Errori più manifesti commessi da Messer Giorgio Coresio

Critique of Coresio's work on floating bodies

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            <title>Benedetto Castelli's Errori di Coresios (1613): A Basic TEI Edition</title>
            <author>Galileo’s Library Digitization Project</author>
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                <orgName>the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)</orgName>
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              <addrLine>360 Huntington Avenue</addrLine>
              <addrLine>Northeastern University</addrLine>
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            <note>Based on the national edition, corrected to BNCF Ms. Gal. 45 (formerly T. XVI)</note>
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               <title>Errori dei piu' manifesti comessi da Messer Giorgio Coresio lettore di lingua greca in Pisa, nella sua operetta del Galleggiare della Figura. Raccolti da D. Benedetto Castelli di Brescia in Badia di Firenze</title>
               <author>Castelli, Benedetto; Galilei, Galileo</author>
               <pubPlace></pubPlace>
               <publisher></publisher>
               <date>1613</date>
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            <p>This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).</p>
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            <p>This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.</p>
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         <editorialDecl>
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               <p>Lists of errata have not been incorporated into the text. Typos have not been corrected.</p>
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               <p>The letters u and v, often interchangeable in early Italian books, are reproduced as found or as interpreted by the OCR algorithm. Punctuation has been maintained. The goal is an unedited late Renaissance text for study.</p>
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               <p>Hyphenation has been maintained unless it pertains to a line break (see "segmentation").</p>
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               <p>Word breaks across lines have not been maintained. The word appears in the line in which the first letters were printed. Words broken across pages appear on the page on which the first letters appear. Catch words are not included.</p>
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<pb n="7 recto"/>
<lb/>Errori più manifesti commessi da Messer Giorgio Coresio, lettore di lingua Greca 
<lb/>dalla sua operetta del galleggiare della figura, raccolti 
<lb/>da D. Benedetto Castelli di Brescia,... in badia di firenze.
<lb/>Prima, erra Messer Giorgio Coresio di troppa animosità, arischiandosi 
<lb/>disputare senza Geometria con un Geometra,
<lb/>perche chiaro è, che il Geometra ha detto male, non 
<lb/>può esser corretto se non da chi intende, e, se ha 
<lb/>detto bene, è una pazzia il riprenderlo.
<lb/>Erra nelle due inscrizioni della sua Operetta, e mi manca assai nelle mani, 
<lb/>havendo nella prima proposto un' Operetta intorno 
<lb/>al galleggiare de' corpi solidi e poi nella seconda 
<lb/>(diminuendo assai la prima, con mettersi ancora in sospetto
<lb/>d'animo più desideroso di contradire che di saper 
<lb/>il vero) mi promette solo una dichiarazione dell' opinione 
<lb/>d'Aristotile intorno al galleggiare della 
<lb/>figura contro l' opposizione del Sig. Galileo. Haverei 
<lb/>voluto che Messer Giorgio havesse sodisfatto al primo titolo, 
<lb/>che è d' una cosa vera, bella, e che si ritrova in 
<lb/>natura, e non m' havesse proposto il secondo titolo
<lb/>del galleggiar della figura, cosa vana, et imipossibile, 
<lb/>come chiaramente ha dimostrato il Sig. Galileo, e che ha del 
<lb/>ridicoloso, non meno che il voler trattare del Volare 
<lb/>della Talpa.
<lb/>Erra in quella prima conseguenz,a che fà nel principio 
<lb/>del suo Proemio, deducendo, che i Litterati, oltra tutti 
<lb/>gli altri, starebbono in continua pace, e concordia trà 
<lb/>di loro, se gli huomini si quietassero ugualmente 
<pb n="7 verso"/>
<lb/>nel vero; doveva dedurre, gli huomini starebbono in 
<lb/>continua concordia trà di loro, chè la conseguenza caminava 
<lb/>bene, e non concludere de' letterati solamiente
<lb/>oltre tutti gli altri; perche quando gli huomini si 
<lb/>quietassero ugualmenite nel vero, non saria 
<lb/>differenza trà letterati, e altri ignoranti, già che 
<lb/>tutti sarebbono letterati a un modo.
<lb/> 
<lb/>Erra in voler introdurre intorbidamento di dispute dove 
<lb/>la verità è manifestata con evidentissime dimostrazioni, 
<lb/>sotto pretesto che la varietà delle opinioni, e le liti
<lb/>de' letterati partorischino gran bene; perche simili 
<lb/>confusioni, sono gran perditemnpo, oltre che non poco 
<lb/>derogano alla maestà della scienza: era più sano
<lb/>consiglio cercare d'intendere il Discorso del Sig. Galileo, 
<lb/>e ringraziarlo di haver aperta sì bella strada di 
<lb/>Filosofare, con maniera tanto salda, e sicura, fondata 
<lb/>nelle cose stesse, e nella natura, e non nei libri 
<lb/>o forza de' vocaboli grechi.
<lb/>Erra in pretendere che il Sig. Galileo habbia mandato alle 
<lb/>stampe il suo Discorso per risvegliare gli animi de' litterati, 
<lb/>e non perche realmente quello che ha esposto 
<lb/>sia sua opinione: prima perche un pari del Sig. Galileo 
<lb/>non stà in queste puerizie; poi io, che mediante 
<lb/>il suo aiuto, ho intese le sue ragioni, e conclusioni, so 
<lb/>di sicuro e fo ampia fede al Messer Giorgio, Che 
<lb/>l'opinione esposta nel discorso è veramente del Sig. Galileo
<lb/>e non occorre pretendere altro.
<pb n="8 recto"/>
<lb/>Erra ancora volendo contradire al Sig. Galileo, che ha detto 
<lb/>creder più tosto il ghiaccio esser acqua rarefatta, che 
<lb/>condensata, e soggionti i motivi di questa sua credenza, 
<lb/>cioè la dinminuzion del peso, e l'accresciniento 
<lb/>di mole, erra dico, per impugnar questo detto, in 
<lb/>movere altri punti, sè questo sia detto in universale, 
<lb/>o in particolare, sè si voglia intendere che sia, o non
<lb/>sia proprietà del freddo condensare, se sia rarefatto 
<lb/>propriamente; o accidentalmente; perche tutte sono 
<lb/>fughe vane quanto al proposito s' aspetta: impugni 
<lb/>pure Messer Giorgio la conclusione, sè può, e, distrugga 
<lb/>i principii da quali depende, che questo è l’ obligo in 
<lb/>che si è messo.
<lb/>Erra a pensare che, essendo di natura del caldo congregare 
<lb/>le cose del medesimo genere, non sia del contrario del caldo, 
<lb/>cioè del freddo; natura di separare le cose del medesimo 
<lb/>genere; dal che non havrebbe poi occasione di maravigliarsi 
<lb/>che il freddo, nel agghiacciare l’acqua rarefaccia 
<lb/>le parti sue.
<lb/>Erra, e manca assai, nel risolvere il dubio delle cose 
<lb/>medicinali di diverso genere, unite dal caldo, contro 
<lb/>la natura del caldo, che è di separare le cose di diverso 
<lb/>genere, erra, dico, perche risponde, che il caldo le unisce 
<lb/>per ragione di qualche similitudine; hora io dico 
<lb/>che resta maggior dubitazione in che modo sia possibile 
<pb n="8 verso"/>
<lb/>che il caldo unisca la scamonea con il Zuccaro, 
<lb/>e con l’Agarico, per qualche simulitudine, e non più 
<lb/>tosto li separi per la stravagantissima dissimulitudine.
<lb/>Erra dicendo che il caldo quando ritrova l’humido in 
<lb/>un corpo, constringa quel corpo, perche il caldo 
<lb/>del forno ritrova l’ humido nel pane, e lo rarefà.
<lb/>Erra a prononziare così francamente come fa, che le 
<lb/>descrizioni del freddo e del caldo date da Aristotile sono tali
<lb/>che non è da dubitare se sian vere o false; e questo 
<lb/>io dico perche patiscono gagliardissime opposizioni, oltre 
<lb/>le dette; delle quali ne metterò qua una per insegnamento 
<lb/>di Messer Giorgio, e questa è, che mentre si descrive il 
<lb/>caldo, e ‘l freddo per operazioni che non li competono 
<lb/>sempre, come sono il condensare, e ‘l separare, &amp; tali 
<lb/>descrizioni restano insufficientissime, ne si può dire che 
<lb/>sia buon riffuggio il ricorrere al, per accidente, o 
<lb/>al, da per se, perche in questo modo si lascia libero 
<lb/>campo a chi vorrà dire, che il caldo condensa propriamente 
<lb/>il fango, e che è sua natura il condensare, e 
<lb/>che rarefà la cera per accidente (se però la cera liquefatta,
<lb/>è rarefatta) e non da per se, e questo potrà 
<lb/>egualmente esser sostenuto come l'opposto, prononziato così 
<lb/>alla libera e senza ragione.
<lb/>Erra di più con notabile contradizione mentre hora dice 
<pb n="9 recto"/>
<lb/>che ‘l fuoco e l’aria sono di natura rari, e perciò 
<lb/>rarefanno se possono mai dare quel che non hanno, e 
<lb/>di sopra, nella descrizione del caldo, vole che il caldo 
<lb/>congreghi, posso dire io, e comne può il fuoco per 
<lb/>natura sua congregare se è raro, e non può dare quel
<lb/>che non ha?
<lb/>Erra a non considerare che facendosi il ghiaccio nell' 
<lb/>acqua, non dall' acqua, ne dalla terra, mà dall' aria 
<lb/>contigua alla, superficie dell’ acqua, non è maraviglia,
<lb/>che il ghiaccio sia acqua rarefatta dall’ aria, la quale 
<lb/>essendo per il Coresio nmedesimo, di natura rara può 
<lb/>solo rarefare, e non mai dare quello che e' non ha.
<lb/>Erra d' insipidezza, e move nausea, mettendo grossezze 
<lb/>e sottigliezze de' lati i nelle figure, non intendendo, che 
<lb/>tutti i lati deile figure piane sono linee, quali mai
<lb/>si possono chiamar grosse, se non da chi fosse grossissimo 
<lb/>d' inteiletto: e tutti i lati delle figure solide pur 
<lb/>son linee, e se tal volta si 'ntende delle superficie, 
<lb/>in ogni modo non hanno grossezza, alcuna.
<lb/>Erra a dire come cosa nota che il ghiaccio si fà lo 'nverno
<lb/>quando il freddo constringe tutte le cose, perche non 
<lb/>è vero cie il freddo constringa tutte le cose, rarefacendo 
<lb/>l’acqua nel farla aggiacciare.
<lb/>Erra ancora in logica volendo adoprare questa proposizione 
<lb/>dubiosissima, anzi falsa, da concludere l' intento suo, la 
<pb n="9 verso"/>
<lb/>quale ha bisogno di tanta prova, che quando questa fosse 
<lb/>vera, tutta la disputa, del ghiaccio saria terminata.
<lb/>Erra a chiamare costrette Ie cose che si chiudono nel ghiaccio; 
<lb/>anzi, che più presto sono trà di loro dilongate 
<lb/>nel farsi il ghiaccio, e Messer Giorgio stesso, concedendo 
<lb/>che nel farsi il ghiaccio, ci entri dell’ aria, 
<lb/>e accresca la mole, è sforzato a concedere, che quelle 
<lb/>cose siino più separate, e dilongate del ghiaccio di quello 
<lb/>che erano prima nell' acqua.
<lb/>Erra di grosso, a credere, e presumere che altri credino, 
<lb/>che le cose che sono più sensibili al tatto, e più 
<lb/>visibili siino più dense; perche ogn' uno sà, che 
<lb/>la fiamma è sensibilissima al tatto, e più visibile 
<lb/>di qual si voglia altro corpo naturale, che noi habbiamo, 
<lb/>e con tutto ciò è molto più rara.
<lb/>Erra a dire, che quello, che è più denso, più difficilmente si taglia: 
<lb/>sia più denso perche il pane cotto più difficilmente
<lb/>si taglia della pasta e tuttavia è di quella più
<lb/>raro:
<lb/>Erra Messer Giorgio perche piglia il duro per denso, et 
<lb/>il molle per raro, che pur sono cose diversissime.
<lb/>Erra affermando che il ghiaccio si rarefaccia dal caldo, 
<lb/>anzi si condensa, e si riduce in minor mole, come 
<lb/>so di certo che il Sig. Galileo ha fatto vedere e toccare 
<pb n="10 recto"/>
<lb/>con mano a Messer Giorgio stesso, in presenza dell' 
<lb/>Eccellentissimo Principe Sig. D. Aloise d' Este.
<lb/>Erra chimerizando che il ghiaccio si faccia sentir 
<lb/>più freddo dell' acqua, non perche sia realmente 
<lb/>più freddo, mà per la densita della materia.
<lb/>Anzi dico di più, che erra Messer Giorgio nella propria 
<lb/>dottrina, perche, essendo egli per concedere, che il 
<lb/>ghiaccio sia più raro dell' acqua per accidente, è necessitato 
<lb/>a concedere che per accidente debba parere men 
<lb/>freddo di quella.
<lb/>Che le acque de' ghiacci, e delle nevi siino o non siino mal 
<lb/>sane, mi rimetto à medici. Ma erra ben Messer Giorgio 
<lb/>a concludere che della loro malignità ne sia cagione 
<lb/>la densità del ghiaccio, e della neve essendo questi 
<lb/>rari e non densi.
<lb/>Erra affermando che il ghiaccio resiste più all' esser dissipato 
<lb/>dell' acqua, essendo falsissimo, il che si prova, conciosiache 
<lb/>prese due moli uguali, una di ghiaccio e l’ 
<lb/>altra d' acqua, e di figure simili, esposte che saranno 
<lb/>similmente al caldo, di sicuro si dissiperà prima il 
<lb/>ghiaccio che l’ acqua, et è cosa assai nota, benche 
<lb/>da Messer Giorgio venga detto tutto il contrario: di 
<lb/>modo che non si deve acconsentire che il ghiaccio 
<pb n="10 verso"/>
<lb/>sia più denso dell'acqua, perche resista più alla dissipazione, 
<lb/>essendo vero che resiste meno. 
<lb/>Erra a volere creder a' Greci, e altri in una 
<lb/>cosa che può essere senza loro conosciuita; anzi che 
<lb/>potrebbe essere che i Greci in questo, come in molt' 
<lb/>altre cose, e di grandissimo rilievo, si fossero ingannati.
<lb/>Essendo state da Messer Giorgio prodotte due sorti di rarità 
<lb/>una, che consiste nella sotigliezza delle parti, 
<lb/>e l’ altra che consiste nella distanza delle parti, 
<lb/>e già che questa rarità vien concessa nel ghiaccio
<lb/>e questa medesima rarità, è cagione per detto del 
<lb/>Coresio, fac. decima della sua operetta, di leggerezza;
<lb/>si conosce chiaramente che Messer Giorgio 
<lb/>erra a contradire al Sig. Galileo, che ha detto, creder 
<lb/>che il ghiaccio sia acqua rarefatta, pierchè cresce di 
<lb/>mole, et è più leggieri dell’ acqua standovi a galla.
<lb/>Erra ancora a dire che il ghiaccio sia rarefatto per accidente, 
<lb/>e non di necessità della sua natura, massime che 
<lb/>Messer Giorgio stesso confessa che di necessità alla constituzione 
<lb/>del ghiaccio, è necessaria la distanza delle parti.
<lb/>Io ancorche più volte habbia letto, e riletto; e per me, 
<lb/>e per sodisfazione di alcuni Signori miei Patroni, il 
<lb/>Discorso del Sig. Galileo, mai ho ritrovato che 
<lb/>dica che Aristotile, non conoscesse che ‘l più grave 
<lb/>descendesse più giù, cioè che le parti terree non cercassero d'andare 
<lb/>al logo loro. Erra, dunque, Messer Giorgio a volere che il Sig. Galileo l’ habbia detto.
<pb n="11 recto"/>
<lb/>Erra nel resto di quel discorso:,nel titolo del quale promette 
<lb/>di provare, che Aristotile senza ragione è 
<lb/>biasamato dall' autore intorno a principii del discendere
<lb/>il solido, ma po, in tutto quel progresso, non 
<lb/>conclude cosa, che faccia a proposito di quanto si 
<lb/>è promesso, ma solo si mette à recitare cinque opinioni
<lb/>diverse trà di loro, intorno alla causa essenziale 
<lb/>del moto con mirabile vanità di empire i foglii. 
<lb/>e v' interpone un trattato delli accidenti che sono 
<lb/>(dice lui) principii dei moti, tutto o direttivamente contro 
<lb/>alla propria opinione, o falso, o spropositato, poichè 
<lb/>mentre pone che la gravità dependa dalla strettura delle 
<lb/>parti, e la levità dalla largura di esse, e havendo 
<lb/>prima concesso nel fine del primo discorso, che la largura 
<lb/>delle parti si ritrova nel ghiaccio, e la leggerezza 
<lb/>nell' aria, è forzato confessare, che il ghiaccio sia 
<lb/>leggiero, e che l’ aria sia rara per la largura delle parti
<lb/>contro quello, che nel imedesimuo passo afferma, havendo 
<lb/>distinto con Giovanni Grammatico dua ssorte di rarità, 
<lb/>una, che consiste nella sottigliezza delle parti come
<lb/>è l’ aria, l’ altra nella lontananza delle parti come 
<lb/>è nel ghiaccio.
<lb/>Erra parimente, di contradizione: perche havendo scritto nel 
<pb n="11 verso"/>
<lb/>principio della faccia undecima che non si deve dire 
<lb/>che la gravità mova, perche la gravità è una potenza, 
<lb/>e per conseguenza non può fare il moto, che 
<lb/>è azzione; più a basso poi nella medesima faccia
<lb/>scordandosi di sè medesimo dice che il moto non è 
<lb/>azzione altrimente, dal che, posso soggiongere io, 
<lb/>che ne segue che non sia impossibile che possa dependere 
<lb/>dalla gravità.
<lb/>Erra, quando dopo una tediosissima confusione di conclusioni,
<lb/>repugnanti trà di loro et alla medesima 
<lb/>opinione et intento principale di Messer Giorgio, inferisce 
<lb/>senza dependenza alcuna la conclusione, 
<lb/>della destruzion del vacuo, e del cedere, con soggionger 
<lb/>senza proposito, il notar delle cose per 
<lb/>aria, e per acqua, con la variazione del mezo,
<lb/>e della figura, e che un sasso si move più velocemente 
<lb/>nel fine che nel principio, e più velocemente 
<lb/>da un logo più alto, che da un più basso
<lb/>e che una nave s' immergera più in un' acqua dolce 
<lb/>che nella marina, e che un legno nella stessa 
<lb/>acqua si profondarà più quanto sarà più grave e 
<lb/>mostra, con queste conclusioni, parte false, e parte 
<lb/>senza proposito, di haver più desiderio d' empire 
<pb n="12 recto"/>
<lb/>i foglii, che di dimostrare quello che nel principio
<lb/>del discorso haveva promesso, e proposto.
<lb/>Dice benissimo, che l’opinione di quelli che stimorno che 
<lb/>il mezo e la figura non ritardassero il moto fu sempre 
<lb/>stimata vana: ma erra bone, se pensa che il Sig. 
<lb/>Galileo non la conceda.
<lb/>Erra dunque dicendo il vero, e l’istesso a punto 
<lb/>che dice il Sig. Galileo, in questo particolare del ritardar 
<lb/>il moto per la figura, e non accorgendosi
<lb/>di dirlo.
<lb/>Erra volendo che la figura perche ritarda possa 
<lb/>fare ancora la quiete, non essendo buona conseguenza
<lb/>questo ha forza di ritardare, dunque, di 
<lb/>quietare.
<lb/>Erra a incorrere, nel principio del terzo discorso in quell' errore 
<lb/>che con falsità haveva imputato al Sig. Galileo cioè pensando 
<lb/>che conforme Aristotile e la natura stessa, si diino 
<lb/>corpi più gravi dell'acqua, che per quella non descendino, 
<lb/>mà galleggino.
<lb/>E vero, che un bello 'ngegno, nel caso proposto dalli Aversarii 
<lb/>del Sig. Galileo, della tavoletta d'Ebano dirà, che 
<lb/>è l'aria, che fa che la tavoletta non discenda,
<lb/>e lo dirà con verità, anzi, per l'aria e sua forza 
<lb/>in simili occasioni si vedono maggior meraviglie
<lb/>come quando dal profondo del mare si alzano 
<lb/>pesi gravissimi ponendo a poco, a poco dell' aria 
<pb n="12 verso"/>
<lb/>in un vascello. Ma erra bene Messer Giorgio a non 
<lb/>intendere come questa risposta sia verissima.
<lb/>Erra nel principio del quarto discorso nel dire che il Sig. Galileo contradica
<lb/>alle sue proprie ragioni imputandogli che egli habbia detto che l'aria non fa 
<lb/>galleggiare i solidi in ogni sorte di figura ma solo in alcune particolari havendo
<lb/>egli dimostrato tutto l’ opposito cioe che ogni sorte di figura che per altro andrà al fondo può in virtù dell' aria 
<lb/>congiontagli galleggiare.
<lb/>Erra replicando fuor di proposito quello che quattro versi 
<lb/>di sopra haveva detto. Haveva premessa una divisione trimembre dicendo trovarsi 
<lb/>tre opinioni di questa cosa, la prima tiene che ' aria solamente operi; la seconda, I'aria e la figura;
<lb/>terza, la figura sola. La prima dice che è dell'autore, e la seconda, di quelli che vogliono che l’ aria 
<lb/>e la figura insieme faccino l’ effetto, e qui pianta il lettore.
<lb/>A voler sodisfare al titolo del quarto discorso, 
<lb/>che è in qual guisa 'l aria sia, o non sia vera 
<lb/>cagione di far galleggiare il solido, era a bastanza 
<lb/>dire, che allhora l’ aria sarà bastante 
<lb/>cagione di trattenere un solido che non vada al
<lb/>fondo, ancorche quel tal solido fosse più grave 
<lb/>in specie dell' acqua, quando congionta con 
<lb/>quello e posta sotto il livello dell'acqua, constituirà una mole men grave di altrettanta 
<lb/>acqua, et allhora non basta trattenerlo,
<lb/>quando, ancorche vi sia congionta l’ aria 
<lb/>stessa, tuttavia la mole che risulta dal solido 
<lb/>e dall'aria, quale sara collocata sotto il livello dell' acqua, eccedera in peso altrettanta acqua,
<lb/>come saldissimamente dimostra il Sig. Galileo nel suo 
<lb/>discorso; e questo fatto stà cosi, e poiche Mlesser Giorgio 
<lb/>non intende, ne poteva assolutamente intendere le 
<lb/>essattissime dimostrazioni, ha errato all' ingrosso 
<lb/>a parlarne.
<lb/>Erra di molti e grossissimi errori in poche righe mentre ei si propone et essemplifica tre maniere di ritenere o sforzare dell' aria, dicendo uno essere per predominio come si vede nelle cose leggieri, e soggiogne, et altri modi: si che comprendendo questo modo molti altri, che meraviglia sarebbe che uno di quelli fosse quello del Sig. Galileo? Di più, come sono tre modi, se sono tre e molti altri modi? Il secondo modo dice esser per moto, e ne dà l’essempio dell' aria mossa dalla calamita, e per tal moto, attraente il ferro: il quale se sia errore o nò non credo che habbia bisogno di grande esplicazione, perche non credo potersi ritrovare huomo così stupido fuori che Messer Giorgio che creda che la calamitia attragga il ferro, mediante il moto dell’ aria, perche in questa guisa attrarrebbe ogn' altro corpo, e non ne attrarrebbe alcuno tutta volta, che trà esso e la calamita tramezasse una tavola, o una muraglia, e pur si vede nisun corpo benchè densissimo interposto trà la calamita, e ‘l ferro, impedire o ritardare la sua azzione. Pone il terzo modo dicendo essere per similianza, come si scorge nelle coppette e putrefazione; errore spropositatissinio, non si potendo intendere che somilianza caschi trà l’aria, le
<lb/>coppette, e la putrefazione.
<lb/>Erra a concludere che l’aria, per esser molto rara 
<lb/>e dissipabile sia di poca e debile virtù, perche
<lb/>oltre che questo è contro la dottrina della quale 
<lb/>Messer Giorgio fa professione, nella quale si afferma il fuoco e l’ aria più attivi e per conseguenza di maggiori forze delli altri elementi soggiongo io di più che 
<lb/>il fuoco è assai più dissipabile e raro dell’ aria, e tuttavia 
<pb n="13 recto"/>
<lb/>ha grandissima, e spaventosa forza, 
<lb/>dico nel movere, e portar pesi contro la natura loro
<lb/>in alto, come si vede in mille esperienze.
<lb/>Quando Messer Giorgio introduce quell' impossibile che seguirebbe, 
<lb/>sè l’ aria havesse forza di sostenere, 
<lb/>che trattenerebbe la terra fuor del luoco suo, erra
<lb/>perche non intende niente niente quel che dice 
<lb/>il Sig. Galileo del trattener dell' aria, e se egli non 
<lb/>intende il Sig. Galileo, non meno mneraviglioso nella forza
<lb/>delle dimostrazioni, che nella chiarezza dell' esplicare 
<lb/>il suo concetto, meno potrà intender me, e però 
<lb/>senza farlo staccar troppo dalla gofferia del suo 
<lb/>argomento li dico, che vadi pensando da qual parte 
<lb/>la terra restarà trattenuta fuora del suo loco, già 
<lb/>che da tutte le parti è circondata dall’ aria.
<lb/>Erra a far quella stravagante conseguenza, che l’ acqua non saria corpo 
<lb/>sollunare se non havesse resistenza alla divisione 
<lb/>della tavoletta, erra, perche non è vero che tutti i corpi 
<lb/>sollunari resistino alla divisione, ne questo è stato 
<lb/>già mai provato, ne credo assolutamente che 
<lb/>si possa provare: anzi, per la dottrina che Messer Giorgio 
<lb/>segue i corpi sopralunari sono quelli che resistono massimamente 
<lb/>alla divisione.
<pb n="13 verso"/>
<lb/>Se Messer Giorgio intendesse che il Sig. Galileo dice che i corpi 
<lb/>più gravi in specie dell’ acqua, tutti, tutti, e sempre
<lb/>discendono in quella, e i più leggieri tutti, tutti, e 
<lb/>sempre stanno a galla, e quelli che sono trà di loro egualmente
<lb/>leggieri, egualmente stanno a galla, cioè eguali 
<lb/>moli di loro sommergono, se in tutta la mole saranno 
<lb/>eguali, se Messer Giorgio dico intendesse questo, o si quietarebbe 
<lb/>nel vero, o non produrebbe, con tanti 
<lb/>errori esperienze spropositate, perche, Erra con 
<lb/>questa ignoranza quando dice: sia preso un vaso 
<lb/>di materia più grave dell’ acqua, quale galleggi per 
<lb/>l’aria, e poi siino presi due corpi di eguale gravità, 
<lb/>mà di mole diseguali, e sii messo dentro a quel vaso 
<lb/>hor l’uno, hor l’altro, che si vedrà che si sommerge, 
<lb/>tanto dell'uno, quanto dell’ altro; hor chi non 
<lb/>vede, che, mentre il peso del vaso è sempre l’ istesso, 
<lb/>e quello delli doi corpi è eguale, e l’aria non pesa 
<lb/>niente nell' acqua, che tanto in una quanto nell' 
<lb/>altra esperienza il solido che è sommerso (sii quanta 
<lb/>si voglia l'aria che si ritrova nel vaso) è 
<pb n="14 recto"/>
<lb/>sempre del miedesimo peso in rispetto all' acqua, e per 
<lb/>tanto resta di lui sempre la medesima parte sommersa? 
<lb/>e questo tutto non è egli scritto, dichiarato, e 
<lb/>dimostrato dal Sig. Galileo nel suo discorso? di modo che 
<lb/>non solo, chi intende, conosce che non è contro la 
<lb/>sua opinione quanto produce Mfesser Giorgio anzi essendo vere le demnostrazioni del discorso, come sono, verissime, è necessario che tutto questo segua. 
<lb/>Ma qui nasce un altro Errore mentre egli mette per assurdo che l’aria possa ritenere tanto la poca quanto la molta senza che l’adduca dimostrazione alcuna il quale errore è tanto maggiore, quanto dal Sig. Galileo è stato molto sotilmente dimostrato occorrere che tanto sostenga
<lb/>moli grandissime una poca quantità di acqua quanto mezo il mare.
<lb/>Erra pur nella seconda esperienza, e mostra di novo, à 
<lb/>chi non se ne fosse acorto avanti, che al tutto non 
<lb/>intende niente di quello, che dice il Sig. Galileo del 
<lb/>trattener dell' aria. Ho detto, e ritorno a dire, che 
<lb/>il Sig. Galileo non solo afferma, che l’ aria è potente a 
<lb/>trattener i corpi gravi a galla, ma che questo fanno 
<lb/>tutti i corpi leggieri quando, congiunti con i gravi, 
<lb/>constituiranno moli di minor peso di altrettanta acqua. 
<lb/>Hor se vi sian congionti con colla, o con calamita, 
<lb/>o con chiodi, poco importa, basta che siino congionti,
<lb/>e Messer Giorgio stesso, nel produr Ia sua espericnza
<lb/>mette nell' acqua un solido composto del vaso, e di quel corpo di
<lb/>che e' ripieno si che galleggi nel qual caso non fà 
<lb/>contro al Sig. Galileo perche questo sarà un composto men 
<pb n="14 verso"/>
<lb/>grave di altrettanta d' acqua, perlochè galleggerà.
<lb/>Erra ancora dicendo che galleggerà sempre tanto quanto 
<lb/>il peso del vaso lo sommnergerà, perche nell' esperienza
<lb/>alle volte, la parte che galleggia di quel corpo, è maggiore
<lb/>alle volte minore, alle volte eguale, a quella, che sarà 
<lb/>sommersa, e Ia ragione di questo, e quando intraverranno 
<lb/>questi casi, e chiara nella quarta proposizione del 
<lb/>discorso.
<lb/>Erra nella terza sua ingegnosissima esperienza, del catino 
<lb/>di rame, che vien giù per aria con moto continovo 
<lb/>(ha detto continovo, acciò non si pensi che venga a saltaoni interrotti.)
<lb/>sin che arriva all' acqua, nella quale non si profonda 
<lb/>ne anche ripieno di quel corpo grave, erra
<lb/>dico, non perche la esperienza sia falsa, perche
<lb/>è vero, che il catino vien giù per aria, ne si profonda nell' 
<lb/>acqua, quando è ripieno d' un corpo grave si che galleggi, mà erra perche pensa che faccia contro il Sig. 
<lb/>Galileo e non s' avede il poveretto, che il catino descende 
<lb/>per aria perche pesa più'i di altrettanta 
<lb/>aria, e non descende per acqua, perche pesa meno
<lb/>di quella cioè di altrettanta mole d' acqua.
<lb/>Non minor errore commette nel produrre l’inconveniente 
<lb/>che seguirebbe nel pesare il Piombo o ferro, perche 
<lb/>non è vero, che il Piombo ridotto in figura piana
<lb/>possa esser sostenuto nell' aria per l’aria congiontagli
<pb n="15 recto"/>
<lb/>dove si pesano simili merci, ma ben potrebbe esser causa di tal fraude, 
<lb/>quando si pesasse ne confini dell' aria, o dell’ 
<lb/>acqua, dove il Sig. Galileo afferma, e con verità, che l’ aria trattiene, di modo che questo non ha che fare 
<lb/>nulla contro il Sig. Galileo.
<lb/>Erra a dire che gli artefici, che accomodano legni da 
<lb/>edificio navale, non habbino riguardo all' aria
<lb/>ma si bene all' acqua, perche si vede chiaro che 
<lb/>per questo li fanno cavi dentro non per altro, 
<lb/>che, ancorchè vi sian poste dentro gran quantita 
<lb/>di merci, non per questo si constituisca mole 
<lb/>di maggior peso di aitrettanta d' acqua.
<lb/>Anzi dico di più, che, se Messer Giorgio, quando ha detto 
<lb/>che gli Artefici non hanno riguardo all' aria 
<lb/>ma all' acqua, ha voluto intendere, che habbino 
<lb/>riguardo alla resistenza, che egli pensa, che 
<lb/>sia nell' acqua all' esser divisa. Erra e s'inaganna,
<lb/>perche questi artefici doverebbono, conforme alla 
<lb/>sua dottrina, fare gli naviglii di figura larga, 
<lb/>e non cava come fanno, perche cosl l’acqua li
<lb/>sosterrebbe meglio e con più facilità. essendo le 
<lb/>figure larghe e piane meno atte a dividere che le 
<lb/>racolte, e cupe.
<pb n="15 verso"/>
<lb/>Erra nell' ultima esperienza di un novello errore
<lb/>oltre l’ ordinario suo di non intendere niente il 
<lb/>trattenimento, che opera l’aria quando viene posta 
<lb/>nell' acqua, in compagnia di qualche solido: iI 
<lb/>novo errore è questo, che havendo detto il Sig. 
<lb/>Galilei che il composto d' aria, e di qualsivoglia 
<lb/>materia più grave dell' acqua, quando sta a galla, vi sta trattenuto 
<lb/>dall’ aria, il buon Messer Giorgio s' è imaginato 
<lb/>che il Sig. Galileo sia stato tanto inaveduto; che habbia
<lb/>pensato, che all' aria, come a cosa soda, e non cedente
<lb/>sia conficcato il corpo galleggiante, e perciò non 
<lb/>vada al fondo, onde egli poi n'inferisce questo assurdo
<lb/>che i vascelli non potriano moversi, nel qual concetto 
<lb/>quanto puerilmente discorra Messer Giorgio,
<lb/>lo lascio giudicare ad ogni persona di mediocre 
<lb/>giudicio. Perchè se egli havesse inteso che l’ aria sostiene i solidi in quel modo che una Zucca nota o un soghero sostiene in su un notatore senza impedirgli il moto non si maravigliarebbe che la nave sostenuta in virtù dell' aria inclusa, non restasse impedita nel suo corso.
<lb/>Erra non intendendo come un corpo leggieri coniunichi 
<lb/>la leggerezza a un corpo grave. quando, se li congionge, 
<lb/>qual si sia il modo della congionzione, o
<lb/>per natura del composto, che sarà costituito di gravi 
<pb n="16 recto"/>
<lb/>e di leggieri; o per arte, come quando si legano 
<lb/>su le spalle delli huomini vesiche ripiene 
<lb/>d' aria, acciò non si sommerghino nell' acque; 
<lb/>o per un esquisito contatto, come è forsi, e 
<lb/>dico anche senza il forsi, nel caso della tavoletta 
<lb/>d' ebano.
<lb/>Ma erra di più in questo discorso, perche prima dice 
<lb/>che la comunicanza si fà per uso, e poi
<lb/>volendo provare, che l’aria non puo comunicare 
<lb/>leggerezza per uso, dice che l’ uso 
<lb/>si fa da sè: il che è sproposito, e come si vede non 
<lb/>conclude nulla.
<lb/>Erra nel titolo del quinto discorso che è questo, Che 
<lb/>la figura sola fà galleggiare il solido. erra
<lb/>dico, e contra il vero, e contro sè medesimo, perche 
<lb/>ha detto, et è per replicare, che la leggerezza è 
<lb/>quella che fa galleggiare: non può dunque essere 
<lb/>la figura sola, come animosissimamente propone 
<lb/>Messer Giorgio in questo titolo, che faccia galleggiare: già 
<lb/>che si confessa che v' habbia parte la leggerezza ancora.
<pb n="16 verso"/>
<lb/>Erra nell' assegnare certi suoi fondamenti, e s' imbroglia 
<lb/>di modo, che non solo mostra di non havere 
<lb/>inteso quello che dice il Sig. Galileo, ma che non 
<lb/>intende quel che egli stesso si dice: vedasi la sua 
<lb/>diffinizione della figura, che è questa. La 
<lb/>figura è quantità terminata da superficie d' 
<lb/>una o, più linee. doveva dire La figura è 
<lb/>quella che è terminata da uno o da più termini,
<lb/>e và in cambio, a introdurre essorbitanze 
<lb/>senza senso, e spropositatissime.
<lb/>Erra finalmente in questo discorso, perche non solo 
<lb/>non ha concluso quel che haveva proposto, 
<lb/>cioè che la figura sola fà galleggiare il solido
<lb/>ma meno ne ha parlato, il che è mancamento 
<lb/>troppo notabile.
<lb/>Messer Giorgio concede, e con ragione, al Sig. Galileo, che il
<lb/>mettere in carta manifesti più la verità o falsità 
<lb/>delle opinioni, chle non fa il disputare in voce.
<lb/>fa benissimo ancora, quando concede che ‘l filosofare 
<lb/>vole esser libero, Ma Erra ben poi 
<pb n="17 recto"/>
<lb/>di contradizione quando s' attacca più all' autorità,
<lb/>che alla ragione.
<lb/>Erra ancora nell' introdur l’argomento tolto dalla 
<lb/>Autorità (che pur è solamente probabile) nella 
<lb/>Filosofia, la quale essendo scienza deve necessariamente
<lb/>dependere dalla demostrazione; ne 
<lb/>Aristotile stesso (già che Messer Giorgio si vol servire 
<lb/>della autorità) in tutta la sua Logica, mentre 
<lb/>dà i Precetti del sapere, introduce mai il 
<lb/>mezo dell' Autorità, come troppo debole: Ma 
<lb/>io soggionigo di più, Che chi in scienza si 
<lb/>vale, o serve dell' autorità, oltre cht egli 
<lb/>non sà, ma solo pensa e riferisce che altri 
<lb/>habbia saputo, da segno manifesto d' essere 
<lb/>animo vile, basso, et inettissimo al rettamente 
<lb/>discorrere.
<lb/>Erra nel dire che Aristotile non lasciasse mai l’ 
<lb/>autorità per la ragione, e I'errore è chiaro
<lb/>poiche si vede che Aristotile, lasciò in moltissimi 
<lb/>loghi l’autorità delli antichi per la 
<lb/>ragione, ancorchè la ragione fosse debolissima
<pb n="17 verso"/>
<lb/>come si vede in particolare nel primo libro della 
<lb/>Fisica, dove per una semplice similitudine di un 
<lb/>scanno, e un letto (e sia detto con pace di un tant' 
<lb/>huomo) similitudine bassa, popolare e forse falsa, 
<lb/>lasciò l'opinione di quelli, che tenevano che la 
<lb/>materia prima fosse per se stessa formata.
<lb/>Erra riprendendo il Sig. Galileo di falsità quando dice 
<lb/>che l’acqua nel gelarsi cresce di mole, erra dico
<lb/>Messer Giorgio dicendo che la proposizione è falsa
<lb/>soggiongendo poi che è vera per accidente: 
<lb/>quasi che, se per accidente cascando una pietra 
<lb/>da alto d' una torre rompesse la testa a uno
<lb/>sia lecito con la Logica Coresiana dire non è vero 
<lb/>che quel povero habbi rotta la testa, ne che sia cascata 
<lb/>la pietra, perche si è rotta la testa et è cascata 
<lb/>la pietra per accidente.
<lb/>Erra, di più contradicendo al precetto che da, à sette 
<lb/>faccie della sua operetta dove scrive che non si 
<lb/>deve mai negare la proposizione necessaria
<lb/>per accidente alcuno.
<lb/>Erra in oltre dicendo che il ghiaccio si rarefà per 
<lb/>accidente, mentre che, contradicendo a se medesimo
<pb n="18 recto"/>
<lb/>soggionge che di necessità alla constituzione del 
<lb/>ghiaccio le patrti dense si rarefanno. hor se di 
<lb/>necessità della natura del ghiaccio è questa rarefazione, e
<lb/>rra dunque manifestamente Messer Giorgio 
<lb/>a dire che sia un per accidente.
<lb/>Erra nel dire con Ermino che il Cristallo è trasparente 
<lb/>per la mischianza dell’ acqua, e dell’ aria
<lb/>prima perche se il Cristallo sarà rotato rozamente 
<lb/>nella sua superficie si vede che non è più 
<lb/>trasparente, e non ha già persa la mischianza 
<lb/>primiera.
<lb/>Erra di più ne suoi medesimi principii perche se 
<lb/>il Cristallo havesse mischianza aerea dovrebbe 
<lb/>esser leggieri, e star a galla, conseguentemente nell'
<lb/>acqua, e tuttavia va al fondo: in oltre, il legno
<lb/>non essendo trasparente, dovrebbe, conforme a 
<lb/>questa dottrina d' Ermino, essere senza tanta 
<lb/>mischianza d' aria, e per conseguenza andar al 
<lb/>fondo e tuttavia il cristailo descende, et il 
<lb/>legno galleggia, bisogna dunque che Messer Giorgio 
<lb/>ritrovi altra cagione della trasparenza, che 
<pb n="18 verso"/>
<lb/>la mischianza dell' aria.
<lb/>Erra di falsità nel dire che il ghiaccio sia più
<lb/>grave dell' acqua essendo egli più leggieri 
<lb/>di quella standovi a galla, come ogn' uno 
<lb/>può facilissimamente comprendere.
<lb/>Et erra ancora servendosi della detta proposizione 
<lb/>senza pur assegnarne una minima prova
<lb/>servendosene dico da dedurre un' altra conclusione,
<lb/>che è errore nefandissimo di discorso
<lb/>poichè si camina dall’ ignotissimo all' ignoto.
<lb/>Erra nel servirsi dell' autorità di Alessandro nel 
<lb/>primo delle questioni, cap: sesto, quale dice solo, che 
<lb/>l’acqua ghiacciata è alterata molto; erra
<lb/>dico in servirsi di questa autorità perche 
<lb/>da lei deduce che dovrebbe discendere. conseguenza
<lb/>fredda, e spropositata, quasi che 
<lb/>tutta l’acqua che si altera acquisti maggior 
<lb/>peso. il desiderio di mantenere un falso, che 
<lb/>ha Messer Giorgio, e la penuria di fondamenti è 
<lb/>cagione che il povero huomo si attacchi a 
<lb/>queste vanità, e puerizie.
<pb n="19 recto"/>
<lb/>Erra nel produrre, che Aristotile, et altri siino della 
<lb/>sua opinione; perche hora non si tratta, se Aristotile,
<lb/>o altri habbin havuto o nò, questo pensiero della 
<lb/>constituzione del ghiaccio; ne meno si tratta 
<lb/>se questa proposizione della 
<lb/>rarità del ghiaccio sia scritta affirmativa, o 
<lb/>negativa in Aristotile, ne in altri, ma si tratta 
<lb/>se nel libro della natura stessa sia il ghiaccio 
<lb/>acqua rarefatta, o condensata: e havendo il 
<lb/>Sig. Galileo detto che in natura il ghiaccio è acqua 
<lb/>rarefatta, bisogna che il contradittore ritrovi la 
<lb/>negativa in natura, e non su foglii di carta.
<lb/>Erra a trapassare in silenzio, in questo passo gli argomenti 
<lb/>del Sig. Galileo convincenti, che il sopranotare 
<lb/>del ghiaccio non nasce dalla figura larga
<lb/>impotente a fender l’acqua, perche se li ha giudicati 
<lb/>buoni, non può con tanta ostinazione
<lb/>introdur la figura sola causa del sopranotare,
<lb/>e se li ha giudicati difettosi era obligo suo 
<lb/>il correggerli in questo loco.
<pb n="19 verso"/>
<lb/>Erra in attribuire al Sig. Galileo che non si voglii 
<lb/>quietare in questo, che le cose quanto più son 
<lb/>gravi tanto più vadino in giù, e quel che è 
<lb/>peggio, l’errore è tanto volontario, che non 
<lb/>lo posso attribuire a ignoranza, perche da se
<lb/>stesso Messer Giorgio ha confessato dua righe più 
<lb/>alto, che il Sig. Galileo pone con Archimede per cagione 
<lb/>del discendere l’eccesso della gravità de' 
<lb/>mobili sopra i mezi: quest' errore dunque già che 
<lb/>non si può attribuire a ignoranza, o da troppo desiderio di 
<lb/>contradire.
<lb/>Erra perche dopo che ha detto con Aristotile nei 
<lb/>libri del Cielo, che le parti per intrinseca inclinazione 
<lb/>vanno al proprio logo, e soggionto col 
<lb/>medesimo Aristotile che l'intrinseca inclinazione 
<lb/>è la loro gravità, imediate, non curandosi contradir 
<lb/>al suo Aristotile, et à se medesimo per contradir 
<lb/>al Sig. Galileo soggionge non esser la gravità 
<lb/>intrinseca, e vera cagione.
<pb n="20 recto"/>
<lb/>Erra ancora nel dire che la gravità non sia intrinseca 
<lb/>e vera cagione concorrendo come potenza; erra dico, 
<lb/>prima perche la gravità è atto, e concorre realmente 
<lb/>come tale: ma di più erra ne suoi medesimi 
<lb/>principii et in via peripatetica, perche la materia 
<lb/>nel composto concorre come potenza solamente, e pur 
<lb/>tuttavia è numerata trà le vere et intrinseche cagioni 
<lb/>del composto.
<lb/>Erra quando pensa che ‘l Sig. Galileo nel diffinire l’egualianza 
<lb/>della gravità in specie, faccia una specie, e l’ errore 
<lb/>suo essorbitante procede dal non intender niente, niente, niente 
<lb/>il Sig. Galileo infelicità degna di riso e di comipassione.
<lb/>Erra di contradizione in dire che 'I più e 'I meno non mutano 
<lb/>specie: perche ha concesso ed è per concedere, che 
<lb/>più e meno larga figura fa mutazione dal moto 
<lb/>alla quiete specie differentissime.
<lb/>Erra quando dice, che l’Autore chiama diffettose queste 
<lb/>proposizioni, cioè: I Corpi, che soprannuotano
<lb/>deono essere men gravi dell’ acqua, e quelli che vanno
<lb/>al fondo, più gravi di essa, erra dico perche non 
<lb/>è vero che mai l’autore, cioè il Sig. Galileo habbia 
<pb n="20 verso"/>
<lb/>chiamate diffettose queste proposizioni: ha ben detto 
<lb/>che è diffettoso modo di filosofare sopra queste conclusioni 
<lb/>quello di che fa menzione nel suo discorso, e 
<lb/>lo prova chiaramente.
<lb/>Erra pensando che il Sig. Galileo non habbia avertito 
<lb/>al gallegiare delle navi, e duplica l’errore con pretendere 
<lb/>che il galleggiare delle navi nel mare, et 
<lb/>il galleggiare di un bicchieri in un bicchieri non 
<lb/>sia per l’apunto il medesimo. Al Sig. Galileo che intende 
<lb/>e l’un e l’altro galleggiare, l’uno e l’altro paiono
<lb/>egualmente meravigliosi, a Messer Giorgio pare più meraviglioso 
<lb/>questo, che quello, perche non intende ne
<lb/>l'uno ne l'altro.
<lb/>Erra dicendo che il Sig. Galileo si contradice in più luoghi, 
<lb/>con affermare hora che l’acqua resiste, hora che non 
<lb/>contrasta punto: et erra o per non intendere o per 
<lb/>poter contradire. E ben vero che il Sig. Galileo 
<lb/>dice alle volte, anzi sempre, che l'acqua resiste al’
<lb/>esser mossa con più velocità, et alle volte, anzi sempre,
<lb/>asserisse che l’acqua non resiste punto alla semplice 
<lb/>divisione; e questo non è contradirsi, ma è 
<pb n="21 recto"/>
<lb/>prononziare due proposizioni verissime.
<lb/>Erra in dedurre col Buonamico, il galleggiare de' corpi 
<lb/>gravi per la difficoltà della divisione, dall' esperienza 
<lb/>tolta dal detto di Seneca, che i sassi e huomini
<lb/>soprastiano a certe acque con tutto che siino corpi più 
<lb/>gravi dell’ acqua: perche, se l’esperienza 
<lb/>sarà vera (della qual dubito molto) quella tal acqua 
<lb/>o sarà più grave di que corpi che in essa galleggiano, 
<lb/>overo intraverrà di quelli in questa sorta 
<lb/>d' acqua, quello che intraviene delle lamine sottili di Piombo 
<lb/>nella nostra acqua famigliare.
<lb/>Erra quando dice, che si vede, che il Piombo e l’oro 
<lb/>galleggiano, si per la figura si per la piccolezza, 
<lb/>erra dico perche produce il falso non essendo 
<lb/>vero, che si veda questo: mia si vede bene che galleggiano 
<lb/>quando se Ii congionge cosa leggieri, 
<lb/>com' è nel proposito di che si tratta, l’aria.
<lb/>Erra dicendo che il detto d'Archimede può riuscir falso per la division del
<lb/>mezo perche Archimede, (ed io lo posso dire di sicuro) dimostra la sua proposizione vera eternamente nei mezi umidi, che noi trattiamo.
<lb/>Erra affermando, che il grave che galleggia 
<lb/>non divida il mezo, perche si vede manifestamente 
<lb/>che di gia l’ ha diviso, e s'è in quello è sotto la di lui 
<pb n="21 verso"/>
<lb/>superficie avvallato di modo, che non si può con 
<lb/>verisimilitudine dire che è non l’ habbia diviso.
<lb/>Erra ancora dicendo che quando l’havrà diviso s' affondarà,
<lb/>perche si vede, che, ancorche l' habbia diviso
<lb/>non pero s'affonda, ed il cittare in suo 
<lb/>favore Aristotile non è altro, che produrre, 
<lb/>in questo particolare un falso testimonio dalla 
<lb/>sua.
<lb/>Erra affermando che il Sig. Galileo non habbia dimostrata 
<lb/>la leggerezza del ghiaccio dal ritornar a g
<lb/>alla quando è posto nel fondo; gia che questo è 
<lb/>stato fatto. ma Messer Giorgio galante, o l'ha taciuto 
<lb/>di sopra per poter dire che il Sig. Galileo l’haveva 
<lb/>tralasciato, overo non l'ha inteso.
<lb/>Erra nel proponere quella divisione che altri corpi galleggino 
<lb/>per leggerezza, altri per la figura altri per 
<lb/>la piccolezza, e l'errore di Messer Giorgio è doppio; un 
<lb/>errore è perche in questa divisione suppone per vero 
<lb/>quello di che si disputa perche si disputa se possa 
<lb/>essere che la figura, o piccolezza faccia galleggiare 
<pb n="22 recto"/>
<lb/>quei corpi, che per la loro gravità sono atti al discendere,
<lb/>il che poi al tutto è stato negato, refiutato, e convinto 
<lb/>per falso dal Sig. Galileo.
<lb/>Erra in oltre di contradizione, al titolo del suo quinto discorso
<lb/>nel quale scrive formalmente queste parole, Che 
<lb/>la figura sola fà galleggiare il solido, hor se la figura 
<lb/>sola fà galleggiare, non può dunque hora supponere, 
<lb/>se non con manifesta contradizione, che la 
<lb/>leggerezza ancora fa galleggiare.
<lb/>Erra, e s' inganna, pensando, e dicendo, che la disputa sia 
<lb/>di quelle cose che stanno a galla per la figura: 
<lb/>nel che si mostra di non saper manco qual sia 
<lb/>il suggetto di che si tratta. La disputa è delle 
<lb/>cose, che stanno su l'acqua, e non di quelle cose 
<lb/>che stanno a galla per la figura, perche simil 
<lb/>disputa sarebbe d'un niente.
<lb/>Erra assai puerilnente quando dice che il legno
<lb/>per csser aereo, sarebbe sostenuto in alto dall'
<lb/>aria come la paglia, erra perche non è vero, che 
<lb/>la paglia sia sostenuta in alto dall' aria: anzi 
<lb/>io resto meravigliato che Messer Giogio non si ricordi 
<lb/>di quello, che ha detto di sopra, che i corpi, quanto 
<pb n="22 verso"/>
<lb/>più son gravi tanto più vanno a basso, e che in 
<lb/>questa proposizione tutti gli huomini si quietano 
<lb/>come notissima. il che essendo vero perche non 
<lb/>dice egli in questo passo, che il legno, ancorche sia 
<lb/>aereo, descende più dell'aria perche è più grave
<lb/>di quelia, e poi il medesimo legno galleggia 
<lb/>nell' acqua perche è di quella più leggieri, che cosi 
<lb/>havrebbe filosofato bene, e non sarebbe incorso 
<lb/>in tanto misere falsita?
<lb/>Erra perche propone di dimostrare una conclusione cioe 
<lb/>che la gravità presupponga la divisione, e poi uscendo 
<lb/>di tuono a sproposito meraviglioso conclude nel 
<lb/>primo argomento, adunque la densità è la principal 
<lb/>causa della facile, o difficile divisione. la qual 
<lb/>conclusione non ha che fare niente con quella 
<lb/>che si era proposta di provare.
<lb/>Non meno spropositata è la seconda ragione, nella quale 
<lb/>erra pure, gia che in quella ogn'altra cosa si conclude
<lb/>che quello che si era proposto di provare, 
<lb/>si era proposto di dimostrare che la gravità presupponga 
<lb/>la divisione, e si conclude che è necessaria 
<lb/>la resistenza o difficoltà alla divisione.
<pb n="23 recto"/>
<lb/>Erra di più in tutte dua le predette ragioni perche si 
<lb/>serve di proposizioni dubbiose, e false, come nella 
<lb/>prima ragione, che il trapassare, o non trapassare
<lb/>nasca dalla facile, o difficile divisione del mezo,
<lb/>a qual proposizione è falsa di sicuro quando si trapassa 
<lb/>per un aggregato di corpi contigui, perche, 
<lb/>non facendosi ivi divisione, in conto alcuno, non 
<lb/>può nascere il trapassare, o non trapassare, dalla 
<lb/>facile, o difficile divisione. di più il non trapassare 
<lb/>può nascere da mill'altre cose, oltre la difficile 
<lb/>divisione.
<lb/>È errore ancora il dire, che il trapassare si faccia 
<lb/>per la divisione; cioè che la divisione sia cagione 
<lb/>del trapassare, e non più presto il trapassare causa 
<lb/>della divisione.
<lb/>L'errore di falsità nella seconda ragione è quando 
<lb/>dice che tolta la difficolta del dividere si 
<lb/>leverebbe la cagione del più o men veloce, il qual detto 
<lb/>è falso, perche la cagione del più o men veloce 
<lb/>ne corpi liquidi, o vogliam dire fluidi, e' il doversi 
<lb/>mover più, o meno parti del mezo, con maggior 
<lb/>o minor velocità.
<pb n="23 verso"/>
<lb/>Erra per difender il Buonamico, in dire, che egli 
<lb/>renda la ragione di una esperienza che può essere che sia falsa
<lb/>perche in questa maniera scusandolo d'un errore, 
<lb/>lo fà incorrere in un maggiore inconveniente.
<lb/>Erra, parimente in volere che il Buonamico per convincere 
<lb/>e rifiutare Archimnede proponga un' esperienza 
<lb/>incertissima, e se non falsa, almeno difficile 
<lb/>da strigare, come l’istesso Messer Giorgio confessa
<lb/>di modo che il Sig. Buonanmico e molto mal condotto da questa sorte di difensori, quali nel difenderlo gli addossano errori peggio di quelli di Messer Giorgio stesso.
<lb/>Erra in tacere quello che dice il Sig. Galileo in diffesa d'
<lb/>Archimede contro il Buonamico intorno al moto allo 
<lb/>in sù, perche se quella diffesa è sufficiente, non
<lb/>occorre intrare in altro, se è diffettosa doveva Messer 
<lb/>Giorgio manifestar il difetto.
<lb/>Erra di sproposito notabile quando desidera che il Sig. 
<lb/>Galileo dica se sà, che Anassimandro, o Democrito 
<lb/>mettessero l’universo infinito, perche questo non 
<lb/>ha che fare nulla, col saldare la diffesa d'Archimede;
<lb/>dovea bene Messer Giorgio lasciarsi intendere
<lb/>se la prima diffesa d'Archimede contro la 
<lb/>quarta opposizione del Buonamico li bastava, o nò; 
<lb/>e se li bastava doveva quietarsi, e caso che vi havesse 
<pb n="24 recto"/>
<lb/>hauto dubio doveva procurare d' intendere, 
<lb/>che il Sig. Galilei non prometteva di voler difendere 
<lb/>Platone, ne Anassimandro, ne Democrito nelle loro 
<lb/>opinioni, se l’havevano della infinità dell’ universo. 
<lb/>ma solo propone di volergli difendere nel particolare 
<lb/>del negare la leggerezza come qualità positiva, 
<lb/>nei corpi naturali, et in questo doveva 
<lb/>Messer Giorgio se poteva, contradire al Sig. Galileo e non 
<lb/>mettere in campo pretensioni che non fanno a 
<lb/>proposito.
<lb/>Erra ancora in questo medesimo loco di inosservanza 
<lb/>dei proprii Precetti: perche havendo di sopra detto 
<lb/>che bisogna far stima dell’ Autorità de grand' 
<lb/>huomini, qui si riduce, et in altri luoghi ancora 
<lb/>a sprezzare l’autorità di Platone, non senza cagione 
<lb/>chiamato divino; di più tratta per una pazzia l’
<lb/>opinione di Democrito intorno alli Atomi, con tutto 
<lb/>che ne venga Democrito lodato da Aristotile stesso nel 
<lb/>primo della generazione: in oltre riprende Archimede, 
<lb/>e senza haver mai intese le sue dimostrazioni riputate 
<lb/>da ogn' uno che le intende essattissime: e quel 
<lb/>che è peggio poi di tutto, s'attacca all' autorità di 
<pb n="24 verso"/>
<lb/>Macrobio, di Ermino, del Buonamico, e simili.
<lb/>Erra Messer Giorgio quando contro quelli che tengono che la leggerezza sii
<lb/>qualità privativa prononzia liberamente e senza prova che il fuoco non habbia
<lb/>inclinazione naturale d' andare all' in giù, e l’errore nasce per ignoranza non solo
<lb/>del vero ma quel che è peggio, del modo di argomentare, e discorrere: già che
<lb/>in questo detto suppone che la principal conclusione delli aversari suoi sii falsa.
<lb/>Erra nell' introdurre la leggerezza per qualità positiva
<lb/>con dire Che si move quello che puòm e non quello 
<lb/>che non può, perche questa proposizione è vera, se
<lb/>s'intende in questo senso, si move quello che può, 
<lb/>o moversi, o esser mosso, et in questo senso presa
<lb/>non conclude nulla Messer Giorgio, perche cosi non sarà
<lb/>inconveniente il dire, che il grave si move 
<lb/>perche può moversi, et il leggieri si move, perche 
<lb/>può esser mosso. ma se la proposizione fosse presa in 
<lb/>altro senso, come bisogna, che Messer Giorgio l’intenda, 
<lb/>per volere concludere, io dico che è falsissima.
<lb/>Erra e s' inganna quando crede a Simplicio e, soggionge che si vede che il maggior fuoco si miuova più veloce del minore: merita però qualche scusa in questo, perche l’ errore non è suo particolare ma universale a tutta la scola Peripatetica nella quale con simile errore, con Aristotile si crede che mille libre di terra si movano più velocemente di quattro libre, per la diversità del Peso, il che è falsissimo come si vede nell' esperienza.
<lb/>Erra in volere che il Sig. Galileo produca l'esperienza del 
<lb/>veder le essalazioni ascender per l' acqua più 
<lb/>velocemente che per l’ aria: può bene il Sig. Galileo
<lb/>(anzi l'ha fatto sotilissimamente) produrre la ragion 
<lb/>di questo, ma perche il Coresio non l’ ha intesa, và 
<lb/>dimandando altre cose a sproposito et esperienze
<lb/>che mai non sono state proposte.
<lb/>Erra a dire che sii meglio rispondere la cagione del galleggiare essere il predominio aereo, che la leggerezza anzi è tutto il contrario, perche è meglio assegnare una cagione nota, come è la leggerezza, che una incognita, e che implica mille difficoltà come è quel predominio.
<lb/>Erra nella risposta che fà all'esperienza dell'affondarsi 
<lb/>egualmente il cono, o piramide, tanto, 
<lb/>dalla parte acuta quanto dalla larga, quando 
<pb n="25 recto"/>
<lb/>dice, che simile esperienza, non fa a proposito. 
<lb/>Messer Giorgio per non saper, che cosa sia discorrere 
<lb/>a proposito, giudica fuori di proposito; per 
<lb/>provare, che la figura men atta al dividere, non 
<lb/>ha che fare nel galleggiare, produr una esperienza
<lb/>che necessariamente esclude il galleggiar 
<lb/>per la figura impotente al dividere.
<lb/>Se sia errore, e di quelli grossi, il dire che la detta 
<lb/>esperienza concluda cosa falsa, lo lascio giudicare 
<lb/>a capaci di ragione, non solo dalle 
<lb/>ragioni prodotte dal Sig. Galileo ma dal modo 
<lb/>stesso di dire di Messer Giorgio, nel quale ho notato
<lb/>oltre tant'altri, gli errori seguenti.
<lb/>Erra insipidamente, e senza considerazione affermando 
<lb/>che il piano della piramide si 
<lb/>sommerge per sino a tanto, che non ritrova 
<lb/>tant' acqua a sostenerlo; che questo sia errore 
<lb/>manifesto, si conosce dal considerare, che
<lb/>quant' al piano del cono ritrova tant' acqua 
<lb/>nel suo principiar a sommergersi quanta, quando 
<pb n="25 verso"/>
<lb/>che essendosi gia in parte sommerso si ferma, anzi 
<lb/>che più presto si deve dire che il cono ha maggior 
<lb/>quantità d'acqua sotto di se nel principio
<lb/>dell'immergersi che quando si è gia fermato, e 
<lb/>tuttavia nel principio non può esser sostenuto 
<lb/>dalla molta acqua, e dipoi, viene al tutto quietato dalla mano.
<lb/>Erra ancora, e l'errore è degno d'esser notato, 
<lb/>dicendo che la parte della piramide che è più 
<lb/>facile a dividere, è più difficile all' esser 
<lb/>sospinta, e la parte più difficile a fendere 
<lb/>è facile a esser cacciata: dico che quest'errore 
<lb/>è degno d'essere notato, perche concedendosi 
<lb/>per vero questo suo detto, segue pur tutto il 
<lb/>contrario di quello che Messer Giorgio stesso amette. 
<lb/>Messer Giorgio concede di sopra 
<lb/>(con dire ancora che non fa a proposito) che 
<lb/>tanta parte della Piramide, o cono si sommerga 
<lb/>con la punta allo in giù, quanta con la basa; et 
<lb/>hora nota che la parte più atta al dividere 
<pb n="26 recto"/>
<lb/>è meno sostenuta, hor sè questo tutto è vero, ne 
<lb/>segue di necessità che la Piramide più si habbia 
<lb/>a sommergere con la punta allo in giù che con la 
<lb/>basa, si perche la punta è più atta al dividere
<lb/>si perche è meno sostenuta: il che poi è contro 
<lb/>a quello che Messer Giorgio ha concesso di sopra, 
<lb/>e resane ancora la ragione.
<lb/>Erra radoppiando contradizioni, e confusioni nel 
<lb/>voler provare, che le esperienze del Sigr. Galileo 
<lb/>concindono cosa falsa; e questo fà quando scrive 
<lb/>che una Piramiide con la punta allo in giù si 
<lb/>ferma quasi in un punto, e poi immediate soggionge 
<lb/>che lo trapassa; e qual è quella piramide 
<lb/>che si ferma quasi in un' punto? e sè si ferma 
<lb/>in quello come lo trapassa? eh 
<lb/>che sono essorbitanze troppo estreme.
<lb/>Erra in congiongere a questi spropositi, come per 
<lb/>deduzione, che il Sig. Galilei sforzato dalla verità 
<lb/>dica, che la Palla più velocemente descenda,
<pb n="26 verso"/>
<lb/>che una tavoletta piana, erra prima in questo
<lb/>perche non si conclude altrimiente la quiete della 
<lb/>tavoletta dal ritardamento del moto, come ha bisogno 
<lb/>e desiderio Messer Giorgio. Di più già che Messer Giorgio scrive, ed è verissimo che il Sig. Galileo sforzato dalla verità dice che più velocenmente si move la Palla che la tavoletta, io soggiongo che il Sig. Galileo non solo in questo, ma in tutto sempre parla sforzato dalla verità, si come all' incontro Messer Giorgio mio sempre parla spinto dall' ignoranza.
<lb/>Erra di più a credere che questa ritardanza nasca 
<lb/>dalla difficoltà al dividere perche non è vero che 
<lb/>nasca da questo ne il Sig. Galileo concede che da
<lb/>questo dependa, ma si bene per haversi da movere 
<lb/>lateralmente e per maggior spazio più 
<lb/>quantità di parti del mezo. hora se Messer Giorgio 
<lb/>vole concludere l’intento suo bisogna ritrovare 
<lb/>ritardamento, e quel che importa più, quiete, e
<lb/>che naschino dalla difficoltà della divisione.
<lb/>Erra di contradizione quando dice che i Cilindri si 
<lb/>profondano per la gravità di sopra che li 
<lb/>spinge, e l’ errore è di contradizione com'ho 
<lb/>detto, perche di sopra ha voluto che la gravità 
<lb/>sia solo potenza e per conseguenza non possa
<lb/>fare azzione, ne esser cagione di moto.
<lb/>Erra volendo rispondere all' esperienza della cera 
<lb/>che con il piombo va al fondo, quando dice 
<pb n="27 recto"/>
<lb/>che vi và per violenza, perche questa risposta 
<lb/>non solve I' argomento del Sig. Galileo con dire, che con queste 
<lb/>violenze non si può conoscere quel che operi la 
<lb/>figura: anzi replico io, che mentre Messer Giorgio pone, 
<lb/>che la figura habbia forza di sostenere, e dall' 
<lb/>altro canto il Sig. Galileo con la piccola
<lb/>violenza di un grano distrugge la forza della 
<lb/>figura resta chiarissimo che la figura era 
<lb/>più impotente e debile al sostenere, di quello 
<lb/>che era il grano di piombo al tirare a basso,
<lb/>et ancorche sii verissimo che non si sia con 
<lb/>questa esperienza conosciuto quel che operi 
<lb/>la figura (anzi, non si può conoscere, non havendo ella che fare in questa operazione), si è però conosciuto che la figura
<lb/>non ha più forza di quello, che ha un grano 
<lb/>di piombo, e tuttavia quella forza che gli aversarii 
<lb/>del Sig. Galileo attribuiscono alla figura, e 
<lb/>le centinaia di volte maggiore di quella del 
<lb/>piccol grano.
<lb/>Perche vedo che spesso Messer Giorgio replica questa 
<lb/>verità, che in diverse figure si vede diversità 
<lb/>secondo il più e men veloce: ancorche io 
<pb n="27 verso"/>
<lb/>habbi proposto di notare solo gli errori tuttavia 
<lb/>volentieri trascrivo, e sottoscrivo questa proposizione, 
<lb/>massime non essendovi altro di buono, e dico 
<lb/>che tengo per verissimo, e so di sicuro che il Sig. Galileo
<lb/>prima di me e del Coresio ancora ha auto questo
<lb/>pensiero medesimo, e l’ ha scritto nel suo discorso, 
<lb/>Che nei corpi della medesima materia, e di diverse 
<lb/>figure nel medesimo mezo si fa diversità nel moto secondo il più 
<lb/>e men veloce. ma non gia diversità dal moto 
<lb/>alla quiete per la figura, nel qual pensiero, 
<lb/>Errando trascorre Messer Giorgio.
<lb/>Erra dicendo che non fà a proposito il cercare sè 
<lb/>l’ Ebano sia bagnato o non sia bagnato; perche quando 
<lb/>io dicessi Che l’ ebano va a fondo nell' acqua, e 
<lb/>che Messer Giorgio mi dasse dell' Ebano asciutto, mentre 
<lb/>che me lo da asciutto, me lo da congionto, o contiguo 
<lb/>con dell' aria, e se lo vole con qualche maniera 
<lb/>nel posarlo nell'acqua mantener cosi 
<lb/>asciutto, io posso dolermi e rispondere,
<lb/>che in mantenerlo asciutto, me lo vole mantener 
<lb/>congionto con l’ aria, dove che non è poi da far 
<lb/>caso contro della mia proposta, che alle volte essendogli 
<pb n="28 recto"/>
<lb/>accompagnata, sotto il livello dell' acqua, una 
<lb/>gran quantita d' aria sia il tutto, cioè Ebano e aria 
<lb/>insieme trattenuto a galla, perche quell' aggregato d' ebano e d' aria 
<lb/>può essere che sia più leggieri di altrettanta mole 
<lb/>d' acqua. e tutto questo è stato ingegnosissimamente 
<lb/>avertito dal Sig. Galileo nel suo discorso. Si che 
<lb/>il ricercare se la tavoletta d'Ebano sia asciuta, o 
<lb/>bagnata fà mirabilmente a proposito per saper 
<lb/>la verità del fatto che si cerca. ma non fà mica 
<lb/>a proposito per chi volesse persistere nell' errore 
<lb/>di Messer Giorgio.
<lb/>Erra in riprendere il Sig. Galileo che habbi detto, che 
<lb/>il luogo vol esser della medesima natura, erra
<lb/>dico in riprenderlo, non havendolo inteso; et 
<lb/>ancorche il Sig. Galileo sia nel suo dire per se stesso 
<lb/>chiarissimo, tuttavia in grazia di Messer Giorgio, e per 
<lb/>fargli cosa grata, dico che quando il Sig. Galileo 
<lb/>vole che il luogo della tavoletta sia della medesima natura
<lb/>intende della medesima natura secondo la quale 
<lb/>si da la denominazione al luogo: di modo, che 
<lb/>egli non nega, che un corpo non possa esser circondato 
<pb n="28 verso"/>
<lb/>e locato parte in oro, parte in argento, 
<lb/>e parte in terra, come sarebbe un liquore posto 
<lb/>in un vaso composto di questi tre corpi, o mischiati 
<lb/>o distinti: ma dichiara se stesso quando disse nella
<lb/>disputa sia posto l’ ebano nell'acqua, che non ha 
<lb/>voluto intendere sia posto in aria, ne meno parte 
<lb/>in acqua e parte in aria, ma in dire sia posto in 
<lb/>acqua, intende, et ha voluto intendere, che 
<lb/>il loco nel quale si ha da locare il corpo, sia 
<lb/>della medesima natura che si nomina cioe tutto 
<lb/>acqua, e non parte di quella, e parte d' un' altra cosa
<lb/>e questo modo di parlare è convenientissimo, ne 
<lb/>merita riprensione.
<lb/>Erra in dire che il solido molto dilatato perde della 
<lb/>sua forza, di modo, che con gran dilatazione 
<lb/>finalmente si riduce alla quiete in quel mezo nel
<lb/>quale per se stesso, sotto figura più racolta descende: 
<lb/>e perche vedo che a scaponirlo di questo errore 
<lb/>non sono atte le dimostrazioni del Sig. Galileo essendo 
<lb/>al tutto impossibile, che egli le intenda, son 
<lb/>sforzato rimettergli in mente quell' argomento che 
<pb n="29 recto"/>
<lb/>egli stesso scrive in fine della fac. 17 della sua 
<lb/>operetta, il quale a quel proposito, come ho notato
<lb/>non conclude nulla, e quà forsi lo potrebbe chiarire
<lb/>l' argomento è questo, che sè la figura piana e larga 
<lb/>havesse forza di far perdere il peso anzi di fermare 
<lb/>in tutto un corpo che non descendesse più, dovrebbe 
<lb/>chi pesa a suo prò, o ferro, o piombo 
<lb/>fuggir la figura piana e larga quale farebbe 
<lb/>per chi compera.
<lb/>La risposta che mette conforme al maestro, come dice
<lb/>del Sig. Galileo Che l’ acqua pesante scaccia all' in 
<lb/>sù le cose, più leggieri di essa non havendo la figura
<lb/>nessuna natura in suo aiuto mi piace 
<lb/>assai assai, e Dio volesse; che Messer Giorgio si fosse 
<lb/>accorto d' haver detta la verità, e quello per l’ 
<lb/>apunto che dice il Sig. Galileo che egli non havrebbe 
<lb/>scritto l’errore, che nelle cose più gravi la figura 
<lb/>ha forza di sostenerle.
<lb/>Nelle altre due risposte si vede chiaro che erra, e 
<lb/>non risolve niente la difficoltà in che l’ ha 
<lb/>ridotto l’ esperienza proposta nel discorso.
<lb/>Erra nel voler contradir alla conclusione 
<pb n="29 verso"/>
<lb/>del Sig. Galileo la quale è, che dell’andare a fondo 
<lb/>la tavoletta d' Ebano, o la sottile falda d' oro 
<lb/>n'è causa la gravità maggiore di quella dell'
<lb/>acqua, e del galleggiare la sua leggerezza &amp;
<lb/>per contradire a questo Messer Giorgio mette in 
<lb/>campo, che in questa conclusione sono più dubii 
<lb/>che parole. e, prima, afferma d'haver dimostrato 
<lb/>che anche le cose più gravi dell’ acqua 
<lb/>galleggiano: Il che non è mai stato fatto, ed è 
<lb/>semplicemente impossibile il farlo; anzi io di 
<lb/>sopra ho notati parte delli errori e paralogismi 
<lb/>che commette in questo proposito.
<lb/>Erra di più Messer Giorgio di contradizione, perche ha 
<lb/>concesso, nella fac. 23 ver. 7. che le cose 
<lb/>quanto più son gravi tanto più, vanno in giù 
<lb/>e detto che questo è noto a tutti: ed hora, per 
<lb/>contradire al Sig. Galileo si mostra ignorante, e 
<lb/>contradittore d' una proposizione tanto certa.
<lb/>Erra a dire che il Sig. Galileo non habbia dimostrato 
<lb/>che la figura non trattiene il peso: è ben vero, 
<lb/>che non l’ ha dimostrato à chi non lo può intendere, 
<lb/>come è l’ intelletto di Messer Giorgio privo di 
<pb n="30 recto"/>
<lb/>Geometria.
<lb/>Erra affermando che la figura rispetto al mezo toglie il 
<lb/>peso, perche sia pesato qualsivoglia corpo v. g.
<lb/>Piombo, di qual si voglia figura, e poi il medesimo
<lb/>corpo sia ridotto sotto qualunque altra figura
<lb/>e ripesato nel medesimo mezo, che senza dubio 
<lb/>si vedra che la figura non ha mutato peso in 
<lb/>conto alcuno, ne anche rispetto al mezo.
<lb/>Erra non intendendo che la tavoletta d'Ebano sia tutta 
<lb/>sotto il livello dell'acqua, e quest' errore nasce,
<lb/>o dal non haver vista l' esperienza della 
<lb/>quale si tratta, o havendola vista dal non 
<lb/>haver ben considerato il fatto.
<lb/>Erra in voler restringere la disputa solo al galleggiare
<lb/>cioè al non profondarsi tutto il 
<lb/>corpo sott'acqua, perche sè Messer Giorgio vorrà trattar 
<lb/>solo di questo modo di galleggiare non potrà 
<lb/>sodisfare alla parte, che s'ha presa à diffendere
<lb/>perche havendo la parte contraria prodotta 
<lb/>l’assicella d' Ebano, e galleggiando l’ assicella 
<pb n="30 verso"/>
<lb/>con affondarsi tutta sotto il livello dell' acqua, restarà 
<lb/>escluso dalla sua operetta il trattato di questo particolare
<lb/>con mancamento notabile.
<lb/>Erra e di contradizione, e di falsa intelligenza in 
<lb/>tutto quello che dice contro al trattener, che fa 
<lb/>l’aria, la tavoletta; e l’ errore, oltre che è per 
<lb/>se stesso manifesto ne ho parimente di sopra 
<lb/>fatto menzione, e per tanto non ne dirò 
<lb/>altro, solo che chi desidera veder una confusione 
<lb/>senza mai concluder cosa che sia à 
<lb/>proposito, legga tutta questa operetta di Messer 
<lb/>Giorgio, e questo passo in particolare, che havra 
<lb/>l’ intento, perche hora dice una cosa, poi imediate 
<lb/>la nega; hora senza dependenza inferisce 
<lb/>conclusioni spropositatissime, e talhor contrarie 
<lb/>a se medesimo, ma per non passar la cosa digiuno 
<lb/>in tutto noto che,
<lb/>Messer Giorgio erra a dire che la natura non si curi, che l' Ebano e 'l Quattrino stiano à galla quando sono congionti con l' aria anzi dico io che se ne cura con quella diligenza che sempre fa per non ammettere mai che le cose leggieri vadino in fondo de' mezi più gravi. 
<lb/>Seguita nell'errore quando dice che sarebbe contro la natura dell' aria trattener le parti terrestri e l'errore nasce perche Messer Giorgio è tanto sepolto nella impossibilità di intender il vero che non vede che l'aria trattiene naturalmente, perche, essendo naturalmente più leggieri dell' acqua, non può, se non contro natura, discendere nell' acqua.
<lb/>Messer Giorgio erra argomentando contro al trattener
<lb/>che fà l' aria, la tavoletta d'Ebano, e l'
<lb/>argomento suo è questo. Nel medesimo modo 
<pb n="31 recto"/>
<lb/>tocca l'ebano l'aria inanzi che si profondi
<lb/>che dopo fatti gli arginetti, ma inanzi non 
<lb/>lo sostiene dunque ne anche dopo si può dire 
<lb/>che l'aria lo sostenga. nel qual argomento 
<lb/>noto principalmente che è falso che l' aria tocchi 
<lb/>l’ ebano nel medesimo modo avanti che si  
<lb/>faccino gli arginetti come dopo, ed e manifesto 
<lb/>quanto dico perche l'aria avanti che si faccino 
<lb/>gli arginetti tocca l’ ebano, ed a quello sta congionta 
<lb/>in un mezo più leggieri del composto 
<lb/>dell' ebano, e dell' aria, ma quando si sono fatti
<lb/>gli arginetti, l’aria congionta, e toccante l’
<lb/>Ebano lo tocca, e li è congionta in un mezo
<lb/>del quale mole eguale all' ebano, ed all' aria 
<lb/>posta nelli arginetti pesa più dell' ebano, e 
<lb/>dell’ aria che li sta congionta dentro gli 
<lb/>detti arginetti. Anzi, soggiongo di più, che, sè
<lb/>questa ragione del Messer Giorgio valesse io potrò 
<lb/>dire che una Palla di soghero legata con una 
<lb/>di piombo non la potrà sostenere in acqua, perche 
<pb n="31 verso"/>
<lb/>legata nel medesimo modo, non la sostiene per aria: si 
<lb/>che la proposizione della quale si serve Messer 
<lb/>Giorgio in quest' argomento è falsa, e non
<lb/>conclude.
<lb/>Erra pensando, che gli arginetti si faccino, et alzino 
<lb/>perche occupando l'Ebano quella parte 
<lb/>d' acqua bisogni, che tanta ne salga quanta 
<lb/>è stata l’intratura d'esso, e l’errore di Messer 
<lb/>Giorgio è doppio. primo non è vero che tant'
<lb/>acqua salga quanta è l’entratura dell' 
<lb/>Ebano, perche la mole dell' acqua che sale 
<lb/>nell’ immersione dell’ ebano è sempre minore 
<lb/>della mole che si sommerge, come chiaramente 
<lb/>dimostra il Sig. Galileo. Di più Erra e dice 
<lb/>il falso quando afferma che alla tavoletta 
<lb/>più sotile si faccino minor arginetti perche 
<lb/>si habbi da alzarvminor mole d' acqua
<lb/>corrispondente al solido sommerso: il che si 
<lb/>può conoscere da questo, che una falda di 
<lb/>Piombo di larghezza eguale ad una d' Ebano
<pb n="32 recto"/>
<lb/>e più sottile assai di quella posata che sarà 
<lb/>nell' acqua alzarà maggiori argini di quelli,
<lb/>che saranno alzati dalla tavoletta d' Ebano, 
<lb/>che se fosse vero quel che dice Messer Giorgio dovrebbe 
<lb/>accader tutto il contrario cioè, la tavoletta 
<lb/>d' Ebano doverebbe far arginetti 
<lb/>più alti, di quella di Piombo per esser più 
<lb/>grossa.
<lb/>Erra di spropositato desiderio quando ricerca che il 
<lb/>Sig. Galileo ponga e ritrovi nome al composto della 
<lb/>tavoletta d' Ebano, e d' aria posta sotto il livello
<lb/>dell' acqua, e dico che è sproposito questo
<lb/>percioche, che vi si trovi, o non vi si trovi nome, 
<lb/>che sia di quella composizione della quale parla 
<lb/>il suo Ermino, o altra, poco importa, basta che 
<lb/>è verissimo, e si vede con gli occhii, che la 
<lb/>tavoletta d' Ebano posata su l’acqua, mentre 
<lb/>non è toccata dall’ acqua nella sua superiore 
<lb/>superficie, chiaro è dico, che l’aria li è contigua,
<lb/>ne in questo occorre dubitare, et essendoli 
<pb n="32 verso"/>
<lb/>contigua l’aria, è ancora verissimo, e si vede 
<lb/>sensatissimiamente che quello che è attuffato 
<lb/>nell' acqua non, è ne aria sola, ne Ebano 
<lb/>solo, ma e l’ uno, e I'altro congionti insieme
<lb/>e questo basta al Sig. Galileo, e di questo aggregato,
<lb/>(o sia, o non sia un composto, comie vole Messer 
<lb/>Giorgio, ed Ermino) è verissimo che quando galleggia,
<lb/>è più leggieri d'altrettanta d'acqua.
<lb/>il che se fosse inteso da Messer Giorgio credo, 
<lb/>che resterebbe sodisfatto.
<lb/>Erra a dire che un vaso di rame ripieno d' acqua 
<lb/>vadi al fondo per l'acqua, e per manifestar 
<lb/>meglio I'errore intendasi una mole d' acqua 
<lb/>eguale alla mole del vaso con l’acqua che li
<lb/>è dentro, ed in quella prima mole d' acqua 
<lb/>considerisi tant' acqua quanta è quella che è 
<lb/>nel vaso: chiaro è che queste due moli d' acqua 
<lb/>pesaranno egualmente, non è dunque maggior ragione, 
<lb/>che una descenda dell’ altra: restaci il 
<lb/>rame solo da compararsi col rimanente di 
<lb/>quell'altra acqua e per esser egli più grave 
<pb n="33 recto"/>
<lb/>di quella è manifesto che descenderà, e perciò
<lb/>chiarissimo resta che la cagione del descendere 
<lb/>il vaso di rame ripieno d' acqua è tutta per 
<lb/>rispetto del rame cioè per l’eccesso del peso, che 
<lb/>egli ha sopra altrettanta acqua.
<lb/>Erra ancora contradicendosi con confusione estrema, 
<lb/>mentre s'affatica provare, che il vaso di rame 
<lb/>non discende per gravità propria, ma per 
<lb/>quella dell' acqua, e pure di sopra ha concesso 
<lb/>che l’acqu, quando è nel suo loco non aggrava 
<lb/>più; come può dunque portare, o cacciare 
<lb/>sin in fondo il vaso di rame se posta nel suo 
<lb/>loco, non aggrava più?
<lb/>Credo al sicuro che Messer Giorgio dica la verità quando 
<lb/>confessa di non saper ritrovare altra ragione 
<lb/>che quella del Buonamico, per rispondere a quella
<lb/>esperienza venuta di Germania per huomini 
<lb/>degni di fede. Ma erra ben poi a pensare 
<lb/>che non ci sia altra risposta per cotal effetto, e per farli piacere, li
<lb/>dico che quest' esperienza d' andar in fondo sarà vera in quelli legni che saranno più gravi dell' acqua e d'altri non già mai se venissero bene di Turchia non che di Germania.
<lb/>Erra affermiando, che l’acqua nel spinger in sù habbia 
<lb/>a salire anzi il fatto stà tutto in contrario, 
<pb n="33 verso"/>
<lb/>perche è necessario che l’acqua quando spinge all' 
<lb/>in sù descenda di mano in mano a occupare il 
<lb/>loco che lascia il corpo che viene da essa acqua 
<lb/>spinto in alto.
<lb/>Erra di maravigliosa confusione e falsità in quella 
<lb/>contemplazione che fa delle parti e del tutto
<lb/>nella quale prima avertisco esser falso che le 
<lb/>parti habbin bisogno del tutto, e non il tutto 
<lb/>delle parti, anzi che mai si può ritrovare
<lb/>tutto senza parti, ma più presto le parti possono 
<lb/>essere senza il tutto. e si possono ritrovare delle rote, molle, chiodi, vite et altre parti di orivuolo senza che si ritrovi orivolo; ma orivolo seuza parti non si trovarà già mai.
<lb/>Di più dico che, concesso che le parti habbin bisogno 
<lb/>del tutto, Erra Messer Giorgio a contradirsi imediate, 
<lb/>e dire che le parti delli elementi non sono 
<lb/>tanto desiderose del tutto.
<lb/>Quello poi che compisce la meraviglia è che Messer Giorgio 
<lb/>ritorna a novello errore di contradizione dicendo, 
<lb/>come per conclusione, che il tutto non 
<lb/>ricerca le sue parti rimanendo perfetto senza 
<lb/>quelle. E come può mai essere un tutto senza
<lb/>parti? e se fosse (il che è impossibile), come 
<pb n="34 recto"/>
<lb/>sarebbe un tutto perfetto?
<lb/>Erra a dire che se l’ aria ritiene le cose più
<lb/>gravi dell'acqua la conclusione non è per se. lo 
<lb/>dico, che havendo detto il Sig. Galileo che nel 
<lb/>caso della tavoletta proposto dalli aversarii
<lb/>l'aria è quella che trattiene, e dichiarato come trattiene, che è per non voler andar sott'acqua in buon hora (è possibile che non la voglia intendere);
<lb/>volendo Messer Giorgio contradirgli bisogna, che 
<lb/>ritrovi, che il detto del Galilei sia falso, e non 
<lb/>dire solo, non è vero da per se: poiche basta 
<lb/>al Galileo che sia vero, o sia per se, o per accidente e se l'aria trattiene per accidente la resistenza alla divisione non v'ha che fare.
<lb/>Ma erra di più, dicendo che l' aria congionta a un 
<lb/>corpo grave, quando lo sostiene non lo sostiene per se
<lb/>perche se l’ aria è per natura e per se piùi leggieri dell'acqua
<lb/>e se per esser più leggieri di quella sostiene, si deve ancora 
<lb/>dire che necessariamente, e per se sostiene.
<lb/>e non per accidente.
<lb/>Erra per non haver ne inteso, ne voluto intendere, 
<lb/>ne forse potuto intendere, il discorso del Sig. Galileo
<lb/>et erra Messer Giorgio quando dice che il Sig. Galileo 
<lb/>non vole che l’ aria operi sù corpi bagnati,
<lb/>perche non ha mai detto cosi: ha ben detto che 
<pb n="34 verso"/>
<lb/>nel caso della tavoletta, bagnata che sarà si viene 
<lb/>a separare l'aria da quella, ma non per questo 
<lb/>ha negato che non si possa congiongere dell'aria 
<lb/>a un corpo bagnato, e far il medesimo effetto del 
<lb/>sostenere.
<lb/>Erra a non penetrare, che quando si sarà dimostrato 
<lb/>che una forza sarà bastante a muovere un 
<lb/>corpo resta ancora chiaro e dimostrato che la medesima
<lb/>forza potrà sostenerlo dove di già l'havrà 
<lb/>mosso; perche al trattenerlo si ricerca minor forza 
<lb/>che al muoverlo, già che questa deve superar la 
<lb/>virtù, che resiste, e quell'altra basta, che la pareggi.
<lb/>Replica l’ errore di non haver inteso come l' aria porti, 
<lb/>e trattenga il corpo che li sta congionto.
<lb/>Erra a pensare, e scrivere che il Sig. Galileo dimostri, 
<lb/>che l' aria sostenga per contatto; per tanto 
<lb/>io per compassione di novo l'avertisco che il 
<lb/>Sig. Galileo dimostra che l’ aria sostiene 
<lb/>quando congionta con corpo grave vien 
<lb/>posta sotto l’ acqua, perche essendo ella leggieri più 
<lb/>dell'acqua, viene da quella spinta all' insù et insieme 
<lb/>con lei vien traportato il corpo grave. 
<pb n="35 recto"/>
<lb/>Erra, non già nel dire, che la Palla sia trasferita in 
<lb/>alto per violenza dell'aria, essendo questo verissimo. 
<lb/>mà erra bene a non accorgersi che questo è stato 
<lb/>detto dal Sig. Galileo anzi che quando si dice che la 
<lb/>tavoletta d'Ebano stà a Galla per l' aria senza 
<lb/>dubio si concede che vi sta per forza dell' aria
<lb/>e questo è vero, e necessario.
<lb/>Replica l’errore notato di sopra che il corpo nel 
<lb/>sommergersi levi dal proprio loco tant'acqua
<lb/>quanta è la sua grandezza, il che è falso. La 
<lb/>replica di questo errore assicura ogn' uno che Messer 
<lb/>Giorgio non ha inteso ne anche il primo lemma del discorso 
<lb/>del Sig. Galileo.
<lb/>Erra assegnando la causa del seguire che fà l’acqua 
<lb/>quel corpo il quale essendo stato nell' acqua si alza 
<lb/>fuori di quella, perche quella causa, che Messer Giorgio 
<lb/>assegna non ha che fare niente nel proposito di 
<lb/>che si tratta, oltre che è falso l'assonto in quella 
<lb/>deduzione come nell' errore precedente ho notato.
<lb/>Erra in dire che il Sig. Galileo non conceda et all' acqua 
<lb/>et a tutti gli altri corpi che si toccano con esquisito 
<pb n="35 verso"/>
<lb/>contatto una certa difficoltà all'esser separati:
<lb/>perche lo concede di sicuro: in fede di che Messer Giorgio 
<lb/>stesso in questo luogo medesimo confessa che il Sig. 
<lb/>Galileo propone la difficoltà dell' esser separati dua 
<lb/>corpi solidi che siano contigui: adunque non la mette solo 
<lb/>all' aria mà alli altri corpi ancora.
<lb/>Erra di stolidità a non intendere che cosa concluda 
<lb/>il Sig. Galileo con l’essemplo della falda, che si 
<lb/>trasporta dall' acqua in aria. perche è tanto 
<lb/>efficace e chiaro quell' essemplo a concludere 
<lb/>l’intento del Sig. Galileo della difficoltà all' esser 
<lb/>separati i corpi esquisitamente contigui che ogni 
<lb/>intelletto capace di ragione con quel solo essemplo 
<lb/>si potrebbe chiarire di tutta questa disputa.
<lb/>È verissimo quel che dice Messer Giorgio, che la disputa 
<lb/>è dell' aria contigua al solido, e non dei due solidi, 
<lb/>ma erra ben poi quando per risposta all'
<lb/>essemplo nega una conseguenza, che non è mai 
<lb/>stata dedutta ne dal Sig. Galileo ne da altri, perche 
<lb/>è sproposito negare in un discorso quello che 
<lb/>da niuno non è mai stato prononziato. Mi 
<pb n="36 recto"/>
<lb/>dichiaro meglio Messer Giorgio dice che per 
<lb/>essere difficilissima la separazione di dua corpi solidi 
<lb/>che esquisitamente si combacino, non ne segue 
<lb/>altrimente che sia egualmente difficile la separazione 
<lb/>dell' aria dal solido. 
<lb/>hor qui dico io, e chi è stato quello che habbia 
<lb/>detto mai che sia egualmente difficile la separazione 
<lb/>dell' aria dal solido, come del solido dal solido? 
<lb/>Non dico ne che sia, ne meno che non sia egualmente 
<lb/>difficile; ma dico bene che a concludere 
<lb/>l’intento del Sig. Galileo basta che ancora l’aria 
<lb/>habbia qualche difficoltà all' esser separata 
<lb/>dal solido, come in fatti ha realmente, dal che 
<lb/>ne nasce poi la profondità delli arginetti; non 
<lb/>mai intesi, ne forsi visti, da Messer Giorgio.
<lb/>Erra in volere dedurre che più difficilmeute si staccaria 
<lb/>l’aria da un solido, che un solido da un 
<lb/>altro solido, se fosse vero che più facilmente intravenga 
<lb/>il contatto de liquidi che dei solidi
<lb/>perche quella conseguenza non ha che fare con
<lb/>quell' antecedente niente, essendochè molte cose 
<pb n="36 verso"/>
<lb/>si fanno con grandissima diflicoltà, e poi si dissolvono 
<lb/>facilissimiamente.
<lb/>Erra in quel che dice della virtù calamitica dell' 
<lb/>aria contro il Sig. Galileo e mostra non intendere
<lb/>ne in questo, ne in niuna altra cosa quello che 
<lb/>ha detto il Sig. Galileo qual non attribuisse virtù calamitica all' aria.
<lb/>Erra a volere che quelli, che forse tengono, che esquisitissimamnente 
<lb/>contiguo, ne corpi naturali 
<lb/>che noi trattiamo sia il medesimo che l'esser 
<lb/>continuo, li dichiarino la differenza, trà il 
<lb/>contiguo, ed il continuo, ed è grande inconveniente
<lb/>ii ricercare che uno assegni la differenza 
<lb/>trà due cose una delle quali viene solo da lui 
<lb/>ammessa.
<lb/>Erra a dire, che il Sig. Galileo si contradica nella 
<lb/>resistenza dell'acqua, hora concedendola, 
<lb/>hora negandola. di questo errore ho fatto 
<lb/>menzione di sopra, ma perche lo replica 
<lb/>di novo, io parimente ritorno a dire, 
<lb/>che il Sig. Galileo concede la resistenza alla 
<pb n="37 recto"/>
<lb/>velocità del moto, ma nega poi la resistenza alla 
<lb/>semplice divisione; e non si trovarà mai che il Sig. Galileo neghi in loco alcuno ne con esperienze ne con essempli la resistenza in tutto, e per tutto, perche altra cosa è, che un corpo resista all' esser mosso con tal velocità altro che resista all' essere diviso, e però non è contradizione nel Sig. Galileo, ma si bene nella scrittura di Messer Giorgio confusione estrema.
<lb/>Erra nel concludere che l'acqua non dividendosi da 
<lb/>se è necessario che si divida per violenza: dico 
<lb/>che ciò non segue sè prima non dimostra Messer 
<lb/>Giorgio che l'acqua si divida. Il che ho per difficile
<lb/>anzi impossibile nel proposito di che si tratta: e quel detto senza prova, all' ordinario di Messer Giorgio, che la natura habbia fatto tutti i corpi continui, e dubbiosissinmo e si disputa hora. di modo, che non è lecito di servirsene come di principio chiaro. 
<lb/>Erra a produrre in favor suo la resistenza che 
<lb/>si sente nello spinger in giù una mano nell' acqua
<lb/>non avertendo che quella resistenza nasce perche 
<lb/>nell' immergersi nell' acqua la mano si viene a alzare 
<lb/>una certa porzione d' acqua al quale alzamento 
<lb/>detta acqua resiste con determinata forza
<lb/>dependente e dal suo peso, e dalla velocità secondo 
<lb/>la quale si move nel spinger la mano in 
<lb/>giù come ci insegna mirabilmente il Sig. Galileo 
<lb/>nel suo discorso: hora questa resistenza è un' altra 
<lb/>cosa molto diversa da quella che Messer Giorgio pensa
<lb/>cioè dalla resistenza alla divisione, talche questa 
<pb n="37 verso"/>
<lb/>esperienza che introduce la resisteuza all essere 
<lb/>alzato in peso non conclude in modo alcuno 
<lb/>la resistenza alla divisione,.
<lb/>Nella risposta alla prima ragione vi è un mazzo d' errori, 
<lb/>perche, hora piglia proposizioni false, come che 
<lb/>la molt' acqua sostenga più che la poca: della quale verità se ne può fare facilmente l’esperienza o se ne 
<lb/>serve a sproposito come del sollevarsi più il 
<lb/>medesimo solido nell'acqua salata, che nella dolce.
<lb/>e simili altri errori commette perche
<lb/>al tutto non intende punto la materia di che si 
<lb/>tratta in questa disputa.
<lb/>Erra perche non s' accorge di quant' efficacia sia l’
<lb/>argomento contro alla resistenza dell' acqua all' 
<lb/>esser divisa, che è perche non può trattener corpo 
<lb/>niuno in lei di qual si voglia figura e momento che non si mova all' in sù o all' in giù.
<lb/>E duplica l'errore con pretendere, che l’argomento 
<lb/>che Ii è contrario, e che mirabilmente destrugge la 
<lb/>sua opinione, li sia in favor suo.       
<lb/>Erra parimente uscendo de termini nel volere 
<lb/>confirmare che l’argomento del Sig. Galileo sia contro 
<pb n="38 recto"/>
<lb/>del Sig. Galileo; et erra perche piglia la resistenza alla 
<lb/>maggiore, o minor velocità, 
<lb/>e pensa haver conclusa la resistenza 
<lb/>alla semplice divisione, segno manifesto che non 
<lb/>ha mai inteso quel che dice il Sig. Galileo mentre 
<lb/>in quest' errore inciampa così spesso; però, acciò ne Messer Giorgio ne altri habbino regresso di scusa d' ignoranza intorno a questo particolare dico, che è vero, che i corpi più gravi dell' acqua tutti in essa discendono, alcuni più velocemente altri più tardi quando sono differenti di gravità in specie, o in figure, e de corpi più leggieri dell' acqua,altri si attuffano più altri meno, e ne seguita di necessità che nell' acqua si trovi resistenza, e tutto questo ha insegnato il Sig. Galileo. Ma dico poi che questa resistenza non è all' esser divisa, come pensa Messer Giorgio, ma all' esser alzata o mossa lateralmente: e questo doveria, esser chiaro a ogn' uno perche mentre si mette un corpo nell' acqua, chiaro è che l'acqua si viene a alzare al quale alzamento resiste, come ogn'altro corpo grave resiste all' esser alzato ancorche non si habbia a dividere, e così non occorre introdurre resistenza alla semplice divisione. e questo basti per sodisfare alla difficolà di questa resistenza tante volte mal intesa da Messer Giorgio.
<lb/>Erra parimente quando dalla tardità del moto delle 
<lb/>particelluzze, che scendono nell' acqua torbida
<lb/>pretende concludere la resistenza alla semplice 
<lb/>divisione dell’acqua; che è quella che nega assolutamente 
<lb/>il Sig. Galileo: ma perche quest'errore
<lb/>è in tutto l’istesso che quello che di sopra è stato
<lb/>notato non ne dirò altro.
<lb/>Replica ancora l’istesso errore, ma assotigliato, nella risposta, all' 
<lb/>essemplo della trave mossa per l’acqua da qualsivoglia 
<lb/>minima forza: mentre afferma che si 
<lb/>sente qualche resistenza, il che è falso ne si sente 
<lb/>resistenza alla divisione mà a quella essigua 
<lb/>velocita con che si move l’acqua si sente (se però si può dir sensibile) una 
<pb n="38 verso"/>
<lb/>essigua resistenza falsamente da Messer Giorgio attribuita 
<lb/>alla difficoltà della divisione.
<lb/>Il Signor Giorgio in questo luogo dice "E venendo alle sue 
<lb/>figure Matematiche diciamo che la proporzione 
<lb/>che prova in esse non fa al proposito, perche 
<lb/>piglia per concesso in quelle la cosa che si cerca
<lb/>che è errore di logica" pensando, con queste sole parole di haver atterrato senz' altra prova tutti quei meravigliosi discorsi e progressi. Mi ha fatto restare attonito 
<lb/>in pensare come sia possibile che Messer Giorgio
<lb/>altre si come intendo dottissimo nella lingua materna;
<lb/>ma ignorantissimo di Geometria, possa, e sappia, 
<lb/>ed habbia animo di vituperare comle diffettose 
<lb/>in logica le dimostrazioni del discorso del 
<lb/>Sig. Galile, le quali (e lo posso dire; perche le ho intese,
<lb/>e esposte ancora a diversi miei Patroni 
<lb/>e Signori) sono tanto essatte, che non vi casca pur un 
<lb/>minimo dubio. Hora che errore sia stato questo
<lb/>non dico altro solo mi rimetto al giudicio di tutti 
<lb/>quelli che haveranno intese le dette dimostrazioni.
<lb/>Erra a pretendere haver provate due conclusioni 
<lb/>falsissime, cioè che la figura faccia galleggiare;
<pb n="39 recto"/>
<lb/>e Che siino corpi, oltre a più gravi secondo 
<lb/>la natura, quali vadino al fondo. anzi quest' 
<lb/>ultima, che di novo Messer Giorgio mette in campo,
<lb/>è tanto falsa, che non credo, che altri che Messer
<lb/>Giorgio fosse per affirmarla, e crederla.
<lb/>Erra a dire che era necessario che il Sig. Galileo provasse, 
<lb/>che un solido di più grave materia debba, per 
<lb/>galleggiare, haver l'aria, che lo sostenga, erra
<lb/>dico, perche questo non è necessario ne al galleggiare;
<lb/>ne alla confirmazione dell’ opinione del 
<lb/>Sig. Galileo al quale basta haver dimostrato, che se 
<lb/>un corpo galleggua, è senza dubio men grave di 
<lb/>altrettanta acqua: che sia poi men grave per 
<lb/>haver congionto, o soghero, o midolla di sambuco, 
<lb/>o aria, o altra cosa leggieri poco importa nella
<lb/>presente questione. e ben vero, che nel caso dalli aversarii 
<lb/>proposto è l’aria che fa galleggiare et è stato avertito. Ma Messer 
<lb/>Giorgio, che non I'ha intesa, gioca a indovinare, 
<lb/>e proferisce tutto quel, che li vien in capo, senza 
<lb/>pensarci, come manifestamnente si vede in 
<pb n="39 recto"/>
<lb/>tutta questa sua operetta.
<lb/>Ha detto benissiamo Messer Giorgio dicendo Che chiunque, 
<lb/>qual che si sia lo interesse, non pregia e riverisce 
<lb/>Ia verità, non si dee veramente stimare huomo
<lb/>ma più tosto una mala bestia.
<lb/>Se la interpretazione poi del testo d' Aristotile quanto 
<lb/>al significato delle voci greche, data da Messer Giorgio
<lb/>sia bona, o cattiva, io non lo posso sapere: questo
<lb/>posso ben dire che Messer Giorgio Erra di contradizione
<lb/>quando dice, che non essendo la figura natura
<lb/>non può produr moto per esser il moto effetto della
<lb/>natura, e poi a canto a canto vole che la figura sia 
<lb/>causa di quiete la qual quiete è pure effetto della natura
<lb/>conforme ai principii del medesimo Coresio. 
<lb/>Replica l’errore più chiaro affermando contro se medesimo, 
<lb/>contro Aristotile, e quel che più mi preme, per l’
<lb/>affetto che li porto, contro la verità stessa, (qual
<lb/>che si sia lo interesse) Che le figure sono cause da per 
<lb/>se della quiete. e pure essendo la quiete effetto 
<lb/>della natura ne segue com' ho detto, per la ragione 
<pb n="40 recto"/>
<lb/>prodotta da Messer Giorgio stesso, che non possa dependere 
<lb/>dalla figura come causa da per se.
<lb/>Replica l’ errore del dedur dalla ritardanza la quiete, conseguenza insensatissima, come si è detto di sopra.                         
<lb/>Che Aristotile in qualche loco del quarto della Fisica 
<lb/>parli di materie diverse, non lo nego, ma dico bene 
<lb/>che Messer Giorgio erra nel dire, che, nel loco citato 
<lb/>dal Sig. Galileo cioè nel testo 72, Aristotile intenda di materie 
<lb/>diverse, perche  le parole formali del testo 
<lb/>latino (io non intendo il Greco) sono queste: 
<lb/>Videmus idem pondus atque corpus velocius ferri 
<lb/>propter duas causas &amp; nel qual testo latino (potrebbe 
<lb/>essere che il Greco fosse tutto il contrario) si vede 
<lb/>chiaramente esser falso, che Aristotile intenda di 
<lb/>materie diverse mentre dice idem corpus.
<lb/>Delli errori che Messer Giorgio piglia in materia dell' ago, v
<lb/>olendo che Aristotile habbia inteso delli aghi 
<lb/>grossi so, che il Sig. Galileo ha dato sodisfazione 
<lb/>a i capaci di ragione, e desiderosi di saper il vero
<lb/>e l’ ha fatto con viva voce et esperienze manifeste: 
<lb/>anzi di più nella seconda impressione del 
<lb/>suo discorso dimostra che simili diffese addotte 
<lb/>in favor d'Aristotile sono maggiori offese, però 
<pb n="40 verso"/>
<lb/>non dirò altro, solo che ho gran compassione al 
<lb/>povero Aristotile che ha simili difensori.
<lb/>Erra quando volendo rispondere al Sig. Galileo che nega 
<lb/>l'esperienza dell'arena d'oro, e polvere, che 
<lb/>nuotano per aria, ed asserisce che sono traportate 
<lb/>dal viento, dice che Aristotile parla figuratamente, 
<lb/>e che dicendo aria vole intender vento
<lb/>del quale l’aria n' è parte. Questa diffesa ha 
<lb/>del insipido perche vole che un filosofo 
<lb/>nel metter una conclusione usi vocaboli figurati
<lb/>massime essendovi i proprii. Dico di più che 
<lb/>questa figura di usurpare la parte per il tutto, 
<lb/>in questa occasione nella quale, conforme a Messer Giorgio, 
<lb/>si intende da Aristotile la parte cioè aria
<lb/>per il tutto, cioè per il vento, doveva essere tanto più
<lb/>fuggita ed abhorrita da Aristotile, quanto egli 
<lb/>stesso nel secondo delle Meteore, summa seconda,
<lb/>capitolo primo, disputando contro gli antichi della 
<lb/>sustanza del vento tiene che non sia aria; di modo 
<lb/>che per fuggir il sospetto di contradizione
<pb n="41 recto"/>
<lb/>doveva abhorrire questo parlar figurato
<lb/>introdotto da Messer Giorgio.
<lb/>E finalmente che Messer Giorgio erri in introdur questa 
<lb/>figura, per servizio, e diffesa d'Aristotile, si può 
<lb/>conoscere dalle parole soggionte da Messer Giorgio
<lb/>quando dice. Ma diciamola come stà, dal che 
<lb/>si vede che Messer Giorgio pensa di non haver detta 
<lb/>ancora la vera interpretazione come stà.
<lb/>È degno d' esser notato un' altro errore di Messer Giorgio 
<lb/>in questo medesimo passo, et è che per rispondere 
<lb/>al Sig. Galileo in contradittorio, apporta due interpretazioni 
<lb/>del testo d'Aristotile delle quali posta 
<lb/>per vera qual si voglia, viene non solo a non contradire
<lb/>ma a confirmare il pensiero del Sig. Galileo e 
<lb/>per dichiarazione di quanto dico replico 
<lb/>il detto del Sig. Galileo, L'oro battuto, e la 
<lb/>rena d' oro, non notano per aria, ma sono 
<lb/>traportati dal vento: risponde Messer Giorgio risolutissimo 
<lb/>di contradire, e dice non notano per aria 
<lb/>ma notano per il vento. hor chi non vede 
<pb n="41 verso"/>
<lb/>che questo non è contradire ma replicare il medesimo.
<lb/>Così ancora, sè l' interpretazione di Simplicio 
<lb/>sussiste, pur resta vero il detto del Sig. 
<lb/>Galileo, che simili polveri o limature non nuotano 
<lb/>per aria.
<lb/>Erra a dire che Aristotile non risponda al falso scioglimento 
<lb/>di Democrito; perche dalla lettera del 
<lb/>testo si vede chiaro, che Aristotile disputa contro la 
<lb/>soluzione di Democrito.
<lb/>Erra a prononziare senza prova nissuna che 
<lb/>l'opinione di Democrito sia una pazzia doveva 
<lb/>Messer Giorgio provare con qualche ragione una 
<lb/>sentenza così risoluta.
<lb/>Ma con questa sentenza erra di più contro il suo Aristotile, il 
<lb/>quale nel principio delia generazione fa tanta 
<lb/>stima di Democrito, che mette la sua opinione,
<lb/>rendendone la ragione, per ingegnosissima, di 
<lb/>modo che Messer Giorgio scappa a questa volta da Aristotile, 
<lb/>il quale non ha sdegnato disputare con 
<lb/>Democrito, e tuttavia Messer Giorgio con tanto dispreggio 
<lb/>ricusa il discorso delli Atomi la supposizione de quali, 
<pb n="42 recto"/>
<lb/>ancorche fosse falsa (il che io non ardirei mai di affermare
<lb/>di balzo come fà Messer Giorgio) non deve 
<lb/>però essere, stimata una pazzia, perche (per servirmi 
<lb/>di una autorità alla quale Messer Giorgio mostra 
<lb/>d'aver credito) Aristotile stesso nel testo 5. del 
<lb/>primo libro della generazione dice che Democrito con quella 
<lb/>dottrina mostrò curarsi d' ogni cosa naturale, 
<lb/>e con tanta maniera, che Aristotile nel testo 
<lb/>ottavo del medesimo libro scrisse queste formate
<lb/>parole in lode di Democrito e de suoi principii
<lb/>"Democritus autem videbitur utique propriis ac 
<lb/>naturalibus rationibus persuaderi."
<lb/>Erra interrogrando perche cagione i Calidi conforme 
<lb/>all' opinione di Democrito, sostenghino gli altri corpi 
<lb/>più facilmente per acqua, che per aria, quasi, 
<lb/>che sia difficile il rispondere, e dire, che 'Il medesimo 
<lb/>corpo pesa meno nell'acqua che nell'aria.
<lb/>Erra ancora d' inavertenza per non haver notato 
<lb/>nel discorso del Sig. Galileo la cagione di questo effetto
<lb/>tanto minutamente spiegata che per sino dimostra
<lb/>quanto un corpo più grave dell’ acqua perda 
<pb n="42 verso"/>
<lb/>del suo peso, che haveva nell' aria posto che sarà 
<lb/>nell'acqua, cioè che ne perde a punto tanto quanto 
<lb/>pesa nell'aria una mole d' acqua a lui eguale.
<lb/>Erra a proponere la maggiore unione delli atomi 
<lb/>per cagione della magior forza che 
<lb/>hanno in sostener per acqua che per aria: perche 
<lb/>questa cagione non è proposta, e non sarebbe forsi 
<lb/>proposta come prodottrice di questo effetto da chi 
<lb/>havesse per buona I'opinione di Democrito.
<lb/>Erra a non pensare che i calidi nell' acqua venghino 
<lb/>più uniti che nell' aria, massime essendo l’acqua 
<lb/>contrarissimna alla natura del fuoco.
<lb/>Erra di contradizione dicendo in questo loco, che la 
<lb/>forza del sostenere è eguale in tutte le parti
<lb/>e di sopra ha detto, che le parti superiori più 
<lb/>sostengono.
<lb/>Ritorna, a cascare nel temerario errore di sopra 
<lb/>notato tassando per pazzie espresse le considerazioni delli Atomi e da qui io entro in sospetto che...
<lb/>Nell' imputare al Sig. Galileo che si sia ingannato fà così 
<lb/>bella mostra d' ignoranza, che chi non l’havesse 
<pb n="43 recto"/>
<lb/>conosciuto sin hora, potrebbe da questo passo solo 
<lb/>comprendere quanto sia privo e di sapere, e di
<lb/>attitudine al sapere.
<lb/>Perchè Messer Giorgio non ha inteso quando il Sig. Galileo 
<lb/>ha detto che il mezo leva tanto di peso al solido che 
<lb/>in esso si somrnerge quanto è il peso di tanta mole 
<lb/>di mezo quanta è quella del solido, dice con error 
<lb/>notabile che senza la resistenza posta da Aristotile, 
<lb/>e non ammessa dal Sig. Galileo, non si può 
<lb/>render ragione perche una cosa pesi più nell' 
<lb/>aria che nell' acqua.
<lb/>Erra ancora spropositatamente, a riprendere il Sig. 
<lb/>Galileo come che non habbia inteso Democrito il quale 
<lb/>attribuisce il sostenere non all' acqua ma ai calidi. 
<lb/>Io dico che questa riprensione è spropositata, perche 
<lb/>il Sig. Galileo non dice che Democrito attribuisca 
<lb/>il sostenere all' acqua. ha ben detto il 
<lb/>Sig. Galileo e risposto a Aristotile per parte di Democrito
<lb/>che i calidi non sostengono il medesimo corpo 
<lb/>nell'aria come fanno nell' acqua, perche essendo 
<pb n="43 verso"/>
<lb/>men grave in questa che in quella il sostenerlo
<lb/>viene a essere più difficile dove è più grave.
<lb/>E questa risposta che fa il Sig. Galileo, non è in diffesa 
<lb/>di Democrito, come che Democrito habbia 
<lb/>detto bene, e la verità è assegnata sufficiente cagione 
<lb/>del galleggiar le falde: ma è detto questo
<lb/>solo per provare che la ragione d'Aristotile contro
<lb/>Democrito è fredda, e di niun valore.
<lb/>Dopo haver copiata una facciata intera del 
<lb/>discorso del Sig. Galileo, per empire i foglii della 
<lb/>sua operetta, nel voler notare gli errori, che 
<lb/>alla balorda, pensa che vi siino ne commette 
<lb/>tanti, che è una compassione. Io ne andarò notando
<lb/>per servizio di Messer Giorgio alcuni de più 
<lb/>manifesti, conforme al mio proponimento primo 
<lb/>non già per diffesa del Discorso a giudicio d' 
<lb/>ogni intendente illeso.
<lb/>Primo erra a dire che la falda proposta dal Sig. 
<lb/>Galileo contro Democrito, se fosse vera la posizione 
<lb/>di Democrito non s' alzarebbe dal fondo
<pb n="44 recto"/>
<lb/>perche io dico che quando quella posizione fosse 
<lb/>vera, ne seguirebbe, quanto deduce il Sig. Galileo
<lb/>e ancorche pochi calidi siino trà ‘l fondo, e 
<lb/>la falda, non nega però Democrito che non 
<lb/>ne ascendino ancora dalla terra stessa, quali 
<lb/>sormontando di mano in mano per l’acqua dovrebbono 
<lb/>portare una cotale falda sino alla 
<lb/>superficie dell' acqua come rettamente conclude 
<lb/>il Sig. Galileo.
<lb/>Erra di più quando volendo insegnare al Sig. Galileo 
<lb/>il modo di confutar Democrito dice che i medesimi 
<lb/>Atomi in numero che fossero potenti a 
<lb/>sostenere a mezo l’acqua una falda potrebbono
<lb/>ancora sollevarla in alto, perche questo è falso
<lb/>ne è vero altrimenti che una forza che sia potente 
<lb/>a sostenere in alto un peso sia ancora potente a 
<lb/>trasferirlo più alto, e la ragione è questa, perche
<lb/>al mantenere basta egual virtù mà al muovere 
<lb/>e sollevare si ricerca maggiore, e 
<lb/>da questo si raccoglie che Messer Giorgio
<pb n="44 verso"/>
<lb/>Erra parimente a far quella conseguenza tutta al contrario
<lb/>quando vole che s' inferisca dall'haver gli Stomi 
<lb/>minor forza, che habbino ancora la maggiore, 
<lb/>mentre dice che se gli Atomi sostengono a mezo 
<lb/>l’acqua potranno molto più sollevare in alto. 
<lb/>con queste belle cose si confuta il Sig. Galileo 
<lb/>e si difende Aristotile, povero Aristotile.
<lb/>Erra a dire che il Sig. Galilei erri ponendo gli 
<lb/>Atomi, ed erra perche non rende ragione dell’ errore.
<lb/>Erra di falso a imporre al Sig. Galileo che ponga la 
<lb/>penetrazione de corpi.
<lb/>Erra pure falsamente a dire che il Sig. Galileo chiami la 
<lb/>caldezza corpo.
<lb/>Erra a dire ehe il caldo non possa sostenere; e che sia 
<lb/>erronea questa conclusione si conosce da questo, che 
<lb/>il caldo ha forza di trasferir in alto, come si
<lb/>vede nei vapori portati in alto dal caldo 
<lb/>del sole, et in moltissime altre esperienze,
<lb/>si può chiarire della forza, che ha il caldo 
<lb/>non solo in sostenere ma ancora in movere.
<pb n="45 recto"/>
<lb/>Quanto sia inetto discorso quel di Messer Giorgio in 
<lb/>questa sua operetta si conosce in ogni conclusione
<lb/>in ogni verso, e quasi in ogni parola,
<lb/>ma alle volte tanto più chiaro si vede, quanto 
<lb/>che fa certe scappate più essorbitanti dell'
<lb/>altre. vole concludere, che il caldo non può 
<lb/>sostenere, e lo conclude, perche è sua proprietà 
<lb/>riscaldare, hor vedasi 
<lb/>se è buona conseguenza questa, è proprieta dell'
<lb/>huomo esser discorsivo adunque non può saltare,
<lb/>adunque non può portare una Balla di Lana. 
<lb/>Io non mi meraviglio di Messer Giorgio che habbia 
<lb/>messe alle stampe queste insipidezze, ma non so quasi 
<lb/>come sia possibile che quest' huomo da bene, non 
<lb/>habbia hauto persona amica, che l’havesse impedito 
<lb/>da questa impresa.
<lb/>Sè Democrito o il Sig. Galileo havessero pensiero, che 
<lb/>i calidi non fossero corpi, con qualche apparente 
<lb/>ragione poteva dire Messer Giorgio che è errore a 
<lb/>volere che i calidi sostenghino, ma se i calidi 
<pb n="45 verso"/>
<lb/>sono posti per clorpi, che occorre che Messer Giorgio 
<lb/>dica che si erra a volere che i calidi sostenghino
<lb/>perche il sostenere è proprieta de corpi? non 
<lb/>vede egli, che imediate se gli può dire sono
<lb/>corpi questi calidi?
<lb/>Non credo poi, che immediatamente contro ogni venità, 
<lb/>e con errore piùi manifesto si possa trasgredire 
<lb/>in questo proposito di quello che fa Messer Giorgio
<lb/>quando imputa per errore al Sig. Galileo il volere 
<lb/>che i corpi leggieri sostenghino: e perche 
<lb/>ha quasi dell' incredibile, che 
<lb/>Messer Giorgio habbia commesso questo errore
<lb/>con curarsi cosi poco (qual che si sia lo 'nteresse) 
<lb/>della verità, trascrivo a parola per parola 
<lb/>il suo detto. Erra perche ancora che quelli 
<lb/>calidi fussero fuoco, ad ogni modo non potrebbono 
<lb/>sostenere sopra di loro le cose terrestri, 
<lb/>essendo questi per natura leggieri, 
<lb/>e quelli per natura gravi. Nel qual detto 
<lb/>si vede manifestamente che Messer Giorgio pensa
<pb n="46 recto"/>
<lb/>che le cose gravi nell’ acqua (perche siamo in 
<lb/>questo proposito) siino più atte a sostenere che 
<lb/>le leggieri, di modo che una pietra sarà 
<lb/>meglio sostenuta a galla (secondo questa meravigliosa 
<lb/>dottrina di Messer Giorgio) da un pezzo 
<lb/>di Piombo, che da un pezzo di sughero, perche 
<lb/>il sughero, essendo leggieri, non può sostenere.
<lb/>Erra a negare, che nell'acqua siino delle parti ignee
<lb/>con dire che non vi sono perche non si vedono; quest'errore è di semplicità, 
<lb/>perche mostra di non sapere, che moltissime 
<lb/>cose sono, e pure non si vedono; anzi
<lb/>conforme à suoi principii si da il fuoco sopra l' aria, e pure 
<lb/>non si vede.
<lb/>Erra in oltre nei proprii principii peripatetici, perche 
<lb/>niun peripatetico negarà mai qualche mistione 
<lb/>di fuoco nell' acqua, non concedendosi nella 
<lb/>lor scola l'elemento puro, e massime l’ acqua che noi trattiamo.
<lb/>Erra a scrivere che il Sig. Galileo metta nell'acqua il fuoco 
<lb/>quieto e che non vadi continuamente saliendo
<lb/>e questo errore è commesso maliziosamente non meno 
<pb n="46 verso"/>
<lb/>che ignorantemente, gia che Messer Giorgio di sopra 
<lb/>ha riferito che il Sig. Galileo tiene che questi corpi 
<lb/>calidi salghino di continuo per l'acqua.
<lb/>Erra di contradizione dicendo che l'acqua non sostenga 
<lb/>i corpi più gravi di essa se non per commozione
<lb/>perche di sopra ha detto (benche falsamente) che
<lb/>li sostiene ancora per la resistenza che fà all'esser 
<lb/>divisa.
<lb/>Erra tenendo per errore il concedere moto alli indivisibili,
<lb/>non intendendo ne come siino indivisibili, 
<lb/>ne come siino mobili.
<lb/>Erra a dire che tali atomi havrebbono sostenuto meglio 
<lb/>nell'aria, che nell' acqua, e l'errore consiste perche 
<lb/>Messer Giorgio non ha avertito che il corpo che si ha
<lb/>da sostenere; è più leggieri nell'acqua che nell'
<lb/>aria, e per questa cagione viene a essere più facile 
<lb/>il sostenerlo in quella che in questa.
<lb/>Erra di doppio errore nella conclusione Che gli atomi 
<lb/>sono più sparpagliati per l'acqua che per l’aria. 
<lb/>il primo errore è che la conclusione è falsissima,
<lb/>poi depende da falsi principii non 
<lb/>essendo vero che la contrarietà causi sparpagliamento. 
<pb n="47 recto"/>
<lb/>anzi in questo particolare non doveva mai errare Messer 
<lb/>Giorgio, perche pare, che principalmente habbia 
<lb/>voluto nel principio di questa sua operetta mantenere 
<lb/>che il freddo condensi, e unisca, per lo che 
<lb/>doveva pure ammettere, che il freddo ambiente 
<lb/>dell' acqua possa più unire gli atomi, che sparpagliarli. 
<lb/>ma l’interesse di voler in tutti i modi 
<lb/>contradire induce Messer Giorgio a simili inconvenienti
<lb/>non solo contro se stesso, mà contro la 
<lb/>verità ancora.
<lb/>Erra vaneggiando d'armare il fuoco contro l'acqua
<lb/>e volendo che per questa occupazione non possa 
<lb/>sostenere.
<lb/>Erra a dire che il Sigr. Galileo chiami la caldezza Atomo.
<lb/>Erra non intendendo questi corpi indivisibili, e volendo 
<lb/>imputare a errore del Sig. Galileo il denominarli 
<lb/>tali.
<lb/>Erra a non volere che l’acqua possa esser mezo naturale 
<lb/>del moto del fuoco, e l'errore è tanto più nefando, 
<lb/>quanto che repugna ancora à suoi medesimi 
<lb/>principii: perche concedendosi che si possa 
<pb n="47 verso"/>
<lb/>generar di terra fuoco, e affermando Aristotile stesso
<lb/>nel secondo delle Meteore nel trattato dei 
<lb/>venti, che nella terra si ritrova molto fuoco, non 
<lb/>è errore il dire ancora, che ne sia nell' acqua, 
<lb/>e che per quella si muova, essendo mezo cedente.
<lb/>Erra ancora imputando al Sig. Galileo che habbia detto 
<lb/>che l’acqua sia, mezo naturale del moto del 
<lb/>fuoco, il che ancorchè forsi si possa affermare, 
<lb/>tuttavia non è vero che il Sig. Galileo habbia mai 
<lb/>detto questo: Ma Messer Giorgio per haver che dire, 
<lb/>e per ridurre a qualche grossezza Ia sua operetta, 
<lb/>va facendo, e qui, e altrove, simili 
<lb/>imposture.
<lb/>Erra parimente d' imnputazion falsa al Sig. Galileo con 
<lb/>dire che egli ponga che i corpuscoli sostenghino 
<lb/>più in cima, che a mezo, perche non si ritrovarà 
<lb/>mai simile comparazione nel suo discorso.
<lb/>Non meno falsa imputazione è quella quando Messer Giorgio 
<lb/>dice, che il Sig. Galileo dà più forza al fuoco che all'
<lb/>acqua, ed erra Messer Giorgio perche questa 
<lb/>comparazione non è mai stata messa in campo.
<pb n="48 recto"/>
<lb/>Erra di più nei proprii principii a pensare che sia 
<lb/>errore il dire, che il fuoco habbia più forza
<lb/>dell’ acqua; perche essendo conforme a Peripatetici 
<lb/>il fuoco attivo, e l’acqua passiva, è necessario 
<lb/>che il fuoco habbia più forza dell’ acqua.
<lb/>Erra volendo notare un errore contro il Sig. Galileo, a 
<lb/>scrivere queste parole Erra perche l'inconveniente 
<lb/>crede esser causa contro Democrito. Dico 
<lb/>che in questo Messer Giorgio erra, perche oltre che 
<lb/>il dir suo è assai barbaro, ed inintelligibile
<lb/>si può dire di più che il Sig. Galileo non ha mai creduto 
<lb/>questo, ne dato segno d' haverlo creduto.
<lb/>Erra due volte, e nel dire che il Sig. Galileo da alle cose 
<lb/>indivisibili tatto, e  che pone essere fisico indivisibile:
<lb/>questo doppio errore nasce da un sol 
<lb/>fonte d' ignoranza di non intendere come questi 
<lb/>corpi siino indivisibili.
<lb/>Erra nel chimerizare falsamente che quelli corpuscoli 
<lb/>abbruccierebbono quelli corpi; quasi che 
<lb/>sii vero che ogni piccolo corpicello di fuoco possa 
<lb/>abbrucciare ogni altro corpo nel quale s' incontrasse,
<pb n="48 verso"/>
<lb/>e sè le scintille ignite scagliate dal focile
<lb/>non accenderanno mai un pezzo di legno di noce 
<lb/>o di quercia, molto meno è necessario che questi 
<lb/>atomi ignei le milliaia e miliaia di volte forsi 
<lb/>più piccoli delle scintille abbruccino quelli corpi 
<lb/>nelli quali vanno urtando.
<lb/>Chi concederà (come in fatti è verissimo) che si ricerchi 
<lb/>maggior forza al muovere un medesimo corpo 
<lb/>in alto, che a mantenerlo, concederà ancora 
<lb/>che il fuoco, ancorche sia raro, essendo potente 
<lb/>a spinger in alto pesi grandissimi, come di meze 
<lb/>montagne alla volta, possa ancora, durando la pulsione
<lb/>sostenerli. Si che erra Messer Giorgio nostro a 
<lb/>dire, che gli Atomi ignei per essere rari non possono 
<lb/>sostenere.
<lb/>Volendo Messer Giorgio concludere errori, con errori 
<lb/>imputa al Sig. Galileo una nova falsità, cioè che habbia
<lb/>detto che il fuoco partorisca fuoco atomo, per 
<lb/>servizio di quelli corpi gravi, qual detto o sentenza 
<lb/>non si trovarà mai nel discorso. 
<pb n="49 recto"/>
<lb/>A me pare che quando uno, non servendosi della 
<lb/>propria virtù dell’ occhio, o per haverla persa, 
<lb/>o per qualsivoglia altra cagione, si servirà della 
<lb/>scorta altrui, che questo tale camini alla cieca; e per 
<lb/>il contrario, se uno non vorrà caminare alla cieca, 
<lb/>li sarà necessario havere, e servirsi 
<lb/>della propria vista: Erra dunque Messer 
<lb/>Giorgio, e da consiglii repugnanti, quando per 
<lb/>modo di conclusione, inferisce queste parole
<lb/>Concludiamo dunque, che chi non vuole
<lb/>caminare alla cieca, bisogna hel si consigli 
<lb/>con Aristotile perche, con questo modo di 
<lb/>dire non si può intender' altro, se non
<lb/>che Chi non vuole caminare alla cieca in 
<lb/>Philosofia, camini alla cieca. cioè lasciando 
<lb/>da parte l’uso dell’ intelletto proprio, si serva 
<lb/>di quel d'un' altro: il che come si vede è un 
<lb/>proferire repugnanze essorbitantissime. 
<lb/>Seguita a ripigliare di novo senza nova ragione
<lb/>l’errore della figura larga impotente a dividere 
<lb/>il mezo del quale errore di sopra si 
<pb n="49 verso"/>
<lb/>è detto a bastanza.
<lb/>Erra quando dice che le figure quanto più sono acute tanto più si sommergono. e che sia errore grosso si conoscerà facilmente con far l’esperienza di due corpi eguali dell’ istessa materia, e di diverse figure una acuta e l’altra non acuta, i quali siino men gravi in specie dell’ acqua perche si vedrà manifestamente che eguali porzioni di loro si sommergeranno, e non come dice Messer Giorgio, più quel di figura acuta,
<lb/>Erra perche riferisce con faIsa maIizia che il Sig. Galileo 
<lb/>propone un essemplo d' un legno chte tanto vince 
<lb/>l’acqua ascendendo, quanto l’aria discendendo. il 
<lb/>che è falsissimo non essendo mai stato proposto 
<lb/>simile essempio.
<lb/>Erra ancora, e s' inganna, nel voler concludere, 
<lb/>che sia più difficile la divisione dell' acqua, 
<lb/>che dell' aria, dal farsi più tarda 
<lb/>la penetrazione in quella che in questa; e l'errore 
<lb/>di Messer Giorgio è perche non pensa ne è atto 
<lb/>a pensare che Ia tardità non nlasce per la 
<lb/>difficoltà alla semplice divisione.
<lb/>Erra ancora, non conoscendo che l’argomento della 
<lb/>tavoletta tagliata in strisce faccia
<lb/>contro Aristotile, il quale havendo detto che 
<lb/>Ie cose lunghe non soprannuotano, resta 
<lb/>con quest' argomento efficacissimamente 
<lb/>convinto di falsità, come ogni mediocre 
<pb n="50 recto"/>
<lb/>ingegno può facilissimamente comprendere.
</body>
</text>
</TEI>
Benedetto Castelli's Errori di Coresios (1613): A Basic TEI Edition Galileo’s Library Digitization Project Crystal Hall OCR cleaning and XML creation the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)
360 Huntington Avenue Northeastern University Boston, MA 02115
Creative Commons BY-NC-SA
Based on the national edition, corrected to BNCF Ms. Gal. 45 (formerly T. XVI) Errori dei piu' manifesti comessi da Messer Giorgio Coresio lettore di lingua greca in Pisa, nella sua operetta del Galleggiare della Figura. Raccolti da D. Benedetto Castelli di Brescia in Badia di Firenze Castelli, Benedetto; Galilei, Galileo 1613

This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).

This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.

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Errori più manifesti commessi da Messer Giorgio Coresio, lettore di lingua Greca dalla sua operetta del galleggiare della figura, raccolti da D. Benedetto Castelli di Brescia,... in badia di firenze. Prima, erra Messer Giorgio Coresio di troppa animosità, arischiandosi disputare senza Geometria con un Geometra, perche chiaro è, che il Geometra ha detto male, non può esser corretto se non da chi intende, e, se ha detto bene, è una pazzia il riprenderlo. Erra nelle due inscrizioni della sua Operetta, e mi manca assai nelle mani, havendo nella prima proposto un' Operetta intorno al galleggiare de' corpi solidi e poi nella seconda (diminuendo assai la prima, con mettersi ancora in sospetto d'animo più desideroso di contradire che di saper il vero) mi promette solo una dichiarazione dell' opinione d'Aristotile intorno al galleggiare della figura contro l' opposizione del Sig. Galileo. Haverei voluto che Messer Giorgio havesse sodisfatto al primo titolo, che è d' una cosa vera, bella, e che si ritrova in natura, e non m' havesse proposto il secondo titolo del galleggiar della figura, cosa vana, et imipossibile, come chiaramente ha dimostrato il Sig. Galileo, e che ha del ridicoloso, non meno che il voler trattare del Volare della Talpa. Erra in quella prima conseguenz,a che fà nel principio del suo Proemio, deducendo, che i Litterati, oltra tutti gli altri, starebbono in continua pace, e concordia trà di loro, se gli huomini si quietassero ugualmente nel vero; doveva dedurre, gli huomini starebbono in continua concordia trà di loro, chè la conseguenza caminava bene, e non concludere de' letterati solamiente oltre tutti gli altri; perche quando gli huomini si quietassero ugualmenite nel vero, non saria differenza trà letterati, e altri ignoranti, già che tutti sarebbono letterati a un modo. Erra in voler introdurre intorbidamento di dispute dove la verità è manifestata con evidentissime dimostrazioni, sotto pretesto che la varietà delle opinioni, e le liti de' letterati partorischino gran bene; perche simili confusioni, sono gran perditemnpo, oltre che non poco derogano alla maestà della scienza: era più sano consiglio cercare d'intendere il Discorso del Sig. Galileo, e ringraziarlo di haver aperta sì bella strada di Filosofare, con maniera tanto salda, e sicura, fondata nelle cose stesse, e nella natura, e non nei libri o forza de' vocaboli grechi. Erra in pretendere che il Sig. Galileo habbia mandato alle stampe il suo Discorso per risvegliare gli animi de' litterati, e non perche realmente quello che ha esposto sia sua opinione: prima perche un pari del Sig. Galileo non stà in queste puerizie; poi io, che mediante il suo aiuto, ho intese le sue ragioni, e conclusioni, so di sicuro e fo ampia fede al Messer Giorgio, Che l'opinione esposta nel discorso è veramente del Sig. Galileo e non occorre pretendere altro. Erra ancora volendo contradire al Sig. Galileo, che ha detto creder più tosto il ghiaccio esser acqua rarefatta, che condensata, e soggionti i motivi di questa sua credenza, cioè la dinminuzion del peso, e l'accresciniento di mole, erra dico, per impugnar questo detto, in movere altri punti, sè questo sia detto in universale, o in particolare, sè si voglia intendere che sia, o non sia proprietà del freddo condensare, se sia rarefatto propriamente; o accidentalmente; perche tutte sono fughe vane quanto al proposito s' aspetta: impugni pure Messer Giorgio la conclusione, sè può, e, distrugga i principii da quali depende, che questo è l’ obligo in che si è messo. Erra a pensare che, essendo di natura del caldo congregare le cose del medesimo genere, non sia del contrario del caldo, cioè del freddo; natura di separare le cose del medesimo genere; dal che non havrebbe poi occasione di maravigliarsi che il freddo, nel agghiacciare l’acqua rarefaccia le parti sue. Erra, e manca assai, nel risolvere il dubio delle cose medicinali di diverso genere, unite dal caldo, contro la natura del caldo, che è di separare le cose di diverso genere, erra, dico, perche risponde, che il caldo le unisce per ragione di qualche similitudine; hora io dico che resta maggior dubitazione in che modo sia possibile che il caldo unisca la scamonea con il Zuccaro, e con l’Agarico, per qualche simulitudine, e non più tosto li separi per la stravagantissima dissimulitudine. Erra dicendo che il caldo quando ritrova l’humido in un corpo, constringa quel corpo, perche il caldo del forno ritrova l’ humido nel pane, e lo rarefà. Erra a prononziare così francamente come fa, che le descrizioni del freddo e del caldo date da Aristotile sono tali che non è da dubitare se sian vere o false; e questo io dico perche patiscono gagliardissime opposizioni, oltre le dette; delle quali ne metterò qua una per insegnamento di Messer Giorgio, e questa è, che mentre si descrive il caldo, e ‘l freddo per operazioni che non li competono sempre, come sono il condensare, e ‘l separare, & tali descrizioni restano insufficientissime, ne si può dire che sia buon riffuggio il ricorrere al, per accidente, o al, da per se, perche in questo modo si lascia libero campo a chi vorrà dire, che il caldo condensa propriamente il fango, e che è sua natura il condensare, e che rarefà la cera per accidente (se però la cera liquefatta, è rarefatta) e non da per se, e questo potrà egualmente esser sostenuto come l'opposto, prononziato così alla libera e senza ragione. Erra di più con notabile contradizione mentre hora dice che ‘l fuoco e l’aria sono di natura rari, e perciò rarefanno se possono mai dare quel che non hanno, e di sopra, nella descrizione del caldo, vole che il caldo congreghi, posso dire io, e comne può il fuoco per natura sua congregare se è raro, e non può dare quel che non ha? Erra a non considerare che facendosi il ghiaccio nell' acqua, non dall' acqua, ne dalla terra, mà dall' aria contigua alla, superficie dell’ acqua, non è maraviglia, che il ghiaccio sia acqua rarefatta dall’ aria, la quale essendo per il Coresio nmedesimo, di natura rara può solo rarefare, e non mai dare quello che e' non ha. Erra d' insipidezza, e move nausea, mettendo grossezze e sottigliezze de' lati i nelle figure, non intendendo, che tutti i lati deile figure piane sono linee, quali mai si possono chiamar grosse, se non da chi fosse grossissimo d' inteiletto: e tutti i lati delle figure solide pur son linee, e se tal volta si 'ntende delle superficie, in ogni modo non hanno grossezza, alcuna. Erra a dire come cosa nota che il ghiaccio si fà lo 'nverno quando il freddo constringe tutte le cose, perche non è vero cie il freddo constringa tutte le cose, rarefacendo l’acqua nel farla aggiacciare. Erra ancora in logica volendo adoprare questa proposizione dubiosissima, anzi falsa, da concludere l' intento suo, la quale ha bisogno di tanta prova, che quando questa fosse vera, tutta la disputa, del ghiaccio saria terminata. Erra a chiamare costrette Ie cose che si chiudono nel ghiaccio; anzi, che più presto sono trà di loro dilongate nel farsi il ghiaccio, e Messer Giorgio stesso, concedendo che nel farsi il ghiaccio, ci entri dell’ aria, e accresca la mole, è sforzato a concedere, che quelle cose siino più separate, e dilongate del ghiaccio di quello che erano prima nell' acqua. Erra di grosso, a credere, e presumere che altri credino, che le cose che sono più sensibili al tatto, e più visibili siino più dense; perche ogn' uno sà, che la fiamma è sensibilissima al tatto, e più visibile di qual si voglia altro corpo naturale, che noi habbiamo, e con tutto ciò è molto più rara. Erra a dire, che quello, che è più denso, più difficilmente si taglia: sia più denso perche il pane cotto più difficilmente si taglia della pasta e tuttavia è di quella più raro: Erra Messer Giorgio perche piglia il duro per denso, et il molle per raro, che pur sono cose diversissime. Erra affermando che il ghiaccio si rarefaccia dal caldo, anzi si condensa, e si riduce in minor mole, come so di certo che il Sig. Galileo ha fatto vedere e toccare con mano a Messer Giorgio stesso, in presenza dell' Eccellentissimo Principe Sig. D. Aloise d' Este. Erra chimerizando che il ghiaccio si faccia sentir più freddo dell' acqua, non perche sia realmente più freddo, mà per la densita della materia. Anzi dico di più, che erra Messer Giorgio nella propria dottrina, perche, essendo egli per concedere, che il ghiaccio sia più raro dell' acqua per accidente, è necessitato a concedere che per accidente debba parere men freddo di quella. Che le acque de' ghiacci, e delle nevi siino o non siino mal sane, mi rimetto à medici. Ma erra ben Messer Giorgio a concludere che della loro malignità ne sia cagione la densità del ghiaccio, e della neve essendo questi rari e non densi. Erra affermando che il ghiaccio resiste più all' esser dissipato dell' acqua, essendo falsissimo, il che si prova, conciosiache prese due moli uguali, una di ghiaccio e l’ altra d' acqua, e di figure simili, esposte che saranno similmente al caldo, di sicuro si dissiperà prima il ghiaccio che l’ acqua, et è cosa assai nota, benche da Messer Giorgio venga detto tutto il contrario: di modo che non si deve acconsentire che il ghiaccio sia più denso dell'acqua, perche resista più alla dissipazione, essendo vero che resiste meno. Erra a volere creder a' Greci, e altri in una cosa che può essere senza loro conosciuita; anzi che potrebbe essere che i Greci in questo, come in molt' altre cose, e di grandissimo rilievo, si fossero ingannati. Essendo state da Messer Giorgio prodotte due sorti di rarità una, che consiste nella sotigliezza delle parti, e l’ altra che consiste nella distanza delle parti, e già che questa rarità vien concessa nel ghiaccio e questa medesima rarità, è cagione per detto del Coresio, fac. decima della sua operetta, di leggerezza; si conosce chiaramente che Messer Giorgio erra a contradire al Sig. Galileo, che ha detto, creder che il ghiaccio sia acqua rarefatta, pierchè cresce di mole, et è più leggieri dell’ acqua standovi a galla. Erra ancora a dire che il ghiaccio sia rarefatto per accidente, e non di necessità della sua natura, massime che Messer Giorgio stesso confessa che di necessità alla constituzione del ghiaccio, è necessaria la distanza delle parti. Io ancorche più volte habbia letto, e riletto; e per me, e per sodisfazione di alcuni Signori miei Patroni, il Discorso del Sig. Galileo, mai ho ritrovato che dica che Aristotile, non conoscesse che ‘l più grave descendesse più giù, cioè che le parti terree non cercassero d'andare al logo loro. Erra, dunque, Messer Giorgio a volere che il Sig. Galileo l’ habbia detto. Erra nel resto di quel discorso:,nel titolo del quale promette di provare, che Aristotile senza ragione è biasamato dall' autore intorno a principii del discendere il solido, ma po, in tutto quel progresso, non conclude cosa, che faccia a proposito di quanto si è promesso, ma solo si mette à recitare cinque opinioni diverse trà di loro, intorno alla causa essenziale del moto con mirabile vanità di empire i foglii. e v' interpone un trattato delli accidenti che sono (dice lui) principii dei moti, tutto o direttivamente contro alla propria opinione, o falso, o spropositato, poichè mentre pone che la gravità dependa dalla strettura delle parti, e la levità dalla largura di esse, e havendo prima concesso nel fine del primo discorso, che la largura delle parti si ritrova nel ghiaccio, e la leggerezza nell' aria, è forzato confessare, che il ghiaccio sia leggiero, e che l’ aria sia rara per la largura delle parti contro quello, che nel imedesimuo passo afferma, havendo distinto con Giovanni Grammatico dua ssorte di rarità, una, che consiste nella sottigliezza delle parti come è l’ aria, l’ altra nella lontananza delle parti come è nel ghiaccio. Erra parimente, di contradizione: perche havendo scritto nel principio della faccia undecima che non si deve dire che la gravità mova, perche la gravità è una potenza, e per conseguenza non può fare il moto, che è azzione; più a basso poi nella medesima faccia scordandosi di sè medesimo dice che il moto non è azzione altrimente, dal che, posso soggiongere io, che ne segue che non sia impossibile che possa dependere dalla gravità. Erra, quando dopo una tediosissima confusione di conclusioni, repugnanti trà di loro et alla medesima opinione et intento principale di Messer Giorgio, inferisce senza dependenza alcuna la conclusione, della destruzion del vacuo, e del cedere, con soggionger senza proposito, il notar delle cose per aria, e per acqua, con la variazione del mezo, e della figura, e che un sasso si move più velocemente nel fine che nel principio, e più velocemente da un logo più alto, che da un più basso e che una nave s' immergera più in un' acqua dolce che nella marina, e che un legno nella stessa acqua si profondarà più quanto sarà più grave e mostra, con queste conclusioni, parte false, e parte senza proposito, di haver più desiderio d' empire i foglii, che di dimostrare quello che nel principio del discorso haveva promesso, e proposto. Dice benissimo, che l’opinione di quelli che stimorno che il mezo e la figura non ritardassero il moto fu sempre stimata vana: ma erra bone, se pensa che il Sig. Galileo non la conceda. Erra dunque dicendo il vero, e l’istesso a punto che dice il Sig. Galileo, in questo particolare del ritardar il moto per la figura, e non accorgendosi di dirlo. Erra volendo che la figura perche ritarda possa fare ancora la quiete, non essendo buona conseguenza questo ha forza di ritardare, dunque, di quietare. Erra a incorrere, nel principio del terzo discorso in quell' errore che con falsità haveva imputato al Sig. Galileo cioè pensando che conforme Aristotile e la natura stessa, si diino corpi più gravi dell'acqua, che per quella non descendino, mà galleggino. E vero, che un bello 'ngegno, nel caso proposto dalli Aversarii del Sig. Galileo, della tavoletta d'Ebano dirà, che è l'aria, che fa che la tavoletta non discenda, e lo dirà con verità, anzi, per l'aria e sua forza in simili occasioni si vedono maggior meraviglie come quando dal profondo del mare si alzano pesi gravissimi ponendo a poco, a poco dell' aria in un vascello. Ma erra bene Messer Giorgio a non intendere come questa risposta sia verissima. Erra nel principio del quarto discorso nel dire che il Sig. Galileo contradica alle sue proprie ragioni imputandogli che egli habbia detto che l'aria non fa galleggiare i solidi in ogni sorte di figura ma solo in alcune particolari havendo egli dimostrato tutto l’ opposito cioe che ogni sorte di figura che per altro andrà al fondo può in virtù dell' aria congiontagli galleggiare. Erra replicando fuor di proposito quello che quattro versi di sopra haveva detto. Haveva premessa una divisione trimembre dicendo trovarsi tre opinioni di questa cosa, la prima tiene che ' aria solamente operi; la seconda, I'aria e la figura; terza, la figura sola. La prima dice che è dell'autore, e la seconda, di quelli che vogliono che l’ aria e la figura insieme faccino l’ effetto, e qui pianta il lettore. A voler sodisfare al titolo del quarto discorso, che è in qual guisa 'l aria sia, o non sia vera cagione di far galleggiare il solido, era a bastanza dire, che allhora l’ aria sarà bastante cagione di trattenere un solido che non vada al fondo, ancorche quel tal solido fosse più grave in specie dell' acqua, quando congionta con quello e posta sotto il livello dell'acqua, constituirà una mole men grave di altrettanta acqua, et allhora non basta trattenerlo, quando, ancorche vi sia congionta l’ aria stessa, tuttavia la mole che risulta dal solido e dall'aria, quale sara collocata sotto il livello dell' acqua, eccedera in peso altrettanta acqua, come saldissimamente dimostra il Sig. Galileo nel suo discorso; e questo fatto stà cosi, e poiche Mlesser Giorgio non intende, ne poteva assolutamente intendere le essattissime dimostrazioni, ha errato all' ingrosso a parlarne. Erra di molti e grossissimi errori in poche righe mentre ei si propone et essemplifica tre maniere di ritenere o sforzare dell' aria, dicendo uno essere per predominio come si vede nelle cose leggieri, e soggiogne, et altri modi: si che comprendendo questo modo molti altri, che meraviglia sarebbe che uno di quelli fosse quello del Sig. Galileo? Di più, come sono tre modi, se sono tre e molti altri modi? Il secondo modo dice esser per moto, e ne dà l’essempio dell' aria mossa dalla calamita, e per tal moto, attraente il ferro: il quale se sia errore o nò non credo che habbia bisogno di grande esplicazione, perche non credo potersi ritrovare huomo così stupido fuori che Messer Giorgio che creda che la calamitia attragga il ferro, mediante il moto dell’ aria, perche in questa guisa attrarrebbe ogn' altro corpo, e non ne attrarrebbe alcuno tutta volta, che trà esso e la calamita tramezasse una tavola, o una muraglia, e pur si vede nisun corpo benchè densissimo interposto trà la calamita, e ‘l ferro, impedire o ritardare la sua azzione. Pone il terzo modo dicendo essere per similianza, come si scorge nelle coppette e putrefazione; errore spropositatissinio, non si potendo intendere che somilianza caschi trà l’aria, le coppette, e la putrefazione. Erra a concludere che l’aria, per esser molto rara e dissipabile sia di poca e debile virtù, perche oltre che questo è contro la dottrina della quale Messer Giorgio fa professione, nella quale si afferma il fuoco e l’ aria più attivi e per conseguenza di maggiori forze delli altri elementi soggiongo io di più che il fuoco è assai più dissipabile e raro dell’ aria, e tuttavia ha grandissima, e spaventosa forza, dico nel movere, e portar pesi contro la natura loro in alto, come si vede in mille esperienze. Quando Messer Giorgio introduce quell' impossibile che seguirebbe, sè l’ aria havesse forza di sostenere, che trattenerebbe la terra fuor del luoco suo, erra perche non intende niente niente quel che dice il Sig. Galileo del trattener dell' aria, e se egli non intende il Sig. Galileo, non meno mneraviglioso nella forza delle dimostrazioni, che nella chiarezza dell' esplicare il suo concetto, meno potrà intender me, e però senza farlo staccar troppo dalla gofferia del suo argomento li dico, che vadi pensando da qual parte la terra restarà trattenuta fuora del suo loco, già che da tutte le parti è circondata dall’ aria. Erra a far quella stravagante conseguenza, che l’ acqua non saria corpo sollunare se non havesse resistenza alla divisione della tavoletta, erra, perche non è vero che tutti i corpi sollunari resistino alla divisione, ne questo è stato già mai provato, ne credo assolutamente che si possa provare: anzi, per la dottrina che Messer Giorgio segue i corpi sopralunari sono quelli che resistono massimamente alla divisione. Se Messer Giorgio intendesse che il Sig. Galileo dice che i corpi più gravi in specie dell’ acqua, tutti, tutti, e sempre discendono in quella, e i più leggieri tutti, tutti, e sempre stanno a galla, e quelli che sono trà di loro egualmente leggieri, egualmente stanno a galla, cioè eguali moli di loro sommergono, se in tutta la mole saranno eguali, se Messer Giorgio dico intendesse questo, o si quietarebbe nel vero, o non produrebbe, con tanti errori esperienze spropositate, perche, Erra con questa ignoranza quando dice: sia preso un vaso di materia più grave dell’ acqua, quale galleggi per l’aria, e poi siino presi due corpi di eguale gravità, mà di mole diseguali, e sii messo dentro a quel vaso hor l’uno, hor l’altro, che si vedrà che si sommerge, tanto dell'uno, quanto dell’ altro; hor chi non vede, che, mentre il peso del vaso è sempre l’ istesso, e quello delli doi corpi è eguale, e l’aria non pesa niente nell' acqua, che tanto in una quanto nell' altra esperienza il solido che è sommerso (sii quanta si voglia l'aria che si ritrova nel vaso) è sempre del miedesimo peso in rispetto all' acqua, e per tanto resta di lui sempre la medesima parte sommersa? e questo tutto non è egli scritto, dichiarato, e dimostrato dal Sig. Galileo nel suo discorso? di modo che non solo, chi intende, conosce che non è contro la sua opinione quanto produce Mfesser Giorgio anzi essendo vere le demnostrazioni del discorso, come sono, verissime, è necessario che tutto questo segua. Ma qui nasce un altro Errore mentre egli mette per assurdo che l’aria possa ritenere tanto la poca quanto la molta senza che l’adduca dimostrazione alcuna il quale errore è tanto maggiore, quanto dal Sig. Galileo è stato molto sotilmente dimostrato occorrere che tanto sostenga moli grandissime una poca quantità di acqua quanto mezo il mare. Erra pur nella seconda esperienza, e mostra di novo, à chi non se ne fosse acorto avanti, che al tutto non intende niente di quello, che dice il Sig. Galileo del trattener dell' aria. Ho detto, e ritorno a dire, che il Sig. Galileo non solo afferma, che l’ aria è potente a trattener i corpi gravi a galla, ma che questo fanno tutti i corpi leggieri quando, congiunti con i gravi, constituiranno moli di minor peso di altrettanta acqua. Hor se vi sian congionti con colla, o con calamita, o con chiodi, poco importa, basta che siino congionti, e Messer Giorgio stesso, nel produr Ia sua espericnza mette nell' acqua un solido composto del vaso, e di quel corpo di che e' ripieno si che galleggi nel qual caso non fà contro al Sig. Galileo perche questo sarà un composto men grave di altrettanta d' acqua, perlochè galleggerà. Erra ancora dicendo che galleggerà sempre tanto quanto il peso del vaso lo sommnergerà, perche nell' esperienza alle volte, la parte che galleggia di quel corpo, è maggiore alle volte minore, alle volte eguale, a quella, che sarà sommersa, e Ia ragione di questo, e quando intraverranno questi casi, e chiara nella quarta proposizione del discorso. Erra nella terza sua ingegnosissima esperienza, del catino di rame, che vien giù per aria con moto continovo (ha detto continovo, acciò non si pensi che venga a saltaoni interrotti.) sin che arriva all' acqua, nella quale non si profonda ne anche ripieno di quel corpo grave, erra dico, non perche la esperienza sia falsa, perche è vero, che il catino vien giù per aria, ne si profonda nell' acqua, quando è ripieno d' un corpo grave si che galleggi, mà erra perche pensa che faccia contro il Sig. Galileo e non s' avede il poveretto, che il catino descende per aria perche pesa più'i di altrettanta aria, e non descende per acqua, perche pesa meno di quella cioè di altrettanta mole d' acqua. Non minor errore commette nel produrre l’inconveniente che seguirebbe nel pesare il Piombo o ferro, perche non è vero, che il Piombo ridotto in figura piana possa esser sostenuto nell' aria per l’aria congiontagli dove si pesano simili merci, ma ben potrebbe esser causa di tal fraude, quando si pesasse ne confini dell' aria, o dell’ acqua, dove il Sig. Galileo afferma, e con verità, che l’ aria trattiene, di modo che questo non ha che fare nulla contro il Sig. Galileo. Erra a dire che gli artefici, che accomodano legni da edificio navale, non habbino riguardo all' aria ma si bene all' acqua, perche si vede chiaro che per questo li fanno cavi dentro non per altro, che, ancorchè vi sian poste dentro gran quantita di merci, non per questo si constituisca mole di maggior peso di aitrettanta d' acqua. Anzi dico di più, che, se Messer Giorgio, quando ha detto che gli Artefici non hanno riguardo all' aria ma all' acqua, ha voluto intendere, che habbino riguardo alla resistenza, che egli pensa, che sia nell' acqua all' esser divisa. Erra e s'inaganna, perche questi artefici doverebbono, conforme alla sua dottrina, fare gli naviglii di figura larga, e non cava come fanno, perche cosl l’acqua li sosterrebbe meglio e con più facilità. essendo le figure larghe e piane meno atte a dividere che le racolte, e cupe. Erra nell' ultima esperienza di un novello errore oltre l’ ordinario suo di non intendere niente il trattenimento, che opera l’aria quando viene posta nell' acqua, in compagnia di qualche solido: iI novo errore è questo, che havendo detto il Sig. Galilei che il composto d' aria, e di qualsivoglia materia più grave dell' acqua, quando sta a galla, vi sta trattenuto dall’ aria, il buon Messer Giorgio s' è imaginato che il Sig. Galileo sia stato tanto inaveduto; che habbia pensato, che all' aria, come a cosa soda, e non cedente sia conficcato il corpo galleggiante, e perciò non vada al fondo, onde egli poi n'inferisce questo assurdo che i vascelli non potriano moversi, nel qual concetto quanto puerilmente discorra Messer Giorgio, lo lascio giudicare ad ogni persona di mediocre giudicio. Perchè se egli havesse inteso che l’ aria sostiene i solidi in quel modo che una Zucca nota o un soghero sostiene in su un notatore senza impedirgli il moto non si maravigliarebbe che la nave sostenuta in virtù dell' aria inclusa, non restasse impedita nel suo corso. Erra non intendendo come un corpo leggieri coniunichi la leggerezza a un corpo grave. quando, se li congionge, qual si sia il modo della congionzione, o per natura del composto, che sarà costituito di gravi e di leggieri; o per arte, come quando si legano su le spalle delli huomini vesiche ripiene d' aria, acciò non si sommerghino nell' acque; o per un esquisito contatto, come è forsi, e dico anche senza il forsi, nel caso della tavoletta d' ebano. Ma erra di più in questo discorso, perche prima dice che la comunicanza si fà per uso, e poi volendo provare, che l’aria non puo comunicare leggerezza per uso, dice che l’ uso si fa da sè: il che è sproposito, e come si vede non conclude nulla. Erra nel titolo del quinto discorso che è questo, Che la figura sola fà galleggiare il solido. erra dico, e contra il vero, e contro sè medesimo, perche ha detto, et è per replicare, che la leggerezza è quella che fa galleggiare: non può dunque essere la figura sola, come animosissimamente propone Messer Giorgio in questo titolo, che faccia galleggiare: già che si confessa che v' habbia parte la leggerezza ancora. Erra nell' assegnare certi suoi fondamenti, e s' imbroglia di modo, che non solo mostra di non havere inteso quello che dice il Sig. Galileo, ma che non intende quel che egli stesso si dice: vedasi la sua diffinizione della figura, che è questa. La figura è quantità terminata da superficie d' una o, più linee. doveva dire La figura è quella che è terminata da uno o da più termini, e và in cambio, a introdurre essorbitanze senza senso, e spropositatissime. Erra finalmente in questo discorso, perche non solo non ha concluso quel che haveva proposto, cioè che la figura sola fà galleggiare il solido ma meno ne ha parlato, il che è mancamento troppo notabile. Messer Giorgio concede, e con ragione, al Sig. Galileo, che il mettere in carta manifesti più la verità o falsità delle opinioni, chle non fa il disputare in voce. fa benissimo ancora, quando concede che ‘l filosofare vole esser libero, Ma Erra ben poi di contradizione quando s' attacca più all' autorità, che alla ragione. Erra ancora nell' introdur l’argomento tolto dalla Autorità (che pur è solamente probabile) nella Filosofia, la quale essendo scienza deve necessariamente dependere dalla demostrazione; ne Aristotile stesso (già che Messer Giorgio si vol servire della autorità) in tutta la sua Logica, mentre dà i Precetti del sapere, introduce mai il mezo dell' Autorità, come troppo debole: Ma io soggionigo di più, Che chi in scienza si vale, o serve dell' autorità, oltre cht egli non sà, ma solo pensa e riferisce che altri habbia saputo, da segno manifesto d' essere animo vile, basso, et inettissimo al rettamente discorrere. Erra nel dire che Aristotile non lasciasse mai l’ autorità per la ragione, e I'errore è chiaro poiche si vede che Aristotile, lasciò in moltissimi loghi l’autorità delli antichi per la ragione, ancorchè la ragione fosse debolissima come si vede in particolare nel primo libro della Fisica, dove per una semplice similitudine di un scanno, e un letto (e sia detto con pace di un tant' huomo) similitudine bassa, popolare e forse falsa, lasciò l'opinione di quelli, che tenevano che la materia prima fosse per se stessa formata. Erra riprendendo il Sig. Galileo di falsità quando dice che l’acqua nel gelarsi cresce di mole, erra dico Messer Giorgio dicendo che la proposizione è falsa soggiongendo poi che è vera per accidente: quasi che, se per accidente cascando una pietra da alto d' una torre rompesse la testa a uno sia lecito con la Logica Coresiana dire non è vero che quel povero habbi rotta la testa, ne che sia cascata la pietra, perche si è rotta la testa et è cascata la pietra per accidente. Erra, di più contradicendo al precetto che da, à sette faccie della sua operetta dove scrive che non si deve mai negare la proposizione necessaria per accidente alcuno. Erra in oltre dicendo che il ghiaccio si rarefà per accidente, mentre che, contradicendo a se medesimo soggionge che di necessità alla constituzione del ghiaccio le patrti dense si rarefanno. hor se di necessità della natura del ghiaccio è questa rarefazione, e rra dunque manifestamente Messer Giorgio a dire che sia un per accidente. Erra nel dire con Ermino che il Cristallo è trasparente per la mischianza dell’ acqua, e dell’ aria prima perche se il Cristallo sarà rotato rozamente nella sua superficie si vede che non è più trasparente, e non ha già persa la mischianza primiera. Erra di più ne suoi medesimi principii perche se il Cristallo havesse mischianza aerea dovrebbe esser leggieri, e star a galla, conseguentemente nell' acqua, e tuttavia va al fondo: in oltre, il legno non essendo trasparente, dovrebbe, conforme a questa dottrina d' Ermino, essere senza tanta mischianza d' aria, e per conseguenza andar al fondo e tuttavia il cristailo descende, et il legno galleggia, bisogna dunque che Messer Giorgio ritrovi altra cagione della trasparenza, che la mischianza dell' aria. Erra di falsità nel dire che il ghiaccio sia più grave dell' acqua essendo egli più leggieri di quella standovi a galla, come ogn' uno può facilissimamente comprendere. Et erra ancora servendosi della detta proposizione senza pur assegnarne una minima prova servendosene dico da dedurre un' altra conclusione, che è errore nefandissimo di discorso poichè si camina dall’ ignotissimo all' ignoto. Erra nel servirsi dell' autorità di Alessandro nel primo delle questioni, cap: sesto, quale dice solo, che l’acqua ghiacciata è alterata molto; erra dico in servirsi di questa autorità perche da lei deduce che dovrebbe discendere. conseguenza fredda, e spropositata, quasi che tutta l’acqua che si altera acquisti maggior peso. il desiderio di mantenere un falso, che ha Messer Giorgio, e la penuria di fondamenti è cagione che il povero huomo si attacchi a queste vanità, e puerizie. Erra nel produrre, che Aristotile, et altri siino della sua opinione; perche hora non si tratta, se Aristotile, o altri habbin havuto o nò, questo pensiero della constituzione del ghiaccio; ne meno si tratta se questa proposizione della rarità del ghiaccio sia scritta affirmativa, o negativa in Aristotile, ne in altri, ma si tratta se nel libro della natura stessa sia il ghiaccio acqua rarefatta, o condensata: e havendo il Sig. Galileo detto che in natura il ghiaccio è acqua rarefatta, bisogna che il contradittore ritrovi la negativa in natura, e non su foglii di carta. Erra a trapassare in silenzio, in questo passo gli argomenti del Sig. Galileo convincenti, che il sopranotare del ghiaccio non nasce dalla figura larga impotente a fender l’acqua, perche se li ha giudicati buoni, non può con tanta ostinazione introdur la figura sola causa del sopranotare, e se li ha giudicati difettosi era obligo suo il correggerli in questo loco. Erra in attribuire al Sig. Galileo che non si voglii quietare in questo, che le cose quanto più son gravi tanto più vadino in giù, e quel che è peggio, l’errore è tanto volontario, che non lo posso attribuire a ignoranza, perche da se stesso Messer Giorgio ha confessato dua righe più alto, che il Sig. Galileo pone con Archimede per cagione del discendere l’eccesso della gravità de' mobili sopra i mezi: quest' errore dunque già che non si può attribuire a ignoranza, o da troppo desiderio di contradire. Erra perche dopo che ha detto con Aristotile nei libri del Cielo, che le parti per intrinseca inclinazione vanno al proprio logo, e soggionto col medesimo Aristotile che l'intrinseca inclinazione è la loro gravità, imediate, non curandosi contradir al suo Aristotile, et à se medesimo per contradir al Sig. Galileo soggionge non esser la gravità intrinseca, e vera cagione. Erra ancora nel dire che la gravità non sia intrinseca e vera cagione concorrendo come potenza; erra dico, prima perche la gravità è atto, e concorre realmente come tale: ma di più erra ne suoi medesimi principii et in via peripatetica, perche la materia nel composto concorre come potenza solamente, e pur tuttavia è numerata trà le vere et intrinseche cagioni del composto. Erra quando pensa che ‘l Sig. Galileo nel diffinire l’egualianza della gravità in specie, faccia una specie, e l’ errore suo essorbitante procede dal non intender niente, niente, niente il Sig. Galileo infelicità degna di riso e di comipassione. Erra di contradizione in dire che 'I più e 'I meno non mutano specie: perche ha concesso ed è per concedere, che più e meno larga figura fa mutazione dal moto alla quiete specie differentissime. Erra quando dice, che l’Autore chiama diffettose queste proposizioni, cioè: I Corpi, che soprannuotano deono essere men gravi dell’ acqua, e quelli che vanno al fondo, più gravi di essa, erra dico perche non è vero che mai l’autore, cioè il Sig. Galileo habbia chiamate diffettose queste proposizioni: ha ben detto che è diffettoso modo di filosofare sopra queste conclusioni quello di che fa menzione nel suo discorso, e lo prova chiaramente. Erra pensando che il Sig. Galileo non habbia avertito al gallegiare delle navi, e duplica l’errore con pretendere che il galleggiare delle navi nel mare, et il galleggiare di un bicchieri in un bicchieri non sia per l’apunto il medesimo. Al Sig. Galileo che intende e l’un e l’altro galleggiare, l’uno e l’altro paiono egualmente meravigliosi, a Messer Giorgio pare più meraviglioso questo, che quello, perche non intende ne l'uno ne l'altro. Erra dicendo che il Sig. Galileo si contradice in più luoghi, con affermare hora che l’acqua resiste, hora che non contrasta punto: et erra o per non intendere o per poter contradire. E ben vero che il Sig. Galileo dice alle volte, anzi sempre, che l'acqua resiste al’ esser mossa con più velocità, et alle volte, anzi sempre, asserisse che l’acqua non resiste punto alla semplice divisione; e questo non è contradirsi, ma è prononziare due proposizioni verissime. Erra in dedurre col Buonamico, il galleggiare de' corpi gravi per la difficoltà della divisione, dall' esperienza tolta dal detto di Seneca, che i sassi e huomini soprastiano a certe acque con tutto che siino corpi più gravi dell’ acqua: perche, se l’esperienza sarà vera (della qual dubito molto) quella tal acqua o sarà più grave di que corpi che in essa galleggiano, overo intraverrà di quelli in questa sorta d' acqua, quello che intraviene delle lamine sottili di Piombo nella nostra acqua famigliare. Erra quando dice, che si vede, che il Piombo e l’oro galleggiano, si per la figura si per la piccolezza, erra dico perche produce il falso non essendo vero, che si veda questo: mia si vede bene che galleggiano quando se Ii congionge cosa leggieri, com' è nel proposito di che si tratta, l’aria. Erra dicendo che il detto d'Archimede può riuscir falso per la division del mezo perche Archimede, (ed io lo posso dire di sicuro) dimostra la sua proposizione vera eternamente nei mezi umidi, che noi trattiamo. Erra affermando, che il grave che galleggia non divida il mezo, perche si vede manifestamente che di gia l’ ha diviso, e s'è in quello è sotto la di lui superficie avvallato di modo, che non si può con verisimilitudine dire che è non l’ habbia diviso. Erra ancora dicendo che quando l’havrà diviso s' affondarà, perche si vede, che, ancorche l' habbia diviso non pero s'affonda, ed il cittare in suo favore Aristotile non è altro, che produrre, in questo particolare un falso testimonio dalla sua. Erra affermando che il Sig. Galileo non habbia dimostrata la leggerezza del ghiaccio dal ritornar a g alla quando è posto nel fondo; gia che questo è stato fatto. ma Messer Giorgio galante, o l'ha taciuto di sopra per poter dire che il Sig. Galileo l’haveva tralasciato, overo non l'ha inteso. Erra nel proponere quella divisione che altri corpi galleggino per leggerezza, altri per la figura altri per la piccolezza, e l'errore di Messer Giorgio è doppio; un errore è perche in questa divisione suppone per vero quello di che si disputa perche si disputa se possa essere che la figura, o piccolezza faccia galleggiare quei corpi, che per la loro gravità sono atti al discendere, il che poi al tutto è stato negato, refiutato, e convinto per falso dal Sig. Galileo. Erra in oltre di contradizione, al titolo del suo quinto discorso nel quale scrive formalmente queste parole, Che la figura sola fà galleggiare il solido, hor se la figura sola fà galleggiare, non può dunque hora supponere, se non con manifesta contradizione, che la leggerezza ancora fa galleggiare. Erra, e s' inganna, pensando, e dicendo, che la disputa sia di quelle cose che stanno a galla per la figura: nel che si mostra di non saper manco qual sia il suggetto di che si tratta. La disputa è delle cose, che stanno su l'acqua, e non di quelle cose che stanno a galla per la figura, perche simil disputa sarebbe d'un niente. Erra assai puerilnente quando dice che il legno per csser aereo, sarebbe sostenuto in alto dall' aria come la paglia, erra perche non è vero, che la paglia sia sostenuta in alto dall' aria: anzi io resto meravigliato che Messer Giogio non si ricordi di quello, che ha detto di sopra, che i corpi, quanto più son gravi tanto più vanno a basso, e che in questa proposizione tutti gli huomini si quietano come notissima. il che essendo vero perche non dice egli in questo passo, che il legno, ancorche sia aereo, descende più dell'aria perche è più grave di quelia, e poi il medesimo legno galleggia nell' acqua perche è di quella più leggieri, che cosi havrebbe filosofato bene, e non sarebbe incorso in tanto misere falsita? Erra perche propone di dimostrare una conclusione cioe che la gravità presupponga la divisione, e poi uscendo di tuono a sproposito meraviglioso conclude nel primo argomento, adunque la densità è la principal causa della facile, o difficile divisione. la qual conclusione non ha che fare niente con quella che si era proposta di provare. Non meno spropositata è la seconda ragione, nella quale erra pure, gia che in quella ogn'altra cosa si conclude che quello che si era proposto di provare, si era proposto di dimostrare che la gravità presupponga la divisione, e si conclude che è necessaria la resistenza o difficoltà alla divisione. Erra di più in tutte dua le predette ragioni perche si serve di proposizioni dubbiose, e false, come nella prima ragione, che il trapassare, o non trapassare nasca dalla facile, o difficile divisione del mezo, a qual proposizione è falsa di sicuro quando si trapassa per un aggregato di corpi contigui, perche, non facendosi ivi divisione, in conto alcuno, non può nascere il trapassare, o non trapassare, dalla facile, o difficile divisione. di più il non trapassare può nascere da mill'altre cose, oltre la difficile divisione. È errore ancora il dire, che il trapassare si faccia per la divisione; cioè che la divisione sia cagione del trapassare, e non più presto il trapassare causa della divisione. L'errore di falsità nella seconda ragione è quando dice che tolta la difficolta del dividere si leverebbe la cagione del più o men veloce, il qual detto è falso, perche la cagione del più o men veloce ne corpi liquidi, o vogliam dire fluidi, e' il doversi mover più, o meno parti del mezo, con maggior o minor velocità. Erra per difender il Buonamico, in dire, che egli renda la ragione di una esperienza che può essere che sia falsa perche in questa maniera scusandolo d'un errore, lo fà incorrere in un maggiore inconveniente. Erra, parimente in volere che il Buonamico per convincere e rifiutare Archimnede proponga un' esperienza incertissima, e se non falsa, almeno difficile da strigare, come l’istesso Messer Giorgio confessa di modo che il Sig. Buonanmico e molto mal condotto da questa sorte di difensori, quali nel difenderlo gli addossano errori peggio di quelli di Messer Giorgio stesso. Erra in tacere quello che dice il Sig. Galileo in diffesa d' Archimede contro il Buonamico intorno al moto allo in sù, perche se quella diffesa è sufficiente, non occorre intrare in altro, se è diffettosa doveva Messer Giorgio manifestar il difetto. Erra di sproposito notabile quando desidera che il Sig. Galileo dica se sà, che Anassimandro, o Democrito mettessero l’universo infinito, perche questo non ha che fare nulla, col saldare la diffesa d'Archimede; dovea bene Messer Giorgio lasciarsi intendere se la prima diffesa d'Archimede contro la quarta opposizione del Buonamico li bastava, o nò; e se li bastava doveva quietarsi, e caso che vi havesse hauto dubio doveva procurare d' intendere, che il Sig. Galilei non prometteva di voler difendere Platone, ne Anassimandro, ne Democrito nelle loro opinioni, se l’havevano della infinità dell’ universo. ma solo propone di volergli difendere nel particolare del negare la leggerezza come qualità positiva, nei corpi naturali, et in questo doveva Messer Giorgio se poteva, contradire al Sig. Galileo e non mettere in campo pretensioni che non fanno a proposito. Erra ancora in questo medesimo loco di inosservanza dei proprii Precetti: perche havendo di sopra detto che bisogna far stima dell’ Autorità de grand' huomini, qui si riduce, et in altri luoghi ancora a sprezzare l’autorità di Platone, non senza cagione chiamato divino; di più tratta per una pazzia l’ opinione di Democrito intorno alli Atomi, con tutto che ne venga Democrito lodato da Aristotile stesso nel primo della generazione: in oltre riprende Archimede, e senza haver mai intese le sue dimostrazioni riputate da ogn' uno che le intende essattissime: e quel che è peggio poi di tutto, s'attacca all' autorità di Macrobio, di Ermino, del Buonamico, e simili. Erra Messer Giorgio quando contro quelli che tengono che la leggerezza sii qualità privativa prononzia liberamente e senza prova che il fuoco non habbia inclinazione naturale d' andare all' in giù, e l’errore nasce per ignoranza non solo del vero ma quel che è peggio, del modo di argomentare, e discorrere: già che in questo detto suppone che la principal conclusione delli aversari suoi sii falsa. Erra nell' introdurre la leggerezza per qualità positiva con dire Che si move quello che puòm e non quello che non può, perche questa proposizione è vera, se s'intende in questo senso, si move quello che può, o moversi, o esser mosso, et in questo senso presa non conclude nulla Messer Giorgio, perche cosi non sarà inconveniente il dire, che il grave si move perche può moversi, et il leggieri si move, perche può esser mosso. ma se la proposizione fosse presa in altro senso, come bisogna, che Messer Giorgio l’intenda, per volere concludere, io dico che è falsissima. Erra e s' inganna quando crede a Simplicio e, soggionge che si vede che il maggior fuoco si miuova più veloce del minore: merita però qualche scusa in questo, perche l’ errore non è suo particolare ma universale a tutta la scola Peripatetica nella quale con simile errore, con Aristotile si crede che mille libre di terra si movano più velocemente di quattro libre, per la diversità del Peso, il che è falsissimo come si vede nell' esperienza. Erra in volere che il Sig. Galileo produca l'esperienza del veder le essalazioni ascender per l' acqua più velocemente che per l’ aria: può bene il Sig. Galileo (anzi l'ha fatto sotilissimamente) produrre la ragion di questo, ma perche il Coresio non l’ ha intesa, và dimandando altre cose a sproposito et esperienze che mai non sono state proposte. Erra a dire che sii meglio rispondere la cagione del galleggiare essere il predominio aereo, che la leggerezza anzi è tutto il contrario, perche è meglio assegnare una cagione nota, come è la leggerezza, che una incognita, e che implica mille difficoltà come è quel predominio. Erra nella risposta che fà all'esperienza dell'affondarsi egualmente il cono, o piramide, tanto, dalla parte acuta quanto dalla larga, quando dice, che simile esperienza, non fa a proposito. Messer Giorgio per non saper, che cosa sia discorrere a proposito, giudica fuori di proposito; per provare, che la figura men atta al dividere, non ha che fare nel galleggiare, produr una esperienza che necessariamente esclude il galleggiar per la figura impotente al dividere. Se sia errore, e di quelli grossi, il dire che la detta esperienza concluda cosa falsa, lo lascio giudicare a capaci di ragione, non solo dalle ragioni prodotte dal Sig. Galileo ma dal modo stesso di dire di Messer Giorgio, nel quale ho notato oltre tant'altri, gli errori seguenti. Erra insipidamente, e senza considerazione affermando che il piano della piramide si sommerge per sino a tanto, che non ritrova tant' acqua a sostenerlo; che questo sia errore manifesto, si conosce dal considerare, che quant' al piano del cono ritrova tant' acqua nel suo principiar a sommergersi quanta, quando che essendosi gia in parte sommerso si ferma, anzi che più presto si deve dire che il cono ha maggior quantità d'acqua sotto di se nel principio dell'immergersi che quando si è gia fermato, e tuttavia nel principio non può esser sostenuto dalla molta acqua, e dipoi, viene al tutto quietato dalla mano. Erra ancora, e l'errore è degno d'esser notato, dicendo che la parte della piramide che è più facile a dividere, è più difficile all' esser sospinta, e la parte più difficile a fendere è facile a esser cacciata: dico che quest'errore è degno d'essere notato, perche concedendosi per vero questo suo detto, segue pur tutto il contrario di quello che Messer Giorgio stesso amette. Messer Giorgio concede di sopra (con dire ancora che non fa a proposito) che tanta parte della Piramide, o cono si sommerga con la punta allo in giù, quanta con la basa; et hora nota che la parte più atta al dividere è meno sostenuta, hor sè questo tutto è vero, ne segue di necessità che la Piramide più si habbia a sommergere con la punta allo in giù che con la basa, si perche la punta è più atta al dividere si perche è meno sostenuta: il che poi è contro a quello che Messer Giorgio ha concesso di sopra, e resane ancora la ragione. Erra radoppiando contradizioni, e confusioni nel voler provare, che le esperienze del Sigr. Galileo concindono cosa falsa; e questo fà quando scrive che una Piramiide con la punta allo in giù si ferma quasi in un punto, e poi immediate soggionge che lo trapassa; e qual è quella piramide che si ferma quasi in un' punto? e sè si ferma in quello come lo trapassa? eh che sono essorbitanze troppo estreme. Erra in congiongere a questi spropositi, come per deduzione, che il Sig. Galilei sforzato dalla verità dica, che la Palla più velocemente descenda, che una tavoletta piana, erra prima in questo perche non si conclude altrimiente la quiete della tavoletta dal ritardamento del moto, come ha bisogno e desiderio Messer Giorgio. Di più già che Messer Giorgio scrive, ed è verissimo che il Sig. Galileo sforzato dalla verità dice che più velocenmente si move la Palla che la tavoletta, io soggiongo che il Sig. Galileo non solo in questo, ma in tutto sempre parla sforzato dalla verità, si come all' incontro Messer Giorgio mio sempre parla spinto dall' ignoranza. Erra di più a credere che questa ritardanza nasca dalla difficoltà al dividere perche non è vero che nasca da questo ne il Sig. Galileo concede che da questo dependa, ma si bene per haversi da movere lateralmente e per maggior spazio più quantità di parti del mezo. hora se Messer Giorgio vole concludere l’intento suo bisogna ritrovare ritardamento, e quel che importa più, quiete, e che naschino dalla difficoltà della divisione. Erra di contradizione quando dice che i Cilindri si profondano per la gravità di sopra che li spinge, e l’ errore è di contradizione com'ho detto, perche di sopra ha voluto che la gravità sia solo potenza e per conseguenza non possa fare azzione, ne esser cagione di moto. Erra volendo rispondere all' esperienza della cera che con il piombo va al fondo, quando dice che vi và per violenza, perche questa risposta non solve I' argomento del Sig. Galileo con dire, che con queste violenze non si può conoscere quel che operi la figura: anzi replico io, che mentre Messer Giorgio pone, che la figura habbia forza di sostenere, e dall' altro canto il Sig. Galileo con la piccola violenza di un grano distrugge la forza della figura resta chiarissimo che la figura era più impotente e debile al sostenere, di quello che era il grano di piombo al tirare a basso, et ancorche sii verissimo che non si sia con questa esperienza conosciuto quel che operi la figura (anzi, non si può conoscere, non havendo ella che fare in questa operazione), si è però conosciuto che la figura non ha più forza di quello, che ha un grano di piombo, e tuttavia quella forza che gli aversarii del Sig. Galileo attribuiscono alla figura, e le centinaia di volte maggiore di quella del piccol grano. Perche vedo che spesso Messer Giorgio replica questa verità, che in diverse figure si vede diversità secondo il più e men veloce: ancorche io habbi proposto di notare solo gli errori tuttavia volentieri trascrivo, e sottoscrivo questa proposizione, massime non essendovi altro di buono, e dico che tengo per verissimo, e so di sicuro che il Sig. Galileo prima di me e del Coresio ancora ha auto questo pensiero medesimo, e l’ ha scritto nel suo discorso, Che nei corpi della medesima materia, e di diverse figure nel medesimo mezo si fa diversità nel moto secondo il più e men veloce. ma non gia diversità dal moto alla quiete per la figura, nel qual pensiero, Errando trascorre Messer Giorgio. Erra dicendo che non fà a proposito il cercare sè l’ Ebano sia bagnato o non sia bagnato; perche quando io dicessi Che l’ ebano va a fondo nell' acqua, e che Messer Giorgio mi dasse dell' Ebano asciutto, mentre che me lo da asciutto, me lo da congionto, o contiguo con dell' aria, e se lo vole con qualche maniera nel posarlo nell'acqua mantener cosi asciutto, io posso dolermi e rispondere, che in mantenerlo asciutto, me lo vole mantener congionto con l’ aria, dove che non è poi da far caso contro della mia proposta, che alle volte essendogli accompagnata, sotto il livello dell' acqua, una gran quantita d' aria sia il tutto, cioè Ebano e aria insieme trattenuto a galla, perche quell' aggregato d' ebano e d' aria può essere che sia più leggieri di altrettanta mole d' acqua. e tutto questo è stato ingegnosissimamente avertito dal Sig. Galileo nel suo discorso. Si che il ricercare se la tavoletta d'Ebano sia asciuta, o bagnata fà mirabilmente a proposito per saper la verità del fatto che si cerca. ma non fà mica a proposito per chi volesse persistere nell' errore di Messer Giorgio. Erra in riprendere il Sig. Galileo che habbi detto, che il luogo vol esser della medesima natura, erra dico in riprenderlo, non havendolo inteso; et ancorche il Sig. Galileo sia nel suo dire per se stesso chiarissimo, tuttavia in grazia di Messer Giorgio, e per fargli cosa grata, dico che quando il Sig. Galileo vole che il luogo della tavoletta sia della medesima natura intende della medesima natura secondo la quale si da la denominazione al luogo: di modo, che egli non nega, che un corpo non possa esser circondato e locato parte in oro, parte in argento, e parte in terra, come sarebbe un liquore posto in un vaso composto di questi tre corpi, o mischiati o distinti: ma dichiara se stesso quando disse nella disputa sia posto l’ ebano nell'acqua, che non ha voluto intendere sia posto in aria, ne meno parte in acqua e parte in aria, ma in dire sia posto in acqua, intende, et ha voluto intendere, che il loco nel quale si ha da locare il corpo, sia della medesima natura che si nomina cioe tutto acqua, e non parte di quella, e parte d' un' altra cosa e questo modo di parlare è convenientissimo, ne merita riprensione. Erra in dire che il solido molto dilatato perde della sua forza, di modo, che con gran dilatazione finalmente si riduce alla quiete in quel mezo nel quale per se stesso, sotto figura più racolta descende: e perche vedo che a scaponirlo di questo errore non sono atte le dimostrazioni del Sig. Galileo essendo al tutto impossibile, che egli le intenda, son sforzato rimettergli in mente quell' argomento che egli stesso scrive in fine della fac. 17 della sua operetta, il quale a quel proposito, come ho notato non conclude nulla, e quà forsi lo potrebbe chiarire l' argomento è questo, che sè la figura piana e larga havesse forza di far perdere il peso anzi di fermare in tutto un corpo che non descendesse più, dovrebbe chi pesa a suo prò, o ferro, o piombo fuggir la figura piana e larga quale farebbe per chi compera. La risposta che mette conforme al maestro, come dice del Sig. Galileo Che l’ acqua pesante scaccia all' in sù le cose, più leggieri di essa non havendo la figura nessuna natura in suo aiuto mi piace assai assai, e Dio volesse; che Messer Giorgio si fosse accorto d' haver detta la verità, e quello per l’ apunto che dice il Sig. Galileo che egli non havrebbe scritto l’errore, che nelle cose più gravi la figura ha forza di sostenerle. Nelle altre due risposte si vede chiaro che erra, e non risolve niente la difficoltà in che l’ ha ridotto l’ esperienza proposta nel discorso. Erra nel voler contradir alla conclusione del Sig. Galileo la quale è, che dell’andare a fondo la tavoletta d' Ebano, o la sottile falda d' oro n'è causa la gravità maggiore di quella dell' acqua, e del galleggiare la sua leggerezza & per contradire a questo Messer Giorgio mette in campo, che in questa conclusione sono più dubii che parole. e, prima, afferma d'haver dimostrato che anche le cose più gravi dell’ acqua galleggiano: Il che non è mai stato fatto, ed è semplicemente impossibile il farlo; anzi io di sopra ho notati parte delli errori e paralogismi che commette in questo proposito. Erra di più Messer Giorgio di contradizione, perche ha concesso, nella fac. 23 ver. 7. che le cose quanto più son gravi tanto più, vanno in giù e detto che questo è noto a tutti: ed hora, per contradire al Sig. Galileo si mostra ignorante, e contradittore d' una proposizione tanto certa. Erra a dire che il Sig. Galileo non habbia dimostrato che la figura non trattiene il peso: è ben vero, che non l’ ha dimostrato à chi non lo può intendere, come è l’ intelletto di Messer Giorgio privo di Geometria. Erra affermando che la figura rispetto al mezo toglie il peso, perche sia pesato qualsivoglia corpo v. g. Piombo, di qual si voglia figura, e poi il medesimo corpo sia ridotto sotto qualunque altra figura e ripesato nel medesimo mezo, che senza dubio si vedra che la figura non ha mutato peso in conto alcuno, ne anche rispetto al mezo. Erra non intendendo che la tavoletta d'Ebano sia tutta sotto il livello dell'acqua, e quest' errore nasce, o dal non haver vista l' esperienza della quale si tratta, o havendola vista dal non haver ben considerato il fatto. Erra in voler restringere la disputa solo al galleggiare cioè al non profondarsi tutto il corpo sott'acqua, perche sè Messer Giorgio vorrà trattar solo di questo modo di galleggiare non potrà sodisfare alla parte, che s'ha presa à diffendere perche havendo la parte contraria prodotta l’assicella d' Ebano, e galleggiando l’ assicella con affondarsi tutta sotto il livello dell' acqua, restarà escluso dalla sua operetta il trattato di questo particolare con mancamento notabile. Erra e di contradizione, e di falsa intelligenza in tutto quello che dice contro al trattener, che fa l’aria, la tavoletta; e l’ errore, oltre che è per se stesso manifesto ne ho parimente di sopra fatto menzione, e per tanto non ne dirò altro, solo che chi desidera veder una confusione senza mai concluder cosa che sia à proposito, legga tutta questa operetta di Messer Giorgio, e questo passo in particolare, che havra l’ intento, perche hora dice una cosa, poi imediate la nega; hora senza dependenza inferisce conclusioni spropositatissime, e talhor contrarie a se medesimo, ma per non passar la cosa digiuno in tutto noto che, Messer Giorgio erra a dire che la natura non si curi, che l' Ebano e 'l Quattrino stiano à galla quando sono congionti con l' aria anzi dico io che se ne cura con quella diligenza che sempre fa per non ammettere mai che le cose leggieri vadino in fondo de' mezi più gravi. Seguita nell'errore quando dice che sarebbe contro la natura dell' aria trattener le parti terrestri e l'errore nasce perche Messer Giorgio è tanto sepolto nella impossibilità di intender il vero che non vede che l'aria trattiene naturalmente, perche, essendo naturalmente più leggieri dell' acqua, non può, se non contro natura, discendere nell' acqua. Messer Giorgio erra argomentando contro al trattener che fà l' aria, la tavoletta d'Ebano, e l' argomento suo è questo. Nel medesimo modo tocca l'ebano l'aria inanzi che si profondi che dopo fatti gli arginetti, ma inanzi non lo sostiene dunque ne anche dopo si può dire che l'aria lo sostenga. nel qual argomento noto principalmente che è falso che l' aria tocchi l’ ebano nel medesimo modo avanti che si faccino gli arginetti come dopo, ed e manifesto quanto dico perche l'aria avanti che si faccino gli arginetti tocca l’ ebano, ed a quello sta congionta in un mezo più leggieri del composto dell' ebano, e dell' aria, ma quando si sono fatti gli arginetti, l’aria congionta, e toccante l’ Ebano lo tocca, e li è congionta in un mezo del quale mole eguale all' ebano, ed all' aria posta nelli arginetti pesa più dell' ebano, e dell’ aria che li sta congionta dentro gli detti arginetti. Anzi, soggiongo di più, che, sè questa ragione del Messer Giorgio valesse io potrò dire che una Palla di soghero legata con una di piombo non la potrà sostenere in acqua, perche legata nel medesimo modo, non la sostiene per aria: si che la proposizione della quale si serve Messer Giorgio in quest' argomento è falsa, e non conclude. Erra pensando, che gli arginetti si faccino, et alzino perche occupando l'Ebano quella parte d' acqua bisogni, che tanta ne salga quanta è stata l’intratura d'esso, e l’errore di Messer Giorgio è doppio. primo non è vero che tant' acqua salga quanta è l’entratura dell' Ebano, perche la mole dell' acqua che sale nell’ immersione dell’ ebano è sempre minore della mole che si sommerge, come chiaramente dimostra il Sig. Galileo. Di più Erra e dice il falso quando afferma che alla tavoletta più sotile si faccino minor arginetti perche si habbi da alzarvminor mole d' acqua corrispondente al solido sommerso: il che si può conoscere da questo, che una falda di Piombo di larghezza eguale ad una d' Ebano e più sottile assai di quella posata che sarà nell' acqua alzarà maggiori argini di quelli, che saranno alzati dalla tavoletta d' Ebano, che se fosse vero quel che dice Messer Giorgio dovrebbe accader tutto il contrario cioè, la tavoletta d' Ebano doverebbe far arginetti più alti, di quella di Piombo per esser più grossa. Erra di spropositato desiderio quando ricerca che il Sig. Galileo ponga e ritrovi nome al composto della tavoletta d' Ebano, e d' aria posta sotto il livello dell' acqua, e dico che è sproposito questo percioche, che vi si trovi, o non vi si trovi nome, che sia di quella composizione della quale parla il suo Ermino, o altra, poco importa, basta che è verissimo, e si vede con gli occhii, che la tavoletta d' Ebano posata su l’acqua, mentre non è toccata dall’ acqua nella sua superiore superficie, chiaro è dico, che l’aria li è contigua, ne in questo occorre dubitare, et essendoli contigua l’aria, è ancora verissimo, e si vede sensatissimiamente che quello che è attuffato nell' acqua non, è ne aria sola, ne Ebano solo, ma e l’ uno, e I'altro congionti insieme e questo basta al Sig. Galileo, e di questo aggregato, (o sia, o non sia un composto, comie vole Messer Giorgio, ed Ermino) è verissimo che quando galleggia, è più leggieri d'altrettanta d'acqua. il che se fosse inteso da Messer Giorgio credo, che resterebbe sodisfatto. Erra a dire che un vaso di rame ripieno d' acqua vadi al fondo per l'acqua, e per manifestar meglio I'errore intendasi una mole d' acqua eguale alla mole del vaso con l’acqua che li è dentro, ed in quella prima mole d' acqua considerisi tant' acqua quanta è quella che è nel vaso: chiaro è che queste due moli d' acqua pesaranno egualmente, non è dunque maggior ragione, che una descenda dell’ altra: restaci il rame solo da compararsi col rimanente di quell'altra acqua e per esser egli più grave di quella è manifesto che descenderà, e perciò chiarissimo resta che la cagione del descendere il vaso di rame ripieno d' acqua è tutta per rispetto del rame cioè per l’eccesso del peso, che egli ha sopra altrettanta acqua. Erra ancora contradicendosi con confusione estrema, mentre s'affatica provare, che il vaso di rame non discende per gravità propria, ma per quella dell' acqua, e pure di sopra ha concesso che l’acqu, quando è nel suo loco non aggrava più; come può dunque portare, o cacciare sin in fondo il vaso di rame se posta nel suo loco, non aggrava più? Credo al sicuro che Messer Giorgio dica la verità quando confessa di non saper ritrovare altra ragione che quella del Buonamico, per rispondere a quella esperienza venuta di Germania per huomini degni di fede. Ma erra ben poi a pensare che non ci sia altra risposta per cotal effetto, e per farli piacere, li dico che quest' esperienza d' andar in fondo sarà vera in quelli legni che saranno più gravi dell' acqua e d'altri non già mai se venissero bene di Turchia non che di Germania. Erra affermiando, che l’acqua nel spinger in sù habbia a salire anzi il fatto stà tutto in contrario, perche è necessario che l’acqua quando spinge all' in sù descenda di mano in mano a occupare il loco che lascia il corpo che viene da essa acqua spinto in alto. Erra di maravigliosa confusione e falsità in quella contemplazione che fa delle parti e del tutto nella quale prima avertisco esser falso che le parti habbin bisogno del tutto, e non il tutto delle parti, anzi che mai si può ritrovare tutto senza parti, ma più presto le parti possono essere senza il tutto. e si possono ritrovare delle rote, molle, chiodi, vite et altre parti di orivuolo senza che si ritrovi orivolo; ma orivolo seuza parti non si trovarà già mai. Di più dico che, concesso che le parti habbin bisogno del tutto, Erra Messer Giorgio a contradirsi imediate, e dire che le parti delli elementi non sono tanto desiderose del tutto. Quello poi che compisce la meraviglia è che Messer Giorgio ritorna a novello errore di contradizione dicendo, come per conclusione, che il tutto non ricerca le sue parti rimanendo perfetto senza quelle. E come può mai essere un tutto senza parti? e se fosse (il che è impossibile), come sarebbe un tutto perfetto? Erra a dire che se l’ aria ritiene le cose più gravi dell'acqua la conclusione non è per se. lo dico, che havendo detto il Sig. Galileo che nel caso della tavoletta proposto dalli aversarii l'aria è quella che trattiene, e dichiarato come trattiene, che è per non voler andar sott'acqua in buon hora (è possibile che non la voglia intendere); volendo Messer Giorgio contradirgli bisogna, che ritrovi, che il detto del Galilei sia falso, e non dire solo, non è vero da per se: poiche basta al Galileo che sia vero, o sia per se, o per accidente e se l'aria trattiene per accidente la resistenza alla divisione non v'ha che fare. Ma erra di più, dicendo che l' aria congionta a un corpo grave, quando lo sostiene non lo sostiene per se perche se l’ aria è per natura e per se piùi leggieri dell'acqua e se per esser più leggieri di quella sostiene, si deve ancora dire che necessariamente, e per se sostiene. e non per accidente. Erra per non haver ne inteso, ne voluto intendere, ne forse potuto intendere, il discorso del Sig. Galileo et erra Messer Giorgio quando dice che il Sig. Galileo non vole che l’ aria operi sù corpi bagnati, perche non ha mai detto cosi: ha ben detto che nel caso della tavoletta, bagnata che sarà si viene a separare l'aria da quella, ma non per questo ha negato che non si possa congiongere dell'aria a un corpo bagnato, e far il medesimo effetto del sostenere. Erra a non penetrare, che quando si sarà dimostrato che una forza sarà bastante a muovere un corpo resta ancora chiaro e dimostrato che la medesima forza potrà sostenerlo dove di già l'havrà mosso; perche al trattenerlo si ricerca minor forza che al muoverlo, già che questa deve superar la virtù, che resiste, e quell'altra basta, che la pareggi. Replica l’ errore di non haver inteso come l' aria porti, e trattenga il corpo che li sta congionto. Erra a pensare, e scrivere che il Sig. Galileo dimostri, che l' aria sostenga per contatto; per tanto io per compassione di novo l'avertisco che il Sig. Galileo dimostra che l’ aria sostiene quando congionta con corpo grave vien posta sotto l’ acqua, perche essendo ella leggieri più dell'acqua, viene da quella spinta all' insù et insieme con lei vien traportato il corpo grave. Erra, non già nel dire, che la Palla sia trasferita in alto per violenza dell'aria, essendo questo verissimo. mà erra bene a non accorgersi che questo è stato detto dal Sig. Galileo anzi che quando si dice che la tavoletta d'Ebano stà a Galla per l' aria senza dubio si concede che vi sta per forza dell' aria e questo è vero, e necessario. Replica l’errore notato di sopra che il corpo nel sommergersi levi dal proprio loco tant'acqua quanta è la sua grandezza, il che è falso. La replica di questo errore assicura ogn' uno che Messer Giorgio non ha inteso ne anche il primo lemma del discorso del Sig. Galileo. Erra assegnando la causa del seguire che fà l’acqua quel corpo il quale essendo stato nell' acqua si alza fuori di quella, perche quella causa, che Messer Giorgio assegna non ha che fare niente nel proposito di che si tratta, oltre che è falso l'assonto in quella deduzione come nell' errore precedente ho notato. Erra in dire che il Sig. Galileo non conceda et all' acqua et a tutti gli altri corpi che si toccano con esquisito contatto una certa difficoltà all'esser separati: perche lo concede di sicuro: in fede di che Messer Giorgio stesso in questo luogo medesimo confessa che il Sig. Galileo propone la difficoltà dell' esser separati dua corpi solidi che siano contigui: adunque non la mette solo all' aria mà alli altri corpi ancora. Erra di stolidità a non intendere che cosa concluda il Sig. Galileo con l’essemplo della falda, che si trasporta dall' acqua in aria. perche è tanto efficace e chiaro quell' essemplo a concludere l’intento del Sig. Galileo della difficoltà all' esser separati i corpi esquisitamente contigui che ogni intelletto capace di ragione con quel solo essemplo si potrebbe chiarire di tutta questa disputa. È verissimo quel che dice Messer Giorgio, che la disputa è dell' aria contigua al solido, e non dei due solidi, ma erra ben poi quando per risposta all' essemplo nega una conseguenza, che non è mai stata dedutta ne dal Sig. Galileo ne da altri, perche è sproposito negare in un discorso quello che da niuno non è mai stato prononziato. Mi dichiaro meglio Messer Giorgio dice che per essere difficilissima la separazione di dua corpi solidi che esquisitamente si combacino, non ne segue altrimente che sia egualmente difficile la separazione dell' aria dal solido. hor qui dico io, e chi è stato quello che habbia detto mai che sia egualmente difficile la separazione dell' aria dal solido, come del solido dal solido? Non dico ne che sia, ne meno che non sia egualmente difficile; ma dico bene che a concludere l’intento del Sig. Galileo basta che ancora l’aria habbia qualche difficoltà all' esser separata dal solido, come in fatti ha realmente, dal che ne nasce poi la profondità delli arginetti; non mai intesi, ne forsi visti, da Messer Giorgio. Erra in volere dedurre che più difficilmeute si staccaria l’aria da un solido, che un solido da un altro solido, se fosse vero che più facilmente intravenga il contatto de liquidi che dei solidi perche quella conseguenza non ha che fare con quell' antecedente niente, essendochè molte cose si fanno con grandissima diflicoltà, e poi si dissolvono facilissimiamente. Erra in quel che dice della virtù calamitica dell' aria contro il Sig. Galileo e mostra non intendere ne in questo, ne in niuna altra cosa quello che ha detto il Sig. Galileo qual non attribuisse virtù calamitica all' aria. Erra a volere che quelli, che forse tengono, che esquisitissimamnente contiguo, ne corpi naturali che noi trattiamo sia il medesimo che l'esser continuo, li dichiarino la differenza, trà il contiguo, ed il continuo, ed è grande inconveniente ii ricercare che uno assegni la differenza trà due cose una delle quali viene solo da lui ammessa. Erra a dire, che il Sig. Galileo si contradica nella resistenza dell'acqua, hora concedendola, hora negandola. di questo errore ho fatto menzione di sopra, ma perche lo replica di novo, io parimente ritorno a dire, che il Sig. Galileo concede la resistenza alla velocità del moto, ma nega poi la resistenza alla semplice divisione; e non si trovarà mai che il Sig. Galileo neghi in loco alcuno ne con esperienze ne con essempli la resistenza in tutto, e per tutto, perche altra cosa è, che un corpo resista all' esser mosso con tal velocità altro che resista all' essere diviso, e però non è contradizione nel Sig. Galileo, ma si bene nella scrittura di Messer Giorgio confusione estrema. Erra nel concludere che l'acqua non dividendosi da se è necessario che si divida per violenza: dico che ciò non segue sè prima non dimostra Messer Giorgio che l'acqua si divida. Il che ho per difficile anzi impossibile nel proposito di che si tratta: e quel detto senza prova, all' ordinario di Messer Giorgio, che la natura habbia fatto tutti i corpi continui, e dubbiosissinmo e si disputa hora. di modo, che non è lecito di servirsene come di principio chiaro. Erra a produrre in favor suo la resistenza che si sente nello spinger in giù una mano nell' acqua non avertendo che quella resistenza nasce perche nell' immergersi nell' acqua la mano si viene a alzare una certa porzione d' acqua al quale alzamento detta acqua resiste con determinata forza dependente e dal suo peso, e dalla velocità secondo la quale si move nel spinger la mano in giù come ci insegna mirabilmente il Sig. Galileo nel suo discorso: hora questa resistenza è un' altra cosa molto diversa da quella che Messer Giorgio pensa cioè dalla resistenza alla divisione, talche questa esperienza che introduce la resisteuza all essere alzato in peso non conclude in modo alcuno la resistenza alla divisione,. Nella risposta alla prima ragione vi è un mazzo d' errori, perche, hora piglia proposizioni false, come che la molt' acqua sostenga più che la poca: della quale verità se ne può fare facilmente l’esperienza o se ne serve a sproposito come del sollevarsi più il medesimo solido nell'acqua salata, che nella dolce. e simili altri errori commette perche al tutto non intende punto la materia di che si tratta in questa disputa. Erra perche non s' accorge di quant' efficacia sia l’ argomento contro alla resistenza dell' acqua all' esser divisa, che è perche non può trattener corpo niuno in lei di qual si voglia figura e momento che non si mova all' in sù o all' in giù. E duplica l'errore con pretendere, che l’argomento che Ii è contrario, e che mirabilmente destrugge la sua opinione, li sia in favor suo. Erra parimente uscendo de termini nel volere confirmare che l’argomento del Sig. Galileo sia contro del Sig. Galileo; et erra perche piglia la resistenza alla maggiore, o minor velocità, e pensa haver conclusa la resistenza alla semplice divisione, segno manifesto che non ha mai inteso quel che dice il Sig. Galileo mentre in quest' errore inciampa così spesso; però, acciò ne Messer Giorgio ne altri habbino regresso di scusa d' ignoranza intorno a questo particolare dico, che è vero, che i corpi più gravi dell' acqua tutti in essa discendono, alcuni più velocemente altri più tardi quando sono differenti di gravità in specie, o in figure, e de corpi più leggieri dell' acqua,altri si attuffano più altri meno, e ne seguita di necessità che nell' acqua si trovi resistenza, e tutto questo ha insegnato il Sig. Galileo. Ma dico poi che questa resistenza non è all' esser divisa, come pensa Messer Giorgio, ma all' esser alzata o mossa lateralmente: e questo doveria, esser chiaro a ogn' uno perche mentre si mette un corpo nell' acqua, chiaro è che l'acqua si viene a alzare al quale alzamento resiste, come ogn'altro corpo grave resiste all' esser alzato ancorche non si habbia a dividere, e così non occorre introdurre resistenza alla semplice divisione. e questo basti per sodisfare alla difficolà di questa resistenza tante volte mal intesa da Messer Giorgio. Erra parimente quando dalla tardità del moto delle particelluzze, che scendono nell' acqua torbida pretende concludere la resistenza alla semplice divisione dell’acqua; che è quella che nega assolutamente il Sig. Galileo: ma perche quest'errore è in tutto l’istesso che quello che di sopra è stato notato non ne dirò altro. Replica ancora l’istesso errore, ma assotigliato, nella risposta, all' essemplo della trave mossa per l’acqua da qualsivoglia minima forza: mentre afferma che si sente qualche resistenza, il che è falso ne si sente resistenza alla divisione mà a quella essigua velocita con che si move l’acqua si sente (se però si può dir sensibile) una essigua resistenza falsamente da Messer Giorgio attribuita alla difficoltà della divisione. Il Signor Giorgio in questo luogo dice "E venendo alle sue figure Matematiche diciamo che la proporzione che prova in esse non fa al proposito, perche piglia per concesso in quelle la cosa che si cerca che è errore di logica" pensando, con queste sole parole di haver atterrato senz' altra prova tutti quei meravigliosi discorsi e progressi. Mi ha fatto restare attonito in pensare come sia possibile che Messer Giorgio altre si come intendo dottissimo nella lingua materna; ma ignorantissimo di Geometria, possa, e sappia, ed habbia animo di vituperare comle diffettose in logica le dimostrazioni del discorso del Sig. Galile, le quali (e lo posso dire; perche le ho intese, e esposte ancora a diversi miei Patroni e Signori) sono tanto essatte, che non vi casca pur un minimo dubio. Hora che errore sia stato questo non dico altro solo mi rimetto al giudicio di tutti quelli che haveranno intese le dette dimostrazioni. Erra a pretendere haver provate due conclusioni falsissime, cioè che la figura faccia galleggiare; e Che siino corpi, oltre a più gravi secondo la natura, quali vadino al fondo. anzi quest' ultima, che di novo Messer Giorgio mette in campo, è tanto falsa, che non credo, che altri che Messer Giorgio fosse per affirmarla, e crederla. Erra a dire che era necessario che il Sig. Galileo provasse, che un solido di più grave materia debba, per galleggiare, haver l'aria, che lo sostenga, erra dico, perche questo non è necessario ne al galleggiare; ne alla confirmazione dell’ opinione del Sig. Galileo al quale basta haver dimostrato, che se un corpo galleggua, è senza dubio men grave di altrettanta acqua: che sia poi men grave per haver congionto, o soghero, o midolla di sambuco, o aria, o altra cosa leggieri poco importa nella presente questione. e ben vero, che nel caso dalli aversarii proposto è l’aria che fa galleggiare et è stato avertito. Ma Messer Giorgio, che non I'ha intesa, gioca a indovinare, e proferisce tutto quel, che li vien in capo, senza pensarci, come manifestamnente si vede in tutta questa sua operetta. Ha detto benissiamo Messer Giorgio dicendo Che chiunque, qual che si sia lo interesse, non pregia e riverisce Ia verità, non si dee veramente stimare huomo ma più tosto una mala bestia. Se la interpretazione poi del testo d' Aristotile quanto al significato delle voci greche, data da Messer Giorgio sia bona, o cattiva, io non lo posso sapere: questo posso ben dire che Messer Giorgio Erra di contradizione quando dice, che non essendo la figura natura non può produr moto per esser il moto effetto della natura, e poi a canto a canto vole che la figura sia causa di quiete la qual quiete è pure effetto della natura conforme ai principii del medesimo Coresio. Replica l’errore più chiaro affermando contro se medesimo, contro Aristotile, e quel che più mi preme, per l’ affetto che li porto, contro la verità stessa, (qual che si sia lo interesse) Che le figure sono cause da per se della quiete. e pure essendo la quiete effetto della natura ne segue com' ho detto, per la ragione prodotta da Messer Giorgio stesso, che non possa dependere dalla figura come causa da per se. Replica l’ errore del dedur dalla ritardanza la quiete, conseguenza insensatissima, come si è detto di sopra. Che Aristotile in qualche loco del quarto della Fisica parli di materie diverse, non lo nego, ma dico bene che Messer Giorgio erra nel dire, che, nel loco citato dal Sig. Galileo cioè nel testo 72, Aristotile intenda di materie diverse, perche le parole formali del testo latino (io non intendo il Greco) sono queste: Videmus idem pondus atque corpus velocius ferri propter duas causas & nel qual testo latino (potrebbe essere che il Greco fosse tutto il contrario) si vede chiaramente esser falso, che Aristotile intenda di materie diverse mentre dice idem corpus. Delli errori che Messer Giorgio piglia in materia dell' ago, v olendo che Aristotile habbia inteso delli aghi grossi so, che il Sig. Galileo ha dato sodisfazione a i capaci di ragione, e desiderosi di saper il vero e l’ ha fatto con viva voce et esperienze manifeste: anzi di più nella seconda impressione del suo discorso dimostra che simili diffese addotte in favor d'Aristotile sono maggiori offese, però non dirò altro, solo che ho gran compassione al povero Aristotile che ha simili difensori. Erra quando volendo rispondere al Sig. Galileo che nega l'esperienza dell'arena d'oro, e polvere, che nuotano per aria, ed asserisce che sono traportate dal viento, dice che Aristotile parla figuratamente, e che dicendo aria vole intender vento del quale l’aria n' è parte. Questa diffesa ha del insipido perche vole che un filosofo nel metter una conclusione usi vocaboli figurati massime essendovi i proprii. Dico di più che questa figura di usurpare la parte per il tutto, in questa occasione nella quale, conforme a Messer Giorgio, si intende da Aristotile la parte cioè aria per il tutto, cioè per il vento, doveva essere tanto più fuggita ed abhorrita da Aristotile, quanto egli stesso nel secondo delle Meteore, summa seconda, capitolo primo, disputando contro gli antichi della sustanza del vento tiene che non sia aria; di modo che per fuggir il sospetto di contradizione doveva abhorrire questo parlar figurato introdotto da Messer Giorgio. E finalmente che Messer Giorgio erri in introdur questa figura, per servizio, e diffesa d'Aristotile, si può conoscere dalle parole soggionte da Messer Giorgio quando dice. Ma diciamola come stà, dal che si vede che Messer Giorgio pensa di non haver detta ancora la vera interpretazione come stà. È degno d' esser notato un' altro errore di Messer Giorgio in questo medesimo passo, et è che per rispondere al Sig. Galileo in contradittorio, apporta due interpretazioni del testo d'Aristotile delle quali posta per vera qual si voglia, viene non solo a non contradire ma a confirmare il pensiero del Sig. Galileo e per dichiarazione di quanto dico replico il detto del Sig. Galileo, L'oro battuto, e la rena d' oro, non notano per aria, ma sono traportati dal vento: risponde Messer Giorgio risolutissimo di contradire, e dice non notano per aria ma notano per il vento. hor chi non vede che questo non è contradire ma replicare il medesimo. Così ancora, sè l' interpretazione di Simplicio sussiste, pur resta vero il detto del Sig. Galileo, che simili polveri o limature non nuotano per aria. Erra a dire che Aristotile non risponda al falso scioglimento di Democrito; perche dalla lettera del testo si vede chiaro, che Aristotile disputa contro la soluzione di Democrito. Erra a prononziare senza prova nissuna che l'opinione di Democrito sia una pazzia doveva Messer Giorgio provare con qualche ragione una sentenza così risoluta. Ma con questa sentenza erra di più contro il suo Aristotile, il quale nel principio delia generazione fa tanta stima di Democrito, che mette la sua opinione, rendendone la ragione, per ingegnosissima, di modo che Messer Giorgio scappa a questa volta da Aristotile, il quale non ha sdegnato disputare con Democrito, e tuttavia Messer Giorgio con tanto dispreggio ricusa il discorso delli Atomi la supposizione de quali, ancorche fosse falsa (il che io non ardirei mai di affermare di balzo come fà Messer Giorgio) non deve però essere, stimata una pazzia, perche (per servirmi di una autorità alla quale Messer Giorgio mostra d'aver credito) Aristotile stesso nel testo 5. del primo libro della generazione dice che Democrito con quella dottrina mostrò curarsi d' ogni cosa naturale, e con tanta maniera, che Aristotile nel testo ottavo del medesimo libro scrisse queste formate parole in lode di Democrito e de suoi principii "Democritus autem videbitur utique propriis ac naturalibus rationibus persuaderi." Erra interrogrando perche cagione i Calidi conforme all' opinione di Democrito, sostenghino gli altri corpi più facilmente per acqua, che per aria, quasi, che sia difficile il rispondere, e dire, che 'Il medesimo corpo pesa meno nell'acqua che nell'aria. Erra ancora d' inavertenza per non haver notato nel discorso del Sig. Galileo la cagione di questo effetto tanto minutamente spiegata che per sino dimostra quanto un corpo più grave dell’ acqua perda del suo peso, che haveva nell' aria posto che sarà nell'acqua, cioè che ne perde a punto tanto quanto pesa nell'aria una mole d' acqua a lui eguale. Erra a proponere la maggiore unione delli atomi per cagione della magior forza che hanno in sostener per acqua che per aria: perche questa cagione non è proposta, e non sarebbe forsi proposta come prodottrice di questo effetto da chi havesse per buona I'opinione di Democrito. Erra a non pensare che i calidi nell' acqua venghino più uniti che nell' aria, massime essendo l’acqua contrarissimna alla natura del fuoco. Erra di contradizione dicendo in questo loco, che la forza del sostenere è eguale in tutte le parti e di sopra ha detto, che le parti superiori più sostengono. Ritorna, a cascare nel temerario errore di sopra notato tassando per pazzie espresse le considerazioni delli Atomi e da qui io entro in sospetto che... Nell' imputare al Sig. Galileo che si sia ingannato fà così bella mostra d' ignoranza, che chi non l’havesse conosciuto sin hora, potrebbe da questo passo solo comprendere quanto sia privo e di sapere, e di attitudine al sapere. Perchè Messer Giorgio non ha inteso quando il Sig. Galileo ha detto che il mezo leva tanto di peso al solido che in esso si somrnerge quanto è il peso di tanta mole di mezo quanta è quella del solido, dice con error notabile che senza la resistenza posta da Aristotile, e non ammessa dal Sig. Galileo, non si può render ragione perche una cosa pesi più nell' aria che nell' acqua. Erra ancora spropositatamente, a riprendere il Sig. Galileo come che non habbia inteso Democrito il quale attribuisce il sostenere non all' acqua ma ai calidi. Io dico che questa riprensione è spropositata, perche il Sig. Galileo non dice che Democrito attribuisca il sostenere all' acqua. ha ben detto il Sig. Galileo e risposto a Aristotile per parte di Democrito che i calidi non sostengono il medesimo corpo nell'aria come fanno nell' acqua, perche essendo men grave in questa che in quella il sostenerlo viene a essere più difficile dove è più grave. E questa risposta che fa il Sig. Galileo, non è in diffesa di Democrito, come che Democrito habbia detto bene, e la verità è assegnata sufficiente cagione del galleggiar le falde: ma è detto questo solo per provare che la ragione d'Aristotile contro Democrito è fredda, e di niun valore. Dopo haver copiata una facciata intera del discorso del Sig. Galileo, per empire i foglii della sua operetta, nel voler notare gli errori, che alla balorda, pensa che vi siino ne commette tanti, che è una compassione. Io ne andarò notando per servizio di Messer Giorgio alcuni de più manifesti, conforme al mio proponimento primo non già per diffesa del Discorso a giudicio d' ogni intendente illeso. Primo erra a dire che la falda proposta dal Sig. Galileo contro Democrito, se fosse vera la posizione di Democrito non s' alzarebbe dal fondo perche io dico che quando quella posizione fosse vera, ne seguirebbe, quanto deduce il Sig. Galileo e ancorche pochi calidi siino trà ‘l fondo, e la falda, non nega però Democrito che non ne ascendino ancora dalla terra stessa, quali sormontando di mano in mano per l’acqua dovrebbono portare una cotale falda sino alla superficie dell' acqua come rettamente conclude il Sig. Galileo. Erra di più quando volendo insegnare al Sig. Galileo il modo di confutar Democrito dice che i medesimi Atomi in numero che fossero potenti a sostenere a mezo l’acqua una falda potrebbono ancora sollevarla in alto, perche questo è falso ne è vero altrimenti che una forza che sia potente a sostenere in alto un peso sia ancora potente a trasferirlo più alto, e la ragione è questa, perche al mantenere basta egual virtù mà al muovere e sollevare si ricerca maggiore, e da questo si raccoglie che Messer Giorgio Erra parimente a far quella conseguenza tutta al contrario quando vole che s' inferisca dall'haver gli Stomi minor forza, che habbino ancora la maggiore, mentre dice che se gli Atomi sostengono a mezo l’acqua potranno molto più sollevare in alto. con queste belle cose si confuta il Sig. Galileo e si difende Aristotile, povero Aristotile. Erra a dire che il Sig. Galilei erri ponendo gli Atomi, ed erra perche non rende ragione dell’ errore. Erra di falso a imporre al Sig. Galileo che ponga la penetrazione de corpi. Erra pure falsamente a dire che il Sig. Galileo chiami la caldezza corpo. Erra a dire ehe il caldo non possa sostenere; e che sia erronea questa conclusione si conosce da questo, che il caldo ha forza di trasferir in alto, come si vede nei vapori portati in alto dal caldo del sole, et in moltissime altre esperienze, si può chiarire della forza, che ha il caldo non solo in sostenere ma ancora in movere. Quanto sia inetto discorso quel di Messer Giorgio in questa sua operetta si conosce in ogni conclusione in ogni verso, e quasi in ogni parola, ma alle volte tanto più chiaro si vede, quanto che fa certe scappate più essorbitanti dell' altre. vole concludere, che il caldo non può sostenere, e lo conclude, perche è sua proprietà riscaldare, hor vedasi se è buona conseguenza questa, è proprieta dell' huomo esser discorsivo adunque non può saltare, adunque non può portare una Balla di Lana. Io non mi meraviglio di Messer Giorgio che habbia messe alle stampe queste insipidezze, ma non so quasi come sia possibile che quest' huomo da bene, non habbia hauto persona amica, che l’havesse impedito da questa impresa. Sè Democrito o il Sig. Galileo havessero pensiero, che i calidi non fossero corpi, con qualche apparente ragione poteva dire Messer Giorgio che è errore a volere che i calidi sostenghino, ma se i calidi sono posti per clorpi, che occorre che Messer Giorgio dica che si erra a volere che i calidi sostenghino perche il sostenere è proprieta de corpi? non vede egli, che imediate se gli può dire sono corpi questi calidi? Non credo poi, che immediatamente contro ogni venità, e con errore piùi manifesto si possa trasgredire in questo proposito di quello che fa Messer Giorgio quando imputa per errore al Sig. Galileo il volere che i corpi leggieri sostenghino: e perche ha quasi dell' incredibile, che Messer Giorgio habbia commesso questo errore con curarsi cosi poco (qual che si sia lo 'nteresse) della verità, trascrivo a parola per parola il suo detto. Erra perche ancora che quelli calidi fussero fuoco, ad ogni modo non potrebbono sostenere sopra di loro le cose terrestri, essendo questi per natura leggieri, e quelli per natura gravi. Nel qual detto si vede manifestamente che Messer Giorgio pensa che le cose gravi nell’ acqua (perche siamo in questo proposito) siino più atte a sostenere che le leggieri, di modo che una pietra sarà meglio sostenuta a galla (secondo questa meravigliosa dottrina di Messer Giorgio) da un pezzo di Piombo, che da un pezzo di sughero, perche il sughero, essendo leggieri, non può sostenere. Erra a negare, che nell'acqua siino delle parti ignee con dire che non vi sono perche non si vedono; quest'errore è di semplicità, perche mostra di non sapere, che moltissime cose sono, e pure non si vedono; anzi conforme à suoi principii si da il fuoco sopra l' aria, e pure non si vede. Erra in oltre nei proprii principii peripatetici, perche niun peripatetico negarà mai qualche mistione di fuoco nell' acqua, non concedendosi nella lor scola l'elemento puro, e massime l’ acqua che noi trattiamo. Erra a scrivere che il Sig. Galileo metta nell'acqua il fuoco quieto e che non vadi continuamente saliendo e questo errore è commesso maliziosamente non meno che ignorantemente, gia che Messer Giorgio di sopra ha riferito che il Sig. Galileo tiene che questi corpi calidi salghino di continuo per l'acqua. Erra di contradizione dicendo che l'acqua non sostenga i corpi più gravi di essa se non per commozione perche di sopra ha detto (benche falsamente) che li sostiene ancora per la resistenza che fà all'esser divisa. Erra tenendo per errore il concedere moto alli indivisibili, non intendendo ne come siino indivisibili, ne come siino mobili. Erra a dire che tali atomi havrebbono sostenuto meglio nell'aria, che nell' acqua, e l'errore consiste perche Messer Giorgio non ha avertito che il corpo che si ha da sostenere; è più leggieri nell'acqua che nell' aria, e per questa cagione viene a essere più facile il sostenerlo in quella che in questa. Erra di doppio errore nella conclusione Che gli atomi sono più sparpagliati per l'acqua che per l’aria. il primo errore è che la conclusione è falsissima, poi depende da falsi principii non essendo vero che la contrarietà causi sparpagliamento. anzi in questo particolare non doveva mai errare Messer Giorgio, perche pare, che principalmente habbia voluto nel principio di questa sua operetta mantenere che il freddo condensi, e unisca, per lo che doveva pure ammettere, che il freddo ambiente dell' acqua possa più unire gli atomi, che sparpagliarli. ma l’interesse di voler in tutti i modi contradire induce Messer Giorgio a simili inconvenienti non solo contro se stesso, mà contro la verità ancora. Erra vaneggiando d'armare il fuoco contro l'acqua e volendo che per questa occupazione non possa sostenere. Erra a dire che il Sigr. Galileo chiami la caldezza Atomo. Erra non intendendo questi corpi indivisibili, e volendo imputare a errore del Sig. Galileo il denominarli tali. Erra a non volere che l’acqua possa esser mezo naturale del moto del fuoco, e l'errore è tanto più nefando, quanto che repugna ancora à suoi medesimi principii: perche concedendosi che si possa generar di terra fuoco, e affermando Aristotile stesso nel secondo delle Meteore nel trattato dei venti, che nella terra si ritrova molto fuoco, non è errore il dire ancora, che ne sia nell' acqua, e che per quella si muova, essendo mezo cedente. Erra ancora imputando al Sig. Galileo che habbia detto che l’acqua sia, mezo naturale del moto del fuoco, il che ancorchè forsi si possa affermare, tuttavia non è vero che il Sig. Galileo habbia mai detto questo: Ma Messer Giorgio per haver che dire, e per ridurre a qualche grossezza Ia sua operetta, va facendo, e qui, e altrove, simili imposture. Erra parimente d' imnputazion falsa al Sig. Galileo con dire che egli ponga che i corpuscoli sostenghino più in cima, che a mezo, perche non si ritrovarà mai simile comparazione nel suo discorso. Non meno falsa imputazione è quella quando Messer Giorgio dice, che il Sig. Galileo dà più forza al fuoco che all' acqua, ed erra Messer Giorgio perche questa comparazione non è mai stata messa in campo. Erra di più nei proprii principii a pensare che sia errore il dire, che il fuoco habbia più forza dell’ acqua; perche essendo conforme a Peripatetici il fuoco attivo, e l’acqua passiva, è necessario che il fuoco habbia più forza dell’ acqua. Erra volendo notare un errore contro il Sig. Galileo, a scrivere queste parole Erra perche l'inconveniente crede esser causa contro Democrito. Dico che in questo Messer Giorgio erra, perche oltre che il dir suo è assai barbaro, ed inintelligibile si può dire di più che il Sig. Galileo non ha mai creduto questo, ne dato segno d' haverlo creduto. Erra due volte, e nel dire che il Sig. Galileo da alle cose indivisibili tatto, e che pone essere fisico indivisibile: questo doppio errore nasce da un sol fonte d' ignoranza di non intendere come questi corpi siino indivisibili. Erra nel chimerizare falsamente che quelli corpuscoli abbruccierebbono quelli corpi; quasi che sii vero che ogni piccolo corpicello di fuoco possa abbrucciare ogni altro corpo nel quale s' incontrasse, e sè le scintille ignite scagliate dal focile non accenderanno mai un pezzo di legno di noce o di quercia, molto meno è necessario che questi atomi ignei le milliaia e miliaia di volte forsi più piccoli delle scintille abbruccino quelli corpi nelli quali vanno urtando. Chi concederà (come in fatti è verissimo) che si ricerchi maggior forza al muovere un medesimo corpo in alto, che a mantenerlo, concederà ancora che il fuoco, ancorche sia raro, essendo potente a spinger in alto pesi grandissimi, come di meze montagne alla volta, possa ancora, durando la pulsione sostenerli. Si che erra Messer Giorgio nostro a dire, che gli Atomi ignei per essere rari non possono sostenere. Volendo Messer Giorgio concludere errori, con errori imputa al Sig. Galileo una nova falsità, cioè che habbia detto che il fuoco partorisca fuoco atomo, per servizio di quelli corpi gravi, qual detto o sentenza non si trovarà mai nel discorso. A me pare che quando uno, non servendosi della propria virtù dell’ occhio, o per haverla persa, o per qualsivoglia altra cagione, si servirà della scorta altrui, che questo tale camini alla cieca; e per il contrario, se uno non vorrà caminare alla cieca, li sarà necessario havere, e servirsi della propria vista: Erra dunque Messer Giorgio, e da consiglii repugnanti, quando per modo di conclusione, inferisce queste parole Concludiamo dunque, che chi non vuole caminare alla cieca, bisogna hel si consigli con Aristotile perche, con questo modo di dire non si può intender' altro, se non che Chi non vuole caminare alla cieca in Philosofia, camini alla cieca. cioè lasciando da parte l’uso dell’ intelletto proprio, si serva di quel d'un' altro: il che come si vede è un proferire repugnanze essorbitantissime. Seguita a ripigliare di novo senza nova ragione l’errore della figura larga impotente a dividere il mezo del quale errore di sopra si è detto a bastanza. Erra quando dice che le figure quanto più sono acute tanto più si sommergono. e che sia errore grosso si conoscerà facilmente con far l’esperienza di due corpi eguali dell’ istessa materia, e di diverse figure una acuta e l’altra non acuta, i quali siino men gravi in specie dell’ acqua perche si vedrà manifestamente che eguali porzioni di loro si sommergeranno, e non come dice Messer Giorgio, più quel di figura acuta, Erra perche riferisce con faIsa maIizia che il Sig. Galileo propone un essemplo d' un legno chte tanto vince l’acqua ascendendo, quanto l’aria discendendo. il che è falsissimo non essendo mai stato proposto simile essempio. Erra ancora, e s' inganna, nel voler concludere, che sia più difficile la divisione dell' acqua, che dell' aria, dal farsi più tarda la penetrazione in quella che in questa; e l'errore di Messer Giorgio è perche non pensa ne è atto a pensare che Ia tardità non nlasce per la difficoltà alla semplice divisione. Erra ancora, non conoscendo che l’argomento della tavoletta tagliata in strisce faccia contro Aristotile, il quale havendo detto che Ie cose lunghe non soprannuotano, resta con quest' argomento efficacissimamente convinto di falsità, come ogni mediocre ingegno può facilissimamente comprendere.

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Based on the national edition, corrected to BNCF Ms. Gal. 45 (formerly T. XVI) Errori dei piu' manifesti comessi da Messer Giorgio Coresio lettore di lingua greca in Pisa, nella sua operetta del Galleggiare della Figura. Raccolti da D. Benedetto Castelli di Brescia in Badia di Firenze Castelli, Benedetto; Galilei, Galileo 1613

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Errori più manifesti commessi da Messer Giorgio Coresio, lettore di lingua Greca dalla sua operetta del galleggiare della figura, raccolti da D. Benedetto Castelli di Brescia,... in badia di firenze. Prima, erra Messer Giorgio Coresio di troppa animosità, arischiandosi disputare senza Geometria con un Geometra, perche chiaro è, che il Geometra ha detto male, non può esser corretto se non da chi intende, e, se ha detto bene, è una pazzia il riprenderlo. Erra nelle due inscrizioni della sua Operetta, e mi manca assai nelle mani, havendo nella prima proposto un' Operetta intorno al galleggiare de' corpi solidi e poi nella seconda (diminuendo assai la prima, con mettersi ancora in sospetto d'animo più desideroso di contradire che di saper il vero) mi promette solo una dichiarazione dell' opinione d'Aristotile intorno al galleggiare della figura contro l' opposizione del Sig. Galileo. Haverei voluto che Messer Giorgio havesse sodisfatto al primo titolo, che è d' una cosa vera, bella, e che si ritrova in natura, e non m' havesse proposto il secondo titolo del galleggiar della figura, cosa vana, et imipossibile, come chiaramente ha dimostrato il Sig. Galileo, e che ha del ridicoloso, non meno che il voler trattare del Volare della Talpa. Erra in quella prima conseguenz,a che fà nel principio del suo Proemio, deducendo, che i Litterati, oltra tutti gli altri, starebbono in continua pace, e concordia trà di loro, se gli huomini si quietassero ugualmente nel vero; doveva dedurre, gli huomini starebbono in continua concordia trà di loro, chè la conseguenza caminava bene, e non concludere de' letterati solamiente oltre tutti gli altri; perche quando gli huomini si quietassero ugualmenite nel vero, non saria differenza trà letterati, e altri ignoranti, già che tutti sarebbono letterati a un modo. Erra in voler introdurre intorbidamento di dispute dove la verità è manifestata con evidentissime dimostrazioni, sotto pretesto che la varietà delle opinioni, e le liti de' letterati partorischino gran bene; perche simili confusioni, sono gran perditemnpo, oltre che non poco derogano alla maestà della scienza: era più sano consiglio cercare d'intendere il Discorso del Sig. Galileo, e ringraziarlo di haver aperta sì bella strada di Filosofare, con maniera tanto salda, e sicura, fondata nelle cose stesse, e nella natura, e non nei libri o forza de' vocaboli grechi. Erra in pretendere che il Sig. Galileo habbia mandato alle stampe il suo Discorso per risvegliare gli animi de' litterati, e non perche realmente quello che ha esposto sia sua opinione: prima perche un pari del Sig. Galileo non stà in queste puerizie; poi io, che mediante il suo aiuto, ho intese le sue ragioni, e conclusioni, so di sicuro e fo ampia fede al Messer Giorgio, Che l'opinione esposta nel discorso è veramente del Sig. Galileo e non occorre pretendere altro. Erra ancora volendo contradire al Sig. Galileo, che ha detto creder più tosto il ghiaccio esser acqua rarefatta, che condensata, e soggionti i motivi di questa sua credenza, cioè la dinminuzion del peso, e l'accresciniento di mole, erra dico, per impugnar questo detto, in movere altri punti, sè questo sia detto in universale, o in particolare, sè si voglia intendere che sia, o non sia proprietà del freddo condensare, se sia rarefatto propriamente; o accidentalmente; perche tutte sono fughe vane quanto al proposito s' aspetta: impugni pure Messer Giorgio la conclusione, sè può, e, distrugga i principii da quali depende, che questo è l’ obligo in che si è messo. Erra a pensare che, essendo di natura del caldo congregare le cose del medesimo genere, non sia del contrario del caldo, cioè del freddo; natura di separare le cose del medesimo genere; dal che non havrebbe poi occasione di maravigliarsi che il freddo, nel agghiacciare l’acqua rarefaccia le parti sue. Erra, e manca assai, nel risolvere il dubio delle cose medicinali di diverso genere, unite dal caldo, contro la natura del caldo, che è di separare le cose di diverso genere, erra, dico, perche risponde, che il caldo le unisce per ragione di qualche similitudine; hora io dico che resta maggior dubitazione in che modo sia possibile che il caldo unisca la scamonea con il Zuccaro, e con l’Agarico, per qualche simulitudine, e non più tosto li separi per la stravagantissima dissimulitudine. Erra dicendo che il caldo quando ritrova l’humido in un corpo, constringa quel corpo, perche il caldo del forno ritrova l’ humido nel pane, e lo rarefà. Erra a prononziare così francamente come fa, che le descrizioni del freddo e del caldo date da Aristotile sono tali che non è da dubitare se sian vere o false; e questo io dico perche patiscono gagliardissime opposizioni, oltre le dette; delle quali ne metterò qua una per insegnamento di Messer Giorgio, e questa è, che mentre si descrive il caldo, e ‘l freddo per operazioni che non li competono sempre, come sono il condensare, e ‘l separare, & tali descrizioni restano insufficientissime, ne si può dire che sia buon riffuggio il ricorrere al, per accidente, o al, da per se, perche in questo modo si lascia libero campo a chi vorrà dire, che il caldo condensa propriamente il fango, e che è sua natura il condensare, e che rarefà la cera per accidente (se però la cera liquefatta, è rarefatta) e non da per se, e questo potrà egualmente esser sostenuto come l'opposto, prononziato così alla libera e senza ragione. Erra di più con notabile contradizione mentre hora dice che ‘l fuoco e l’aria sono di natura rari, e perciò rarefanno se possono mai dare quel che non hanno, e di sopra, nella descrizione del caldo, vole che il caldo congreghi, posso dire io, e comne può il fuoco per natura sua congregare se è raro, e non può dare quel che non ha? Erra a non considerare che facendosi il ghiaccio nell' acqua, non dall' acqua, ne dalla terra, mà dall' aria contigua alla, superficie dell’ acqua, non è maraviglia, che il ghiaccio sia acqua rarefatta dall’ aria, la quale essendo per il Coresio nmedesimo, di natura rara può solo rarefare, e non mai dare quello che e' non ha. Erra d' insipidezza, e move nausea, mettendo grossezze e sottigliezze de' lati i nelle figure, non intendendo, che tutti i lati deile figure piane sono linee, quali mai si possono chiamar grosse, se non da chi fosse grossissimo d' inteiletto: e tutti i lati delle figure solide pur son linee, e se tal volta si 'ntende delle superficie, in ogni modo non hanno grossezza, alcuna. Erra a dire come cosa nota che il ghiaccio si fà lo 'nverno quando il freddo constringe tutte le cose, perche non è vero cie il freddo constringa tutte le cose, rarefacendo l’acqua nel farla aggiacciare. Erra ancora in logica volendo adoprare questa proposizione dubiosissima, anzi falsa, da concludere l' intento suo, la quale ha bisogno di tanta prova, che quando questa fosse vera, tutta la disputa, del ghiaccio saria terminata. Erra a chiamare costrette Ie cose che si chiudono nel ghiaccio; anzi, che più presto sono trà di loro dilongate nel farsi il ghiaccio, e Messer Giorgio stesso, concedendo che nel farsi il ghiaccio, ci entri dell’ aria, e accresca la mole, è sforzato a concedere, che quelle cose siino più separate, e dilongate del ghiaccio di quello che erano prima nell' acqua. Erra di grosso, a credere, e presumere che altri credino, che le cose che sono più sensibili al tatto, e più visibili siino più dense; perche ogn' uno sà, che la fiamma è sensibilissima al tatto, e più visibile di qual si voglia altro corpo naturale, che noi habbiamo, e con tutto ciò è molto più rara. Erra a dire, che quello, che è più denso, più difficilmente si taglia: sia più denso perche il pane cotto più difficilmente si taglia della pasta e tuttavia è di quella più raro: Erra Messer Giorgio perche piglia il duro per denso, et il molle per raro, che pur sono cose diversissime. Erra affermando che il ghiaccio si rarefaccia dal caldo, anzi si condensa, e si riduce in minor mole, come so di certo che il Sig. Galileo ha fatto vedere e toccare con mano a Messer Giorgio stesso, in presenza dell' Eccellentissimo Principe Sig. D. Aloise d' Este. Erra chimerizando che il ghiaccio si faccia sentir più freddo dell' acqua, non perche sia realmente più freddo, mà per la densita della materia. Anzi dico di più, che erra Messer Giorgio nella propria dottrina, perche, essendo egli per concedere, che il ghiaccio sia più raro dell' acqua per accidente, è necessitato a concedere che per accidente debba parere men freddo di quella. Che le acque de' ghiacci, e delle nevi siino o non siino mal sane, mi rimetto à medici. Ma erra ben Messer Giorgio a concludere che della loro malignità ne sia cagione la densità del ghiaccio, e della neve essendo questi rari e non densi. Erra affermando che il ghiaccio resiste più all' esser dissipato dell' acqua, essendo falsissimo, il che si prova, conciosiache prese due moli uguali, una di ghiaccio e l’ altra d' acqua, e di figure simili, esposte che saranno similmente al caldo, di sicuro si dissiperà prima il ghiaccio che l’ acqua, et è cosa assai nota, benche da Messer Giorgio venga detto tutto il contrario: di modo che non si deve acconsentire che il ghiaccio sia più denso dell'acqua, perche resista più alla dissipazione, essendo vero che resiste meno. Erra a volere creder a' Greci, e altri in una cosa che può essere senza loro conosciuita; anzi che potrebbe essere che i Greci in questo, come in molt' altre cose, e di grandissimo rilievo, si fossero ingannati. Essendo state da Messer Giorgio prodotte due sorti di rarità una, che consiste nella sotigliezza delle parti, e l’ altra che consiste nella distanza delle parti, e già che questa rarità vien concessa nel ghiaccio e questa medesima rarità, è cagione per detto del Coresio, fac. decima della sua operetta, di leggerezza; si conosce chiaramente che Messer Giorgio erra a contradire al Sig. Galileo, che ha detto, creder che il ghiaccio sia acqua rarefatta, pierchè cresce di mole, et è più leggieri dell’ acqua standovi a galla. Erra ancora a dire che il ghiaccio sia rarefatto per accidente, e non di necessità della sua natura, massime che Messer Giorgio stesso confessa che di necessità alla constituzione del ghiaccio, è necessaria la distanza delle parti. Io ancorche più volte habbia letto, e riletto; e per me, e per sodisfazione di alcuni Signori miei Patroni, il Discorso del Sig. Galileo, mai ho ritrovato che dica che Aristotile, non conoscesse che ‘l più grave descendesse più giù, cioè che le parti terree non cercassero d'andare al logo loro. Erra, dunque, Messer Giorgio a volere che il Sig. Galileo l’ habbia detto. Erra nel resto di quel discorso:,nel titolo del quale promette di provare, che Aristotile senza ragione è biasamato dall' autore intorno a principii del discendere il solido, ma po, in tutto quel progresso, non conclude cosa, che faccia a proposito di quanto si è promesso, ma solo si mette à recitare cinque opinioni diverse trà di loro, intorno alla causa essenziale del moto con mirabile vanità di empire i foglii. e v' interpone un trattato delli accidenti che sono (dice lui) principii dei moti, tutto o direttivamente contro alla propria opinione, o falso, o spropositato, poichè mentre pone che la gravità dependa dalla strettura delle parti, e la levità dalla largura di esse, e havendo prima concesso nel fine del primo discorso, che la largura delle parti si ritrova nel ghiaccio, e la leggerezza nell' aria, è forzato confessare, che il ghiaccio sia leggiero, e che l’ aria sia rara per la largura delle parti contro quello, che nel imedesimuo passo afferma, havendo distinto con Giovanni Grammatico dua ssorte di rarità, una, che consiste nella sottigliezza delle parti come è l’ aria, l’ altra nella lontananza delle parti come è nel ghiaccio. Erra parimente, di contradizione: perche havendo scritto nel principio della faccia undecima che non si deve dire che la gravità mova, perche la gravità è una potenza, e per conseguenza non può fare il moto, che è azzione; più a basso poi nella medesima faccia scordandosi di sè medesimo dice che il moto non è azzione altrimente, dal che, posso soggiongere io, che ne segue che non sia impossibile che possa dependere dalla gravità. Erra, quando dopo una tediosissima confusione di conclusioni, repugnanti trà di loro et alla medesima opinione et intento principale di Messer Giorgio, inferisce senza dependenza alcuna la conclusione, della destruzion del vacuo, e del cedere, con soggionger senza proposito, il notar delle cose per aria, e per acqua, con la variazione del mezo, e della figura, e che un sasso si move più velocemente nel fine che nel principio, e più velocemente da un logo più alto, che da un più basso e che una nave s' immergera più in un' acqua dolce che nella marina, e che un legno nella stessa acqua si profondarà più quanto sarà più grave e mostra, con queste conclusioni, parte false, e parte senza proposito, di haver più desiderio d' empire i foglii, che di dimostrare quello che nel principio del discorso haveva promesso, e proposto. Dice benissimo, che l’opinione di quelli che stimorno che il mezo e la figura non ritardassero il moto fu sempre stimata vana: ma erra bone, se pensa che il Sig. Galileo non la conceda. Erra dunque dicendo il vero, e l’istesso a punto che dice il Sig. Galileo, in questo particolare del ritardar il moto per la figura, e non accorgendosi di dirlo. Erra volendo che la figura perche ritarda possa fare ancora la quiete, non essendo buona conseguenza questo ha forza di ritardare, dunque, di quietare. Erra a incorrere, nel principio del terzo discorso in quell' errore che con falsità haveva imputato al Sig. Galileo cioè pensando che conforme Aristotile e la natura stessa, si diino corpi più gravi dell'acqua, che per quella non descendino, mà galleggino. E vero, che un bello 'ngegno, nel caso proposto dalli Aversarii del Sig. Galileo, della tavoletta d'Ebano dirà, che è l'aria, che fa che la tavoletta non discenda, e lo dirà con verità, anzi, per l'aria e sua forza in simili occasioni si vedono maggior meraviglie come quando dal profondo del mare si alzano pesi gravissimi ponendo a poco, a poco dell' aria in un vascello. Ma erra bene Messer Giorgio a non intendere come questa risposta sia verissima. Erra nel principio del quarto discorso nel dire che il Sig. Galileo contradica alle sue proprie ragioni imputandogli che egli habbia detto che l'aria non fa galleggiare i solidi in ogni sorte di figura ma solo in alcune particolari havendo egli dimostrato tutto l’ opposito cioe che ogni sorte di figura che per altro andrà al fondo può in virtù dell' aria congiontagli galleggiare. Erra replicando fuor di proposito quello che quattro versi di sopra haveva detto. Haveva premessa una divisione trimembre dicendo trovarsi tre opinioni di questa cosa, la prima tiene che ' aria solamente operi; la seconda, I'aria e la figura; terza, la figura sola. La prima dice che è dell'autore, e la seconda, di quelli che vogliono che l’ aria e la figura insieme faccino l’ effetto, e qui pianta il lettore. A voler sodisfare al titolo del quarto discorso, che è in qual guisa 'l aria sia, o non sia vera cagione di far galleggiare il solido, era a bastanza dire, che allhora l’ aria sarà bastante cagione di trattenere un solido che non vada al fondo, ancorche quel tal solido fosse più grave in specie dell' acqua, quando congionta con quello e posta sotto il livello dell'acqua, constituirà una mole men grave di altrettanta acqua, et allhora non basta trattenerlo, quando, ancorche vi sia congionta l’ aria stessa, tuttavia la mole che risulta dal solido e dall'aria, quale sara collocata sotto il livello dell' acqua, eccedera in peso altrettanta acqua, come saldissimamente dimostra il Sig. Galileo nel suo discorso; e questo fatto stà cosi, e poiche Mlesser Giorgio non intende, ne poteva assolutamente intendere le essattissime dimostrazioni, ha errato all' ingrosso a parlarne. Erra di molti e grossissimi errori in poche righe mentre ei si propone et essemplifica tre maniere di ritenere o sforzare dell' aria, dicendo uno essere per predominio come si vede nelle cose leggieri, e soggiogne, et altri modi: si che comprendendo questo modo molti altri, che meraviglia sarebbe che uno di quelli fosse quello del Sig. Galileo? Di più, come sono tre modi, se sono tre e molti altri modi? Il secondo modo dice esser per moto, e ne dà l’essempio dell' aria mossa dalla calamita, e per tal moto, attraente il ferro: il quale se sia errore o nò non credo che habbia bisogno di grande esplicazione, perche non credo potersi ritrovare huomo così stupido fuori che Messer Giorgio che creda che la calamitia attragga il ferro, mediante il moto dell’ aria, perche in questa guisa attrarrebbe ogn' altro corpo, e non ne attrarrebbe alcuno tutta volta, che trà esso e la calamita tramezasse una tavola, o una muraglia, e pur si vede nisun corpo benchè densissimo interposto trà la calamita, e ‘l ferro, impedire o ritardare la sua azzione. Pone il terzo modo dicendo essere per similianza, come si scorge nelle coppette e putrefazione; errore spropositatissinio, non si potendo intendere che somilianza caschi trà l’aria, le coppette, e la putrefazione. Erra a concludere che l’aria, per esser molto rara e dissipabile sia di poca e debile virtù, perche oltre che questo è contro la dottrina della quale Messer Giorgio fa professione, nella quale si afferma il fuoco e l’ aria più attivi e per conseguenza di maggiori forze delli altri elementi soggiongo io di più che il fuoco è assai più dissipabile e raro dell’ aria, e tuttavia ha grandissima, e spaventosa forza, dico nel movere, e portar pesi contro la natura loro in alto, come si vede in mille esperienze. Quando Messer Giorgio introduce quell' impossibile che seguirebbe, sè l’ aria havesse forza di sostenere, che trattenerebbe la terra fuor del luoco suo, erra perche non intende niente niente quel che dice il Sig. Galileo del trattener dell' aria, e se egli non intende il Sig. Galileo, non meno mneraviglioso nella forza delle dimostrazioni, che nella chiarezza dell' esplicare il suo concetto, meno potrà intender me, e però senza farlo staccar troppo dalla gofferia del suo argomento li dico, che vadi pensando da qual parte la terra restarà trattenuta fuora del suo loco, già che da tutte le parti è circondata dall’ aria. Erra a far quella stravagante conseguenza, che l’ acqua non saria corpo sollunare se non havesse resistenza alla divisione della tavoletta, erra, perche non è vero che tutti i corpi sollunari resistino alla divisione, ne questo è stato già mai provato, ne credo assolutamente che si possa provare: anzi, per la dottrina che Messer Giorgio segue i corpi sopralunari sono quelli che resistono massimamente alla divisione. Se Messer Giorgio intendesse che il Sig. Galileo dice che i corpi più gravi in specie dell’ acqua, tutti, tutti, e sempre discendono in quella, e i più leggieri tutti, tutti, e sempre stanno a galla, e quelli che sono trà di loro egualmente leggieri, egualmente stanno a galla, cioè eguali moli di loro sommergono, se in tutta la mole saranno eguali, se Messer Giorgio dico intendesse questo, o si quietarebbe nel vero, o non produrebbe, con tanti errori esperienze spropositate, perche, Erra con questa ignoranza quando dice: sia preso un vaso di materia più grave dell’ acqua, quale galleggi per l’aria, e poi siino presi due corpi di eguale gravità, mà di mole diseguali, e sii messo dentro a quel vaso hor l’uno, hor l’altro, che si vedrà che si sommerge, tanto dell'uno, quanto dell’ altro; hor chi non vede, che, mentre il peso del vaso è sempre l’ istesso, e quello delli doi corpi è eguale, e l’aria non pesa niente nell' acqua, che tanto in una quanto nell' altra esperienza il solido che è sommerso (sii quanta si voglia l'aria che si ritrova nel vaso) è sempre del miedesimo peso in rispetto all' acqua, e per tanto resta di lui sempre la medesima parte sommersa? e questo tutto non è egli scritto, dichiarato, e dimostrato dal Sig. Galileo nel suo discorso? di modo che non solo, chi intende, conosce che non è contro la sua opinione quanto produce Mfesser Giorgio anzi essendo vere le demnostrazioni del discorso, come sono, verissime, è necessario che tutto questo segua. Ma qui nasce un altro Errore mentre egli mette per assurdo che l’aria possa ritenere tanto la poca quanto la molta senza che l’adduca dimostrazione alcuna il quale errore è tanto maggiore, quanto dal Sig. Galileo è stato molto sotilmente dimostrato occorrere che tanto sostenga moli grandissime una poca quantità di acqua quanto mezo il mare. Erra pur nella seconda esperienza, e mostra di novo, à chi non se ne fosse acorto avanti, che al tutto non intende niente di quello, che dice il Sig. Galileo del trattener dell' aria. Ho detto, e ritorno a dire, che il Sig. Galileo non solo afferma, che l’ aria è potente a trattener i corpi gravi a galla, ma che questo fanno tutti i corpi leggieri quando, congiunti con i gravi, constituiranno moli di minor peso di altrettanta acqua. Hor se vi sian congionti con colla, o con calamita, o con chiodi, poco importa, basta che siino congionti, e Messer Giorgio stesso, nel produr Ia sua espericnza mette nell' acqua un solido composto del vaso, e di quel corpo di che e' ripieno si che galleggi nel qual caso non fà contro al Sig. Galileo perche questo sarà un composto men grave di altrettanta d' acqua, perlochè galleggerà. Erra ancora dicendo che galleggerà sempre tanto quanto il peso del vaso lo sommnergerà, perche nell' esperienza alle volte, la parte che galleggia di quel corpo, è maggiore alle volte minore, alle volte eguale, a quella, che sarà sommersa, e Ia ragione di questo, e quando intraverranno questi casi, e chiara nella quarta proposizione del discorso. Erra nella terza sua ingegnosissima esperienza, del catino di rame, che vien giù per aria con moto continovo (ha detto continovo, acciò non si pensi che venga a saltaoni interrotti.) sin che arriva all' acqua, nella quale non si profonda ne anche ripieno di quel corpo grave, erra dico, non perche la esperienza sia falsa, perche è vero, che il catino vien giù per aria, ne si profonda nell' acqua, quando è ripieno d' un corpo grave si che galleggi, mà erra perche pensa che faccia contro il Sig. Galileo e non s' avede il poveretto, che il catino descende per aria perche pesa più'i di altrettanta aria, e non descende per acqua, perche pesa meno di quella cioè di altrettanta mole d' acqua. Non minor errore commette nel produrre l’inconveniente che seguirebbe nel pesare il Piombo o ferro, perche non è vero, che il Piombo ridotto in figura piana possa esser sostenuto nell' aria per l’aria congiontagli dove si pesano simili merci, ma ben potrebbe esser causa di tal fraude, quando si pesasse ne confini dell' aria, o dell’ acqua, dove il Sig. Galileo afferma, e con verità, che l’ aria trattiene, di modo che questo non ha che fare nulla contro il Sig. Galileo. Erra a dire che gli artefici, che accomodano legni da edificio navale, non habbino riguardo all' aria ma si bene all' acqua, perche si vede chiaro che per questo li fanno cavi dentro non per altro, che, ancorchè vi sian poste dentro gran quantita di merci, non per questo si constituisca mole di maggior peso di aitrettanta d' acqua. Anzi dico di più, che, se Messer Giorgio, quando ha detto che gli Artefici non hanno riguardo all' aria ma all' acqua, ha voluto intendere, che habbino riguardo alla resistenza, che egli pensa, che sia nell' acqua all' esser divisa. Erra e s'inaganna, perche questi artefici doverebbono, conforme alla sua dottrina, fare gli naviglii di figura larga, e non cava come fanno, perche cosl l’acqua li sosterrebbe meglio e con più facilità. essendo le figure larghe e piane meno atte a dividere che le racolte, e cupe. Erra nell' ultima esperienza di un novello errore oltre l’ ordinario suo di non intendere niente il trattenimento, che opera l’aria quando viene posta nell' acqua, in compagnia di qualche solido: iI novo errore è questo, che havendo detto il Sig. Galilei che il composto d' aria, e di qualsivoglia materia più grave dell' acqua, quando sta a galla, vi sta trattenuto dall’ aria, il buon Messer Giorgio s' è imaginato che il Sig. Galileo sia stato tanto inaveduto; che habbia pensato, che all' aria, come a cosa soda, e non cedente sia conficcato il corpo galleggiante, e perciò non vada al fondo, onde egli poi n'inferisce questo assurdo che i vascelli non potriano moversi, nel qual concetto quanto puerilmente discorra Messer Giorgio, lo lascio giudicare ad ogni persona di mediocre giudicio. Perchè se egli havesse inteso che l’ aria sostiene i solidi in quel modo che una Zucca nota o un soghero sostiene in su un notatore senza impedirgli il moto non si maravigliarebbe che la nave sostenuta in virtù dell' aria inclusa, non restasse impedita nel suo corso. Erra non intendendo come un corpo leggieri coniunichi la leggerezza a un corpo grave. quando, se li congionge, qual si sia il modo della congionzione, o per natura del composto, che sarà costituito di gravi e di leggieri; o per arte, come quando si legano su le spalle delli huomini vesiche ripiene d' aria, acciò non si sommerghino nell' acque; o per un esquisito contatto, come è forsi, e dico anche senza il forsi, nel caso della tavoletta d' ebano. Ma erra di più in questo discorso, perche prima dice che la comunicanza si fà per uso, e poi volendo provare, che l’aria non puo comunicare leggerezza per uso, dice che l’ uso si fa da sè: il che è sproposito, e come si vede non conclude nulla. Erra nel titolo del quinto discorso che è questo, Che la figura sola fà galleggiare il solido. erra dico, e contra il vero, e contro sè medesimo, perche ha detto, et è per replicare, che la leggerezza è quella che fa galleggiare: non può dunque essere la figura sola, come animosissimamente propone Messer Giorgio in questo titolo, che faccia galleggiare: già che si confessa che v' habbia parte la leggerezza ancora. Erra nell' assegnare certi suoi fondamenti, e s' imbroglia di modo, che non solo mostra di non havere inteso quello che dice il Sig. Galileo, ma che non intende quel che egli stesso si dice: vedasi la sua diffinizione della figura, che è questa. La figura è quantità terminata da superficie d' una o, più linee. doveva dire La figura è quella che è terminata da uno o da più termini, e và in cambio, a introdurre essorbitanze senza senso, e spropositatissime. Erra finalmente in questo discorso, perche non solo non ha concluso quel che haveva proposto, cioè che la figura sola fà galleggiare il solido ma meno ne ha parlato, il che è mancamento troppo notabile. Messer Giorgio concede, e con ragione, al Sig. Galileo, che il mettere in carta manifesti più la verità o falsità delle opinioni, chle non fa il disputare in voce. fa benissimo ancora, quando concede che ‘l filosofare vole esser libero, Ma Erra ben poi di contradizione quando s' attacca più all' autorità, che alla ragione. Erra ancora nell' introdur l’argomento tolto dalla Autorità (che pur è solamente probabile) nella Filosofia, la quale essendo scienza deve necessariamente dependere dalla demostrazione; ne Aristotile stesso (già che Messer Giorgio si vol servire della autorità) in tutta la sua Logica, mentre dà i Precetti del sapere, introduce mai il mezo dell' Autorità, come troppo debole: Ma io soggionigo di più, Che chi in scienza si vale, o serve dell' autorità, oltre cht egli non sà, ma solo pensa e riferisce che altri habbia saputo, da segno manifesto d' essere animo vile, basso, et inettissimo al rettamente discorrere. Erra nel dire che Aristotile non lasciasse mai l’ autorità per la ragione, e I'errore è chiaro poiche si vede che Aristotile, lasciò in moltissimi loghi l’autorità delli antichi per la ragione, ancorchè la ragione fosse debolissima come si vede in particolare nel primo libro della Fisica, dove per una semplice similitudine di un scanno, e un letto (e sia detto con pace di un tant' huomo) similitudine bassa, popolare e forse falsa, lasciò l'opinione di quelli, che tenevano che la materia prima fosse per se stessa formata. Erra riprendendo il Sig. Galileo di falsità quando dice che l’acqua nel gelarsi cresce di mole, erra dico Messer Giorgio dicendo che la proposizione è falsa soggiongendo poi che è vera per accidente: quasi che, se per accidente cascando una pietra da alto d' una torre rompesse la testa a uno sia lecito con la Logica Coresiana dire non è vero che quel povero habbi rotta la testa, ne che sia cascata la pietra, perche si è rotta la testa et è cascata la pietra per accidente. Erra, di più contradicendo al precetto che da, à sette faccie della sua operetta dove scrive che non si deve mai negare la proposizione necessaria per accidente alcuno. Erra in oltre dicendo che il ghiaccio si rarefà per accidente, mentre che, contradicendo a se medesimo soggionge che di necessità alla constituzione del ghiaccio le patrti dense si rarefanno. hor se di necessità della natura del ghiaccio è questa rarefazione, e rra dunque manifestamente Messer Giorgio a dire che sia un per accidente. Erra nel dire con Ermino che il Cristallo è trasparente per la mischianza dell’ acqua, e dell’ aria prima perche se il Cristallo sarà rotato rozamente nella sua superficie si vede che non è più trasparente, e non ha già persa la mischianza primiera. Erra di più ne suoi medesimi principii perche se il Cristallo havesse mischianza aerea dovrebbe esser leggieri, e star a galla, conseguentemente nell' acqua, e tuttavia va al fondo: in oltre, il legno non essendo trasparente, dovrebbe, conforme a questa dottrina d' Ermino, essere senza tanta mischianza d' aria, e per conseguenza andar al fondo e tuttavia il cristailo descende, et il legno galleggia, bisogna dunque che Messer Giorgio ritrovi altra cagione della trasparenza, che la mischianza dell' aria. Erra di falsità nel dire che il ghiaccio sia più grave dell' acqua essendo egli più leggieri di quella standovi a galla, come ogn' uno può facilissimamente comprendere. Et erra ancora servendosi della detta proposizione senza pur assegnarne una minima prova servendosene dico da dedurre un' altra conclusione, che è errore nefandissimo di discorso poichè si camina dall’ ignotissimo all' ignoto. Erra nel servirsi dell' autorità di Alessandro nel primo delle questioni, cap: sesto, quale dice solo, che l’acqua ghiacciata è alterata molto; erra dico in servirsi di questa autorità perche da lei deduce che dovrebbe discendere. conseguenza fredda, e spropositata, quasi che tutta l’acqua che si altera acquisti maggior peso. il desiderio di mantenere un falso, che ha Messer Giorgio, e la penuria di fondamenti è cagione che il povero huomo si attacchi a queste vanità, e puerizie. Erra nel produrre, che Aristotile, et altri siino della sua opinione; perche hora non si tratta, se Aristotile, o altri habbin havuto o nò, questo pensiero della constituzione del ghiaccio; ne meno si tratta se questa proposizione della rarità del ghiaccio sia scritta affirmativa, o negativa in Aristotile, ne in altri, ma si tratta se nel libro della natura stessa sia il ghiaccio acqua rarefatta, o condensata: e havendo il Sig. Galileo detto che in natura il ghiaccio è acqua rarefatta, bisogna che il contradittore ritrovi la negativa in natura, e non su foglii di carta. Erra a trapassare in silenzio, in questo passo gli argomenti del Sig. Galileo convincenti, che il sopranotare del ghiaccio non nasce dalla figura larga impotente a fender l’acqua, perche se li ha giudicati buoni, non può con tanta ostinazione introdur la figura sola causa del sopranotare, e se li ha giudicati difettosi era obligo suo il correggerli in questo loco. Erra in attribuire al Sig. Galileo che non si voglii quietare in questo, che le cose quanto più son gravi tanto più vadino in giù, e quel che è peggio, l’errore è tanto volontario, che non lo posso attribuire a ignoranza, perche da se stesso Messer Giorgio ha confessato dua righe più alto, che il Sig. Galileo pone con Archimede per cagione del discendere l’eccesso della gravità de' mobili sopra i mezi: quest' errore dunque già che non si può attribuire a ignoranza, o da troppo desiderio di contradire. Erra perche dopo che ha detto con Aristotile nei libri del Cielo, che le parti per intrinseca inclinazione vanno al proprio logo, e soggionto col medesimo Aristotile che l'intrinseca inclinazione è la loro gravità, imediate, non curandosi contradir al suo Aristotile, et à se medesimo per contradir al Sig. Galileo soggionge non esser la gravità intrinseca, e vera cagione. Erra ancora nel dire che la gravità non sia intrinseca e vera cagione concorrendo come potenza; erra dico, prima perche la gravità è atto, e concorre realmente come tale: ma di più erra ne suoi medesimi principii et in via peripatetica, perche la materia nel composto concorre come potenza solamente, e pur tuttavia è numerata trà le vere et intrinseche cagioni del composto. Erra quando pensa che ‘l Sig. Galileo nel diffinire l’egualianza della gravità in specie, faccia una specie, e l’ errore suo essorbitante procede dal non intender niente, niente, niente il Sig. Galileo infelicità degna di riso e di comipassione. Erra di contradizione in dire che 'I più e 'I meno non mutano specie: perche ha concesso ed è per concedere, che più e meno larga figura fa mutazione dal moto alla quiete specie differentissime. Erra quando dice, che l’Autore chiama diffettose queste proposizioni, cioè: I Corpi, che soprannuotano deono essere men gravi dell’ acqua, e quelli che vanno al fondo, più gravi di essa, erra dico perche non è vero che mai l’autore, cioè il Sig. Galileo habbia chiamate diffettose queste proposizioni: ha ben detto che è diffettoso modo di filosofare sopra queste conclusioni quello di che fa menzione nel suo discorso, e lo prova chiaramente. Erra pensando che il Sig. Galileo non habbia avertito al gallegiare delle navi, e duplica l’errore con pretendere che il galleggiare delle navi nel mare, et il galleggiare di un bicchieri in un bicchieri non sia per l’apunto il medesimo. Al Sig. Galileo che intende e l’un e l’altro galleggiare, l’uno e l’altro paiono egualmente meravigliosi, a Messer Giorgio pare più meraviglioso questo, che quello, perche non intende ne l'uno ne l'altro. Erra dicendo che il Sig. Galileo si contradice in più luoghi, con affermare hora che l’acqua resiste, hora che non contrasta punto: et erra o per non intendere o per poter contradire. E ben vero che il Sig. Galileo dice alle volte, anzi sempre, che l'acqua resiste al’ esser mossa con più velocità, et alle volte, anzi sempre, asserisse che l’acqua non resiste punto alla semplice divisione; e questo non è contradirsi, ma è prononziare due proposizioni verissime. Erra in dedurre col Buonamico, il galleggiare de' corpi gravi per la difficoltà della divisione, dall' esperienza tolta dal detto di Seneca, che i sassi e huomini soprastiano a certe acque con tutto che siino corpi più gravi dell’ acqua: perche, se l’esperienza sarà vera (della qual dubito molto) quella tal acqua o sarà più grave di que corpi che in essa galleggiano, overo intraverrà di quelli in questa sorta d' acqua, quello che intraviene delle lamine sottili di Piombo nella nostra acqua famigliare. Erra quando dice, che si vede, che il Piombo e l’oro galleggiano, si per la figura si per la piccolezza, erra dico perche produce il falso non essendo vero, che si veda questo: mia si vede bene che galleggiano quando se Ii congionge cosa leggieri, com' è nel proposito di che si tratta, l’aria. Erra dicendo che il detto d'Archimede può riuscir falso per la division del mezo perche Archimede, (ed io lo posso dire di sicuro) dimostra la sua proposizione vera eternamente nei mezi umidi, che noi trattiamo. Erra affermando, che il grave che galleggia non divida il mezo, perche si vede manifestamente che di gia l’ ha diviso, e s'è in quello è sotto la di lui superficie avvallato di modo, che non si può con verisimilitudine dire che è non l’ habbia diviso. Erra ancora dicendo che quando l’havrà diviso s' affondarà, perche si vede, che, ancorche l' habbia diviso non pero s'affonda, ed il cittare in suo favore Aristotile non è altro, che produrre, in questo particolare un falso testimonio dalla sua. Erra affermando che il Sig. Galileo non habbia dimostrata la leggerezza del ghiaccio dal ritornar a g alla quando è posto nel fondo; gia che questo è stato fatto. ma Messer Giorgio galante, o l'ha taciuto di sopra per poter dire che il Sig. Galileo l’haveva tralasciato, overo non l'ha inteso. Erra nel proponere quella divisione che altri corpi galleggino per leggerezza, altri per la figura altri per la piccolezza, e l'errore di Messer Giorgio è doppio; un errore è perche in questa divisione suppone per vero quello di che si disputa perche si disputa se possa essere che la figura, o piccolezza faccia galleggiare quei corpi, che per la loro gravità sono atti al discendere, il che poi al tutto è stato negato, refiutato, e convinto per falso dal Sig. Galileo. Erra in oltre di contradizione, al titolo del suo quinto discorso nel quale scrive formalmente queste parole, Che la figura sola fà galleggiare il solido, hor se la figura sola fà galleggiare, non può dunque hora supponere, se non con manifesta contradizione, che la leggerezza ancora fa galleggiare. Erra, e s' inganna, pensando, e dicendo, che la disputa sia di quelle cose che stanno a galla per la figura: nel che si mostra di non saper manco qual sia il suggetto di che si tratta. La disputa è delle cose, che stanno su l'acqua, e non di quelle cose che stanno a galla per la figura, perche simil disputa sarebbe d'un niente. Erra assai puerilnente quando dice che il legno per csser aereo, sarebbe sostenuto in alto dall' aria come la paglia, erra perche non è vero, che la paglia sia sostenuta in alto dall' aria: anzi io resto meravigliato che Messer Giogio non si ricordi di quello, che ha detto di sopra, che i corpi, quanto più son gravi tanto più vanno a basso, e che in questa proposizione tutti gli huomini si quietano come notissima. il che essendo vero perche non dice egli in questo passo, che il legno, ancorche sia aereo, descende più dell'aria perche è più grave di quelia, e poi il medesimo legno galleggia nell' acqua perche è di quella più leggieri, che cosi havrebbe filosofato bene, e non sarebbe incorso in tanto misere falsita? Erra perche propone di dimostrare una conclusione cioe che la gravità presupponga la divisione, e poi uscendo di tuono a sproposito meraviglioso conclude nel primo argomento, adunque la densità è la principal causa della facile, o difficile divisione. la qual conclusione non ha che fare niente con quella che si era proposta di provare. Non meno spropositata è la seconda ragione, nella quale erra pure, gia che in quella ogn'altra cosa si conclude che quello che si era proposto di provare, si era proposto di dimostrare che la gravità presupponga la divisione, e si conclude che è necessaria la resistenza o difficoltà alla divisione. Erra di più in tutte dua le predette ragioni perche si serve di proposizioni dubbiose, e false, come nella prima ragione, che il trapassare, o non trapassare nasca dalla facile, o difficile divisione del mezo, a qual proposizione è falsa di sicuro quando si trapassa per un aggregato di corpi contigui, perche, non facendosi ivi divisione, in conto alcuno, non può nascere il trapassare, o non trapassare, dalla facile, o difficile divisione. di più il non trapassare può nascere da mill'altre cose, oltre la difficile divisione. È errore ancora il dire, che il trapassare si faccia per la divisione; cioè che la divisione sia cagione del trapassare, e non più presto il trapassare causa della divisione. L'errore di falsità nella seconda ragione è quando dice che tolta la difficolta del dividere si leverebbe la cagione del più o men veloce, il qual detto è falso, perche la cagione del più o men veloce ne corpi liquidi, o vogliam dire fluidi, e' il doversi mover più, o meno parti del mezo, con maggior o minor velocità. Erra per difender il Buonamico, in dire, che egli renda la ragione di una esperienza che può essere che sia falsa perche in questa maniera scusandolo d'un errore, lo fà incorrere in un maggiore inconveniente. Erra, parimente in volere che il Buonamico per convincere e rifiutare Archimnede proponga un' esperienza incertissima, e se non falsa, almeno difficile da strigare, come l’istesso Messer Giorgio confessa di modo che il Sig. Buonanmico e molto mal condotto da questa sorte di difensori, quali nel difenderlo gli addossano errori peggio di quelli di Messer Giorgio stesso. Erra in tacere quello che dice il Sig. Galileo in diffesa d' Archimede contro il Buonamico intorno al moto allo in sù, perche se quella diffesa è sufficiente, non occorre intrare in altro, se è diffettosa doveva Messer Giorgio manifestar il difetto. Erra di sproposito notabile quando desidera che il Sig. Galileo dica se sà, che Anassimandro, o Democrito mettessero l’universo infinito, perche questo non ha che fare nulla, col saldare la diffesa d'Archimede; dovea bene Messer Giorgio lasciarsi intendere se la prima diffesa d'Archimede contro la quarta opposizione del Buonamico li bastava, o nò; e se li bastava doveva quietarsi, e caso che vi havesse hauto dubio doveva procurare d' intendere, che il Sig. Galilei non prometteva di voler difendere Platone, ne Anassimandro, ne Democrito nelle loro opinioni, se l’havevano della infinità dell’ universo. ma solo propone di volergli difendere nel particolare del negare la leggerezza come qualità positiva, nei corpi naturali, et in questo doveva Messer Giorgio se poteva, contradire al Sig. Galileo e non mettere in campo pretensioni che non fanno a proposito. Erra ancora in questo medesimo loco di inosservanza dei proprii Precetti: perche havendo di sopra detto che bisogna far stima dell’ Autorità de grand' huomini, qui si riduce, et in altri luoghi ancora a sprezzare l’autorità di Platone, non senza cagione chiamato divino; di più tratta per una pazzia l’ opinione di Democrito intorno alli Atomi, con tutto che ne venga Democrito lodato da Aristotile stesso nel primo della generazione: in oltre riprende Archimede, e senza haver mai intese le sue dimostrazioni riputate da ogn' uno che le intende essattissime: e quel che è peggio poi di tutto, s'attacca all' autorità di Macrobio, di Ermino, del Buonamico, e simili. Erra Messer Giorgio quando contro quelli che tengono che la leggerezza sii qualità privativa prononzia liberamente e senza prova che il fuoco non habbia inclinazione naturale d' andare all' in giù, e l’errore nasce per ignoranza non solo del vero ma quel che è peggio, del modo di argomentare, e discorrere: già che in questo detto suppone che la principal conclusione delli aversari suoi sii falsa. Erra nell' introdurre la leggerezza per qualità positiva con dire Che si move quello che puòm e non quello che non può, perche questa proposizione è vera, se s'intende in questo senso, si move quello che può, o moversi, o esser mosso, et in questo senso presa non conclude nulla Messer Giorgio, perche cosi non sarà inconveniente il dire, che il grave si move perche può moversi, et il leggieri si move, perche può esser mosso. ma se la proposizione fosse presa in altro senso, come bisogna, che Messer Giorgio l’intenda, per volere concludere, io dico che è falsissima. Erra e s' inganna quando crede a Simplicio e, soggionge che si vede che il maggior fuoco si miuova più veloce del minore: merita però qualche scusa in questo, perche l’ errore non è suo particolare ma universale a tutta la scola Peripatetica nella quale con simile errore, con Aristotile si crede che mille libre di terra si movano più velocemente di quattro libre, per la diversità del Peso, il che è falsissimo come si vede nell' esperienza. Erra in volere che il Sig. Galileo produca l'esperienza del veder le essalazioni ascender per l' acqua più velocemente che per l’ aria: può bene il Sig. Galileo (anzi l'ha fatto sotilissimamente) produrre la ragion di questo, ma perche il Coresio non l’ ha intesa, và dimandando altre cose a sproposito et esperienze che mai non sono state proposte. Erra a dire che sii meglio rispondere la cagione del galleggiare essere il predominio aereo, che la leggerezza anzi è tutto il contrario, perche è meglio assegnare una cagione nota, come è la leggerezza, che una incognita, e che implica mille difficoltà come è quel predominio. Erra nella risposta che fà all'esperienza dell'affondarsi egualmente il cono, o piramide, tanto, dalla parte acuta quanto dalla larga, quando dice, che simile esperienza, non fa a proposito. Messer Giorgio per non saper, che cosa sia discorrere a proposito, giudica fuori di proposito; per provare, che la figura men atta al dividere, non ha che fare nel galleggiare, produr una esperienza che necessariamente esclude il galleggiar per la figura impotente al dividere. Se sia errore, e di quelli grossi, il dire che la detta esperienza concluda cosa falsa, lo lascio giudicare a capaci di ragione, non solo dalle ragioni prodotte dal Sig. Galileo ma dal modo stesso di dire di Messer Giorgio, nel quale ho notato oltre tant'altri, gli errori seguenti. Erra insipidamente, e senza considerazione affermando che il piano della piramide si sommerge per sino a tanto, che non ritrova tant' acqua a sostenerlo; che questo sia errore manifesto, si conosce dal considerare, che quant' al piano del cono ritrova tant' acqua nel suo principiar a sommergersi quanta, quando che essendosi gia in parte sommerso si ferma, anzi che più presto si deve dire che il cono ha maggior quantità d'acqua sotto di se nel principio dell'immergersi che quando si è gia fermato, e tuttavia nel principio non può esser sostenuto dalla molta acqua, e dipoi, viene al tutto quietato dalla mano. Erra ancora, e l'errore è degno d'esser notato, dicendo che la parte della piramide che è più facile a dividere, è più difficile all' esser sospinta, e la parte più difficile a fendere è facile a esser cacciata: dico che quest'errore è degno d'essere notato, perche concedendosi per vero questo suo detto, segue pur tutto il contrario di quello che Messer Giorgio stesso amette. Messer Giorgio concede di sopra (con dire ancora che non fa a proposito) che tanta parte della Piramide, o cono si sommerga con la punta allo in giù, quanta con la basa; et hora nota che la parte più atta al dividere è meno sostenuta, hor sè questo tutto è vero, ne segue di necessità che la Piramide più si habbia a sommergere con la punta allo in giù che con la basa, si perche la punta è più atta al dividere si perche è meno sostenuta: il che poi è contro a quello che Messer Giorgio ha concesso di sopra, e resane ancora la ragione. Erra radoppiando contradizioni, e confusioni nel voler provare, che le esperienze del Sigr. Galileo concindono cosa falsa; e questo fà quando scrive che una Piramiide con la punta allo in giù si ferma quasi in un punto, e poi immediate soggionge che lo trapassa; e qual è quella piramide che si ferma quasi in un' punto? e sè si ferma in quello come lo trapassa? eh che sono essorbitanze troppo estreme. Erra in congiongere a questi spropositi, come per deduzione, che il Sig. Galilei sforzato dalla verità dica, che la Palla più velocemente descenda, che una tavoletta piana, erra prima in questo perche non si conclude altrimiente la quiete della tavoletta dal ritardamento del moto, come ha bisogno e desiderio Messer Giorgio. Di più già che Messer Giorgio scrive, ed è verissimo che il Sig. Galileo sforzato dalla verità dice che più velocenmente si move la Palla che la tavoletta, io soggiongo che il Sig. Galileo non solo in questo, ma in tutto sempre parla sforzato dalla verità, si come all' incontro Messer Giorgio mio sempre parla spinto dall' ignoranza. Erra di più a credere che questa ritardanza nasca dalla difficoltà al dividere perche non è vero che nasca da questo ne il Sig. Galileo concede che da questo dependa, ma si bene per haversi da movere lateralmente e per maggior spazio più quantità di parti del mezo. hora se Messer Giorgio vole concludere l’intento suo bisogna ritrovare ritardamento, e quel che importa più, quiete, e che naschino dalla difficoltà della divisione. Erra di contradizione quando dice che i Cilindri si profondano per la gravità di sopra che li spinge, e l’ errore è di contradizione com'ho detto, perche di sopra ha voluto che la gravità sia solo potenza e per conseguenza non possa fare azzione, ne esser cagione di moto. Erra volendo rispondere all' esperienza della cera che con il piombo va al fondo, quando dice che vi và per violenza, perche questa risposta non solve I' argomento del Sig. Galileo con dire, che con queste violenze non si può conoscere quel che operi la figura: anzi replico io, che mentre Messer Giorgio pone, che la figura habbia forza di sostenere, e dall' altro canto il Sig. Galileo con la piccola violenza di un grano distrugge la forza della figura resta chiarissimo che la figura era più impotente e debile al sostenere, di quello che era il grano di piombo al tirare a basso, et ancorche sii verissimo che non si sia con questa esperienza conosciuto quel che operi la figura (anzi, non si può conoscere, non havendo ella che fare in questa operazione), si è però conosciuto che la figura non ha più forza di quello, che ha un grano di piombo, e tuttavia quella forza che gli aversarii del Sig. Galileo attribuiscono alla figura, e le centinaia di volte maggiore di quella del piccol grano. Perche vedo che spesso Messer Giorgio replica questa verità, che in diverse figure si vede diversità secondo il più e men veloce: ancorche io habbi proposto di notare solo gli errori tuttavia volentieri trascrivo, e sottoscrivo questa proposizione, massime non essendovi altro di buono, e dico che tengo per verissimo, e so di sicuro che il Sig. Galileo prima di me e del Coresio ancora ha auto questo pensiero medesimo, e l’ ha scritto nel suo discorso, Che nei corpi della medesima materia, e di diverse figure nel medesimo mezo si fa diversità nel moto secondo il più e men veloce. ma non gia diversità dal moto alla quiete per la figura, nel qual pensiero, Errando trascorre Messer Giorgio. Erra dicendo che non fà a proposito il cercare sè l’ Ebano sia bagnato o non sia bagnato; perche quando io dicessi Che l’ ebano va a fondo nell' acqua, e che Messer Giorgio mi dasse dell' Ebano asciutto, mentre che me lo da asciutto, me lo da congionto, o contiguo con dell' aria, e se lo vole con qualche maniera nel posarlo nell'acqua mantener cosi asciutto, io posso dolermi e rispondere, che in mantenerlo asciutto, me lo vole mantener congionto con l’ aria, dove che non è poi da far caso contro della mia proposta, che alle volte essendogli accompagnata, sotto il livello dell' acqua, una gran quantita d' aria sia il tutto, cioè Ebano e aria insieme trattenuto a galla, perche quell' aggregato d' ebano e d' aria può essere che sia più leggieri di altrettanta mole d' acqua. e tutto questo è stato ingegnosissimamente avertito dal Sig. Galileo nel suo discorso. Si che il ricercare se la tavoletta d'Ebano sia asciuta, o bagnata fà mirabilmente a proposito per saper la verità del fatto che si cerca. ma non fà mica a proposito per chi volesse persistere nell' errore di Messer Giorgio. Erra in riprendere il Sig. Galileo che habbi detto, che il luogo vol esser della medesima natura, erra dico in riprenderlo, non havendolo inteso; et ancorche il Sig. Galileo sia nel suo dire per se stesso chiarissimo, tuttavia in grazia di Messer Giorgio, e per fargli cosa grata, dico che quando il Sig. Galileo vole che il luogo della tavoletta sia della medesima natura intende della medesima natura secondo la quale si da la denominazione al luogo: di modo, che egli non nega, che un corpo non possa esser circondato e locato parte in oro, parte in argento, e parte in terra, come sarebbe un liquore posto in un vaso composto di questi tre corpi, o mischiati o distinti: ma dichiara se stesso quando disse nella disputa sia posto l’ ebano nell'acqua, che non ha voluto intendere sia posto in aria, ne meno parte in acqua e parte in aria, ma in dire sia posto in acqua, intende, et ha voluto intendere, che il loco nel quale si ha da locare il corpo, sia della medesima natura che si nomina cioe tutto acqua, e non parte di quella, e parte d' un' altra cosa e questo modo di parlare è convenientissimo, ne merita riprensione. Erra in dire che il solido molto dilatato perde della sua forza, di modo, che con gran dilatazione finalmente si riduce alla quiete in quel mezo nel quale per se stesso, sotto figura più racolta descende: e perche vedo che a scaponirlo di questo errore non sono atte le dimostrazioni del Sig. Galileo essendo al tutto impossibile, che egli le intenda, son sforzato rimettergli in mente quell' argomento che egli stesso scrive in fine della fac. 17 della sua operetta, il quale a quel proposito, come ho notato non conclude nulla, e quà forsi lo potrebbe chiarire l' argomento è questo, che sè la figura piana e larga havesse forza di far perdere il peso anzi di fermare in tutto un corpo che non descendesse più, dovrebbe chi pesa a suo prò, o ferro, o piombo fuggir la figura piana e larga quale farebbe per chi compera. La risposta che mette conforme al maestro, come dice del Sig. Galileo Che l’ acqua pesante scaccia all' in sù le cose, più leggieri di essa non havendo la figura nessuna natura in suo aiuto mi piace assai assai, e Dio volesse; che Messer Giorgio si fosse accorto d' haver detta la verità, e quello per l’ apunto che dice il Sig. Galileo che egli non havrebbe scritto l’errore, che nelle cose più gravi la figura ha forza di sostenerle. Nelle altre due risposte si vede chiaro che erra, e non risolve niente la difficoltà in che l’ ha ridotto l’ esperienza proposta nel discorso. Erra nel voler contradir alla conclusione del Sig. Galileo la quale è, che dell’andare a fondo la tavoletta d' Ebano, o la sottile falda d' oro n'è causa la gravità maggiore di quella dell' acqua, e del galleggiare la sua leggerezza & per contradire a questo Messer Giorgio mette in campo, che in questa conclusione sono più dubii che parole. e, prima, afferma d'haver dimostrato che anche le cose più gravi dell’ acqua galleggiano: Il che non è mai stato fatto, ed è semplicemente impossibile il farlo; anzi io di sopra ho notati parte delli errori e paralogismi che commette in questo proposito. Erra di più Messer Giorgio di contradizione, perche ha concesso, nella fac. 23 ver. 7. che le cose quanto più son gravi tanto più, vanno in giù e detto che questo è noto a tutti: ed hora, per contradire al Sig. Galileo si mostra ignorante, e contradittore d' una proposizione tanto certa. Erra a dire che il Sig. Galileo non habbia dimostrato che la figura non trattiene il peso: è ben vero, che non l’ ha dimostrato à chi non lo può intendere, come è l’ intelletto di Messer Giorgio privo di Geometria. Erra affermando che la figura rispetto al mezo toglie il peso, perche sia pesato qualsivoglia corpo v. g. Piombo, di qual si voglia figura, e poi il medesimo corpo sia ridotto sotto qualunque altra figura e ripesato nel medesimo mezo, che senza dubio si vedra che la figura non ha mutato peso in conto alcuno, ne anche rispetto al mezo. Erra non intendendo che la tavoletta d'Ebano sia tutta sotto il livello dell'acqua, e quest' errore nasce, o dal non haver vista l' esperienza della quale si tratta, o havendola vista dal non haver ben considerato il fatto. Erra in voler restringere la disputa solo al galleggiare cioè al non profondarsi tutto il corpo sott'acqua, perche sè Messer Giorgio vorrà trattar solo di questo modo di galleggiare non potrà sodisfare alla parte, che s'ha presa à diffendere perche havendo la parte contraria prodotta l’assicella d' Ebano, e galleggiando l’ assicella con affondarsi tutta sotto il livello dell' acqua, restarà escluso dalla sua operetta il trattato di questo particolare con mancamento notabile. Erra e di contradizione, e di falsa intelligenza in tutto quello che dice contro al trattener, che fa l’aria, la tavoletta; e l’ errore, oltre che è per se stesso manifesto ne ho parimente di sopra fatto menzione, e per tanto non ne dirò altro, solo che chi desidera veder una confusione senza mai concluder cosa che sia à proposito, legga tutta questa operetta di Messer Giorgio, e questo passo in particolare, che havra l’ intento, perche hora dice una cosa, poi imediate la nega; hora senza dependenza inferisce conclusioni spropositatissime, e talhor contrarie a se medesimo, ma per non passar la cosa digiuno in tutto noto che, Messer Giorgio erra a dire che la natura non si curi, che l' Ebano e 'l Quattrino stiano à galla quando sono congionti con l' aria anzi dico io che se ne cura con quella diligenza che sempre fa per non ammettere mai che le cose leggieri vadino in fondo de' mezi più gravi. Seguita nell'errore quando dice che sarebbe contro la natura dell' aria trattener le parti terrestri e l'errore nasce perche Messer Giorgio è tanto sepolto nella impossibilità di intender il vero che non vede che l'aria trattiene naturalmente, perche, essendo naturalmente più leggieri dell' acqua, non può, se non contro natura, discendere nell' acqua. Messer Giorgio erra argomentando contro al trattener che fà l' aria, la tavoletta d'Ebano, e l' argomento suo è questo. Nel medesimo modo tocca l'ebano l'aria inanzi che si profondi che dopo fatti gli arginetti, ma inanzi non lo sostiene dunque ne anche dopo si può dire che l'aria lo sostenga. nel qual argomento noto principalmente che è falso che l' aria tocchi l’ ebano nel medesimo modo avanti che si faccino gli arginetti come dopo, ed e manifesto quanto dico perche l'aria avanti che si faccino gli arginetti tocca l’ ebano, ed a quello sta congionta in un mezo più leggieri del composto dell' ebano, e dell' aria, ma quando si sono fatti gli arginetti, l’aria congionta, e toccante l’ Ebano lo tocca, e li è congionta in un mezo del quale mole eguale all' ebano, ed all' aria posta nelli arginetti pesa più dell' ebano, e dell’ aria che li sta congionta dentro gli detti arginetti. Anzi, soggiongo di più, che, sè questa ragione del Messer Giorgio valesse io potrò dire che una Palla di soghero legata con una di piombo non la potrà sostenere in acqua, perche legata nel medesimo modo, non la sostiene per aria: si che la proposizione della quale si serve Messer Giorgio in quest' argomento è falsa, e non conclude. Erra pensando, che gli arginetti si faccino, et alzino perche occupando l'Ebano quella parte d' acqua bisogni, che tanta ne salga quanta è stata l’intratura d'esso, e l’errore di Messer Giorgio è doppio. primo non è vero che tant' acqua salga quanta è l’entratura dell' Ebano, perche la mole dell' acqua che sale nell’ immersione dell’ ebano è sempre minore della mole che si sommerge, come chiaramente dimostra il Sig. Galileo. Di più Erra e dice il falso quando afferma che alla tavoletta più sotile si faccino minor arginetti perche si habbi da alzarvminor mole d' acqua corrispondente al solido sommerso: il che si può conoscere da questo, che una falda di Piombo di larghezza eguale ad una d' Ebano e più sottile assai di quella posata che sarà nell' acqua alzarà maggiori argini di quelli, che saranno alzati dalla tavoletta d' Ebano, che se fosse vero quel che dice Messer Giorgio dovrebbe accader tutto il contrario cioè, la tavoletta d' Ebano doverebbe far arginetti più alti, di quella di Piombo per esser più grossa. Erra di spropositato desiderio quando ricerca che il Sig. Galileo ponga e ritrovi nome al composto della tavoletta d' Ebano, e d' aria posta sotto il livello dell' acqua, e dico che è sproposito questo percioche, che vi si trovi, o non vi si trovi nome, che sia di quella composizione della quale parla il suo Ermino, o altra, poco importa, basta che è verissimo, e si vede con gli occhii, che la tavoletta d' Ebano posata su l’acqua, mentre non è toccata dall’ acqua nella sua superiore superficie, chiaro è dico, che l’aria li è contigua, ne in questo occorre dubitare, et essendoli contigua l’aria, è ancora verissimo, e si vede sensatissimiamente che quello che è attuffato nell' acqua non, è ne aria sola, ne Ebano solo, ma e l’ uno, e I'altro congionti insieme e questo basta al Sig. Galileo, e di questo aggregato, (o sia, o non sia un composto, comie vole Messer Giorgio, ed Ermino) è verissimo che quando galleggia, è più leggieri d'altrettanta d'acqua. il che se fosse inteso da Messer Giorgio credo, che resterebbe sodisfatto. Erra a dire che un vaso di rame ripieno d' acqua vadi al fondo per l'acqua, e per manifestar meglio I'errore intendasi una mole d' acqua eguale alla mole del vaso con l’acqua che li è dentro, ed in quella prima mole d' acqua considerisi tant' acqua quanta è quella che è nel vaso: chiaro è che queste due moli d' acqua pesaranno egualmente, non è dunque maggior ragione, che una descenda dell’ altra: restaci il rame solo da compararsi col rimanente di quell'altra acqua e per esser egli più grave di quella è manifesto che descenderà, e perciò chiarissimo resta che la cagione del descendere il vaso di rame ripieno d' acqua è tutta per rispetto del rame cioè per l’eccesso del peso, che egli ha sopra altrettanta acqua. Erra ancora contradicendosi con confusione estrema, mentre s'affatica provare, che il vaso di rame non discende per gravità propria, ma per quella dell' acqua, e pure di sopra ha concesso che l’acqu, quando è nel suo loco non aggrava più; come può dunque portare, o cacciare sin in fondo il vaso di rame se posta nel suo loco, non aggrava più? Credo al sicuro che Messer Giorgio dica la verità quando confessa di non saper ritrovare altra ragione che quella del Buonamico, per rispondere a quella esperienza venuta di Germania per huomini degni di fede. Ma erra ben poi a pensare che non ci sia altra risposta per cotal effetto, e per farli piacere, li dico che quest' esperienza d' andar in fondo sarà vera in quelli legni che saranno più gravi dell' acqua e d'altri non già mai se venissero bene di Turchia non che di Germania. Erra affermiando, che l’acqua nel spinger in sù habbia a salire anzi il fatto stà tutto in contrario, perche è necessario che l’acqua quando spinge all' in sù descenda di mano in mano a occupare il loco che lascia il corpo che viene da essa acqua spinto in alto. Erra di maravigliosa confusione e falsità in quella contemplazione che fa delle parti e del tutto nella quale prima avertisco esser falso che le parti habbin bisogno del tutto, e non il tutto delle parti, anzi che mai si può ritrovare tutto senza parti, ma più presto le parti possono essere senza il tutto. e si possono ritrovare delle rote, molle, chiodi, vite et altre parti di orivuolo senza che si ritrovi orivolo; ma orivolo seuza parti non si trovarà già mai. Di più dico che, concesso che le parti habbin bisogno del tutto, Erra Messer Giorgio a contradirsi imediate, e dire che le parti delli elementi non sono tanto desiderose del tutto. Quello poi che compisce la meraviglia è che Messer Giorgio ritorna a novello errore di contradizione dicendo, come per conclusione, che il tutto non ricerca le sue parti rimanendo perfetto senza quelle. E come può mai essere un tutto senza parti? e se fosse (il che è impossibile), come sarebbe un tutto perfetto? Erra a dire che se l’ aria ritiene le cose più gravi dell'acqua la conclusione non è per se. lo dico, che havendo detto il Sig. Galileo che nel caso della tavoletta proposto dalli aversarii l'aria è quella che trattiene, e dichiarato come trattiene, che è per non voler andar sott'acqua in buon hora (è possibile che non la voglia intendere); volendo Messer Giorgio contradirgli bisogna, che ritrovi, che il detto del Galilei sia falso, e non dire solo, non è vero da per se: poiche basta al Galileo che sia vero, o sia per se, o per accidente e se l'aria trattiene per accidente la resistenza alla divisione non v'ha che fare. Ma erra di più, dicendo che l' aria congionta a un corpo grave, quando lo sostiene non lo sostiene per se perche se l’ aria è per natura e per se piùi leggieri dell'acqua e se per esser più leggieri di quella sostiene, si deve ancora dire che necessariamente, e per se sostiene. e non per accidente. Erra per non haver ne inteso, ne voluto intendere, ne forse potuto intendere, il discorso del Sig. Galileo et erra Messer Giorgio quando dice che il Sig. Galileo non vole che l’ aria operi sù corpi bagnati, perche non ha mai detto cosi: ha ben detto che nel caso della tavoletta, bagnata che sarà si viene a separare l'aria da quella, ma non per questo ha negato che non si possa congiongere dell'aria a un corpo bagnato, e far il medesimo effetto del sostenere. Erra a non penetrare, che quando si sarà dimostrato che una forza sarà bastante a muovere un corpo resta ancora chiaro e dimostrato che la medesima forza potrà sostenerlo dove di già l'havrà mosso; perche al trattenerlo si ricerca minor forza che al muoverlo, già che questa deve superar la virtù, che resiste, e quell'altra basta, che la pareggi. Replica l’ errore di non haver inteso come l' aria porti, e trattenga il corpo che li sta congionto. Erra a pensare, e scrivere che il Sig. Galileo dimostri, che l' aria sostenga per contatto; per tanto io per compassione di novo l'avertisco che il Sig. Galileo dimostra che l’ aria sostiene quando congionta con corpo grave vien posta sotto l’ acqua, perche essendo ella leggieri più dell'acqua, viene da quella spinta all' insù et insieme con lei vien traportato il corpo grave. Erra, non già nel dire, che la Palla sia trasferita in alto per violenza dell'aria, essendo questo verissimo. mà erra bene a non accorgersi che questo è stato detto dal Sig. Galileo anzi che quando si dice che la tavoletta d'Ebano stà a Galla per l' aria senza dubio si concede che vi sta per forza dell' aria e questo è vero, e necessario. Replica l’errore notato di sopra che il corpo nel sommergersi levi dal proprio loco tant'acqua quanta è la sua grandezza, il che è falso. La replica di questo errore assicura ogn' uno che Messer Giorgio non ha inteso ne anche il primo lemma del discorso del Sig. Galileo. Erra assegnando la causa del seguire che fà l’acqua quel corpo il quale essendo stato nell' acqua si alza fuori di quella, perche quella causa, che Messer Giorgio assegna non ha che fare niente nel proposito di che si tratta, oltre che è falso l'assonto in quella deduzione come nell' errore precedente ho notato. Erra in dire che il Sig. Galileo non conceda et all' acqua et a tutti gli altri corpi che si toccano con esquisito contatto una certa difficoltà all'esser separati: perche lo concede di sicuro: in fede di che Messer Giorgio stesso in questo luogo medesimo confessa che il Sig. Galileo propone la difficoltà dell' esser separati dua corpi solidi che siano contigui: adunque non la mette solo all' aria mà alli altri corpi ancora. Erra di stolidità a non intendere che cosa concluda il Sig. Galileo con l’essemplo della falda, che si trasporta dall' acqua in aria. perche è tanto efficace e chiaro quell' essemplo a concludere l’intento del Sig. Galileo della difficoltà all' esser separati i corpi esquisitamente contigui che ogni intelletto capace di ragione con quel solo essemplo si potrebbe chiarire di tutta questa disputa. È verissimo quel che dice Messer Giorgio, che la disputa è dell' aria contigua al solido, e non dei due solidi, ma erra ben poi quando per risposta all' essemplo nega una conseguenza, che non è mai stata dedutta ne dal Sig. Galileo ne da altri, perche è sproposito negare in un discorso quello che da niuno non è mai stato prononziato. Mi dichiaro meglio Messer Giorgio dice che per essere difficilissima la separazione di dua corpi solidi che esquisitamente si combacino, non ne segue altrimente che sia egualmente difficile la separazione dell' aria dal solido. hor qui dico io, e chi è stato quello che habbia detto mai che sia egualmente difficile la separazione dell' aria dal solido, come del solido dal solido? Non dico ne che sia, ne meno che non sia egualmente difficile; ma dico bene che a concludere l’intento del Sig. Galileo basta che ancora l’aria habbia qualche difficoltà all' esser separata dal solido, come in fatti ha realmente, dal che ne nasce poi la profondità delli arginetti; non mai intesi, ne forsi visti, da Messer Giorgio. Erra in volere dedurre che più difficilmeute si staccaria l’aria da un solido, che un solido da un altro solido, se fosse vero che più facilmente intravenga il contatto de liquidi che dei solidi perche quella conseguenza non ha che fare con quell' antecedente niente, essendochè molte cose si fanno con grandissima diflicoltà, e poi si dissolvono facilissimiamente. Erra in quel che dice della virtù calamitica dell' aria contro il Sig. Galileo e mostra non intendere ne in questo, ne in niuna altra cosa quello che ha detto il Sig. Galileo qual non attribuisse virtù calamitica all' aria. Erra a volere che quelli, che forse tengono, che esquisitissimamnente contiguo, ne corpi naturali che noi trattiamo sia il medesimo che l'esser continuo, li dichiarino la differenza, trà il contiguo, ed il continuo, ed è grande inconveniente ii ricercare che uno assegni la differenza trà due cose una delle quali viene solo da lui ammessa. Erra a dire, che il Sig. Galileo si contradica nella resistenza dell'acqua, hora concedendola, hora negandola. di questo errore ho fatto menzione di sopra, ma perche lo replica di novo, io parimente ritorno a dire, che il Sig. Galileo concede la resistenza alla velocità del moto, ma nega poi la resistenza alla semplice divisione; e non si trovarà mai che il Sig. Galileo neghi in loco alcuno ne con esperienze ne con essempli la resistenza in tutto, e per tutto, perche altra cosa è, che un corpo resista all' esser mosso con tal velocità altro che resista all' essere diviso, e però non è contradizione nel Sig. Galileo, ma si bene nella scrittura di Messer Giorgio confusione estrema. Erra nel concludere che l'acqua non dividendosi da se è necessario che si divida per violenza: dico che ciò non segue sè prima non dimostra Messer Giorgio che l'acqua si divida. Il che ho per difficile anzi impossibile nel proposito di che si tratta: e quel detto senza prova, all' ordinario di Messer Giorgio, che la natura habbia fatto tutti i corpi continui, e dubbiosissinmo e si disputa hora. di modo, che non è lecito di servirsene come di principio chiaro. Erra a produrre in favor suo la resistenza che si sente nello spinger in giù una mano nell' acqua non avertendo che quella resistenza nasce perche nell' immergersi nell' acqua la mano si viene a alzare una certa porzione d' acqua al quale alzamento detta acqua resiste con determinata forza dependente e dal suo peso, e dalla velocità secondo la quale si move nel spinger la mano in giù come ci insegna mirabilmente il Sig. Galileo nel suo discorso: hora questa resistenza è un' altra cosa molto diversa da quella che Messer Giorgio pensa cioè dalla resistenza alla divisione, talche questa esperienza che introduce la resisteuza all essere alzato in peso non conclude in modo alcuno la resistenza alla divisione,. Nella risposta alla prima ragione vi è un mazzo d' errori, perche, hora piglia proposizioni false, come che la molt' acqua sostenga più che la poca: della quale verità se ne può fare facilmente l’esperienza o se ne serve a sproposito come del sollevarsi più il medesimo solido nell'acqua salata, che nella dolce. e simili altri errori commette perche al tutto non intende punto la materia di che si tratta in questa disputa. Erra perche non s' accorge di quant' efficacia sia l’ argomento contro alla resistenza dell' acqua all' esser divisa, che è perche non può trattener corpo niuno in lei di qual si voglia figura e momento che non si mova all' in sù o all' in giù. E duplica l'errore con pretendere, che l’argomento che Ii è contrario, e che mirabilmente destrugge la sua opinione, li sia in favor suo. Erra parimente uscendo de termini nel volere confirmare che l’argomento del Sig. Galileo sia contro del Sig. Galileo; et erra perche piglia la resistenza alla maggiore, o minor velocità, e pensa haver conclusa la resistenza alla semplice divisione, segno manifesto che non ha mai inteso quel che dice il Sig. Galileo mentre in quest' errore inciampa così spesso; però, acciò ne Messer Giorgio ne altri habbino regresso di scusa d' ignoranza intorno a questo particolare dico, che è vero, che i corpi più gravi dell' acqua tutti in essa discendono, alcuni più velocemente altri più tardi quando sono differenti di gravità in specie, o in figure, e de corpi più leggieri dell' acqua,altri si attuffano più altri meno, e ne seguita di necessità che nell' acqua si trovi resistenza, e tutto questo ha insegnato il Sig. Galileo. Ma dico poi che questa resistenza non è all' esser divisa, come pensa Messer Giorgio, ma all' esser alzata o mossa lateralmente: e questo doveria, esser chiaro a ogn' uno perche mentre si mette un corpo nell' acqua, chiaro è che l'acqua si viene a alzare al quale alzamento resiste, come ogn'altro corpo grave resiste all' esser alzato ancorche non si habbia a dividere, e così non occorre introdurre resistenza alla semplice divisione. e questo basti per sodisfare alla difficolà di questa resistenza tante volte mal intesa da Messer Giorgio. Erra parimente quando dalla tardità del moto delle particelluzze, che scendono nell' acqua torbida pretende concludere la resistenza alla semplice divisione dell’acqua; che è quella che nega assolutamente il Sig. Galileo: ma perche quest'errore è in tutto l’istesso che quello che di sopra è stato notato non ne dirò altro. Replica ancora l’istesso errore, ma assotigliato, nella risposta, all' essemplo della trave mossa per l’acqua da qualsivoglia minima forza: mentre afferma che si sente qualche resistenza, il che è falso ne si sente resistenza alla divisione mà a quella essigua velocita con che si move l’acqua si sente (se però si può dir sensibile) una essigua resistenza falsamente da Messer Giorgio attribuita alla difficoltà della divisione. Il Signor Giorgio in questo luogo dice "E venendo alle sue figure Matematiche diciamo che la proporzione che prova in esse non fa al proposito, perche piglia per concesso in quelle la cosa che si cerca che è errore di logica" pensando, con queste sole parole di haver atterrato senz' altra prova tutti quei meravigliosi discorsi e progressi. Mi ha fatto restare attonito in pensare come sia possibile che Messer Giorgio altre si come intendo dottissimo nella lingua materna; ma ignorantissimo di Geometria, possa, e sappia, ed habbia animo di vituperare comle diffettose in logica le dimostrazioni del discorso del Sig. Galile, le quali (e lo posso dire; perche le ho intese, e esposte ancora a diversi miei Patroni e Signori) sono tanto essatte, che non vi casca pur un minimo dubio. Hora che errore sia stato questo non dico altro solo mi rimetto al giudicio di tutti quelli che haveranno intese le dette dimostrazioni. Erra a pretendere haver provate due conclusioni falsissime, cioè che la figura faccia galleggiare; e Che siino corpi, oltre a più gravi secondo la natura, quali vadino al fondo. anzi quest' ultima, che di novo Messer Giorgio mette in campo, è tanto falsa, che non credo, che altri che Messer Giorgio fosse per affirmarla, e crederla. Erra a dire che era necessario che il Sig. Galileo provasse, che un solido di più grave materia debba, per galleggiare, haver l'aria, che lo sostenga, erra dico, perche questo non è necessario ne al galleggiare; ne alla confirmazione dell’ opinione del Sig. Galileo al quale basta haver dimostrato, che se un corpo galleggua, è senza dubio men grave di altrettanta acqua: che sia poi men grave per haver congionto, o soghero, o midolla di sambuco, o aria, o altra cosa leggieri poco importa nella presente questione. e ben vero, che nel caso dalli aversarii proposto è l’aria che fa galleggiare et è stato avertito. Ma Messer Giorgio, che non I'ha intesa, gioca a indovinare, e proferisce tutto quel, che li vien in capo, senza pensarci, come manifestamnente si vede in tutta questa sua operetta. Ha detto benissiamo Messer Giorgio dicendo Che chiunque, qual che si sia lo interesse, non pregia e riverisce Ia verità, non si dee veramente stimare huomo ma più tosto una mala bestia. Se la interpretazione poi del testo d' Aristotile quanto al significato delle voci greche, data da Messer Giorgio sia bona, o cattiva, io non lo posso sapere: questo posso ben dire che Messer Giorgio Erra di contradizione quando dice, che non essendo la figura natura non può produr moto per esser il moto effetto della natura, e poi a canto a canto vole che la figura sia causa di quiete la qual quiete è pure effetto della natura conforme ai principii del medesimo Coresio. Replica l’errore più chiaro affermando contro se medesimo, contro Aristotile, e quel che più mi preme, per l’ affetto che li porto, contro la verità stessa, (qual che si sia lo interesse) Che le figure sono cause da per se della quiete. e pure essendo la quiete effetto della natura ne segue com' ho detto, per la ragione prodotta da Messer Giorgio stesso, che non possa dependere dalla figura come causa da per se. Replica l’ errore del dedur dalla ritardanza la quiete, conseguenza insensatissima, come si è detto di sopra. Che Aristotile in qualche loco del quarto della Fisica parli di materie diverse, non lo nego, ma dico bene che Messer Giorgio erra nel dire, che, nel loco citato dal Sig. Galileo cioè nel testo 72, Aristotile intenda di materie diverse, perche le parole formali del testo latino (io non intendo il Greco) sono queste: Videmus idem pondus atque corpus velocius ferri propter duas causas & nel qual testo latino (potrebbe essere che il Greco fosse tutto il contrario) si vede chiaramente esser falso, che Aristotile intenda di materie diverse mentre dice idem corpus. Delli errori che Messer Giorgio piglia in materia dell' ago, v olendo che Aristotile habbia inteso delli aghi grossi so, che il Sig. Galileo ha dato sodisfazione a i capaci di ragione, e desiderosi di saper il vero e l’ ha fatto con viva voce et esperienze manifeste: anzi di più nella seconda impressione del suo discorso dimostra che simili diffese addotte in favor d'Aristotile sono maggiori offese, però non dirò altro, solo che ho gran compassione al povero Aristotile che ha simili difensori. Erra quando volendo rispondere al Sig. Galileo che nega l'esperienza dell'arena d'oro, e polvere, che nuotano per aria, ed asserisce che sono traportate dal viento, dice che Aristotile parla figuratamente, e che dicendo aria vole intender vento del quale l’aria n' è parte. Questa diffesa ha del insipido perche vole che un filosofo nel metter una conclusione usi vocaboli figurati massime essendovi i proprii. Dico di più che questa figura di usurpare la parte per il tutto, in questa occasione nella quale, conforme a Messer Giorgio, si intende da Aristotile la parte cioè aria per il tutto, cioè per il vento, doveva essere tanto più fuggita ed abhorrita da Aristotile, quanto egli stesso nel secondo delle Meteore, summa seconda, capitolo primo, disputando contro gli antichi della sustanza del vento tiene che non sia aria; di modo che per fuggir il sospetto di contradizione doveva abhorrire questo parlar figurato introdotto da Messer Giorgio. E finalmente che Messer Giorgio erri in introdur questa figura, per servizio, e diffesa d'Aristotile, si può conoscere dalle parole soggionte da Messer Giorgio quando dice. Ma diciamola come stà, dal che si vede che Messer Giorgio pensa di non haver detta ancora la vera interpretazione come stà. È degno d' esser notato un' altro errore di Messer Giorgio in questo medesimo passo, et è che per rispondere al Sig. Galileo in contradittorio, apporta due interpretazioni del testo d'Aristotile delle quali posta per vera qual si voglia, viene non solo a non contradire ma a confirmare il pensiero del Sig. Galileo e per dichiarazione di quanto dico replico il detto del Sig. Galileo, L'oro battuto, e la rena d' oro, non notano per aria, ma sono traportati dal vento: risponde Messer Giorgio risolutissimo di contradire, e dice non notano per aria ma notano per il vento. hor chi non vede che questo non è contradire ma replicare il medesimo. Così ancora, sè l' interpretazione di Simplicio sussiste, pur resta vero il detto del Sig. Galileo, che simili polveri o limature non nuotano per aria. Erra a dire che Aristotile non risponda al falso scioglimento di Democrito; perche dalla lettera del testo si vede chiaro, che Aristotile disputa contro la soluzione di Democrito. Erra a prononziare senza prova nissuna che l'opinione di Democrito sia una pazzia doveva Messer Giorgio provare con qualche ragione una sentenza così risoluta. Ma con questa sentenza erra di più contro il suo Aristotile, il quale nel principio delia generazione fa tanta stima di Democrito, che mette la sua opinione, rendendone la ragione, per ingegnosissima, di modo che Messer Giorgio scappa a questa volta da Aristotile, il quale non ha sdegnato disputare con Democrito, e tuttavia Messer Giorgio con tanto dispreggio ricusa il discorso delli Atomi la supposizione de quali, ancorche fosse falsa (il che io non ardirei mai di affermare di balzo come fà Messer Giorgio) non deve però essere, stimata una pazzia, perche (per servirmi di una autorità alla quale Messer Giorgio mostra d'aver credito) Aristotile stesso nel testo 5. del primo libro della generazione dice che Democrito con quella dottrina mostrò curarsi d' ogni cosa naturale, e con tanta maniera, che Aristotile nel testo ottavo del medesimo libro scrisse queste formate parole in lode di Democrito e de suoi principii "Democritus autem videbitur utique propriis ac naturalibus rationibus persuaderi." Erra interrogrando perche cagione i Calidi conforme all' opinione di Democrito, sostenghino gli altri corpi più facilmente per acqua, che per aria, quasi, che sia difficile il rispondere, e dire, che 'Il medesimo corpo pesa meno nell'acqua che nell'aria. Erra ancora d' inavertenza per non haver notato nel discorso del Sig. Galileo la cagione di questo effetto tanto minutamente spiegata che per sino dimostra quanto un corpo più grave dell’ acqua perda del suo peso, che haveva nell' aria posto che sarà nell'acqua, cioè che ne perde a punto tanto quanto pesa nell'aria una mole d' acqua a lui eguale. Erra a proponere la maggiore unione delli atomi per cagione della magior forza che hanno in sostener per acqua che per aria: perche questa cagione non è proposta, e non sarebbe forsi proposta come prodottrice di questo effetto da chi havesse per buona I'opinione di Democrito. Erra a non pensare che i calidi nell' acqua venghino più uniti che nell' aria, massime essendo l’acqua contrarissimna alla natura del fuoco. Erra di contradizione dicendo in questo loco, che la forza del sostenere è eguale in tutte le parti e di sopra ha detto, che le parti superiori più sostengono. Ritorna, a cascare nel temerario errore di sopra notato tassando per pazzie espresse le considerazioni delli Atomi e da qui io entro in sospetto che... Nell' imputare al Sig. Galileo che si sia ingannato fà così bella mostra d' ignoranza, che chi non l’havesse conosciuto sin hora, potrebbe da questo passo solo comprendere quanto sia privo e di sapere, e di attitudine al sapere. Perchè Messer Giorgio non ha inteso quando il Sig. Galileo ha detto che il mezo leva tanto di peso al solido che in esso si somrnerge quanto è il peso di tanta mole di mezo quanta è quella del solido, dice con error notabile che senza la resistenza posta da Aristotile, e non ammessa dal Sig. Galileo, non si può render ragione perche una cosa pesi più nell' aria che nell' acqua. Erra ancora spropositatamente, a riprendere il Sig. Galileo come che non habbia inteso Democrito il quale attribuisce il sostenere non all' acqua ma ai calidi. Io dico che questa riprensione è spropositata, perche il Sig. Galileo non dice che Democrito attribuisca il sostenere all' acqua. ha ben detto il Sig. Galileo e risposto a Aristotile per parte di Democrito che i calidi non sostengono il medesimo corpo nell'aria come fanno nell' acqua, perche essendo men grave in questa che in quella il sostenerlo viene a essere più difficile dove è più grave. E questa risposta che fa il Sig. Galileo, non è in diffesa di Democrito, come che Democrito habbia detto bene, e la verità è assegnata sufficiente cagione del galleggiar le falde: ma è detto questo solo per provare che la ragione d'Aristotile contro Democrito è fredda, e di niun valore. Dopo haver copiata una facciata intera del discorso del Sig. Galileo, per empire i foglii della sua operetta, nel voler notare gli errori, che alla balorda, pensa che vi siino ne commette tanti, che è una compassione. Io ne andarò notando per servizio di Messer Giorgio alcuni de più manifesti, conforme al mio proponimento primo non già per diffesa del Discorso a giudicio d' ogni intendente illeso. Primo erra a dire che la falda proposta dal Sig. Galileo contro Democrito, se fosse vera la posizione di Democrito non s' alzarebbe dal fondo perche io dico che quando quella posizione fosse vera, ne seguirebbe, quanto deduce il Sig. Galileo e ancorche pochi calidi siino trà ‘l fondo, e la falda, non nega però Democrito che non ne ascendino ancora dalla terra stessa, quali sormontando di mano in mano per l’acqua dovrebbono portare una cotale falda sino alla superficie dell' acqua come rettamente conclude il Sig. Galileo. Erra di più quando volendo insegnare al Sig. Galileo il modo di confutar Democrito dice che i medesimi Atomi in numero che fossero potenti a sostenere a mezo l’acqua una falda potrebbono ancora sollevarla in alto, perche questo è falso ne è vero altrimenti che una forza che sia potente a sostenere in alto un peso sia ancora potente a trasferirlo più alto, e la ragione è questa, perche al mantenere basta egual virtù mà al muovere e sollevare si ricerca maggiore, e da questo si raccoglie che Messer Giorgio Erra parimente a far quella conseguenza tutta al contrario quando vole che s' inferisca dall'haver gli Stomi minor forza, che habbino ancora la maggiore, mentre dice che se gli Atomi sostengono a mezo l’acqua potranno molto più sollevare in alto. con queste belle cose si confuta il Sig. Galileo e si difende Aristotile, povero Aristotile. Erra a dire che il Sig. Galilei erri ponendo gli Atomi, ed erra perche non rende ragione dell’ errore. Erra di falso a imporre al Sig. Galileo che ponga la penetrazione de corpi. Erra pure falsamente a dire che il Sig. Galileo chiami la caldezza corpo. Erra a dire ehe il caldo non possa sostenere; e che sia erronea questa conclusione si conosce da questo, che il caldo ha forza di trasferir in alto, come si vede nei vapori portati in alto dal caldo del sole, et in moltissime altre esperienze, si può chiarire della forza, che ha il caldo non solo in sostenere ma ancora in movere. Quanto sia inetto discorso quel di Messer Giorgio in questa sua operetta si conosce in ogni conclusione in ogni verso, e quasi in ogni parola, ma alle volte tanto più chiaro si vede, quanto che fa certe scappate più essorbitanti dell' altre. vole concludere, che il caldo non può sostenere, e lo conclude, perche è sua proprietà riscaldare, hor vedasi se è buona conseguenza questa, è proprieta dell' huomo esser discorsivo adunque non può saltare, adunque non può portare una Balla di Lana. Io non mi meraviglio di Messer Giorgio che habbia messe alle stampe queste insipidezze, ma non so quasi come sia possibile che quest' huomo da bene, non habbia hauto persona amica, che l’havesse impedito da questa impresa. Sè Democrito o il Sig. Galileo havessero pensiero, che i calidi non fossero corpi, con qualche apparente ragione poteva dire Messer Giorgio che è errore a volere che i calidi sostenghino, ma se i calidi sono posti per clorpi, che occorre che Messer Giorgio dica che si erra a volere che i calidi sostenghino perche il sostenere è proprieta de corpi? non vede egli, che imediate se gli può dire sono corpi questi calidi? Non credo poi, che immediatamente contro ogni venità, e con errore piùi manifesto si possa trasgredire in questo proposito di quello che fa Messer Giorgio quando imputa per errore al Sig. Galileo il volere che i corpi leggieri sostenghino: e perche ha quasi dell' incredibile, che Messer Giorgio habbia commesso questo errore con curarsi cosi poco (qual che si sia lo 'nteresse) della verità, trascrivo a parola per parola il suo detto. Erra perche ancora che quelli calidi fussero fuoco, ad ogni modo non potrebbono sostenere sopra di loro le cose terrestri, essendo questi per natura leggieri, e quelli per natura gravi. Nel qual detto si vede manifestamente che Messer Giorgio pensa che le cose gravi nell’ acqua (perche siamo in questo proposito) siino più atte a sostenere che le leggieri, di modo che una pietra sarà meglio sostenuta a galla (secondo questa meravigliosa dottrina di Messer Giorgio) da un pezzo di Piombo, che da un pezzo di sughero, perche il sughero, essendo leggieri, non può sostenere. Erra a negare, che nell'acqua siino delle parti ignee con dire che non vi sono perche non si vedono; quest'errore è di semplicità, perche mostra di non sapere, che moltissime cose sono, e pure non si vedono; anzi conforme à suoi principii si da il fuoco sopra l' aria, e pure non si vede. Erra in oltre nei proprii principii peripatetici, perche niun peripatetico negarà mai qualche mistione di fuoco nell' acqua, non concedendosi nella lor scola l'elemento puro, e massime l’ acqua che noi trattiamo. Erra a scrivere che il Sig. Galileo metta nell'acqua il fuoco quieto e che non vadi continuamente saliendo e questo errore è commesso maliziosamente non meno che ignorantemente, gia che Messer Giorgio di sopra ha riferito che il Sig. Galileo tiene che questi corpi calidi salghino di continuo per l'acqua. Erra di contradizione dicendo che l'acqua non sostenga i corpi più gravi di essa se non per commozione perche di sopra ha detto (benche falsamente) che li sostiene ancora per la resistenza che fà all'esser divisa. Erra tenendo per errore il concedere moto alli indivisibili, non intendendo ne come siino indivisibili, ne come siino mobili. Erra a dire che tali atomi havrebbono sostenuto meglio nell'aria, che nell' acqua, e l'errore consiste perche Messer Giorgio non ha avertito che il corpo che si ha da sostenere; è più leggieri nell'acqua che nell' aria, e per questa cagione viene a essere più facile il sostenerlo in quella che in questa. Erra di doppio errore nella conclusione Che gli atomi sono più sparpagliati per l'acqua che per l’aria. il primo errore è che la conclusione è falsissima, poi depende da falsi principii non essendo vero che la contrarietà causi sparpagliamento. anzi in questo particolare non doveva mai errare Messer Giorgio, perche pare, che principalmente habbia voluto nel principio di questa sua operetta mantenere che il freddo condensi, e unisca, per lo che doveva pure ammettere, che il freddo ambiente dell' acqua possa più unire gli atomi, che sparpagliarli. ma l’interesse di voler in tutti i modi contradire induce Messer Giorgio a simili inconvenienti non solo contro se stesso, mà contro la verità ancora. Erra vaneggiando d'armare il fuoco contro l'acqua e volendo che per questa occupazione non possa sostenere. Erra a dire che il Sigr. Galileo chiami la caldezza Atomo. Erra non intendendo questi corpi indivisibili, e volendo imputare a errore del Sig. Galileo il denominarli tali. Erra a non volere che l’acqua possa esser mezo naturale del moto del fuoco, e l'errore è tanto più nefando, quanto che repugna ancora à suoi medesimi principii: perche concedendosi che si possa generar di terra fuoco, e affermando Aristotile stesso nel secondo delle Meteore nel trattato dei venti, che nella terra si ritrova molto fuoco, non è errore il dire ancora, che ne sia nell' acqua, e che per quella si muova, essendo mezo cedente. Erra ancora imputando al Sig. Galileo che habbia detto che l’acqua sia, mezo naturale del moto del fuoco, il che ancorchè forsi si possa affermare, tuttavia non è vero che il Sig. Galileo habbia mai detto questo: Ma Messer Giorgio per haver che dire, e per ridurre a qualche grossezza Ia sua operetta, va facendo, e qui, e altrove, simili imposture. Erra parimente d' imnputazion falsa al Sig. Galileo con dire che egli ponga che i corpuscoli sostenghino più in cima, che a mezo, perche non si ritrovarà mai simile comparazione nel suo discorso. Non meno falsa imputazione è quella quando Messer Giorgio dice, che il Sig. Galileo dà più forza al fuoco che all' acqua, ed erra Messer Giorgio perche questa comparazione non è mai stata messa in campo. Erra di più nei proprii principii a pensare che sia errore il dire, che il fuoco habbia più forza dell’ acqua; perche essendo conforme a Peripatetici il fuoco attivo, e l’acqua passiva, è necessario che il fuoco habbia più forza dell’ acqua. Erra volendo notare un errore contro il Sig. Galileo, a scrivere queste parole Erra perche l'inconveniente crede esser causa contro Democrito. Dico che in questo Messer Giorgio erra, perche oltre che il dir suo è assai barbaro, ed inintelligibile si può dire di più che il Sig. Galileo non ha mai creduto questo, ne dato segno d' haverlo creduto. Erra due volte, e nel dire che il Sig. Galileo da alle cose indivisibili tatto, e che pone essere fisico indivisibile: questo doppio errore nasce da un sol fonte d' ignoranza di non intendere come questi corpi siino indivisibili. Erra nel chimerizare falsamente che quelli corpuscoli abbruccierebbono quelli corpi; quasi che sii vero che ogni piccolo corpicello di fuoco possa abbrucciare ogni altro corpo nel quale s' incontrasse, e sè le scintille ignite scagliate dal focile non accenderanno mai un pezzo di legno di noce o di quercia, molto meno è necessario che questi atomi ignei le milliaia e miliaia di volte forsi più piccoli delle scintille abbruccino quelli corpi nelli quali vanno urtando. Chi concederà (come in fatti è verissimo) che si ricerchi maggior forza al muovere un medesimo corpo in alto, che a mantenerlo, concederà ancora che il fuoco, ancorche sia raro, essendo potente a spinger in alto pesi grandissimi, come di meze montagne alla volta, possa ancora, durando la pulsione sostenerli. Si che erra Messer Giorgio nostro a dire, che gli Atomi ignei per essere rari non possono sostenere. Volendo Messer Giorgio concludere errori, con errori imputa al Sig. Galileo una nova falsità, cioè che habbia detto che il fuoco partorisca fuoco atomo, per servizio di quelli corpi gravi, qual detto o sentenza non si trovarà mai nel discorso. A me pare che quando uno, non servendosi della propria virtù dell’ occhio, o per haverla persa, o per qualsivoglia altra cagione, si servirà della scorta altrui, che questo tale camini alla cieca; e per il contrario, se uno non vorrà caminare alla cieca, li sarà necessario havere, e servirsi della propria vista: Erra dunque Messer Giorgio, e da consiglii repugnanti, quando per modo di conclusione, inferisce queste parole Concludiamo dunque, che chi non vuole caminare alla cieca, bisogna hel si consigli con Aristotile perche, con questo modo di dire non si può intender' altro, se non che Chi non vuole caminare alla cieca in Philosofia, camini alla cieca. cioè lasciando da parte l’uso dell’ intelletto proprio, si serva di quel d'un' altro: il che come si vede è un proferire repugnanze essorbitantissime. Seguita a ripigliare di novo senza nova ragione l’errore della figura larga impotente a dividere il mezo del quale errore di sopra si è detto a bastanza. Erra quando dice che le figure quanto più sono acute tanto più si sommergono. e che sia errore grosso si conoscerà facilmente con far l’esperienza di due corpi eguali dell’ istessa materia, e di diverse figure una acuta e l’altra non acuta, i quali siino men gravi in specie dell’ acqua perche si vedrà manifestamente che eguali porzioni di loro si sommergeranno, e non come dice Messer Giorgio, più quel di figura acuta, Erra perche riferisce con faIsa maIizia che il Sig. Galileo propone un essemplo d' un legno chte tanto vince l’acqua ascendendo, quanto l’aria discendendo. il che è falsissimo non essendo mai stato proposto simile essempio. Erra ancora, e s' inganna, nel voler concludere, che sia più difficile la divisione dell' acqua, che dell' aria, dal farsi più tarda la penetrazione in quella che in questa; e l'errore di Messer Giorgio è perche non pensa ne è atto a pensare che Ia tardità non nlasce per la difficoltà alla semplice divisione. Erra ancora, non conoscendo che l’argomento della tavoletta tagliata in strisce faccia contro Aristotile, il quale havendo detto che Ie cose lunghe non soprannuotano, resta con quest' argomento efficacissimamente convinto di falsità, come ogni mediocre ingegno può facilissimamente comprendere.