fin sù rei. La bella insegna dell'aurata pianta, Ch’ vsaron questi, aggiungi à tuò trofei; Sourano Caualier tù, che gli domi, E accresci alle tue Palle i ricchi Pomi. 53. Tal il tenor dè carmi; onde trafitto Riman, come chì preme il serpe crudo, Il Greco Prence, e 'l peregrino scritto Legge, e rilegge; poscia 'l noto scudo De Pomi illustri riconosce, e fitto In terra 'l graue spiedo, e’ l teschio ignudo Diuorato dà lor rassembra à quelle Immense zanne, & orride mascelle. 54. Si dolse al caso, e lagrimonne alquanto, E mandò al giogo auuinti i duò leoni À Meleagro, e scrisse. Ò tù, chè tanto Comune proua arroghi à tuò ragioni, Vltimo feritor il primo vanto Vsurpi in van; son questi i testimoni Che ti manda Teseo (preda sua cara) Tù in sua presenza à parlar sobrio impara. 55. Poi corre là doue risplender vide Lo scudo altier delle dorate sfere; E se n'adorna, e ver l'antica Elide Si volge, e insieme aduna armate schiere. Seco s’vnisce il glorioso Alcide Contro l'inuitte Vergini Guerriere, Oue frà l'armi; e i lampi arde, e sfauilla Pantasilea, Hippolita, e Cammilla. 56. Dette queste l'Amazoni già foro, Chè si tagliar la tenera mammella. Hippolita Reina è Duce loro, Che s’agguaglia à guerrieri ancor donzella. Con barbarica pompa e d'ostro, e d'oro Sublime vien sù ricamata sella; - Sopraueste real, che à piè le scende, Di saracina porpora risplende. 57. Forbito acciar arma la chioma, & anco Imprigiona’ l bel viso, e 'l collo ignudo; Mà lussureggia al destro lato, e al manco Oro, per man d'amor filato, e crudo. Succinta 'l seno, e faretrata il fianco L'hasta sostiene, e’ l suo lunato scudo; Suonan l'armi, anitrisce ancor lontano Il suo baio corsier d'vn piè balzano. 58. Ver lei, ch'auanti vien, la lancia arresta Teseo, chè frà suò Duci era primiero. Ella 'l colpo segnò sopra la testa, Tolsene vn fregio, e scosse’ l gran cimiero. Et egli à lei tutta squarciò la vesta, Che sotto 'l braccio le strisciò leggiero Il colpo, e dal bel petto, e dal bel tergo Fece improuiso folgorar l’vsbergo. 59. Restò sù l'hasta, qual trofeo sourano (Felice annunzio) lo sdrucito manto. Mà allo squoter, chè fè l'inuitta mano, Cadde pe’l tronco sul ferrato guanto. La molle seta vi s’appicca, e in vano Per quindi trarla affaticosse alquanto. Al braccial restò auuolto il nobil fregio, Perpetua spoglia al Caualier egregio. 60. E perchè Palla si dicea tal veste, Chè dal collo pendea sino al tallone, Alle sette sue Palle aggiunse questa, E fè la bella Hippolita prigione. Poi chè la turba femminile infesta Debellò col figliuol d'Anfitrione; Vittorioso celebrò con lei Il buon Teseo legittimi Himenei. 61. Ercole poi chè sopra’ l monte Oeta Volse por fine all'ultima fatica; Donando le saette à Filotteta, Gli impon, chè del suo fin nulla ridica. Quindi à Teseo porge la folta seta Della gran pelle, e la sua Claua antica; E duò bei Pomi d'oro eletto, e fino, Delizie dell'Atlantico giardino. 62. E dice. O sempre inuitto Eroe, chè meco Potesti già peregrinar l'inferno. Frutte io ti dò d'alto sapor, c'han seco Forza secreta dì valor superno, Fortunate, e vittrici habbiale teco Delle mie proue testimonio eterno. Perch’ è fatal, chè tante sien l'altere, Palle qua giù, quante lassù le sfere. 63. Et è non men fatale ancor, chè quanti In braccio haurai vermigli Mondi angusti Habbia la bella Flora anco altretanti Cosmi felici, fortunati, e giusti. E del tuo seme nascano cotanti Romani semidei, Romani Augusti, E volgansi al girar degli orbi aurati, Cinque, e cinque altri secoli beati. 64. E con egual felicità destina Il Cielo, il mio gran manto e la gran ma-zza, Proprio rettagio alla Città Reina Dè Toschi, ch’ vna fù della mia razza. Perchè la miri Fiesole vicina Frà ì Gotti, e gli Hunni, oprar elmo, e corazza; Cosi l'Eroe Theban disse, e nell'alto Rogo lanciossi. è degno d'Ercol salto. 65. Così chì tutto scorse à nuoto 'l mare Nell'arido Vulcano alfin s'immerse. Teseo le Poma preziose, e care Frà l altre collocò lucide, e terse. Mà’ l polueroso Agone, e 'l militare Ardor di sangue il bel metallo asperse. Perchè poi sempre fulminar le vide D'atro sangue stillanti Argo, & Elide. 66. L’vsò felici sempre in simil foggia, Giunto al senile occaso ei le ripose Sopra l'eccelsa porta, onde si poggia Al tempio di chì’ l nome à Atene impose; E scrisse intorno alla superba loggia, - Armi d'Alcide, e di Teseo famose; E disse poi sacrandole alla Diua, Chè fù inuentrice della prima Oliua. 67. Queste di rei Tiranni, e d'empi mostri Vittrici Palle appendo è tè, cortese - Guerriera Dea; perchè gli esempi nostri Accendan gli altri à gloriose imprese. Nè caualiero alcun da questi chiostri, Se non inuitto, vsurpi’ l grand'arnese Mà combattendo acquisti’ l gran trofeo Nipote, ò successor pari à Teseo. 68. Lo sacro à tè, tù lo difendi, e sia Chiara de figli miei perpetua insegna. Cui memoria non vil d'Ercole, e mia A rotar l’armi, e à insanguinarle insegna. E lieto spero ancor, ch'vn dì non fia, E del tuo nome, e del tuo braccio indegna. E rifiutin per lei tue luci caste Gorgoni horrende, e liuide ceraste. 69. Cosi ì purpurei Mondi illustri appese Sublimi al tempio, e riuerilli Atene. E fù chì vide coruscar l’accese Chiare sfere volubili, e serene. Fatale ogni vittoria al bell' arnese Fù sempre, e lo prouò Sparta, e Micene; E in vano armose Achille, & ogni Greco. Chè Troia stette fin che l’ hebbe seco. 70. Quest'è'l Palladio, chè di poi si disse, Per le sue Palle hauer di Palla 'l volto E fù creduto, chè dal Ciel venisse Nel tempio suo, mà non vi stette molto. Però chè pria, chè dal sagace Vlisse. Fuse nel caso d’Ilion ritolto; Colei lo tolse agli Affricani lidi, Chè mise in Grecia affanni, & in Troia stridi. 71. Mà quando cadde in cenere il superbo Ilione, l'arnese aureo vermiglio, Chè violato nell'incendio -acerbo Fù dà man empia chè gli diè di piglio; Mandò Diomede à Enea, chè’l tenne in serbo Con i Penati suoi nel lungo esiglio, E nel lazio portò la sacra soma, Tuo gran retaggio, ò fortunata Roma. 72. Numa poi nella Rocca Pallantina Lo pose frà gli Ancili, e frà i Vessilli Onde la gente Albana, e la Sabina Vide poi trionfar Fabij, e Cammilli. Mà promesso alla gloria Fiorentina Rinouò all' Arno i secoli tranquilli. Disse, e sparuer per l’aria in vn momento Le - Palle, e i rai, qual nebbia suol per vento. Il fine del Terzo Canto. ARGOMENTO. Perchè sublime sia, ricca di gigli La bella Palla di Zaffir vestita; Come diuisi sian gli Orbi vermigli Frà duò Guerrier della Famiglia inclita. Padri, Nipoti, Aui, Bisaui, e Figli Della Pianta d'Eroi sempre fiorita ; Narra alla Musa, e chiude poi le carte L'alta sibilla, e tace al fin, e parte. CANTO QVARTO. POICHE l’eccese, e gloriose Palle Dal teatro del Ciel ratte spariro; Ecco quattro destrier per l'erto calle Rapir vn carro, e vn bel Garzone in giro; Etho forse, è Piroo dall' alte stalle Auanti all'Hore mattutine vsciro? (Dico) ò pur traboccar veggio dal monte Dalla Febea Quadriga altro Fetonte? 2. Risponde. Il variar di questi oggetti Il libro espon, senza i miei detti oscuro. Però, che parte dè celesti aspetti Fù innanzi à mè; per quei, chè dopo furo, Al mio volume accompagnando i detti Cangerò col preterito il futuro Fin al presente. Habbi tù poi memoria, C’ hoggi il mio vaticinio è fatto istoria. 3. Però ch'io scrissi quest’ oscure note Mill’ anni auanti agli accidenti loro; Nè per girar delle superne rote Variato l'inchiostro ha 'l suo lauoro. Dal primo padre all’ vltimo nipote Già non ti voglio annouerar costoro, Chè fia souerchio; io ti dirò i più degni; Basta sol tanto à Fiorentini ingegni. 4. Il nuouo Auriga, chè fuggendo sferza L'alte ceruici à corridor frenati, Hippolito è’ l fanciul, chè prima scherza Con quei destrier (se credi al guardo) alati. E mentre fà più risonar la sferza, Mira, chè scosso’ l freno, all’ vn de lati, Cade 'l carro, e 'l rettor, e in vn inuolue Redini, ruote, asse, groppiere, e polue. 5. Fù della bella Amazone pudica Figlio al bel nome, e all'honestà simile; Vezzi, e lusinghe di matrigna amica Non fero adulterar l'alma gentile, Singolar quanto, per licenza antica, Ò sola, ò rara è castità virile; Dà madre, e figlio tal vengon i tuoi (Real succession ) Medici Eroi. 6. Io lascio Demofonte, il suo germano, E vengo al Caualier, chè Virbio appella (E ben rider ti puoi di così strano - Parer) la Pitagorica nouella, Quasi huom duò volte, e chè nel corso humano L'anima vaghi in questa spoglia, e n’ quella. Fù di Turno Campione & hebbe (come Per duò Guerrier valesse) vn simil nome. 7. Osinte, Afida, Menestro, Melanto, Timete vedi, chè la nube adombra, Ignoti, ò noti sol per poco vanto, Huomini nati à far numero, & ombra. E quinci veder puoi, chè scettro, ò manco Non lascia fama à chi valor disgombra. Vanno i Fabrizzi dall'oblio sicuri, Mà son senza virtude i Regi oscuri. 8. Codro il gran Fabro della nobil frode, - Chè fè morendo pianger il nemico, Segue, e di lui figlio animoso, e prode; L’vn padre, e l'altro alla sua patria amico. Onde materia d'honorata lode Hebbe appo i Greci quel prouerbio antico, Chè celebrando vn huom degno eccellente Nato dicean della Codrina Gente. 9. Inhonorati van per l'aer cieco Incogniti alla Fama, & alla Fede Medonte, Agasto, Forba, Archippo, e seco Mecade, Eschilo, Almenone, Esimede, Tersippo, Erissia, Pomene, & il Greco Leocrate; & Assandro à lui succede, Duci d'Atene, & altri, à cui ricopre Ignobile silenzio i nomi, e l'opre. 10. Quinci de Cosdri il bel ramo fiorito (Quai dirà Cosmi poi miglior fauella) Ripiglio, e 'l primo Caualier t’ addito, Chè lassù armato comparisce in sella; Pon mente, come ha nel Quartier forbito Sei Palle sole, e azzurra è la più bella, Hor ti vò dir, perchè sù l'orlo estremo Sembri reciso il bel Palladio, e scemo. 11. Poi chè dè trenta empi Tiranni, e crudi Fù sotto’ l giogo à sospirar costretta La madre delle leggi, e degli studi Atene, scuola già del mondo eletta; I legittimi heredi esuli ignudi In varie parti fur mandati in fretta, Chè legge iniqua di regnar si crede Honesto'l violar ragione, e fede. 12. Mostraron tosto i peregrini illustri, Chè patria all'huomo forte è l'uniuerso. Auuenturosa auuersità, ch'industri Viè più gli fece, e noti al Trace, e al Perso. Mà volgendosi al fin molt’ anni, e lustri Si ricourar dopo vn error diuerso Frà i Toschi, e frà gli Insubri, e quindi i buoni Vedrà’ l mondo fiorir Cosmi, e Leoni. 13. Hauea fatta bandir publica sbarra Il Rè di Cipro à Caualieri erranti. Vola la Fama annunziatrice, e narra Chè figlia hà 'l Rè di splendidi sembianti. Onde armati di lancia, e scimitarra Moltì s’auuenturar Principi amanti, Vaghi d'honor nell'Isola felice, Già di perpetue Veneri nodrice. 14. Proponea dar il Rè per sua consorte La figlia à quei, ch'era miglior frà buoni; Già popolata era la nobil Corte Di Caualieri estrani, e di Baroni. Nell’ arringo d'honor comparue 'l forte Cosmo frà venturier Dani, e Guasconi, Del buon Teseo sostien l'insegna Argiua, Dà cui per cento gradi egli deriua. 15. Grato era al Rè, più grato era alla figlia, Ella Brisena, ei se chiamaua Eneo. Souente ella ammirò gli occhi, e le ciglia, Et ei 'l valor del giouinetto Acheo. Nacquene Amor, ch’ Amor con sua famiglia Habita quiui, e quiui ha ogni trofeo; E Citherea nell'isola, ch'io narro, Ha la sua Conca, le Colombe, e 'l Carro. 16. Frà quei nati alla gola, & à piaceri Fama fù, chè più tardi iui s'inuecchi; S'altroue aman le Donne, e i Caualieri, Per natura aman quì fanciulli, e vecchi. Non quì studi, vigilie, arti, ò pensieri, Mà son bagni, conuiti, odori, e specchi; E negli Horti d'Adon frà i Mirti, e i fiori Lasciuir miri eserciti d'Amori. 17. Ammollir l'alma, e intenerir il seno Sentì Cosmo, e cangiar i pensior suoi; Chè 'l temperato dolce aer sereno Può ne suò vezzi effeminar gli Eroi. Schiuolli il generoso, e qual veleno Stirpò nascenti i primi semi, e poi Indurò’ l core, ò sol amò, quant'egli Duò begli occhi si fece à virtù spegli. 18. Ottenne ei sol di mantener l'agone Contro qualunque lo sfidasse 'l giorno; D'oro l'vsbergo , e d'oro hauea l'arciene Tutto di perle seminato intorno; E barde, e staffe, e l'un, e l'altro sprone Era qual suol più riccamente adorno, E le piume pompose. Allo steccato In guisa tal ei s'appresenta armato. 19. L'humano spirto già nel bronzo arguto Infiammaua i Guerrieri à nobil Marte; Quand’ vn valletto con gentil saluto L'honora, e quindi chiamalo in disparte, Dicendo. Ò caualier non vil tributo Ti manda chì del cor ti fa gran parte. Pregialo hor tù, se lo pregiar l'inclite Trè Diue, chè nel Ciel ne mosser lite. 20. Il Pomo, chè bramo Palla, e Giunone, Hebbe la Dea, ch’ in Cipro è riuerita; Et essa 'l diede al fanciulletto Adone, Chè quì lasciollo, oue lasciò la vita. Et hora à tè suo singolar Campione L'alta Brisena è di mandarlo ardita. Chè qual fù di Ciprigna vnico fregio, Sia lieto annunzio al tuo trionfo egregio. 21. Così dicendo il messaggiero aperse Ceruleo velo à gigli d'or fiorito, E quella Palla celebrata offerse, Chè posta fù di Tetide al conuito. L'occhio à gran pena il folgorar sofferse Del fulgido improuiso oro, scolpito Di breui note in questa parte, e n’ quella D’vn tenor tal. Sià dato alla più bella. 22. Risponde il Caualier. Cortese dono Cortesissima Donna hor mi concede. Ne potea più. Di tanto honor io sono Degno sol quanto sua bontà mi crede. Mà sua ragione à sostener son buono Con saldo arringo, e con più salda fede Con Marte stesso, & hor assai mi duole À lei non pari hauer grazie, ò parole. 23. Vedrà ben tosto la mia Donna, come Nobile don per real man si pigli. Disse, & inuolse il prezioso pome Nel drappo azzurro infrà i dorati gigli, - E n’ quello scudo, c’ ha sì chiaro 'l nome, L'affisse in mezo à i Globi suoi vermigli. Poi n’ andò lieto là, doue rimbomba L’ardito suon dell' animosa tromba. 24. Allhor la Palla di Zaffir celeste Come Reina comparì frà quelle Di sanguinosa porpora conteste, Chè parean quasi riuerirla ancelle; Il Ciel così (se nulla nube 'l veste) In bello Azzurro appar ricco di stelle; La reputò Brisena al suo Campione Debita più, ch'al femminile Adone. 25. Era l'arresto. Chì perdea primiero All'incontro di lancia ò fregiò, ò maglia, S'intendea priuo per vn anno intero D’vsar quell'arme, ò fusse elmo, ò Zagaglia; Mà cadendo perdeua arme, e destriero; E’ l primo eletto mantener battaglia Douea con tutti, e con le ricche spoglie Vincitor ottenea la bella moglie. 26. Non aspettar, ch'ad vno ad vno io dica Dè Venturieri i casi, e i nomi, quando Fede n’ ha l'opra stessa, onde l'antica Fama andò per le bocche altrui volando; Leuò l'elmo, ammaccò scudo, e lorica À vn Guascone, è vn Noruegio, e ad vn Normando L'vn dopo l'altro il Greco Prence, e fece, Chè trè non si leuar, traboccar diece. 27. Chiuso nella visiera, al nome, ignoto, Estranio alla sembianza, e al portamento, Baron, chè 'l suo Quartier, forse altrui noto, Coperto hauea d'vn ricco vel d'argento, Soura vn Turco destrier si mosse, e 'l moto Lo mostrò di valore, e d’ ardimento Giudizi del suo nome, e del suo merto, Diuersi al ver, fè 'l vario volgo incerto. 28. Detto hauresti duò fulmini incontrarsi, E fiamme sù cimieri esser le penne; Nè fur vani gli incontri, ò i colpi scarsi Dè bei destrieri, ò delle dure antenne. Dalle ferrate punte e rotti, e sparsi Furon gli scudi, come da bipenne. Volar le scheggie, e à pena al manco braccio Dell'ignoto Guerrier rimase’ l laccio. 29. Questi drizzando la nodosa traue, Quasi nel centro del nemico scudo; Oue 'l vago turchin facea soaue Mostra de gigli illustri al ferro ignudo, L’inuesti sopra, e l’ vrto fù sì graue, Chè partì in due la targa il colpo crudo; Sì chè la Palla (tolte via le prime) - Ch’ era nel mezo, restò allhor sublime. 30. Col Palladio così tronco, e diuiso Quegli; e questi restò senza rotella. Del pauese non bene ancor reciso Pendea l'asse cadendo in sù la sella. La prende il nobil Greco, e in chiaro viso La porge à lui, ch’ è senza, e gli fauella. Ò sol noto al valore, accetta questo Per tua difesa, è ch'iò depongo’ l resto. 31. L'atto gentil, chè tutti inuaghì tanto Commosse in guisa il Caualier nemico, Chè la destra cauò del nobil guanto, E fè segno di pace, e d’atto amico. Quindi accettò la bella insegna, e à canto Andaro entrambo auanti al Rege antico. L'ignoto Caualier oltra si face, E s’ alza la visiera, e parla audace. 32. Ancor ch'iò possa con aperta fronte Nel seren comparir d’vn chiaro die, E frà gli insubri sien celebri, e conte, Senza quelle de mieì, l’ imprese mie; Vennì ignoto di là, doue son Conte, À questo arringo per notturne vie, Per farmi noto col valor, chè senza Le proue il viso è debil conoscenza. 33. E col più degno Caualier prouarmi, Ch’ adopri ò lancia, ò spada, hebbi desio; E questi è quegli; e vero, e certo parmi, Col testimon dell'opra, il parer mio. E perchè hauer riguardo, ò recusarmi Ei non douesse, riuerente, e pio Alle Palle comuni, è al sangue nostro, Velai lo scudo mio d'argento, e d'ostro. 34. Sappi dunque, ò buon Rè, ch'io son congiunto Di sangue à questo, e Lionel mi chiamo, Milan m'è patria; à costui pur disgiunto Di grado sol, mà dello stesso ramo. E giacer sotto’ l serico trapunto Puoi l'insegna veder, ch' entrambo vsiamo; Le Palle mie, non delle sue più scarse, Là in mezo al campo lacerate, e sparse. 35. Se valor s’ama, e cortesia s'apprezza, E frà i barbari ancora, e frà i nemici; Ne huomo è quel, c’ humanità disprezza, E à virtù nega i meritati offici. Chè fia frà i suoi? questa mia mano è auuezza À far non men, ch’ à render benefici, Nè merauiglia esser ti dee, s’ à lui, Qual vinto cedo, io chè non cedo altrui. 36. À lui mi riconosco in tua presenza Inferior di merto, e di fortuna; E lascio in pace à lui la Donna, senza, Ò d’armi, ò di ragion, contesa alcuna. Così disse, & al Re fè riuerenza, Et abbracciò 'l Guerrier, ch’ ad vna ad vna Osseruò le parole, e poi non tacque, Nè tal parente ritrouar gli spiacque. 37. E poi ch’ in due partì la bella insegna, Quasi del sangue lor giudice, 'l Caso; Al Milanese Conte egli consegna Quell'arnese, ch’ in don gli era rimaso. Come fatal sia, chè ciascun ritegna Sei Palle sole, à lor fù persuaso. Così giurar, presente’ l Rè, gli Eroi Soura i lor petti, e l'osseruar dà poi. 38. Mira di Lionel, mentre ti parlo, Frà cento, e più, duò splendidi Nipoti. Vn Pio Romano, vn glorioso Carlo, L'vn ha le Chiaui, e l'altro incensi, e voti. Questo, cui sarà poco anco adorarlo, Con atti inuoca supplici, e deuoti, Chè sia propizio al tuo Parnaso; e come Potrà grazie negar al proprio nome? 39. Dall'altra parte stipite felice, - Quei, c’ ha lunga la chioma, e bianco’ l pelo, Lippo sarà, saldissima radice - In riua all'Arno al gran Mediceo stelo; Ch’ alzerà nell'Italica pendice Gli eccelsi rami, oltre le nubi, al Cielo. Primo egli recherà d’ Atene, e dalle Riue d'Alfea le peregrine Palle. 40. Vn Chiarissimo, vn Lippo, vn Auerardo All'Oliue pacifiche, e tranquille Varcano intenti; il Figlio di Berardo Vedi passar, l'Italiano Achille. Tonar col grido, e fulminar col guardo Il Pisan lo vedrà frà mille, e mille; E fiammeggiar soura vn destrier di neue, Onde poi Lucca dà Mastin riceue. 41. Vieri è quel con la toga, e con la spada, Prouido, ò vuoi nel campo, è nel Senato. Beatrice Strozza, perchè sol non vada Il suo Consorte, gli sì stringe à lato. Bicci succede poi, ch’ intento bada, Chè lasci l'armi il popolo adirato; E recusa’ l dominio egli de suoi, Debito al fine è Descendenti Eroi. 42. I duò nouelli scipioni hor veggio, E di Quercia, e d'Alloro incoronati; Come fatal sia, chè 'l fiorito seggio Soccoran solo i duò fratelli armati. Passan, mal grado del Guerrier d'Oleggi, All'espugnata già dà tutti i lati Frontiera Etrusca e come suol bifolco Fendon il campo con horribil solco. 43. Saluestro è l’vn de giouenili aspetti, Che vedi, e l'altro si dirà Giouanni. Vn Romano valor vede ne petti Fiorentini il Visconte à propri danni. Onde'l Senato gli haurà duci eletti Delle sue squadre, e premierà gli affanni. Non ceda à Roma, poi chè non è senza L'vn, e l'altro Affricano ancor Fiorenza. 44. Lorenzo è quegli, e vedi seco espressa Gineura, egregio parto è Caualcanti. Dè Bardi haurà’ l fratel poi la Contessa Di maniere gentili, e di sembianti. Cosmo, il gran Cosmo, à cui la Patria stessa Darà di Padre i meritati vanti. E solleuar dalle catene 'l collo Farà alle Muse, il Fiorentino Apollo. 45. D'Adria nel seno, oue sublime eccede Città, perla del mar, conca de fiumi, Lo veggio andar con fuggitivo piede; Ò di secol corrotto empi costumi. Quindi farà poi ritornando herede San Marco d’elettissimi volumi. Onde 'l Veneto haurà del suo periglio Honorata memoria, e dell'esiglio. 46. Per dar vita al sermon Greco, e Latino Estinto, ò almeno infermo in queste parti, Chiamerà l'Argilofilo, e 'l Ficino Alla sua mensa, & altri Cigni sparti. Onde allor fioriran dentro al confino D'Etrusca Atene le più nobil arti; - Et ei d'Euterpe nell'eterno inchiostro Splenderà più, chè frà le gemme, e l'ostro. 47. Con animo Romano, e con regale Spesa ardisce fondar palagi, e Tempi; - E n’ Palestina, oue fù Dio mortale, - Darà d'animo pio non bassi esempi. Oue ricouri sicuro l'affannato, e frale Peregino sicuro in mezo agli empi Arabi; come sia della sua pieta Senza l'Asia, l'Europa angusta meta. 48. Dopo lui Pietro sederà al gouerno Suo (non sò) se più degno herede, ò figlio; Secrete insidie superar lo scerno Con l'armi sol di prouido consiglio; Mà di Fortuna al variar alterno (Chè virtù sempre vnita è con l'esiglio) Cedera al fine per rea fortuna, e buona Lo seguirà, la nobil Tornabuona. 49. Quindi ritorna richiamato, quando Calano armati i suò rubelli al piano; Nell’ vna ha’ l fren della Cittade, e’ l brando, Per difesa di lei, nell' altra mano, In Napoli per lui s’ arma Fernando, Per lui si muoue 'l Duca di Milano. Morte intanto s’ oppon. Candida Pace Con aurea Fama dopo lui non tace. 50. Ecco i gran Senatori, i duò Satrapi, - - Ch’ assomigliargli ad ambo i Gracchi hor lice. Lorenzo, e 'l buon Giulian, Principi, e Capi Di Fiorenza, per loro vn dì felice. Chè più dirò? duò Genitor di Papi, Quei, ch’ all altro precede, haurà Clarice Dell’ Orsino valor, quei chè riempie Di venerando argento ambo le tempie 51. Il Milanese Sforza accoglie, e n’ lega S’ vnisce à lui per la Città di Marte; E'l Quarto Sisto, ch’ à suo danni spiega, Per lieue sdegno, l'esecrabil carte, Dispon così , ch'à benedir lo piega La Città, chè però dà Dio non parte; Roma non ha (nè quì Caton sì sdegni) Cittadin tal, ch’ i Rè bilancia, e i Regni. 52. Non vide l’ Tebro dopo’ l lungo esiglio Lieto cotanto l'Orator d'Arpino. Come Fiorenza con ridente ciglio Il suo Giulian cacciando 'l Soderino. Al Senato, alla Patria, e Padre, e Figlio Degni esempi haurà sol Cippo, e Quirino. E allhor, ch'egli recusa applauso, e regno Per sì nobil rifiuto, ei più n’ è degno. 53. Dell'Italica pace egli, e'l germano Autor acqueta le Città vicine. Deh nel sangue di lui non ponga mano Inuidia, di virtù nemica, alfine. Chè se vil è appo lei rispetto humano, Perchè le mense profanar diuine? Altro luogo non ha per tanto scempio Il mondo immenso, chè l'Altare, e’ l Tempio? 54. Piero vien poi, chè 'l bel purpureo Giglio Suelle di Francia dalla gran Corona, Ond’ à lui grande auuien danno, e periglio, Mentre n'adorna Alfonso d'Aragona, Mà poi mutato subito consiglio, Quando venir vedrà Carlo in persona Cederà al vincitor; nè può sua fede - À quei negar, cui tutta Italia cede. 55. E allhor chè manda à ricourar Aquino Carlo il Gonzaga, intrepido non langue, Mà fà sul ponte il Gariglian vicino Biancheggiar d'ossa, & arrossir di sangue; Chè spezza l'asse, e manda à capo chino Gli Hispani opposti, e frà lor cade esangue, Lieto, che ne successi aspri infelici Cadendo seco tragge anco i nemici. 56. E questi ancor del buon sangue Romano - Haurà Alfonsina. Hor quei, chè surger veggio, E 'l suo fratello, il giouane Giuliano, Chè, quando fia Leon nell'alto seggio, Gonfalonier diuien del Vaticano, E di Modena Principe, e di Reggio, E Vicario di Parma, à cui dona anco Di Nemurs il Ducato il buon Rè Franco. 57. Degli Allobrogi il Duca Emanuele Lo comprerà consorte alla figliuola. Ecco Leon, chè dominar le stelle Potrà quagiù con la Papale stola. - Seco ha le Muse tutte, onde per quelle Viurà due volte, e viuerà vna sola. Le Muse afflitte, e che son poi felici Nodrite dagli Eroi, d’ Eroi Nodrici. 58. Potrà Leone 'l Duca Insubre altero Con l'oro mantener del sacro Erario. E al Quinto Carlo confermar l' Impero, À cui titol di Napoli è contrario. E’l Concilio compir, e 'l rio Luthero Dannar, nouello à Dio Giuda auuersario, E tutto armare il popolo di Christo D'Asia ( nol vieti 'l Cielo) al grand' acquisto. 59. Succede al successor del gran Leone Giulio, il cugin, chè si dirà Clemente; Mira sul petto al Rhodian Barone La Croce biancheggiar su l'ostro ardente. Col Montefeltri questo, e quel Baglione Assolda contro’ l Soderin possente, Sacro Principe anch'ei; cotanto alterca Per ciuil gara l'Vna, e l'altra Cherca. 60. Clemente scaccia’ l fetido Colubre, Chè dì veleno infetterà Inghilterra, Arrigo Ottauo io dico, onde lugubre Haurà tragedia Caterina in terra. Mà pria soccorso manderà all' Insubre, C’ haurà con Carlo perigliosa guerra. E’ l Papa andrà, per tè crudel Moncada, Prigione, e Roma tutta à fil di spada. 61. Ò giudizio di Dio chì ti comprende Punir Leon nel suo Cugin Clemente? L'istesse mani temerarie horrende, Chè pria saccheggeran Prato innocente, Adultere saran di caste bende Della santa Cittade onnipotente. Questa Dio forse necessaria pose Vicissitudin delle humane cose. 62. Chiama 'l gran Carlo, & à venir lo sprona, Oue agli studi suoi Felsina siede; Quiui à lui dà l'Imperial Corona, E tregua al grand’ Estense ancor concede Per lui tenuta à piccol censo Ancona Ligia diuien della Romana sede. Pontefice souran, chè fermar puote Ducal Corona in testa al suo Nipote. 63. Il vicecancellier di santa Chiesa Hippolito la nube hora t’accenna, Cardinal, chè Legato all'alta impresa Mandera 'l Zio con molti fanti à Vienna; Caderà, ma per lui la Fama ha presa La tromba d'oro, e l'argentata penna; Viuerà quand'ancor fia cener trita; Hor taccia il volgo vil, che muore in vita. 64. Segue’ l figliuol Asdrubale, che quando Coprirà quasi 'l mar d'antenne, e vele Dragutte incontro Malta al memorando Assalto di sant'Ermo, e san Michele. Torre, se miri 'l piè, balen, se 'l brando, Appar frà i merli, e mostra indi al crudele Solimano, chè puote in molti modi - Malta l'offese vendicar di Rhodi. 65. Ecco Lorenzo il Principe d’ Vrbino, Chè sfronda l'alta Rouere di Gioue, Mà non la suelle già, ch’ alto destino Vuol, chè perpetua l'Aquila vi coue. - General quei del popol Fiorentino Chiude i suò dì con gloriose proue. Di Bologna, e d'Oruernia hor la Contessa Maddalena sua moglie è seco espressa. 66. Ecco Alessandro, chè negli aurei scanni Potrà le Palle incoronar Reine. Duca souran, se miri 'l pondo, e gli anni, Vano altresì, s'i ciechi amori, e’ l fine. Homicida cugino atroci inganni Non gli ordisca crudel frà le cortine; Morte sempre così nascoso ha dietro À piaceri di Venere’ l feretro. 67. E Margherita sua languida sposa Figlia di Carlo bagnerà la guancia. Vedi colei, per cui più auuenturosa Non so, se potrà dirsi Etruria, ò Francia; Nella cui man veder puoi come posa Lo scettro Arrigo è vn colpo sol di lancia, Madre di Rè, di Rè Consorte, afflitta, Mà in sua fortuna Caterina inuitta. 68. Questa d'un Regno pien di scettri il pondo Sosterrà ben pè fanciulletti Regi, Veneranda Reina, e col profondo Senno vendicherà l'onte, e i dispregi, E pria chè di sè lasci in bruno 'l mondo Sposa Real dà Lotaringi egregi -- - Conuien, ch’ all'Arno suo rimandi, e quanto Tolse, togliendo se, renda altretanto. 69. Quei chè nell'altro ramo appar primiero Laudomia haurà la nobile Acciaiuola Lorenzo è’ l figlio, il prode Caualiero, C’ ha l'Appiana, vnica Donna, e sola. Nasce di loro il generoso Piero, E dà lui vien con sacra mitra, e stola Di Bisiers il buon Pastor. Pon cura À quel, chè 'l vapor denso hor ne figura. 70. Giouanni è quegli, auuenturoso padre Di Figlio Eroe; con santo amor l’inuesca Vedoua sposa Caterina, e madre De Riari, l'Amazone Sforzesca, L'assedio sostener d'armate squadre Impari’ l huomo dà virtù donnesca; Al figlio il padre darà’ l nome, e l'arte - Costei di guerra al gran Mediceo Marte. 71. Et è quei, chè con l'elmo, e l'alte spalle Eccede, com’ ogn’ altro in gloria auanza; Milano al suo Bisauo, al suo Aniballe, Similissimo agli atti, e alla sembianza, Lo vedrà armato in sanguinar le Palle Dell’ aureo scudo in vn horribil danza; E far della sua spada in mezo al campo Il fulmine minor impeto, e lampo. 72. Fanciullo ancora impugnerà la lancia Frà Liguri col celebre Vitello, E nell’ Adda 'l corsier sino alla pancia Tufferà col Grigion suo bel drappello, Tutto cacciando 'l popolo di Francia Sol col terribil guardo entro’l castello; Nè l'oste si terrà dentro alle mura Dà lui, terror de Capitan, sicura. 73. San Giorgio acquisterà con l'altra Terra Posta sul fiume, oue cadeo Fetonte; Indi à Grauina prouocando in guerra Renzo, lo caccierà di là dal monte. Espugnator di Carauaggio à terra Manderà del Tesin sanguigno’ l ponte, Vedrà affondar i Franchi, e à Bufaloro Assorbir l’ onda, e l'onda assorbir loro. 74. Qual mirò Troia vincitore Achille Molle, e difforme sopra Ettore esangue; Tal vedrà lui Pauia frà chiare stille Di bel sudore, e di non brutto sangue. E perchè vale vn huomo sol per mille, Lo visita’ l Rè Franco allhor, chè langue; Cui, mentre’ l curan pur Fisici industri, Di sua man fascia le ferite illustri. 75. Mà sù’ l lago di Garda, allhor chè sono Note sue proue, e fà l'estrema possa, L'ancide (ahi lasa) allo scoppiar d’vn tuono D'inimica bombarda aspra percossa. Vrna ’l Mincio non ha, chè degno dono Sià delle belle ceneri, e dell' ossa; Mà frà i Trofei dè suo Gonzaghi 'l brando Sospenda pur del Fiorentino Orlando. 76. Non ha dunque vn esercito d’ Augusto À sua morte bastante ò spada, ò mano, Chè per l'alma cacciar dal nobil busto Del fulmine sia d’ vopo, e di Vulcano? Scocchi, deh Scocchi, oh Dio, colpo si ingiusto Dà si chiaro Guerriero ò lunge, ò inuano; Con minor danno il bellico tormento Ben potrebbe degli altri ancider cento. 77. Tù muori, è degno di più lunga vita Troppo per tempo, e dal tuo Rè bramato. Non sarebbe l'istesa Audacia ardita Por mano in lui, se tù gli fussi à lato. Mà vanne in pace, poi che humana aita Vincer non può l’ insuperabil Fato. Pugnerà’ l Rè, mà vincerà Fortuna, Poi chè spesso virtù cede à quest’ vna. 78. Ecco 'l figliuolo , à cui soura 'l crin biondo Nuoua Corona, e splendida riluce ; Come di Troia il gran Caual fecondo Espose questo, e quello inuitto Duce. Ò qual racconta Fama antica al mondo, Ch’ vscir d'vn ouo Castore, e Polluce, Così vedranno li duò opposti Poli L' eccelse Palle partorire i soli. 79. Il generoso Cosmo io dico, il Grande Duce, ch’ i prischi Rè dè Toschi auanza; Haurà, perchè fanciullo altrui comande Canuto senno in giouenil sembianza; Egli del mar contro l'Arpie nefande Farà di Caualier bella adunanza; Ch’ Argonauti di Christo inuitti, e fidi Nè purgheranno'l mar per tutti i lidi. 80. Fia miracol veder maturo’ l frutto Preceder la stagione, e quasi’l seme; Virtù precorre 'l regno, e 'l regno al tutto L' età, cui tanta macchina non preme. Conspira in lui l'inuidia, il vento, e 'l flutto, Perch’ ei non regni, ei regna, e vince insieme, Chè doma i mostri, e tronca i rei consigli, L'Idre, e dell'Idre i rinascenti figli. 81. Tù sarai 'l primo à incoronar d'alloro Il vincitor d'ire ciuili, e folli, Ò Montemurlo, chè rubini, & oro Vendemmi ogn'hor dà pampinosi colli; Dalle ruine tue, ch'auanzi foro Dì Castruccio, à gran pena il capo estolli; Ruine eccelse ancor, poi chè dall'ime Reliquie, s'alza il volo altrui sublime. 82. Per lui s’ arma virtù, pugna Fortuna, Sè questa è cieca, quella ha l'occhio sano. Mà cieca nò, se scorta ha sol quell’ vna, Quella 'l principio, e questa ha’ l fine in mano. Ascanio dalla Cornia, e Gian di luna, Il Baglioni, il Vitelli, e 'l Marignano, E 'l buon Colonna al soldo suo conduce, Degni di lui Guerrieri, il sommo Duce. 83. Mà perchè malageuole è 'l camino Ond’ all’ honor si poggia, e raro è 'l bello; Del Rè di Francia il nuouo Paladino Piero strozzi s'oppone, aspro rubello; Prior di Capua ha 'l suo Leon vicino, Chè ragge sì, mà vedrà questi, e quello, Mentre i suò Franchi volgeran le spalle, Frà le stelle rotar l'ardenti Palle. 84. Cederà lucignano all'aurea spada, Cederà Montalcino all'aurea lancia; La lupa ancor, se ben combatte, e bada Ferita nella gola, e nella pancia, Dispone’ l Cielo al fin, che sotto cada Al vincitor di Siena, anzi di Francia; Chè sol non vince allhor, chè non guerreggia, Ne guerra manca ad huom , chè signoreggia. 85. Arti nodrir, e tribunali, e studi Aprir,e fecondar lingue, & inchiostri; Munir porti, Città fondar, paludi Seccar, e fabbricar palagi, e chiostri; Fian grandi sì, ma sue minor virtudi, Perch' egual anco à Regi ei si dimostri, Haurà di Magno in Campidoglio (come Trà Alessandro, e Pompeo sia terzo) il nome. 86. Leonora, anzi vna Androgene virile Di Toledo, ò vna Ortensia haurà consorte, Qual Emilia, ò Sulpizia à lei simile Hebbe Roma, ò qual huom costante, e forte? Dalla Real Partenope gentile À fecondar vien la Toscana Corte Di numerosa Prole alta, e serena, À cui spose nodrisce Austria, e Lorena. 87. Il Gran Francesco, ch'all’ Hispana Reggia Del Rè, c’ ha sopra tanti Rè domino, Tragge perch' alti modi apprenda, e veggia, Come vn buon Rè sormonti à Dio vicino; Ritorna instrutto, e di virtù gareggia Col Genitor il nobil Peregrino, Qual giudizio, ò qual lode ha’ l suo gouerno, Cui cede’ l Regno il testimon paterno? 88. Di sangue Imperial Donzella Augusta Haurà sposa degnissima di lui; Mà quasi vn lampo, chè per l'aria adusta Nel punto fugge, chè si mostra altrui, Ritornerà l'anima bella, e giusta Schiua del mondo, ò sfere eterne, à vui; Mà pria non già, chè due figlie leggiadre Non lasci, amati pegni, al mesto Padre. 89. La doue nacque il Mantouano Homero Doppia Corona sù la bella chioma Haurà Leonora, e del pesante impero Al buon Vincenzo alleggierà la soma; Potrà l'ostro,'l valore, e 'l nome altero Del porporato Zio render à Roma, E nel suo grembo folgoranti, e vaghe Nodrir à Gioue l'Aquile Gonzaghe. 90. L'altra, chè sembra vscir di Paradiso Trè volte serenissima Maria Al nome, al sangue, à detti, all'opre, al viso Ammirabile, Augusta, eccelsa, e pia, Prima Donna del mondo, ha seco assiso Il Rè, ch'i Regni suoi sa vincer pria; Dico il Borbone Eroe, che si egli è degno Di Regno tali; del Rè Questa, e del Regno. 91. Il regnar è quagiù frà voi mortali Di terreno valor proua celeste; Guardi Dio, guardi 'l Ciel l'Alme Reali, E volga nel suo autor l'armi funeste, - Quando armeran l' atroci Ombre Infernali Dà nuoue Furie vn agitato Oreste; Ò scelerata mano, empia ferita, Ch'à lei 'l Consorte inuoli, e à lui la vita. 92. Io dà lunge t’ inchino, e ti salato, Idol di Francia, Idol d'Etruria, e mio, Riuerita signora, e l' alto aiuto - À sì grand’ vopo io per tè chieggio à Dio. Di tue lagrime belle il gran tributo Chiede 'l gran caso, e teco piango anch'io. Mà chè fia poi? Donna sei tù ben tale, Ch’ agguagliar puoi la medicina al male. 93. Pianga femmina vil, chè tosto inchina, E à cui manca’ l sauer, se 'l pianto auanza; Ò Figlia, ò Regia Figlia, ò pia Reina Non tù sei tale; Hai di gran Rè sembianza. Armi, e guerre trattar sara, e mattina, Leggi, offici, e gouerni hai per vsanza, Piantar moli, e Città, naui, e tesori, Oste adunar; son l’ opre tue minori. 94. Dà radice spiantar le spine, e 'l loglio Dà quella fè, chè tù beuesti Infante; E farti, incontra ogni nemico orgoglio, Seguir Fortuna, e gir Virtude auante, Di Trofei, di Trionfi vn Campidoglio Far sopra Olimpo, e 'l Nome tuo tonante Sbigottir gli Indi, e impallidir i Mori; Opre tue grandi sì, non le maggiori. 95. Nodrir vn nuouo Carlo à Santa Chiesa, Mandar altro Goffredo in Palestina; Dar legge à Regi, e la cotanto offesa Richiamar dell’ esilio Astrea diuina; Di Bianca, e d'Isabella ogn’ alta impresa Vincer oprando, & Anna, e Caterina. Saran vanti maggiori, onde Parigi D’vn grandè Arrigo habbia vn maggior Luigi. 96. Và lieta, ch'à tua vedoua fortuna È con perpetue nozze Iddio marito. Poi dice à mè. Per celebrar quest'vna Homai t'accingi; & io. Legge è l'inuito; Mà indarno Febo in Helicona aduna Il suo canoro popolo infinito, Che sì bel Sole, à cui non veggio occaso, Degna di lui non ha Musa in Parnaso. 97. Risponde allhor; Non di Febea menzogna E d' vopo, ò di Sirena adulatrice; Ma del Cielo 'l fauore, e 'l mio bisogna, Ò d'Aquila 'l gran volo, è di Fenice. À roca Musa è tanto honor vergogna (Ripiglio) adunque; io d’ Icaro infelice Temo’ l gran caso rinouar in Senna, Se non sostien Aura Real mia penna. 98. Quindi soggiugne. Ecco l'altero, e degno Successor di Francesco; Hor mira intento; Fernando il Grande, il pio, non men sostegno Di pace à voi, chè d'Affrica spauento. Pria meritar, chè posseder il regno, E regnar frà i gran Rè d'alto ardimento, Vedrassi cinto d'immortale Alloro, E la porpora sua cangiarsi in oro. 99. Vedoue oppresse, e vergini indifese, Innocenti fanciulli, e vecchi infermi Solleuar, e nodrir farà cortese, E Cenobi ordinar diuoti, & ermi. Della fede comune alle difese Presidi mantener sicuri, e fermi, Cigni premiar, dè saggi suo gouerni, E di sue prome testimoni eterni. 100. Per honorar il nuoua Muzio Hispano, Salamandra di Dio, Lorenzo inuitto, Di gran Tempio à incrostar il ricco piano Impouerir farà l'Indo, e l'Egitto. Mà le Colonne, i muri, e’ l Ciel sourano Auanzeran, qual più famoso è scritto. Appo cui vil dirò la ricca soma, Che Pompeo ti portò, superba Roma. 101. Il mar, chè dall' Europa Asia diuide, E Sesto quincì, e quindi Abido bagna, À ponte sottoporre, e verso Elide Per le cauerne addur della montagna, Come prigion poteo Xerse, ed Alcide Piantar le Mete, oue l'Oceano stagna, Memoriè illustri son, mà non bastanti Ad agguagliar, Fernando, i tuò gran vanti. 102. Mentre Liuorno tuo d’ alti ripari Chiudi con tanta prouuidenza, & arte. Cò legni tuoi tutti cercare i mari, Far tremar l'Oriente, e sfidar Marte; Effetti propri tuoi, quanto più rari Viddersi vnquanco , ò mai lessersi in carte? Nè'l Trace sol rispinger importuno, Mà nè suo Regni minacciar Nettuno ? 103. Degnissima di lui sarai Christina, Madre feconda di Real Famiglia; Del gran Liberator di Palestina Fortunata Nipote, eccelsa Figlia Di Carlo, & all'inuitta Caterina Simile agli atti, all’ habito, alle ciglia; Palme, e candide Oliue (ò d'aureo senno Lotaringa Minerua) à tè si denno. 104. Segue à gran passo i primi duò germani Per via d'honor Pietro il gentil Barone, General degli eserciti Italiani Sarà di Spagna per le due Corone, E splenderà frà i Caualier sourani Con l’ Insegna gentil del bel Tosone, Non haurà regno, e haurà di regno il merto, Perch’ à certo valore è’l premio incerto. 105. Eguali al volto , agli atti, eguali agli anni Gemelli crederrai, quei c’ hor t'addito; Togato è l’ vno il Principe Giouanni Di Peregrina porpora vestito. E Garzia l'altro; il Padre in negri panni Veggio di duò bei Figli impouerito. Morte, empia morte alle duo belle Piante Perdoni. Hor tù non domandar più auante. 106. All'Auo suo simile, al nome, all'arte Di Cosmo vien l’ vltimo Figlio armato, General fia de fulmini di Marte In Fiandra, e General dello steccato. Chì loderà questo Guerriero in parte Dall’ istesso suo Cesare lodato, Archimede nouello, à cui non parco Dè suoi tesori poi sarà san Marco? 107. Il verzzoso Drappel, ch’ vnito insieme Il cerchio suo ver noi rapido inchina, Del real Ferdinando è’ l chiaro seme, Ch’alle Porpore, e à Manti il Ciel destina, Chiara del nobil Arno vnica speme, Fortunata d’ Eroi stirpe Reina, Veggio vetusto al fin col tuo crin biondo Ringiouenir per tua virtude’l mondo. 108. Gran Cosmo tù, chè’ l quarto lustro à pena Chiudi, & auanzi i più canuti Regi, Vedrai venir dalla più adusta arena À inchinarsi à tuo piè Principi egregi, Et ammirarti, ò Maestà serena, Maggior di tua grandezza, e de lor pregi, Compor leggi, e dettar Rescritti aurati À tuò Guerrieri in mezo, e à tuò Togati. 109. Iddio ti salui, ò dell'amata, e bella Fiorenza, inuitto Regnator felice Io pur dà lungi riuerisco quella Magnanima sembianza; Hor più non lice. Così ognhor ti secondi amica stella, - Com’ il cor mio t’ applaude, e benedice, Et in pace t’ annunzia i Toschi seggi, Gran Padre delle Muse, e d'auree Leggi. 110. Principe Eroe segui pur tua vittoria, Per quel sentier, ch'è à tua bontade aperto, E perdona, se quì più lunga istoria Narrar mi vieta’ l Ciel del tuo gran merto. Il Ciel, chè già prescriue ogni tua gloria, E l'esequisce il Fato, e 'l Fato è certo. Gran cose intanto concepisci, come Arno le spera, à tè fatali, e al nome. 111. Di sangue, io non dirò terreno, à cui Vn mondo è poco, e due non saran molto, Poi chè la terra partorisce à lui Mondo nouello; À tè fia 'l resto occolto. La Real Maddalena haurai, ch'altrui Potrà Augusta parer agli atti, al volto. Chè rimembrar faran vostre Corone Nuoui sposi veder Gioue, e Giunone. 112. Venga più lieta sposa, e più felice - Dell'altre due, chè à lei verranno auante, L'Austriaca terza Etrusca Imperatrice Di Figli ad arricchirti, ò Regio Amante. Germoglin pur dall'aurea sua radice Aurei Fiori, aurei Pomi, & auree Piante; E sia di par frà gli Arciduchi suoi Oriente chiarissimo d' Eroi. 113. Ecco del chiaro Cosmo il buon Germano Francesco, à cui più d’ vn Alloro è nato; Già suda Bronte al mantice, e Vulcano Per temprargli la spada, e l'elmo aurato; Già si tinge al suo crin l'ostro Romano, Là Filippo l’ inuita, e quà'l Senato De porporati Eroi; Pende egli incerto, E intanto ha doppia lode, e doppio merto. 114. Il terzo è Carlo. Hor se non mente’ l nome, Ò la legge de nomi osseruatrice; Ò se non è miser huom saggio, come Credette alcun, sarà saggio, e felice. E pur mente in altrui, c’ ha graui some, Sol perchè sia l'arte Febea infelice. Deh porgi mano (ad onta hor di fortuna) Buon Carlo tù, s’ i nomi han grazia alcuna. 115. Ecco Lorenzo al fin, chè le bell’ orme Del Genitor preme col piè ineguale; Come additò già le paterne forme Andromache al figliuol nell' alte sale. Così Madre Real, chè mai non dorme, Sprona’ l desio, chè per se corre, e sale, Oue Virtude è più sublime, e rada Nè pregi della penna, e della spada. 116. Mira le trè dirò Grazie Sorelle Nate di Cosmo, anzi di Gioue stesso; D'vn Alfonso, e d'vn Cesare son quelle Prime, chè vanno à Duci loro appresso. Ò lucrezia, ò Virginia, ò degne, ò belle Mà troppo tarde à giugner in Permesso Frà l' Estensi Corone, e frà coloro Lodati sì dal Ferrarese Alloro. 117. Del miglior seme del valor Latino Haurà la Terza il Principe Romano; Onde Virginio il glorioso Orsino Fiorirà di Trofei l'Istro, e 'l Giordano; E nodrirà al buon popol di Quirino Bella d' Eroi Famiglia, e al Vaticano. Chè (s'hauer dee valor mercede alcuna) Minor del suo Alessandro è ogni fortuna. 118. Antonio è quei, chè Venturier conduce Sul Danubio d'Etruria il più bel Fiore; E con pochi destrieri, ond’ egli è Duce, Peregrina felice, e merca honore. Con bianca insegna Caualieri adduce Di Capestrano splendido signore; Di lui ben canteran le trombe amiche Hora gli Ozij honorati, hor le fatiche. 119. Mira di Pietro i duo bei Figli egregi, Ch'à Flora sua restituisce Hispagna; Coppia gentil, chè de paterni pregi Calca i vestigi, e si fa lor compagna. La Toga, la Pretesta, e l’ armi, e i fregi Prepari in breue pur Roma, e Lamagna. Perche à imprese magnanime, e leggiadre De figli, sferza è la virtù del padre. 120. Ecco Alessandro; Alla suprema sede Giungerà poi Leone al nome, à pregi; L’ardente Croce, chè’l Piropo eccede, Primiera insegna è dè suò chiari fregi; Ben saggio chì in Dio ferma il primo piede, Ch'orma diuiene agli altri passi egregi ; Il mondo (eccetto lui) vedrà di rado Huom', chè si leui al Ciel digrado ingrado. 121. Tardi cresce così l'abete, e'l pino, Quindi i secoli eccede, e i monti agguaglia, Tal ei d'erta virtù sù l' Apennino Sorgerà quanto fia, chè lento saglia. Vedergli in sacra Mitra, e in bianco lino L'elmo cangiar, cangiar vsbergo, e maglia, E l'hasta diuenir sacrato hastile, Pastor l'annunzia al Fiorentin Ouile. 122. L'alma Città, chiaue del Cielo, e porta, Où ha virtude il premio suo più certo, Del suo valor, per lunga proua, accorta, Mercè darà, mà non eguale al merto; Al crin sacra imporrà porpora attorta; Ò ben sofferti affanni, ò ben sofferto Sudor; non senza pregio è offizio pio, Nè senza palma il faticar per Dio. 123. Nè tù sarai di sì bell’ ostro, indegno Primogenito pur di Flora, ò Prato, Ricco di quel, c’ hebbe dal Cielo in pegno Chì credeo solo al dito, & al costato. Ò del Ciel bella spoglia, ond'è men degno Il latteo Cerchio, e d'Iri il Cinto aurato. Benedetta Colei, ch’ in tè si cinse, E tè beata, onde 'l bel sen s'auuinse. 124. Là nel ferace, e dilette vol piano, Oue Bisenzo placido declina, Sederà frà bei fiori ei Fior sourano, E nell'altera già Città latina Preneste, dal suo giogo (ò fasto humano) Cadente, e stabil solo in sua ruina ; Nelle cui moli si vendemmia, & ara, Nè l'huomo ancora è fabricar impara. 125. Il Rè Franco (e saria men graue pondo I Poli vnire, ò s'altra è maggior mole) Col Rè, chè porre oltre i confin del mondo Potrà i suò Regni, e misurar col Sole, Placare, e del Bifronte il Tempio immondo Chiudere, e sigillar con sacre stole Lo vedrà Senna, e far riporre il brando Al Quarto Arrigo, anzi al secondo Orlando. 126. Come diuiso già, ne gran litigi Di Cesare, e Pompeo, fù 'l mondo armato; Si vedran riuerenti in San Dionigi Piegar gli Scettri al Caduceo sacrato. Con le due Spagne tranquillar Parigi, Anzi la terra tutta il buon Legato, Potrà solo, e potrà far di què dui Tacer le trombe, ò sol cantar di lui. 127. Qual nell'aria sottil vapor s'accende, E di stella diuien lucida chioma, Tal questi se soura se alzando ascende Di Piero’l Trono, anzi di Christo in Roma. Non l’ Vniuerso graua lui, ne pende Il tergo annoso alla stellata soma; Ben riuerente alle sacrate piante S'incurua Olimpo, e humil s'inchina Atlante. 128. Non pose in Campidoglio, ò sul Tarpeo Roma Guerriera già, Roma Reina À Trionfi di Mario, ò di Pompeo Per la palma Asiatica, ò Sabina, Statua, od Arco giamai, giamai Trofeo Pompa, ò Macchina eccelsa, o peregrina, Quali ergeransi à lui, chè pur fia degno In terra hauer con Dio comune 'l Regno. 129. Haurà ben d'onde il ferreo mondo oppresso Medicina sperar certa, e ristoro; Chè 'l Cielo in terra compartire spesso Le Chiaui si vedran d'argento, e d’ oro. E mercar (se nol vieta humano eccesso) Di Pier la nauicella vn pio tesoro. Mà qual tetro m'attrista oscuro velo? Sì bel Sol perde tosto il vostro Cielo. 130. Quì col parlar vscì rotto vn sospiro, E col sospir le lagrime sorelle; Poi disse volto al mobile Zaffiro; Ò dal Cielo aspettato, e frà le stelle, Non piango io tè, non già, cui pur desiro, Chè t’ affretti acquistar cose più belle; Mà piango quel, ch’ accenna horrida eclisse. Quì sparue'l nembo, & ella più non disse. 131. Allhor chiuse le labbra, e 'l libro; & io, Ò mia saggia Maestra, incominciai, Se di saper è natural desio Fia l'insegnar degno di tè, chè sai. Dimmi, se voi, chè l'incarnato Dio - Precorreste, nascendo, ò poco, ò assai, Credeste nell'Autor della salute Ò sete giù frà l'anime perdute? - 132. Deh non errar col volgo, ella soggiunge, Mà segui lui, ch'à Dio salì vicino; E se tant’ alto il tuo pensier non giunge, Intento ascolta il celebre Agostino. Noi, chè veder, e altrui mostrar dà lunge Potemmo, haurem fallito il bel camino? Virginità, studi, vigilie, e fede Preghi, e digiuni andran senza mercede? 133. Chì di Profeti fè all'Hebreo tal parte, Volle messi mandare al Perso, e al Greco, Chiamò, per detestar Venere, e Marte, Vergini Donne, e pie d'horrido speco; E noi quinci annunziammo in voce, e in carte Luce, è cui chiuse gli occhi il popol cieco. Ma ecco l'Alba, ch' apre l’ vscio al Sole; Dise, e n'andò col suon delle parole? IL FINE.